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Sentenza diritto internazionale

Nicaragua-Stati uniti

Questa sentenza rappresenta un caso di scuola sotto molti pro li:

  • Formazione delle consuetudini
  • Legittimità del ricorso alle contromisure di carattere armato
  • L'importanza del limite del terzo indispensabile
  • Il concetto di attacco armato

La storia:

A livello storico, già da inizio '900 gli Stati Uniti erano intervenuti in Nicaragua, nel contesto delle "banana wars". L'interesse fondamentale, presentato in ottica "Monroe", era quello di impedire che qualsiasi altro stato intraprendesse la costruzione del canale, primato che gli U.S.A. raggiunsero nel 1914 con il famoso canale di Panama. L'occupazione del Nicaragua, tra il 1913 e il 1933 servì soprattutto a impedire la costruzione di un canale alternativo a quello già costruito e a mantenere un monopolio che assicurava enormi vantaggi al suo detentore.

Con l'arrivo della grande depressione, si riconobbe

L'insostenibilità in termini economici del mantenimento della situazione, iniziando a smobilitare le truppe e ad allentare il rapporto con la dittatura.

All'inizio degli anni '30 scoppiò una rivolta, che in breve tempo si trasformò in una rivoluzione contro la dittatura e l'occupazione statunitense. Si sviluppa, a causa delle problematiche nel paese, una raccolta molto vasta di consensi, che portò allo scoppio della "rivoluzione Sandinista".

Quindi: in Nicaragua prima guerra civile poi regime sandinista, gli Stati Uniti intervengono indirettamente finanziando la guerriglia dei contras che parte dall'Honduras a El Salvador. Nell'82 il governo nicaraguano fatica a gestire la guerriglia dei contras e presenta ricorso alla corte dell'Aja, lamentando la condotta USA (divieto uso della forza).

Gli Stati Uniti, che conoscevano e si opponevano già da tempo, non potendo permettere la presa del potere da parte del gruppo.

solo ai casi di legittima difesa individuale o collettiva autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Pertanto, il Nicaragua sostenne che gli Stati Uniti avevano violato il diritto internazionale e chiese alla Corte Internazionale di Giustizia di condannare gli Stati Uniti per le loro azioni illegali. La Corte Internazionale di Giustizia emise una sentenza nel 1986, dichiarando che gli Stati Uniti avevano violato il diritto internazionale con le loro azioni nel Nicaragua. La Corte ordinò agli Stati Uniti di porre fine alle violazioni del diritto internazionale, di pagare riparazioni al Nicaragua e di astenersi da ulteriori azioni illegali. Tuttavia, gli Stati Uniti rifiutarono di riconoscere l'autorità della Corte Internazionale di Giustizia e non aderirono alla sentenza. Continuarono a sostenere i Contras e a svolgere operazioni militari nel Nicaragua. La guerra civile in Nicaragua continuò fino al 1990, quando i Sandinisti persero le elezioni e il paese iniziò un processo di democratizzazione. La controversia tra il Nicaragua e gli Stati Uniti rappresenta un importante caso di violazione del diritto internazionale e di conflitto tra due Stati sovrani. Rappresenta anche un esempio di come il diritto internazionale possa essere utilizzato come strumento per risolvere le controversie tra gli Stati e garantire il rispetto delle norme internazionali.alla sola ipotesi di legittima difesa.

Gli Stati Uniti sostenevano che le operazioni militari intraprese nei confronti del Nicaragua fossero assolutamente lecite, in quanto svolte sulla base della legittima difesa collettiva riconosciuta dal diritto internazionale generale e dalla Carta delle Nazioni Unite ed inoltre che il loro intervento era stato richiesto dai tre stati latino-americani che erano rimasti vittima di un attacco nicaraguense: El Salvador, il Costa Rica e l'Honduras.

Relativamente, inoltre, all'opinione USA (anticipando il limite del terzo indispensabile), la corte non aveva giurisdizione perché quando nel 1946 gli Stati Uniti avevano accettato la giurisdizione di questa con una dichiarazione unilaterale, avevano apposto una clausola: "ad eccezione delle controversie aventi ad oggetto trattati multilaterali salvo che tutte la parti del trattato non fossero anche".

Parte della controversia". Gli Stati Uniti, quindi, erano disposti a sottoporsi alla corte solo per quanto riguardava le controversie bilaterali (multilaterali solo se tutti facevano parte della controversia). La posizione degli Stati Uniti era quindi molto chiara: la giurisdizione della corte non doveva esserci.

Il giudizio della corte: La Corte stabilì innanzitutto che le manovre militari condotte dagli U.S.A. in Nicaragua erano di per sé illecite, in quanto costituivano una violazione del principio che vieta l'uso della forza. È necessario riportare una delle decisioni della corte la quale sottolineò che per poter giustificare l'intervento per legittima difesa è necessario trovarsi di fronte ad un attacco armato già sferrato ("engaged").

