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ECONOMIA SOCIALE

VALORE SOCIALE DELLE AZIENDE

La questione dell’uso delle aziende confiscate va affrontato con un paradigma differente rispetto a quello

fallimentare finora attuato. L'utilizzo delle aziende confiscate può costituire un'importante occasione di un

altro tipo di sviluppo sano ed inclusivo, nell'ambito dell'economia sociale, al cui interno l'impresa sociale

rappresenta il principale attore. L’impresa sociale con la sua mission orientata all’interesse generale della

comunità, le sue caratteristiche e le peculiarità del modello organizzativo, è in grado di svolgere un ruolo

importante nei percorsi di riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, contribuendo ad accrescere e riallocare

l’originaria dotazione di “capitale sociale mafioso” in capitale sociale puro dei territori e fornendo allo stesso

tempo un efficace strumento di prevenzione, oltre che di repressione, nella lotta contro la criminalità

organizzata. Escludere l’impresa sociale dalla gestione dei beni confiscati significa voler disconoscerne il ruolo

che di fatto essa sta già svolgendo proprio nei territori di mafia dove operano, nonostante le tante difficoltà,

cooperative sociali e organizzazioni nonprofit, promuovendo modelli culturali ed economici orientati alla

cittadinanza attiva, alla legalità e volti a perseguire l’interesse generale. Le migliori esperienze di riutilizzo

produttivo di "immobili" confiscati sono realizzate da cooperative sociali. Cosa si potrebbe realizzare se ci

fossero "cabine di regia locali", che supportino l'innesto di questi importanti asset aziendali in una strategia di

sviluppo dell'economia sociale sui territori?

INNOVAZIONE ED ECONOMIA SOCIALE

Abbiamo vissuto e viviamo in un sistema che ha fatto del consumismo la sua anima: più consumi e più compri

e dopo aver comprato ti annoi. Ci alziamo e ci addormentiamo con la pubblicità. Siamo indotti a consumare,

ma non ci forniscono i mezzi economici. L’indebitamento è generalizzato: Il 58% delle famiglie italiane sono

indebitate. Sonno diffusi i bisogni imposti: I telefonini che cambiano ogni qualvolta; Le merendine; Le scarpe; I

vestiti; Le auto…

Bisognerebbe essere protagonisti di comunità alternative, di resistenza per prendere le distanze da quella

realtà in cui le merci sostituiscono le persone e il senso della vita dipende da quello che hai e non da quello

che sei e creare nei percorsi di economia sociale, lavoro pulito che offre dignità alle persone.

LA NECESSITÀ DELL’INNOVAZIONE PER LE IMPRESE

Sono limitati i riferimenti teorici dell’innovazione nell’Impresa Sociale (IS). Mentre nell’attuale contesto

economico l’innovazione ha un ruolo importantissimo, poiché la capacità d’innovare rappresenta il futuro

prossimo delle aziende, e non adempiere a tale necessità, vuol dire restare nel passato remoto. Innovare,

altresì, vuol dire, coinvolgere tutti gli attori del contesto economico a partire dalle piccole e medie imprese e

la stessa Pubblica Amministrazione (PA).

Ma la necessità dell’innovazione per le imprese e la PA, sembra che non sia avvertita come tale per le imprese

sociali, basti vedere la scarsità degli studi specifici al riguardo e l’insufficiente dibattito in merito.

Tuttavia, l’impresa sociale è di per sé una forma di innovazione.

Infatti, si assiste alla crescita dell’interesse verso l’innovazione sociale delle imprese finalizzate alla risoluzione

dei problemi sociali. Per cui, il concetto di innovazione sociale è sempre più collegato a quello di impresa

sociale: un soggetto economico che non opera per il profitto, ma con un approccio imprenditoriale, si adopera

a realizzare progetti, servizi, politiche, prevenzione per uno sviluppo sociale ed economico, dal basso,

137

qualificato, partecipato, endogeno, che abbia al centro la dignità della persona e il protagonismo delle

comunità territoriali.

Una delle definizioni più diffuse e condivise d’innovazione sociale è quella elaborata dall’OECD (Organization

for Economic Cooperation and Devolopment - OCSE Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo

economico). Da questa definizione, emerge chiaramente che la dimensione che più di ogni altra viene evocata

dal concetto d’innovazione sociale è quella del cambiamento nelle sue differenti forme e nei suoi diversi livelli

di manifestazione. Innovare nell’ambito sociale significa cercare di individuare e di fornire soluzioni ai nuovi

bisogni delle persone e delle comunità; significa progettare, sviluppare ed introdurre delle trasformazioni

nelle relazioni tra gli individui e tra le istituzioni, in sostanza, ridefinire le finalità e le priorità dello sviluppo

sociale ed economico.

Certamente la crescente attenzione all’impresa qualificata come sociale è in un certo senso un ritorno al

futuro: Ritorno, in quanto il concetto di impresa come ‘istituto economico e sociale’ costituisce uno dei

pilastri dell’economia aziendale italiana e centro europea; Futuro, in quanto questo tipo di impresa potrebbe

diventare uno dei pilastri del ‘nuovo modello economico’ che, secondo un numero crescente di analisti, dovrà

essere molto diverso da quello che ha causato la crisi sistemica alla quale l’economia globale dell’ultimo

quarto di secolo non ha trovato una soluzione credibile e sostenibile.

