A questo proposito nasce una rigorosa organizzazione sociale con cui il regime mira a controllare il tempo libero dei cittadini di
qualunque età, ceto sociale e genere: lo fa con un articolato sistema di associazioni, dai Balilla ai Gruppi universitari, l’Opera
nazionale del dopolavoro, i Gruppi femminili fascisti (entusiasmano dall’interno con lo sport per controllarle). A questo principio si
ispira anche la didattica scolastica, che fa della congiunzione tra fascismo e nazione la base dei valori da trasmettere nelle aule
scolastiche. La costante riproposizione dell’etica del sacrificio ha evidenti risonanze bellicistiche e rimarca la dimensione guerriera
della retorica fascista, anche espressa nel culto del duce (uomo nuovo prodotto dalla rivoluzione fascista, vigoroso, militaresco,apice
raggiunto con adunate oceaniche).
Al termine della Grande Guerra anche l’Italia si trova a dover fronteggiare problematiche economiche,
Il fascismo in Italia
ma diversamente da ciò che accade in Francia e GB, le affronta nel bel mezzo di un terremoto politico-sociale dovuto
all’introduzione del suffragio universale maschile e all’introduzione dello scrutinio di lista. Le nuove leggi appaiono come
un’opportunità per lo sviluppo della partecipazione democratica e i liberali sono convinti di poter dominare la situazione anche con
le nuove regole, convinzione che si rivela infondata quando, alle elezioni del 1919, i liberali risultano essere un raggruppamento di
personalità politiche senza partito al contrario degli avversari che si trovano davanti. Si tratta del Partito popolare italiano (1919,
cattolico, guidato da don Luigi Sturzo-tematiche sociali) e il Partito socialista italiano (1892, tra quelli europei è quello che si accosta
di più al partito bolscevico russo, si riconosce la possibilità di ricorrere alla violenza col fine di costruire un ordine comunista).
I risultati elettorali fanno intendere che liberali non sono più in grado di formare un governo autonomo, Giolitti vince le elezioni ma
presiede un governo di coalizione fragile, formato da liberali di varia estrazione e ministri appartenenti al Ppi (1913 patto Gentiloni,
post-guerra le coalizioni diventano la norma. Il governo si trova a gestire due crisi di enorme gravità:
1) La questione della vittoria mutilata: secondo il patto di Londra, in caso di vittoria l’Italia avrebbe ottenuto Trento, Trieste e
la Dalmazia. Tuttavia, nel corso delle trattative di pace, la Dalmazia viene attribuita alla Jugoslavia (Wilson-principio
corrispondenza tra nazioni e stati), mentre Fiume è occupata da militari che fanno capo a D’Annunzio (settembre 1920
marcia su Fiume-ne dichiara l’annessione all’Italia). Il problema viene risolto soltanto un anno dopo, con la firma del
trattato di Rapallo (Dalmazia alla Jugoslavia tranne Zara, Fiume città libera- Giolitti ordina all’esercito di attaccare la
Reggenza del Carnaro, il governo irregolare di D’Annunzio, decisione che fa pensare ai patriottici che Giolitti non abbia
difeso gli interessi nazionali).
2) Lo scoppio di scioperi e rivolte nelle fabbriche e nelle campagne: a differenza degli altri Paesi europei, in Italia questo
fenomeno è molto più radicalizzato grazie alla linea di pensiero del partito socialista, che porta i sindacati ad estendersi su
milioni di persone e in modo molto radicale. A seguito di occupazioni delle fabbriche al Nord e delle campagne al Sud, si
giunge ad un accordo nel 1920 che segna a vittoria dei sindacati. Molti operai si sentono delusi perché avevano inteso le
occupazioni come un avvio di rivoluzione, ciò segna una spaccatura nel Psi: dentro di esso si è formata una corrente guidata
da Gramsci e Togliatti, i quali si staccheranno dal Psi durante il congresso del 1921 e formeranno il Pci.
Alla fine del 1920 proprietari e industriali pensano di dover ricorrere, in assenza di un aiuto dal governo, a forze militari private al
fine di allontanare gli scioperanti. Si rivolgono, dunque, a formazioni politiche che dispongono di forze paramilitari, tra questa il
Movimento dei Fasci da combattimento, formato nel 1919 da Benito Mussolini (espulso dal Psi perché favorevole all’entrata in
guerra). Dopo la sconfitta alle elezioni del 1919 abbandona i riferimenti alle riforme sociali e accentua l’antisocialismo, attirando
investimenti dagli industriali affinché il movimento potenzi le formazioni paramilitari. Nascono così le squadre d’azione, militanti in
uniforme nera incoraggiati dall’opinione pubblica in quanto responsabili del crollo degli scioperi.
Il fascismo è un movimento che ha da subito un buon insediamento di massa grazie all’efficienza militare e alla seduzione ideologica
operata da Mussolini che, attraverso i mezzi di comunicazione, lo presenta come unico movimento in grado di rilanciare la grandezza
della nazione portando avanti le istanze patriottiche del Risorgimento. Questo assunto li porta a disprezzare pubblicamente le
istituzioni e il sistema partitico. Nonostante la violenza che lo caratterizza, molti borghesi apprezzano il fascismo in quanto
movimento autoritario e ricco di ideali in grado di portare ordine nel Paese. Questo apprezzamento si esprime nel largo consenso che
ottengono alle elezioni del 1921 (esponenti fascisti inclusi nei blocchi nazionali alleati dei liberali per fermare ascesa socialista). Il
quadro politico non cambia davvero: i fascisti nei seggi sono solo 38 e i liberali formano governi instabili che durano pochi mesi
(Bonomi-Facta). Nello stesso anno, il movimento assume il nome di Partito nazionale fascista, di cui Mussolini è dichiarato duce.
