L’autonomia legislativa delle Regioni a statuto speciale si fonda oggi su un
equilibrio complesso tra:
il patto statutario (che mantiene valore costituzionale),
● e la nuova disciplina generale del Titolo V (che ha introdotto un
● modello più ampio e flessibile di autonomia).
La giurisprudenza costituzionale ha contribuito a armonizzare i due livelli,
estendendo alle Regioni speciali le forme di autonomia più ampie riconosciute a
quelle ordinarie, pur nel rispetto dei limiti costituzionali, internazionali e
sistematici che garantiscono l’unità giuridica e politica della Repubblica.
Perfetto — ecco una versione riscritta, ordinata e chiarita del punto 7.
L’autonomia legislativa delle Regioni ad autonomia ordinaria, mantenendo
un linguaggio giuridico universitario ma molto più fluido e coerente.
Ho articolato il testo in sezioni tematiche con logica sistematica (norma →
conseguenza → interpretazione), come in un elaborato di diritto costituzionale.
7. L’autonomia legislativa delle Regioni ad autonomia
ordinaria (confronta con dispensa cap 12 pag 8)
1. Il nuovo assetto dell’articolo 117 Costituzione
La riforma del Titolo V (legge cost. n. 3/2001) ha profondamente modificato la
distribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regioni ad autonomia
ordinaria, introducendo un sistema basato su un riparto per elenchi e sulla
residualità della competenza regionale.
Nel vecchio art. 117 Cost., la competenza legislativa spettava allo Stato per
tutte le materie, salvo quelle espressamente elencate come regionali.
Nel nuovo art. 117, invece, la logica è rovesciata:
Comma 2 → elenca 17 materie di competenza esclusiva dello Stato
● (es. politica estera, difesa, giustizia, ordine pubblico, moneta, ecc.);
Comma 3 → elenca 19 materie di legislazione concorrente, in cui lo
● Stato fissa i principi fondamentali, mentre le Regioni disciplinano gli
aspetti di dettaglio;
Comma 4 → attribuisce alle Regioni la competenza legislativa
● residuale, cioè su tutte le materie non riservate espressamente alla
legislazione statale.
Il nuovo modello si fonda dunque su una inversione di prospettiva: la
competenza legislativa statale è tipizzata e limitata, mentre quella regionale
diventa residuale e potenzialmente ampia, seppure condizionata da numerosi
limiti costituzionali e sistematici.
L’ampliamento differenziato dell’autonomia: l’art. 116, comma 3,
Cost.
Il comma 3 dell’art. 116 Cost. consente alle Regioni ordinarie di ottenere
ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in specifici settori.
La procedura prevede:
Iniziativa legislativa della Regione interessata, che formula una
. proposta;
Intesa tra Stato e Regione;
. Approvazione con legge dello Stato, deliberata a maggioranza
. assoluta delle Camere.
Si tratta di un meccanismo di autonomia differenziata, già attivato da Veneto,
Lombardia ed Emilia-Romagna, e riferito a materie di legislazione
concorrente.
L’obiettivo è rendere l’assetto autonomistico più flessibile e asimmetrico, in
base alle capacità organizzative e finanziarie di ciascuna Regione.
La scomparsa della potestà legislativa “facoltativa o integrativa”
Il nuovo art. 117 non menziona più la potestà legislativa facoltativa o
integrativa, prevista invece nel vecchio testo costituzionale.
Ciò non impedisce, tuttavia, che il Parlamento possa delegare specifiche
funzioni legislative alle Regioni con legge ordinaria, secondo il principio di
sussidiarietà legislativa.
I limiti all’autonomia legislativa regionale
Con la riforma del 2001, i limiti alla potestà legislativa delle Regioni ordinarie
sono stati ridisegnati.
In precedenza, essi erano mutuati da quelli previsti per le Regioni speciali; oggi
derivano direttamente:
dalle disposizioni espresse del nuovo Titolo V,
● e dalle materie riservate in via esclusiva alla legge statale.
●
a) Limiti espressi dal comma 1 dell’art. 117
Le Regioni esercitano la potestà legislativa “nel rispetto della Costituzione,
nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali”.
Questa disposizione richiama esplicitamente i principali limiti generali:
Costituzionale (divieto di violare norme o principi costituzionali);
● Internazionale ed europeo (prevalenza del diritto dell’UE e degli
● obblighi internazionali dello Stato);
Territoriale (la legge regionale deve riferirsi a fenomeni connessi al
● territorio della Regione);
Di libertà economiche e circolazione (divieto di limitare la libera
● circolazione di persone e merci sul territorio nazionale).
b) Limiti derivanti dal comma 2 dell’art. 117
Il comma 2 elenca le materie di competenza esclusiva dello Stato, che
costituiscono limiti di materia alla legislazione regionale.
Tra queste rientrano settori sensibili come ordine pubblico, sicurezza, difesa,
cittadinanza, moneta, giustizia, politica estera e rapporti internazionali, in
cui l’intervento regionale è escluso o solo integrativo.