ECONOMIA SOCIALE

Secondo la risoluzione del Parlamento europeo del 19 febbraio 2009 sull’economia sociale, i valori

dell’economia sociale sono in larga misura coerenti con gli obiettivi comuni di inclusione sociale dell’Unione

europea ed essa dovrebbe andare di pari passo con il lavoro dignitoso, la formazione e il reinserimento.

L’economia sociale ha dimostrato di poter migliorare notevolmente lo status sociale delle persone

svantaggiate (come è stato dimostrato, ad esempio, dalle cooperative di microcredito, concepite dal vincitore

del Premio Nobel Professor Mohammed Yunus, che, facilitando l’inclusione finanziaria, hanno aumentato

l’influenza delle donne) e che essa ha una notevole capacità di innovazione sociale, aiutando le persone che

incontrano difficoltà a trovar soluzione ai lori problemi sociali, ad esempio per quanto riguarda la conciliazione

tra vita professionale e privata, la parità di genere, la qualità della vita familiare e la capacità di prendersi cure

dei bambini, degli anziani e delle persone con disabilità.

L’economia sociale evidenza un modello di impresa che non può essere identificato né sulla base delle sue

dimensioni né del settore di attività, bensì sulla base del rispetto di valori comuni come il primato della

democrazia, della partecipazione degli attori sociali, della persona e degli obiettivi sociali sul capitale, la difesa

e l’applicazione dei principi di solidarietà e responsabilità, la conciliazione degli interessi degli utenti con

l’interesse generale, il controllo democratico da parte dei suoi membri… (ecc.)

DALL’ECONOMIA UNA NUOVA ETICA ECONOMICA

Da qui due principi generali per l’etica economica

1. Non cercare di arricchirti

Vuol dire sostenere il divieto che ogni attività economica sia di tipo esclusivamente speculativo. Invece, “ogni

attività esclusivamente speculativa non ha altro scopo che quello di arricchire; non ha alcun effetto produttivo

che possa ricadere in utilità per il prossimo; non costituisce attività umanizzante per lo stesso operatore” (E.

Chiavacci, Teologia morale. Teologia morale e vita economica, Cittadella, Assisi 1985).

2. Se hai, hai per dare

In definitiva, un’etica normativa che sia profetica urge: è urgente una profonda trasformazione delle strutture

economiche mondiali. Pone il tema di una nuova etica economica, visto il fallimento dei modelli economici,

per guardare invece a un nuovo modello e riscoprire il valore e all’attualità di quella che nel ‘700 Antonio

Genovesi chiamava economica civile. Cambiare il modo di fare impresa e di aprire una nuova stagione del

pensiero economico per la soddisfazione dei bisogni dell’umanità.

ECONOMIA CIVILE 138

L’economista Stefano Zamagni, presidente del comitato scientifico della Sec (Scuola di economia civile),

sostiene che il dato di partenza è la crisi del modello neoliberista teorizzato che ha dominato negli ultimi 50

anni. È una visione che dicotomizza la società, definendo il mercato come il luogo dell’utilitarismo e lasciando

ad altri ambiti della vita sociale questioni come l’altruismo e la filantropia. Un modello che rappresenta il

massimo dell’irresponsabilità.

Zamagni, spiega cosa intende per economia civile, l’economia civile non contrappone Stato o mercato e

società civile, cioè non prevede codici differenti di azione, ma in linea con la Dottrina sociale della Chiesa

punta a unirli. Inoltre teorizza che anche nella normale attività di impresa vi debba essere spazio per concetti

come reciprocità, rispetto della persona, simpatia.

Oggi invece si ritiene ancora che l’impresa possa operare nel mercato come meglio crede, o non rispettare in

pieno la dignità dei lavoratori, e poi magari fare della filantropia oppure concedere in cambio il nido per i figli

dei dipendenti. Ecco, non dovrebbe funzionare così.

Un altro aspetto riguarda la società civile organizzata – cooperative sociali, associazioni di promozione

sociale, fondazioni – che non viene confinata al ruolo di soggetto incaricato di ridistribuire il sovrappiù, come

in altri sistemi economici, ma è valorizzata come soggetto economico vero e proprio, messa al lavoro. Quindi

la società civile deve diventare protagonista di un nuovo modello di Stato sociale, è quando sostiene lo

stesso Zamagni perché tanto il modello neoliberista quanto quello socialdemocratico di welfare non funziona

più. Il primo non assicura l’universalità dello Stato sociale, l’altro non garantisce la qualità.

La soluzione è il welfare civile, fondato sul principio di sussidiarietà circolare, cioè sulla collaborazione tra tre

soggetti: ente pubblico, impresa e società civile (o Terzo settore). Una risposta efficace ai vincoli di bilancio.

Non è una questione di principio, ma una necessità. È un approccio anti-ideologico, un’idea nuova di

economia e di società. Anche la Gran Bretagna, con la Big Society, sta guardando a questa soluzione, che

appartiene già alla realtà e alla tradizione italiana, si tratta solo di riscoprirla e valorizzarla. Si tratta, in

definitiva, di cambiare il modo di fare impresa e di aprire una nuova stagione del pe

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A.A. 2023-2024
152 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ekim1234 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Limoccia Leandro.