COMUNICAZIONE E I LORO SCOPI
Gli elementi fissi della conversazione
Partecipanti Scopi
Messaggi Norme
Codici (lingua, gesti) Contesti
Interfacce (diretta o attraverso
mezzi)
Se uno solo di questi elementi manca, allora l’intera costruzione comunicativa
non esisterebbe. Sono elementi strettamente connessi fra loro, ma partecipanti
e scopi hanno un ruolo preminente.
I partecipanti: i soggetti agenti
Definizione:
sul fronte dell’enunciazione emittente, parlante, locutore, enunciatore
sul fronte della ricezione destinatario, ricevente, enunciatario
in base al corso soggetti agenti (non vengono ridotti al ruolo
comunicativo, ma si considera anche la complessità della loro
soggettività)
I soggetti agenti interpretano gli altri attribuendo loro un’intenzionalità nella
comunicazione: non ci si limita ad ascoltare le parole ma si attribuisce loro
un’intenzione. L’intenzionalità che viene attribuita non dipende dall’altro, vi
sono degli indizi, ma sarà sempre colui che ascolta ad attribuirla
Caratteristiche dei soggetti agenti
1. Siamo simili ma diversi
Simili: per caratteristiche antropologiche (universali comunicativi in
tutte le culture; es. sorriso, mano aperta)
Diversi: a causa della differente interiorità di ciascuno (e anche dei
differenti paradigmi culturali di riferimento)
Non tutto è comunicazione: volendo definire un’emozione con le parole,
si trasforma in astratto qualcosa di concreto; anche in una relazione di
coppia, per quanto uno possa aprirsi, non potrà mai esprimersi
completamente perché l’altro è diverso da lui
La comunicazione si basa sulla differenza fra “io” e “tu” non tutto è
socializzabile (e quindi comunicabile) agli altri: c’è un limite. La relazione
si stabilisce fra diversità (simili ma diversi) e viene considerato come un
miracolo (comunicazione come evento improbabile).
Il linguaggio rende più probabile l’evento improbabile (la comunicazione),
è uno stabilizzatore che si fonda sulla presenza di regole. Si tende a
pensare che non capirsi sia un’eccezione, qualcosa che capita ogni tanto,
ma in realtà è semplicemente il punto di partenza
Alterità e ulteriorità (Simmel)
Non è possibile una piena conoscenza reciproca perché “il conoscere
perfetto presupporrebbe un’eguaglianza perfetta”; d’altra parte non c’è
una condizione di completa estraneità, tanto da essere irriconoscibili
rapporto di alterità riconoscibile
Comunicare è sempre possibile perché la comunicazione umana (verbale
e non verbale) presenta caratteri pre- e transculturali simili e perché
l’esperienza umana e il “mondo” a cui la comunicazione attinge e si
riferisce presentano fondamentali elementi di similitudine che possono
essere universalmente riconosciuti e compresi. Tuttavia, la diversità degli
esseri umani fa della comunicazione un evento sempre problematico e
improbabile, sia che l’interlocutore sia lontano o vicino personalmente e
culturalmente
2. Intenzionalità
Gli individui agiscono intenzionalmente sulla base di interpretazioni,
motivazioni e scopi. Tre definizioni di intenzionalità:
intenzionalità come apertura al mondo e agli altri (fenomenologia
di Husserl)
dal momento della nascita siamo inseriti nel “mondo della
o vita”, un mondo che precede ogni nostra riflessione e da cui
dipende la nostra attitudine comunicativa
secondo Husserl, viviamo in un mondo (quotidiano, quasi
o prescientifico) già dato e organizzato in significati (sapere
codificato) che condividiamo (tutti sappiamo come funziona il
mondo)
intenzionalità come capacità di agire riflessivamente
(interazionismo simbolico)
s’intende istituire un rapporto consapevole con il proprio e altrui
gesto/atto comunicativo. Mead afferma che i gesti significativi
contengono un’intenzione cosciente, a cui viene attribuito un
significato dal soggetto, che deve poi essere interpretato
dall’interlocutore; ci sono diversi livelli di intenzionalità
comunicativa:
intenzionalità pienamente cosciente es. comunicazioni
o persuasive, ironiche, strategiche
atti semi-coscienti ripetitivi e stereotipati es. saluti
o manifestazioni sintomatiche e involontarie es. arrossire,
o trasalire
Di questi gesti dobbiamo considerare due aspetti: guardarsi
dall’esterno o guardare all’interlocutore (decentrarsi per
comprendere l’altro) questo processo permette al parlante di
indirizzare e dirigere il suo processo di comunicazione
intenzionalità del noi: natura cooperativa della comunicazione
umana (Grice), c’è interattività fra le parti, che cercano di
comprendersi a vicenda es. durante una partita di calcio, una
lezione universitaria, una conversazione, una funzione religiosa
(intenzionalità collettiva in azione)
3. Agire individuale e agire di ruolo (Erving Goffman)
Quando le persone comunicano tra loro, agiscono come soggetti
individuali con la propria personalità, ma quando partecipano all’azione
sociale (e comunicativa) non partecipano come “persona totale”, ma in
termini di una specifica funzione o veste, o di uno status sociale. I ruoli
servono a rendere più chiare le aspettative reciproche dei diversi soggetti
e canalizzano le loro azioni comunicative, limitando imprevedibilità,
fraintendimenti e perdite di tempo.
