LE TANTE DEFINIZIONI DELLA COMUNICAZIONE POSSONO ESSERE
RICONDOTTE A 3 ECCEZIONI FONDAMENTALI:
1. comunicare significa trasmettere un messaggio;
2. comunicare significa costruire, elaborare, condividere significati;
3. comunicare significa costruire relazioni.
Il “miracolo” comunicativo è stato studiato soprattutto dal ‘900 in poi, grazie
alla diffusione e allo sviluppo dei mezzi comunicativi. I media allargano e
modificano la gamma delle opportunità di comunicazione MA ciò che
definisce l'agire comunicativo è che esso ha luogo tra umani,
indipendentemente dal fatto che sia o no presente la mediazione di
interfacce, tecniche e tecnologie. I media non risolvono l’attività interpretativa
che spetta all’uomo, la comunicazione riguarda gli essere umani e le
tecnologie sono gli strumenti di cui possiamo servirci per comunicare ma non
si può pensare che essi possano sostituire la nostra esigenza comunicativa.
I principali modelli di comunicazione
1– Il modello lineare d’informazione di Shannon e Weaver (1949). Shannon
è stato ingegnere presso una compagnia telefonica, chiamato ad intervenire
per risolvere dei problemi di interferenza (rumore) e, fu proprio da questo
evento, che Shannon costruì il modello dell'informazione. Quest’ultimo è
composto da 5 elementi: emittente, ricevente, messaggio, codice e canale.
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Tutti e 5 collegati tra loro in una struttura lineare e unidirezionale che vede la
comunicazione come trasmissione di informazioni dall'emittente (sogg. attivo)
al destinatario (sogg. passivo).
L’interesse di questo modello è per le regole formali della comunicazione e il
risultato di una tale impostazione è una teoria generale della comunicazione
fondata solo a livello tecnico e che non si occupa dei problemi di significazione
né degli effetti della comunicazione stessa o dei contesti in cui va ad operare.
Weaver chiarisce poi che la teoria matematica della comunicazione fa
riferimento a uno dei livelli in cui possiamo osservare la comunicazione, e
precisamente a quello che lui definisce livello A. Il livello A cerca di rispondere
alla domanda: “quanto accuratamente possono essere trasmessi i simboli
della comunicazione?”. Ma esiste anche un livello B che risponde ad un altro
quesito “quanto precisamente i simboli trasmessi trasmettono il significato
desiderato?” e un livello C che si chiede: “quanto efficacemente il significato
ricevuto influenza la condotta nel modo desiderato?”.
2–Altro modello, quello delle 5W di Lasswell, (molto utilizzato nel
giornalismo). Questo modello si fonda su 5 domande che rappresentano
momenti fondamentali del processo comunicativo:
°Chi? °Dice che cosa? °Attraverso quale canale? °A chi? °Con quale effetto? Le
5 domande sottolineano come la comunicazione sia un atto intenzionale dove
sono implicati personalità, bisogni, valori e conoscenze di emittente e
ricevente. Il riferimento a queste caratteristiche introduce l’elemento del
contesto della comunicazione. Il limite del sistema delle 5 W è che il processo
comunicativo è sostanzialmente asimmetrico: un emittente attivo produce
intenzionalmente dei messaggi rivolti ad ottenere un certo effetto sul
ricevente visto come polo sostanzialmente passivo della relazione.
I due modelli descritti sono lineari e si basano sulla cosiddetta “metafora del
condotto” che presuppone comunicare come travaso di contenuto da un polo
all'altro, inoltre in tal modo si concepisce la comunicazione solo in termini di
efficacia e successo.
3–Il primo autore a capire questa prospettiva è Newcomb che con il suo
sistema introduce concetti importanti: la bidirezionalità della relazione, il
feedback e il contesto sociale. Con la bidirezionalità i partecipanti sono allo
stesso tempo emittente e ricevente mentre, con il concetto di contesto
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(nell’immagine la X), ci riferiamo all’insieme di conoscenze, esperienze e valori
che interagiscono nella relazione influenzandola. Goffman, che ha introdotto il
concetto di “contesto”, ne distingue due livelli: il micro-contesto, delle relazioni
faccia a faccia e il macro-contesto, ove le relazioni si collocano, nel macro si
colloca il micro questo perché le relazioni faccia a faccia derivano da un
contesto più grande. Il contesto, ci dice Goffman, detta i comportamenti
adeguati.
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Negli anni ‘70 Hymes e gli psicologi sociali Brown e Fraser introducono due
elementi che complessificano il processo comunicativo: scopi e norme.
Quest’ultimi, insieme al contesto, conferiscono alla struttura della
comunicazione uno spessore socio-culturale prima assente.
La relazione comunicativa si realizza, in primis, grazie alla presenza dei
cosiddetti:
Soggetti agenti: i partecipanti della relazione sono due: emittente e
● ricevente, entrambi i poli sono ATTIVI e in che modo? Il primo costruendo
il messaggio mentre il secondo interpretando tale messaggio,
rielaborandolo, rifiutandolo. I soggetti agenti per comunicare si servono
di codici (verbali e non) e di un canale, anche detto “interfaccia”
(telefono, comunicazione diretta dal vivo). Emittente e ricevente
comunicano in virtù di certi scopi, sulla base di norme, all’interno di un
contesto. Gli elementi sottolineati sono strettamente connessi tra loro e
funzionano contemporaneamente, se mancasse anche solo uno di
questi aspetti la relazione comunicativa crollerebbe. Partecipanti e scopi
assumono un ruolo fondamentale nella comunicazione perché ci
permettono di capire l’andamento e il senso della relazione. CHI SONO I
PARTECIPANTI E QUALI SCOPI SI PREFIGGONO sono i due aspetti da
considerare sempre, (alcuni autori, come Parsons e Goffman, chiamano i
soggetti agenti ATTORI SOCIALI).
