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Il committente è obbligato in solido con l’appaltatore, entro il limite di un anno
dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi
e i contributi previdenziali dovuti.
4 – Il rapporto di lavoro individuale
4.1 Collocamento ordinario
Il collocamento ordinario è uno strumento che favorisce l’accesso all’occupazione per
rapporti lavorativi di tipo subordinato da parte dei lavoratori. Il collocamento era
inizialmente posto sotto il monopolio pubblico, in virtù dei pubblici interessi che
tutelava, quali l’equa distribuzione delle occasioni di lavoro e l’assenza di discriminazioni.
Il lavoratore interessato in cerca di occupazione doveva iscriversi in apposite liste tenute
dagli uffici di collocamento. Il datore di lavoro, invece, che intendeva assumere del
personale, doveva presentare una richiesta di avviamento al lavoro nella quale andavano
inseriti soltanto dati relativi al numero dei lavoratori richiesti e la qualifica che dovevano
possedere (c.d. chiamata numerica); la nominatività era richiesta solo in caso di elevata
professionalità o per i familiari del datore di lavoro. L'ufficio di collocamento disponeva
l'avviamento del lavoratore. Il lavoratore mensilmente provvedeva ad annotare lo stato di
disoccupazione su apposita tessera, conosciuta come C1 o tesserino rosa, al fine di non
perdere il posto nelle graduatoria. In caso di lavoro, invece, egli era cancellato dalla
graduatoria e doveva re-iscriversi alla fine della prestazione lavorativa. Il rapporto di lavoro
era poi trascritto sul Libretto di Lavoro, che attestava l'avvenuta effettuazione del lavoro, la
qualifica conseguita, il periodo, e così via.
A seguito di alcune riforme, alcune dovute anche a sentenze della corte di giustizia europea, è
stato disposto il trasferimento delle funzioni di collocamento dallo stato alle regioni
ed è stato dichiarato lecito il collocamento privato, legittimando alla mediazione anche
imprese private che, in possesso di particolari requisiti, avessero ottenuto la relativa
autorizzazione amministrativa. Inoltre, sono state abolite le liste di collocamento ed il
Libretto del Lavoro.
I soggetti autorizzati a svolgere attività di collocamento sono le agenzie per il lavoro, i
comuni, le camere di commercio e le scuole secondarie, previo ottenimento
dell’autorizzazione, la quale richiede particolari requisiti giuridici e finanziari, e regolare
iscrizione all’albo istituito presso il ministero del lavoro. Sono soggetti autorizzati anche le
università, i sindacati maggiormente rappresentativi, fondazioni costituite dall’ordine
nazionale dei consulenti del lavoro, enti bilaterali ed altre associazioni riconosciute con
fini di assistenza alle attività imprenditoriali o alle disabilità, le quali non necessitano di
autorizzazione. Tutti questi soggetti, pubblici e privati, hanno il divieto di percepire
compensi dai lavoratori, ad eccezione di casi consentiti per le professionalità più elevate
ed il divieto di indagare sulle opinioni dei lavoratori se queste non risultino requisito
essenziale e determinante; hanno inoltre l’obbligo di pubblicare le informazioni su domande
ed offerte di lavoro.
4.1.A Collocamento obbligatorio
Il collocamento obbligatorio è uno strumento disciplinato dalla l. 68/1999, destinato a
particolari categorie di soggetti con difficoltà a trovare occupazione (es., disabili) o
meritevoli di essere aiutati per altri motivi (es., vittime di terrorismo). Gli enti
sia pubblici che privati (compresi partiti politici, enti no profit, sindacati) sono obbligati
ad assumere persone che si trovino in collocamento obbligatorio in rapporto al numero di
dipendenti, come segue:
Fino a 14 dipendenti = nessun obbligo;
Da 15 a 35 dipendenti = 1 lavoratore disabile.
Da 36 a 50 dipendenti = 2 lavoratori disabili;
Oltre 50 dipendenti = 7% dei lavoratori occupati.
Le imprese devono inviare annualmente ai centri per l’impiego i dati sull’organico e, se
non è rispettata la proporzione tra dipendenti derivanti dal collocamento obbligatorio e
dipendenti totali (c.d. scopertura), le imprese sono obbligate ad assumere anche se
non vogliono o non ne hanno bisogno. Tale obbligo può essere sospeso per aziende con
lavoratori in mobilità e non riguarda imprese impiegate nel trasporto pubblico aereo,
marittimo o terrestre. I centri per l’impiego scelgono il lavoratore da fare assumere in
linea con il principio del collocamento mirato (il lavoratore giusto al posto giusto) e le
imprese hanno l’obbligo ad assumerlo; se quest’obbligo non è rispettato, il lavoratore ha
diritto al risarcimento del danno, ma non all’assunzione.
4.2 Svolgimento dell’attività lavorativa
Le mansioni consistono nelle specifiche attività che il prestatore di lavoro deve eseguire
nell’ambito del rapporto lavorativo. L’art. 2103 c.c. stabilisce che il lavoratore deve essere
ius variandi
adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o, in virtù dello del datore di
lavoro, a mansioni superiori od equivalenti senza alcuna diminuzione della retribuzione e
purché il cambiamento di mansioni sia deciso dal datore di lavoro in buona fede. È vietata
l’assegnazione di mansioni inferiori (c.d. divieto di mobilità verso il basso), a meno che ciò
non sia dovuto a:
Esigenze straordinarie e temporanee
Necessità di tutelare l’interesse del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro
(es., in caso di crisi aziendale con soppressione del posto di lavoro attuale).
