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L’ORGANISMO DI DIRITTO PUBBLICO IN FORMA SOCIETARIA:
Nell’ambito del diritto comunitario campeggia tuttavia una nozione che è quella di
“ORGANISMO DI DIRITTO PUBBLICO IN FORMA SOCIETARIA”. Il diritto
comunitario ha introdotto nello scenario ordinamentale la nozione di organismo di
diritto pubblico, nata con uno scopo ben preciso che è quello di evitare che
gli stati membri ricorressero a privatizzazioni per eludere gli obblighi e le
regole dell’evidenza pubblica in materia di contratti di appalto pubblico e di
concessione. Questa qualificazione di organismo di diritto pubblico consente di
andare oltre la veste formale e dei soggetti, di guardare alla sostanza delle cose con
l’obiettivo di garantire, per quanto sia possibile, la massima applicazione del
principio di libera concorrenza e di non discriminazione.
Con riferimento alle società a partecipazione pubbliche si pongono delle questioni
particolari, quella principale è: chiarire a quali condizioni queste società possono
essere ricondotte nell’alveo della nozione di organismo di diritto pubblico, perché
questo significa anche rendersi conto a quali limiti vanno incontro queste società. Le
società a partecipazione pubblica che, secondo la logica del diritto comunitario,
rientrano nel novero degli organismi di diritto pubblico devono presentare alcune
particolari caratteristiche:
1. innanzitutto devono essere dotate di personalità giuridica,
2. ma soprattutto è necessario che le società siano istituite allo scopo di perseguire,
di soddisfare delle esigenze di carattere di interesse generale, che siano
privi del carattere industriale o commerciale, in questo caso si parlerà della
sussistenza del requisito teleologico.
3. Quindi si tratta di società che nascono allo scopo di perseguire un interesse
generale che sia privo di carattere industriale o di carattere commerciale, e si deve
trattare di società che siano sottoposte ad un particolare controllo che è
riconducibile al concetto di dominanza pubblica, quindi la P.A. dev’essere in
grado di poter esercitare su questi soggetti una forma particolare che si sostanzia
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nell’influenza determinante da parte della P.A. Quest’ultimo aspetto, cioè questa
influenza si può esteriorizzare attraverso diversi modi:
per esempio attraverso il finanziamento pubblico da parte degli enti
pubblici a queste società,
oppure nel controllo pubblico della gestione
oppure nella possibilità che questi soggetti pubblici hanno di designare una
parte o addirittura metà o addirittura una totalità di amministratori pubblici.
Qualora tutti questi elementi si riscontrino con riferimento ad una società
pubblica, ci troviamo di fronte ad un organismo o comunque ad un soggetto che
può essere ricondotto nell’alveo degli organismi di diritto pubblico, delineato dalla
normativa comunitaria.
L’organismo pubblico comunitario si differenzia dal concetto di impresa
pubblica perché:
pubblica esercita un’attività di impresa, in un regime che è di
l’impresa ,
concorrenza, secondo un metodo economico con un rischio di impresa e
secondo le regole di mercato.
di diritto pubblico, si pone la necessità di conciliare l’intervento nel
l’organismo
mercato con l’esigenza di garantire il perseguimento di un interesse pubblico.
Il modello societario spesso si presenta più snello e molto più indicato per
l’espletamento di attività di prestazione. Ecco perché gli enti pubblici alle volte si
avvalgono del modello societario.
La complessità del modello delle società pubbliche dipende dalla coesistenza di una
fattispecie societaria che è tipica del diritto privato, ma anche dalla presenza al rinvio
ad una disciplina che fa leva su profili pubblicistici e direi a doppio regime
pubblicistici. I principi che trovano applicazione con riferimento a queste società non
sono soltanto quelli di diritto amministrativo, ma sono anche i principi che derivano
dal diritto comunitario.
LE SOCIETÀ IN HOUSE
Con riferimento alle società pubbliche si pone un problema particolare che è quello
delle società in house. Il discorso è che se c’è un ente pubblico che ha una società
che è partecipata, cioè è proprietario di una società in quanto è titolare di tutte le
quote societarie e questa società si occupa di un certo settore e l’ente pubblico ha la
necessità di occuparsi di erogare dei servizi in quel determinato settore, ha senso che
si rivolga all’esterno? oppure può affidare direttamente la gestione di quel servizio alla
società pubblica di cui egli è titolare?
Perché a seconda della risposta che noi diamo a questo interrogativo, si pone una
conseguenza sul fronte della possibile alterazione del mercato e quindi delle regole
della concorrenza, su cui batte molto il diritto comunitario.