La manovra statunitense era inoltre più ingiustificata dal momento che la Corte non riteneva nemmeno esistente l'assenso degli stati direttamente investiti delle presunte.

illegittime incursioninicaraguensi. La decisione nale della corte stabilì che Washington aveva violato il diritto internazionale consuetudinario intervenendo negli affari di un altro stato armando, equipaggiando, nanziando e supportando gruppi che agivano contro il governo del Nicaragua. Gli Stati Uniti, secondo il giudizio della corte, dovevano:
  1. immediatamente cessare tutte le azioni giudicate illegittime
  2. Fornire riparazioni al Nicaragua
  3. Rispettare gli obblighi e trovare una soluzione paci ca della controversia attraverso gli strumenti del diritto internazionale
Nonostante il giudizio a favore delle pretese Nicaraguensi, il governo americano si ri utò di accordare riparazioni, continuando inoltre a nanziare i gruppi. La controversia raggiunse il Consiglio di Sicurezza, secondo l’articolo 94 (Carta ONU) secondo cui ciascun membro delle Nazioni Unite si impegna a conformarsi alla decisione della Corte Internazionale di Giustizia in ogni controversia di cui esso sia.

parte.Se una delle parti di una controversia non adempie agli obblighi, l'altra parte può ricorrere al Consiglio di Sicurezza, il quale ha facoltà, ove lo ritenga necessario, di fare raccomandazioni o di decidere circa le misure da prendere perché la sentenza abbia esecuzione. Il funzionamento di questo meccanismo incombe tuttavia in una falla, come proprio la controversia Nicaragua vs. Usa ci ha dimostrato. Gli Stati Uniti posero fine alla "questione Nicaragua" utilizzando il loro potere di veto in quanto membri permanenti del consiglio di sicurezza. Lo status di membro permanente portò a sbilanciare a favore del primo il rapporto Consiglio di Sicurezza-Corte. La gravità sicuramente si poggia sul fatto che davanti alla condanna di gravi violazioni del diritto internazionale, i vari stati che compongono una comunità paritaria, essendosi riconosciuti come uguali, hanno di fatto un peso differente, sconfessando l'intero

funzionamento del sistema

La formazione delle consuetudini

Per questa analisi ci si rifà interamente a quanto indicato nel testo: la sentenza analizza la formazione delle consuetudini dal punto di vista:

  • Della prassi (rapporto consuetudini-trattati; prassi conforme a tutti gli stati; la essibilità come requisito della fonte)
  • Della opinio iuris (importanza delle risoluzioni ONU; in tema di strumenti non vincolanti; rilevanza di statuizioni autorevoli con analisi di Jus Cogens)

Rifacendoci alla storia, quando gli USA hanno affermato che la giurisdizione della corte non aveva diritto di esistere in quella situazione, qualcuno nel collegio difensivo del Nicaragua ha un'idea: affermare che lo stato stava invocando la carta delle nazioni unite, in particolare la norma consuetudinaria del divieto dell'uso della forza (che, tra le altre fonti, viene indicata anche nella stessa carta). Gli americani

stanno dunque violando una consuetudine. La corte si ritrova dunque a dover rilevare se effettivamente il divieto dell'uso della forza è una consuetudine e, per rilevarla, deve cercare la prassi (prassi legislativa di uno stato, amministrativa e diplomatica, dunque le note verbali che gli stati si scambiano, le convenzioni firmate etc) e l'opinio iuris di questa. La corte va a cercare prassi e opinio nelle stesse fonti. Esse sono diverse l'una dall'altra, ma è una differenza labile quella tra comportamento di fatto e intenzione dietro lo stesso. La distinzione si giustifica sulla base della diversa qualificazione dei due: la prassi deve essere uniforme e prolungata nel tempo, l'opinio iuris deve essere diffusa, quindi ci deve essere un comune sentimento possibilmente unanime (o almeno non un dissenso aperto). Il problema è che la diffusione non è quantitativa, ma qualitativa (si va quindi a vedere come la pensano gli stati più).coinvolti da quella norma, non l'interezza della comunità internazionale) Dunque la corte si domanda come considerare tutte quelle istanze in cui la prassi è difforme dalla consuetudine. Le possibilità sono due: a) O questa prassi difforme è supportata da una opinio iuris ugualmente difforme, e questo porta una consuetudine esistente a perdere vigore normativo b) O se a fronte di una prassi difforme c'è una opinio iuris conforme: In questo caso l'elemento di prassi difforme viene neutralizzato Se lo stato che ha tenuto la prassi difforme giustifica la propria azione sulla base di un'eccezione esistente alla regola, la prassi sarà diversa, ma lo stato sta confermando la sua opinio iuris a riguardo. È una situazione rilevante perché nel caso specifico gli USA affermavano la non giurisdizione della corte, e, per giustificarsi ulteriormente, affermava che anche se la corte avesse avuto competenza, essi comunque avevano agito.

In legittima difesa, dunque non violando la norma sull'uso della forza. Quindi: gli stati uniti, alla ne, cercavano di motivare la propria azione sulla base della stessa regola consuetudinaria, dato che la legittima difesa è contenuta nella stessa regola sul divieto dell'uso della forza.

La corte sostiene che tra prassi e opinio sussiste in realtà una gerarchia un elemento di opinio può neutralizzare una prassi difforme.

Legittimità del ricorso alle contromisure di carattere armato

La sentenza della Corte, tra gli altri pro li, si sofferma sulla legittimità del ricorso a contromisure di carattere armato nel quadro delle norme di diritto internazionale consuetudinario concernenti la legittima difesa. In particolare, la Corte riafferma la legittimità di tali contromisure ove esse siano poste in essere, a titolo di autotutela individuale, dallo Stato vittima di un attacco armato, soffermandosi poi ampiamente invece sui presupposti del.

ricorso all'autotutela collettiva, invocata nella specie dagli Stati Uniti a giustificazione del proprio agire.
Dettagli
A.A. 2022-2023
31 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher holographicsigh di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Tanzi Attila.