Tuttavia, esiste sempre uno spazio di interpretazione del ruolo, ovvero un
proprio modo peculiare di compiere un’azione, di agire (non tutte i medici
sono uguali e hanno lo stesso comportamento)
In altre parole, ci dividiamo in stage (azione sociale) e backstage
(soggetto individuale): quando ci troviamo in un ambiente sociale, siamo
su un palcoscenico e agiamo di ruolo (performance), cioè assumiamo
atteggiamenti e ci comportiamo in maniera conforme al ruolo che
abbiamo quella determinata situazione. Agire di ruolo NON significa
mentire, bensì agire come persone autentiche (agire in modo personale)
in base alla funzione sociale
4. Soggetti individuali e soggetti collettivi
I soggetti agenti, oltre a presentarsi come soggetti individuali, possono
essere anche soggetti collettivi, ovvero gruppi (famiglia), organizzazioni
(azienda), istituzioni (università).
I soggetti collettivi, pur essendo formati da una pluralità di soggetti,
agiscono sottoforma di un’unica entità, perché il messaggio che
producono è unico, anche se è il frutto di una collaborazione fra più
persone; è possibile che comunichino attraverso un
portavoce/rappresentante o attraverso testi scritti, audiovisivi, digitali
(es. una redazione giornalistica comunica attraverso il quotidiano che
pubblica)
Emittente/ricevente: due polarità sempre attive
I partecipanti alla relazione comunicativa possono svolgere due tipi diversi di
azioni: l’emittente parla e il ricevente ascolta. Si tratta in realtà di due polarità
sempre attive: il soggetto agente è contemporaneamente emittente e
ricevente, anche se di volta in volta occupa una delle due posizioni. In una
conversazione, gli interlocutori si scambiano continuamente di ruolo e quando
l’emittente parla, il ricevente può mandare segnali di gradimento,
comprensione, stupore… agendo così a sua volta anche da emittente. Sia l’atto
di emissione che quello di ricezione possono assumere forme diverse:
L’emittente può agire come:
animatore chi materialmente parla, rivolgendosi all’interlocutore (es.
testimonial)
autore chi costruisce il messaggio con scopo e intenzione (es. agenzia
di comunicazione)
mandante committente del messaggio (es. caffè Pascucci)
Più l’interazione è complessa più è probabile che i tre ruoli siano svolti da
soggetti diversi, mentre in una comunicazione semplice questi tre ruoli sono
svolti dalla stessa persona complessità dei ruoli: possibilità di due mandanti,
i ruoli possono intrecciarsi…
Il ricevente può essere:
partecipante ratificato o designato vero destinatario del messaggio,
che è stato costruito per lui
ricevente occasionale o accidentale riceve casualmente il messaggio,
che non è stato costruito per lui
ricevente diretto riceve il messaggio di prima mano (come
o originariamente formulato)
ricevente indiretto riceve il messaggio di seconda mano (tramite un
o altro soggetto)
ricevente in presenza condividono un comune sistema di riferimento
[
spazio-temporale
ricevente a distanza comunicazione attraverso tecniche e tecnologie di
[
trasmissione
Gli scopi della comunicazione
“Ogni comportamento comunicativo è orientato verso uno scopo, ma gli
obiettivi variano” (Roman Jakobson). Ci sono due tipi di scopi:
1. Scopi sociali danno forma alle relazioni e, per essere attuati, devono
generare e far ricorso a specifiche modalità comunicative
Scopi comuni/generali (valori che condivide un gruppo/comunità)
es. una squadra di calcio che vuole vincere, un’azienda che vuole
lanciare un prodotto…
Scopi complementari/specifici (scopi specifici di ogni individuo
all’interno di un gruppo; presenza di asimmetrie di potere perché
alcuni hanno ruoli più importanti di altri) es. ruoli diversi ma
complementari in una squadra di calcio (tutti hanno lo scopo di
vincere, ma giocano ruoli diversi – portiere, attaccante, difensore…)
Scopi conflittuali (due o più soggetti competono per un risultato
esclusivo) es. due squadre di calcio che giocano una partita
(entrambe vogliono vincere)
Scopi negoziati (scopi condivisi con altri gruppi sociali: i
partecipanti, pur in presenza di una situazione potenzialmente
conflittuale, accettano di cedere una parte di interesse per
raggiungere uno scopo comune) es. esame universitario
2. Scopi intrinseci interni alla comunicazione, che i soggetti agenti
perseguono consapevolmente quando si impegnano in una relazione con
altri soggetti
Informare/disinformare
Comunicazione come informazione “offerta” o “ricevuta”, sia
o di carattere nuovo, che di carattere “vecchio” (es. richiamare
alla mente, precisare, approfondire no
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