Rapporti internazionali e con l’Unione Europea
Un punto delicato riguarda la distinzione tra:
la competenza esclusiva dello Stato in materia di politica estera e
● rapporti internazionali (art. 117, comma 2, lett. a),
e la competenza concorrente delle Regioni in materia di rapporti
● internazionali e con l’Unione Europea delle Regioni (art. 117, comma
3).
La soluzione interpretativa è fornita dai commi 5 e 9 dell’art. 117, che
precisano i poteri regionali nel rispetto della prevalenza statale.
a) Partecipazione alla formazione e attuazione del diritto europeo (comma
5)
Le Regioni e le Province autonome:
partecipano alla formazione degli atti normativi europei nelle materie
● di loro competenza;
provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi
● internazionali e delle norme europee, nel rispetto delle procedure
stabilite dalla legge statale.
Se la Regione non adempie, lo Stato può esercitare un potere sostitutivo, ma
la legge statale sostitutiva cessa di avere efficacia non appena entra in
vigore la legge regionale conforme.
b) Relazioni dirette con soggetti esteri (comma 9)
Il comma 9 consente alle Regioni di intrattenere rapporti diretti con enti e
soggetti di ordinamenti stranieri, ma “nei casi e con le forme disciplinate
dalla legge dello Stato”.
La disciplina attuativa è contenuta nell’art. 6 della legge n. 131/2003 (legge La
Loggia), che prevede:
notifica preventiva alla Presidenza del Consiglio e al Ministero degli
● Esteri;
controllo statale di legittimità e opportunità politica;
● rilascio dei “pieni poteri di firma” da parte del Governo per la validità
● internazionale degli accordi.
Le difficoltà interpretative sulla legislazione concorrente
Un problema di fondo del nuovo sistema riguarda la determinazione dei
principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente (art. 117,
comma 3).
Il riparto prevede che:
allo Stato spetti fissare i principi fondamentali,
● alle Regioni la potestà legislativa di dettaglio, entro tali principi.
●
Tuttavia, non sempre è chiaro:
Cosa debba intendersi per “principio fondamentale”;
.
. Se tali principi debbano essere fissati da una legge quadro (“legge
cornice”) o possano essere ricavati per via interpretativa dalla
normativa esistente.
Già nel 1970, la legge n. 281 aveva previsto che i principi potessero risultare da
leggi esplicitamente rivolte a definirli o desumersi da leggi vigenti.
La legge 131/2003 ha confermato questa impostazione.
Tuttavia, la soluzione presenta criticità:
la definizione dei principi può generare conflitti di competenza, risolti
● solo dalla Corte costituzionale;
spesso è difficile individuare principi generali sufficientemente chiari
● per consentire un effettivo esercizio dell’autonomia regionale.
La competenza legislativa residuale (art. 117, comma 4)
Il comma 4 attribuisce alle Regioni la potestà legislativa residuale in tutte le
materie non espressamente riservate allo Stato.
Si parla, tuttavia, di competenza residuale e non esclusiva, poiché:
le competenze esclusive statali possono comunque condizionare
● indirettamente l’esercizio del potere legislativo regionale;
e la giurisprudenza costituzionale ha spesso ridimensionato la
● portata di questa residualità.
In particolare, la Corte ha escluso che possano rientrare tra le competenze
regionali residuali settori “contigui” a materie di competenza esclusiva statale,
invocando il principio dell’unitarietà della funzione pubblica e il potere
sussidiario dello Stato (art. 118, comma 1, Cost.).
I controlli sulle leggi regionali: il nuovo art. 127 Cost.
La riforma ha sostituito il vecchio sistema di controllo preventivo sulle leggi
regionali con un controllo successivo di costituzionalità.
Ai sensi del nuovo art. 127 Cost.:
Il Governo può impugnare una legge regionale entro 60 giorni dalla
● pubblicazione, quando ritenga che essa ecceda la competenza della
Regione;
Le Regioni possono ricorrere contro leggi statali o di altre Regioni che
● ritengano lesive della propria sfera di competenza.
Il giudizio è devoluto alla Corte costituzionale, che verifica la legittimità della
legge impugnata.
Continuità legislativa e ruolo della Corte costituzionale
Nonostante la riforma del Titolo V, il sistema è ancora caratterizzato da una
fase di transizione: molte norme statali e regionali anteriori restano in vigore
(“continuità legislativa”) fino alla loro sostituzione con nuove leggi conformi al
riparto delle competenze.
In assenza di criteri puntuali di coordinamento, la Corte costituzionale ha
svolto un ruolo determinante, applicando due principi di equilibrio:
Principio di sussidiarietà (art. 118, comma 1, Cost.)
. → consente allo Stato di esercitare funzioni amministrative o normative
“per assicurarne l’esercizio unitario”, tramite una “chiamata in
sussidiarietà”, purché sia garantita la leale collaborazione con le
Regioni.
Principio di prevalenza
. → utilizzato quando una disciplina incide su più materie
contemporaneamente; la Corte attribuisce la competenza in base alla
materia prevalente, per evitare sovrapposizioni e conflitti tra Stato e
Regioni.
Conclusione
L’autonomia legislativa delle Regioni ad autonomia ordinaria rappresenta oggi
una autonomia funzionale e condizionata, fondata:
sulla residualità delle competenze (art. 117, co. 4),
● e sulla leale collabora
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