Motivi sanitari (es., necessità di allontanare il lavoratore ad esposizioni nocive).
Al di fuori di questi casi, il lavoratore può rifiutarsi di svolgere mansioni diverse da quelle per
le quali è stato assunto.
Le mansioni devono essere svolte in buona fede con la diligenza richiesta dalla natura della
prestazione dovuta e nell’interesse dell’impresa.
I lavoratori hanno obbligo di fedeltà verso l’azienda; tale obbligo deve essere rispettato
anche quando la prestazione lavorativa non è dovuta (es., in caso di sciopero). L’obbligo di
fedeltà presuppone due tipologie di obblighi, il divieto di fare concorrenza alle attività del
datore di lavoro e il divieto di promulgare a soggetti esterni notizie coperte da
segreto aziendale (conseguenze civili) o segreto industriale (conseguenze civili e penali).
4.3 Poteri disciplinari
L’art. 2106 c.c. riconosce poteri disciplinari al datore di lavoro: sono sanzioni disciplinati
ammissibili nei confronti del lavoratore il rimprovero verbale o scritto, la sospensione dal
servizio e dalla retribuzione per un massimo di dieci giorni o il licenziamento. Le sanzioni
disciplinari devono preventivamente essere portate alla conoscenza di tutti i lavoratori
mediante affissione. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare
nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza
averlo sentito a sua difesa. Il contenuto della contestazione è immodificabile. Il lavoratore
potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o
conferisce mandato. La sanzione disciplinare non può avere effetti definitivi.
Il lavoratore può adire entro 20 giorni lavorativi all’autorità giudiziaria anche per
mezzo di un sindacato o della direzione territoriale del lavoro cui conferisca mandato. Il datore
di lavoro deve nominare un proprio rappresentante entro 10 giorni dal ricevimento dell’invito
dell’ufficio del lavoro, pena l’inefficacia della sanzione disciplinare.
Per quanto riguarda la recidiva, la l. 300/70 statuto dei lavoratori stabilisce che non può
tenersi conto delle precedenti sanzioni disciplinati decorsi due anni dalla loro applicazione. La
contestazione deve fare esplicitamente riferimento alla recidiva affinché sia possibile
corrispondere una sanzione più aspra.
4.4 Trasferimento del lavoratore
L’art. 1182 c.c. stabilisce che il luogo di adempimento della prestazione è determinato dal
contratto o dagli usi. Tuttavia, nel rapporto di lavoro subordinato è pero riconosciuto al datore
di lavoro il potere di variare il luogo di esecuzione intimando al lavoratore un trasferimento in
costanza di rapporto. Tale trasferimento non si giustifica se non a fronte di comprovate ragioni
tecniche, organizzative e produttive, in cui mancanza il provvedimento deve considerarsi
nullo.
Per evitare che il provvedimento sia adottato nell’impossibilità di intimare un licenziamento
giustificato, con il solo scopo di esercitare una pressione psicologica sul lavoratore
spingendolo alle dimissioni, le ragioni motivanti il trasferimento devono essere suscettibili di
dimostrazione, gravando l’obbligo della prova sul datore di lavoro qualora il lavoratore ne
faccia richiesta entro 7 giorni.
Il trasferimento non richiede il consenso del lavoratore e pertanto egli non può rifiutarsi fino a
che il trasferimento non sia dichiarato illegittimo dal giudice, pena la configurazione della
facoltà di licenziamento per giustificato motivo (sent. 4713/1979 cass.).
Le maggiori problematiche in tema di trasferimento riguardano il caso in cui il datore di lavoro
trasferisse il lavoratore all’interno della medesima unità produttiva, senza quindi dover
sottostare a nessun obbligo di giustificazione.
Sebbene vige il divieto di trasferimento punitivo, il datore di lavoro può disporre il
trasferimento del lavoratore per motivi di incompatibilità ambientale che incidano in senso
negativo sul normale svolgimento dell’attività dell’impresa.
4.4.A Distacco
La variazione del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa può determinarsi a
fronte della prassi di inviare un lavoratore in distacco presso altra impresa. Questo
istituto, disciplinato dal d.lgs. 276/2003, si rincontra qualora uno o più lavoratori siano
messi a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di un’attività lavorativa, anche
senza il consenso dei lavoratori stessi. Durante il distacco, il datore di lavoro rimane
responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.
Qualora il distacco comporti un trasferimento ad una sede di lavoro sita a più di 50 km
da quella di provenienza, deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche,
organizzative, produttive o sostitutive. Il distacco deve essere temporaneo, ma
nulla vieta che coincida con l’intera durata ad esempio di un rapporto a tempo
determinato.
4.5 Trasferimento di azienda e mutamento del datore di lavoro
Ai sensi dell’art. 2112 co° 5 c.c., per trasferimento di azienda si intende qualsiasi operazione
che, in seguito a cessione contra