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IL PROTO-GIALLO
Il primo poliziesco è di matrice americana con Poe, ma il motivo di ispirazione del genere arriva
direttamente dalla Francia che è a quel tempo patria del giallo, non solo per l’esistenza di Vidocq
nella realtà come personaggio storico, ma soprattutto perché prima ancora in Francia c’era stato un
grande investigatore – divenutolo suo malgrado – che faceva il filosofo linguista ed è Voltaire.
Voltaire è considerato da alcuni critici il primo grande detective dilettante – filosofo, poeta,
drammaturgo, scrittore di romanzi e racconti, noto per il suo pensiero filosofico e per il suo ruolo
fondamentale durante il secolo dei lumi a livello culturale, storico, letterario e politico. Ha vissuto
molti anni della sua vita adulta in esilio per sfuggire al mandato di cattura del re di Francia Luigi
XV per ripetute offese allo stato in quanto essendo Voltaire un filosofo illuminista era contro la
monarchia assoluta mentre era a favore di una monarchia costituzionale all’inglese. Ha vissuto
molto in Svizzera dove ha scritto molto usando la letteratura come arma per esprimere le sue idee.
Due sono le opere di Voltaire che ci interessano: 1) il racconto filosofico – genere inventato da lui –
Zadìg scritto nel 1746; 2) il Trattato sulla tolleranza nel 1763. Entrambe influiranno sul giallo: il
primo è racconto di pura invenzione, il secondo è un trattato che Voltaire scrive dopo aver risolto un
caso giudiziario di malagiustizia.
Zadìg è il primo dei racconti filosofici -> il racconto filosofico è un’opera breve di pura invenzione
a cui Voltaire approda dopo aver già ben chiaro il suo pensiero filosofico, che già ha diffuso in
trattati filosofici. Ma adesso all’altezza del 1747, quando la maggior parte delle persone in Francia
sono totalmente analfabete e la cultura è in mano alle classi alte, Voltaire intuisce che il trattato
filosofico non basta poiché non facilmente comprensibile da tutti, serve qualcosa di più accessibile,
serve volgarizzare il proprio pensiero filosofico così che qualcuno che sapesse leggere potesse
leggere quel qualcosa anche agli analfabeti. Così nasce l’idea del racconto filosofico, cioè pensiero
filosofico volgarizzato attraverso delle storie il più semplici possibili. Così nasce Zadìg, un racconto
orientale, una sorta di fiaba. Lo scopo del racconto filosofico è porter essere letto a più livelli, i
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meno colti apprezzano la storia, chi è più acculturato comprende che c’è una morale in sottofondo, i
filosofi leggono tra le righe il pensiero filosofico. La satira e l’ironia sono molto presenti e letto a un
livello alto c’è critica alla chiesa, all’ingiustizia sociale ecc.
Dopo Zadig scrive Candido, Micromega, Ingenuo: tutti e 4 racconti di divulgazione filosofica. Con
Zadìg si concentra sul tema del destino, del caso, della provvidenza: indaga sul male del mondo, sul
perché se Dio è buono ha creato il male. Nel 1747 Voltaire parte dalla sua posizione deista, cioè
crede in Dio e pensa che per credere in lui non ci sia bisogno di intermediari, non occorre andare in
chiesa ma basta andare in mezzo alla natura meravigliosa per percepire la presenza di un essere
superiore testimoniato dalla bellezza del mondo. Ma come si concilia la presenza del male nel
mondo con la bellezza che si vede? È lo scontro tra brutto-bello, tra bene-male che è al centro del
suo pensiero in questo momento. Scrive i racconti filosofici per divulgare il suo pensiero che ha
varie fasi: la sua idea sul male cambia da Zadìg, al Candido e all’Ingenuo (lasciando stare
Micromega) in base ad avvenimenti che gli accadono.
- Voltaire in Zadìg matura l’idea che il male serve a qualcosa, è un racconto
profondamente ottimista dove al protagonista Zadìg – un saggio contro le ingiustizie –
succede di tutto ma alla fine dei guai diventa re di Babilonia, si sposa e vive felice e
contento: il male, seppur doloroso e crudele, serve a far maturare per cui va sopportato.
- Quando scrive Candido invece il suo pensiero è mutato: nella sua vita una vicenda
personale lo sconvolge e inoltre assiste a un evento terribile che accade in quegli anni. Il
protagonista del racconto filosofico è Candido, un giovane che abita in un paese
immaginario in Germania, gli succede di tutto, è colpevole di essersi innamorato di una
giovane viene beccato dal padre di lei e cacciato da quella casa gliene succedono di tutti
i colori. Qui la descrizione dei mali è più cupa, tutto non finisce in modo lieto, sì
Candido ritrova la sua amata ma dopo molti anni di sofferenze, ormai è brutta, vecchia e
poco gentile. Alla fine è costretto dal fratello di lei a sposarla: il lieto fine quindi c’è ma
è amaro e si conclude con una frase enigmatica dove Candido in un colloquio con un
saggio riflettendo sul perché del male che gli è accaduto, gli viene detto dal saggio “a
noi (esseri umani) non resta che coltivare il nostro giardino”. Cosa significa? Alla fine
dei guai Candido ha acquistato una piccola terra dove si presume che lui andrà a fare il
contadino, per cui l’invito del saggio di coltivare il proprio giardino starebbe a
significare che non è possibile per gli umani comprendere il mistero del male, si può
solo lavorare, fare la propria parte e lasciare che tutto il resto accada, inutile pensare alla
motivazione del male. Altra interpretazione sta nell’invito a prendersi cura della propria
anima, un lavoro non solo manuale ma anche intellettuale come introspezione.