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La giurisprudenza ha previsto che gli enti pubblici che siano titolari di società
le cui quote sono interamente di proprietà dell’ente stesso, possa affidare la
gestione del servizio a queste società, senza bisogno di avviare delle
procedure d’appalto, quindi derogando in qualche modo alle regole della
concorrenza. Questo, ci dice la giurisprudenza, può avvenire in presenza di
particolari condizioni che la stessa giurisprudenza ha messo in evidenza. Quindi
risulta fondamentale individuare quali sono le condizioni che possono giustificare e
che possono rendere legittima una deroga al regime concorrenziale e che consentono
di ricorrere a questo strumento societario, senza eludere i meccanismi della
concorrenza e senza creare una violazione del principio di non
discriminazione.
Quindi l’utilizzo delle società in house, ci dice la giurisprudenza comunitaria e poi
quella nazionale, è possibile, perché rientra nell’ambito dell’autonomia organizzativa
delle P.A. nazionali, ma può avvenire, laddove ricorrono 3 requisiti:
1. il primo requisito è quello del “CONTROLLO ANALOGO”, cioè l’ente pubblico
dev’essere in grado di esercitare su queste società pubbliche un controllo
penetrante, però la giurisprudenza preferisce definire questo controllo come
analogo. Questo controllo analogo si configura quando la P.A. o l’ente esercita
su questa società controllata un controllo analogo a quello che si
troverebbe ad esercitare se lo stesso ente si occupasse dell’erogazione
del servizio. Quindi questo controllo è talmente puntuale da poter condizionare
gli obiettivi strategici e le decisioni significative assunte dalla società.
2. Il secondo requisito attiene alla qualità dell’attività che la società in house
deve svolgere in modo prevalente a favore dell’ente di appartenenza,
che detiene tutte le quote. Secondo la giurisprudenza occorre che l’80%
dell’attività realizzata dalla persona giuridica societaria controllata, sia effettuato
per espletare i compiti affidati dall’amministrazione a queste società.
3. Il terzo requisito riguarda il profilo proprietario e si sostanzia nella necessità
che la partecipazione pubblica di queste società in house, sia di regola
totalitaria, è necessario che l’ente pubblico detenga la totalità delle quote della
società pubblica, salva l’ipotesi in cui si tratta di eccezioni di partecipazione di
capitali privati che vengono appositamente previste dalla legge.
Al ricorrere di questi requisiti è possibile che l’ente pubblico affidi la gestione di un
servizio a questa società pubblica in maniera diretta, senza passare attraverso la
procedura di appalto e quindi senza passare attraverso il meccanismo delle procedure
ad evidenza pubblica.
L’ANAC (Autorità Nazionale Anti-Corruzione) ha previsto l’istituzione di un
apposito elenco, albo delle amministrazioni aggiudicatrici che operano
mediante l’affidamento diretto nei confronti di proprie società in house. L’ANAC ha
elaborato delle linee guida che gli enti pubblici che si avvalgono di queste società
sono chiamate ad utilizzare allo scopo di espletare la loro attività in maniera legittima.
Si sono posti dei problemi circa l’individuazione della disciplina da applicare a
queste società in house, perché
secondo alcuni le società in house sarebbero da considerare come delle vere e
proprie articolazioni organizzative degli enti pubblici, quindi come una
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longa manus
sorta di degli enti pubblici e quindi ad esse andrebbero applicate le
regole pubblicistiche.
Secondo un diverso orientamento giurisprudenziale, le società in house
sarebbero soggette di diritto privato che godono di una particolare
autonomia, indipendentemente dal fatto che siano interamente partecipate dai
soggetti pubblici, proprio per questo le stesse dovrebbero essere sottoposte alle
regole di diritto privato.
LA SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE MISTA PUBBLICO-PRIVATA
Nel caso di società le cui quote siano interamente detenute da un ente
pubblico è possibile il meccanismo dell’affidamento diretto dei servizi da
gestire.
Da questa ipotesi dobbiamo distinguere i casi in cui la società è a partecipazione
mista pubblico-privata, cioè quando la partecipazione delle quote è
riconducibile in parte a soggetti pubblici e in parte a soggetti privati. Ci
troviamo di fronte ad una particolare forma di partenariato pubblico-privato di tipo
organizzativo. In questi casi vista la compresenza tra socio privato e socio pubblico,
l’oggetto dell’attività della società è concordato dalle parti ed è
espressamente individuato dallo Statuto societario.
In questo caso ci troviamo di fronte ad una società che non agisce come un vero e
proprio organo dell’amministrazione, perché abbiamo la presenza di un socio privato,
qui si pongono delle questioni particolari. Ci si è chiesti se il modello dell’affidamento
diretto potesse essere applicato anche nel caso delle società miste, ma la
giurisprudenza ne ha escluso l’operatività del meccanismo della gestione
diretta, perché anche se l’individuazione del socio privato avviene attraverso una
procedura selettiva, ci troviamo di fronte ad un modello societario in cui l’oggetto
societario è concordato dalle parti e potrebbe non avere l’indole a tutto tondo del
perseguimento dell’interesse pubblico.
I PROFILI DI SPECIALITA’ NELLA DISCIPLINA DELLE SOCIETA’
PARTECIPATE
Di fronte a quest