I soggetti agenti, che possono essere sia individuali sia collettivi, (Goffman li
chiama “squadra di rappresentazione”) si caratterizzano per:
1)Similitudine e diversità, i soggetti agenti sono simili grazie ad una serie di
caratteristiche antropologiche (universali comunicativi, ovvero strutture
invarianti che precedono ed attraversano le culture, ad esempio le espressioni
facciali) ma diversi a causa delle diverse interiorità e dei differenti modelli
culturali di riferimento. Questo aspetto, chiamato “condizione a-priori della
comunicazione,” rende facile e difficile, al tempo stesso, la comunicazione. 5
2)Intenzionalità, aspetto che assume due caratteri: in primis “intenzionalità”
come apertura al mondo (attitudine comunicativa) e, in secondo luogo, come
“capacità di agire riflessivamente”, cioè di istituire un rapporto consapevole
con il proprio e altrui atto—>consapevolezza. Chi parla emette gesti, usa parole
di cui deve conoscere significato, a sua volta questo significato deve essere
interpretato dall’interlocutore.
3)Agire individuale e agire di ruolo, Goffman, che si serve della metafora
teatrale per spiegare diversi concetti, distingue “stage” da “backstage”. Davanti
agli altri agiamo sulla base di un ruolo, di una certa funzione sociale mentre
nel “backstage” ci muoviamo per ciò che siamo veramente. L’uomo agisce sia
come singolo individuo, con le proprie caratteristiche, sia come “individuo
speciale”, rivestendo un ruolo, delle funzioni sociali. Il ruolo è un concetto
molto importante, un facilitatore che ci assegna una funzione sociale e,
conseguentemente, i comportamenti appropriati a quello stesso ruolo. Il ruolo
definisce le reciproche aspettative e le “restringe”, limitando così
l'imprevedibilità del comportamento comunicativo dell’altro ed eventuali
incomprensioni o perdite di tempo.
Lo stesso ruolo può essere, utilizzando un termine di Goffman, INTERPRETATO,
in maniera diversa a seconda della persona che lo incarna, determinando così
un effetto d’azione differente sull’altra parte. Goffman parla di assorbimento o
distanza dal ruolo.
Tornando ai soggetti agenti Goffman ci dice che, nell’emittente sono presenti
3 ruoli differenti:
-animatore, (ovvero la macchina parlante);
-autore, (stratega, cioè colui che crea il messaggio);
-mandante, (committente, ovvero colui che si assume la responsabilità del
messaggio).
Le tre figure possono coincidere come no, (esempio dello spot pubblicitario).
Anche il ruolo di ricevente può essere distinto:
-designato, (il vero e proprio destinatario del contenuto, es. del prof che vede
nei suoi studenti il target primario, il primo destinatario disegnato);
-occasionale o accidentale, (colui che si trova, per caso, nel raggio d'azione
dell’emittente recependo il messaggio, es. durante la lezione, il passante che
ascolta quanto detto è un ricevente occasionale);
-ricevente diretto o indiretto del messaggio (es. il prof che spiega in aula, io
studente presente prendo appunti sul messaggio dell’emittente e sono
ricevente attivo, mentre il mio amico, a cui trasmetto il messaggio del prof, è
ricevente indiretto oppure il telefono senza fili);
-ricevente in presenza (stesso spazio e tempo) o a distanza (grazie alle
tecnologie si spazia e si decontestualizza). 6
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Quando parliamo del cosiddetto “inquinamento comunicativo” occorre servirsi
del concetto di intenzionalità e dell’ampliamento della possibilità di ricevere
messaggi indiretti, essi sono utili e importanti per interpretare il contesto
informativo in cui ci muoviamo, contesto che contiene livelli di tossicità e
inquinamento comunicativo generati dal fenomeno del disordine informativo.
L’“inquinamento” dell’informazione è dominato da messaggi contrassegnati
da misinfomazione, disinformazione e malinformazione.
-Misinformazione, quando vengono condivise delle informazioni false ma
senza l’intenzione di causare un danno: chi condivide l’informazione può
infatti credere, in buona fede, che sia vera, (ovviamente la buona fede non
rende l’informazione girata meno falsa);
-Disinformazione, quando in modo intenzionale vengono condivise
informazione false con la volontà di ingannare e produrre un danno, (nel caso
di una guerra ciò può avvenire a causa della propaganda dei paesi implicati
nella guerra stessa);
-Malinformazione, quando il messaggio è autentico ma condiviso per
produrre danno, (come quando si portano in pubblico elementi di vita privata
di una certa persona, al fine di creare discredito su di essa).
Tornando agli elementi costitutivi del processo comunicativo, abbiamo gli
SCOPI. Lo scopo è il motore che mette in movimento e fa interagire tutti gli
altri ele
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