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Per Voltaire è angosciante l’idea che esista un Dio infinitamente buono ma che abbia
contemplato l’esistenza del male, è un’angoscia questa che lo perseguiterà per tutta la
vita: con Candido forse arriva alla conclusione che forse il male non serve esattamente a
qualcosa.
- Con l’Ingenuo Voltaire arriva alla conclusione che il male non serve a niente, serve solo
a far soffrire, è crudele e non c’è una spiegazione al perché vada patito.
La parabola ascendente di Voltaire sul male si conclude con questo forte pessimismo.
Questa parabola ascendente Zadìg-Candido-Ingenuo nasce spontaneamente dai fatti della vita che
gli ispirano col tempo questi racconti filosofici. Gli eventi che mutano il pensiero di Voltaire sul
male sono due:
1) Un motivo di natura personale, Voltaire è rifugiato in un castello di una signora francese che
lo ha ospitato, i due si innamorano, lei è molto giovane ma è anche una grande intellettuale
per cui il loro amore non è solo fisico ma anche mentale. Lei improvvisamente muore per
una malattia fulminante e Voltaire resta scioccato da questa perdita proprio quando pensava
di aver trovato un rifugio sicuro.
2) Un evento terribile che sconvolge tutta l’Europa, il 1° novembre 1755 a Lisbona accade un
maremoto seguito da un terremoto che fa crollare più della metà della città. Questo
avvenimento fa parlare a lungo perché Lisbona era una città del Portogallo, paese fortemente
cattolico e impegnato nella colonizzazione e nell’evangelizzazione religiosa, inoltre tutto è
avvenuto proprio mentre le persone affollavano le chiese essendo il giorno di Ognissanti.
Tutto questo colpisce profondamente ogni credente che si domanda perché proprio lì e in
quel momento Dio abbia deciso di scatenare questo terremoto-maremoto: forse una
punizione per i modi in cui si cercava di imporre il credo cristiano a nuove popolazioni, ma
perché punire molte vittime innocenti dato che rimasero uccisi molti bambini.
Questi eventi influenzano il pensiero di Voltaire sul male mutandolo.
Zadig è un racconto filosofico, quindi di stampo fiabesco che finisce bene, con all’interno
preoccupazioni filosofiche in merito a comprendere lo scopo del male: è costituito da piccoli
episodi e in particolare il terzo episodio intitolato “Il cane e il cavallo” ha attirato i critici dello
studio dello sviluppo del giallo -> lì Voltaire anticipa il metodo indiziario poi usato da Edgar Allan
Poe, cioè trovare gli indizi, studiarli, mettere assieme i pezzi utilizzando l’intelligenza.
Un giorno, mentre passeggiava presso un boschetto, vide arrivare un eunuco della regina, seguito da parecchi
ufficiali che sembravano molto inquieti e si sparpagliavano qua e là come uomini turbati alla ricerca di
qualche perduta preziosissima cosa. - Giovanotto, - gli chiese il Primo eunuco, - avete per caso veduto il
cane della regina? - Zadig con garbo rispose: - È una cagna, non un cane. - È vero, - ammise il Primo
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eunuco. - È una cagna piccolina, di razza spagnuola, - aggiunse Zadig. - Ha da poco avuto i piccoli, zoppica
della gamba anteriore sinistra, e ha orecchie lunghissime. - L’avete dunque vista? - disse il Primo eunuco
tutto ansante. - No, - rispose Zadig, - non l’ho vista mai, non ho mai saputo se la regina possiede una cagna.
Proprio allora, per una delle solite bizzarrie della sorte, il cavallo più bello delle scuderie reali era sfuggito
alla custodia d’un palafreniere nella pianura intorno a Babilonia.
Il Grande cacciatore e tutti gli altri ufficiali lo inseguivano con la stessa ansietà del Primo eunuco che cercava
la cagna. Il Grande cacciatore si rivolse a Zadig domandandogli se aveva veduto passare quel cavallo del re.
Zadig rispose: - È il cavallo più bravo di tutti al galoppo, alto cinque piedi, di zoccoli molto piccoli; ha una
coda lunga tre piedi e mezzo; le due borchie del suo morso sono d’oro a ventitré carati, i ferri d’argento di
duecentosessantaquattro grani. - Che direzione ha preso? Dov’è andato? - domandò il Grande cacciatore. -
Non l’ho mica visto, - rispose Zadig, - non ne ho mai sentito parlare.
Il Grande cacciatore e il Primo eunuco pensarono, senz’alcun dubbio, che Zadig aveva sottratto il cavallo del
re e la cagna della regina; lo fecero trascinare davanti all’assemblea del Grande Desteram che lo condannò a
essere frustato con lo knut e a finire i suoi giorni in Siberia. Era appena pubblicata la sentenza che cavallo e
cagna furono ritrovati. I giudici dovettero rincresciosamente ma necessariamente modificare la sentenza: ma
condannarono Zadig a pagare quattrocento once d’oro perché aveva dichiarato di non aver visto ciò che
aveva visto. Prima di tutto fu giocoforza pagare la multa; poi fu concesso a Zadig di difendersi davanti al
Consiglio del Grande Desteram. Parlò nei termini seguenti: - O stelle di giustizia, abissi di scienza, specchi di
verità, che avete il peso del piombo, la durezza del ferro, la lucentezza del diamante e molta affinità con l’oro!
Poich&eacut