Nel 1922 l’utilità della violenza come strumento sistematico di azione politica risulta superato date le scissioni che hanno indebolito
la sinistra, e per non perdere la centralità all’interno dello scenario politico i dirigenti fascisti tentano di far dimettere il governo Facta
mediante un vero e proprio colpo di Stato. Tra il 27 e il 28 ottobre 1922 le squadre d’azione convergono su Roma indisturbate
(nonostante Facta presenti il decreto di stato d’assedio per mobilitare l’esercito, il re non lo firma, dunque Mussolini procede
indisturbato). La mattina dopo, quando si presenta al re, Mussolini chiede di ottenere l’incarico per formare il nuovo governo ed egli
acconsente. Mussolini ammette di formare un governo in un quadro politico che evade dalla legalità, ma ottiene comunque
largamente la fiducia. contestualmente si approva una legge che concede al governo pieni poteri sul sistema tributario e della
pubblica amministrazione. Sin dai primi atti di governo si comprende che siamo all’inizio della fine del sistema democratico: nel
dicembre Mussolini forma un Gran Consiglio del fascismo, organo di raccordo tra Partito fascista e Stato, subito dopo le squadre
d’azione vengono istituzionalizzate e diventano Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (violenza ufficialmente legittimata). In
economia si attua un alinea liberista, i dazi sono leggeri e l’autonomia decisionale degli industriali viene consolidata (grazie
all’annientamento dei sindacati), decisioni che portano a buoni risultati economici. Forte di questi risultati, Mussolini impone
definitivamente il dominio del suo partito con l’approvazione nel 1923 di una nuova legge elettorale a sistema maggioritario
(maggioranza relativa ottiene i 2/2 dei seggi). Le elezioni con la nuova legge si tengono nel 1924: il clima di violenza intimidisce gli
elettori e li orienta a votare le Liste nazionali dominate dai fascisti, che ottengono il 70% dei seggi. La vittoria sembra assodata, se
non fosse che Giacomo Matteotti, segretario del Psu, tiene un discorso alla camera il 30 maggio 1924 in cui denuncia le violenze che
hanno caratterizzato le elezioni, chiedendone l’annullamento. Dieci giorni dopo Matteotti viene rapito da un gruppo di fascisti che lo
uccidono nascondendone il corpo. È chiaro che la responsabilità politica dell’omicidio gravi sul Pnf, che affronta una dura crisi. È il
momento della secessione dell’Aventino, in cui le opposizioni decidono di riunirsi separatamente. Il re decide di non intervenire e la
situazione si sblocca a seguito di un intervento di Mussolini (3 gennaio 1925), nel corso del quale si assume le responsabilità di
quanto accaduto. Nei giorni successivi la soluzione viene realizzata attraverso lo scioglimento di tutte le associazioni politiche
avverse al fascismo (sistema monopartitico), alla chiusura dei loro giornali, all’arresto dei loro dirigenti. A queste misure segue
l’approvazione delle leggi fascistissime, che istituzionalizzano del tutto il nuovo sistema politico:
• Governo non ha bisogno di fiducia, responsabile solo nei confronti del re;
• Istituzioni locali come podestà sono nominati dal governo;
• Istituzione di un tribunale speciale i cui giudici sono militanti della Milizia.
• Patto di Palazzo Vidoni (Confindustria e Confederazione delle Corporazioni fasciste si riconoscono a vicenda) vieta
scioperi;
La svolta totalitaria si accompagna ad un mutamento di rotta nella politica economica: l’inflazione cresce a causa della svalutazione
della lira nei confronti delle monete straniere, problematica affrontata da Mussolini con la rivalutazione della lira, portata a quota
novanta (scendono i prezzi importazioni ma aumentano i prezzi delle esportazioni, i quali rendono i prodotti italiani meno
competitivi sul mercato internazionale). Ne consegue una stagnazione economica contrastata con una politica che punta
all’autosufficienza del Paese con l’estensione della superficie dedicata alla coltivazione del grano mediante la bonifica delle aree
paludose iniziata nel 1928.
Per conferire più stabilità al regime, Mussolini stipula accordi con la Chiesa cattolica che passano per la riforma scolastica del 1923
(Giovanni Gentile-reintroduzione insegnamento obbligatorio della religione cattolica ed equiparazione istituti privati religiosi a
quelli pubblici) e per il mancato intervento di Papa Pio XI nel difendere il Partito popolare dallo scioglimento forzato. Ciò consente
un riavvicinamento tra Chiesa e Stato, i cui rapporti erano stati interrotti dopo il 1871. Con la stipula dei Patti Lateranensi (11
febbraio 1929) i rapporti riprendono in forma ufficiale:
• Stato Vaticano riceve indennizzo per la perdita del potere temporale, riconosce lo Stato italiano ed esercita sovranità solo sul
suo territorio
• Concordato con cui lo Stato italiano conferma la religione cattolica come religione di Stato (art.1 Statuto Albertino),
insegnamento religione obbligatorio in tutte le scuole, si riconosce valore civile al matrimonio religioso, Azione cattolica
unica associazione non fascista tollerata.
Tali concessioni sono un prezzo che dà i suoi frutti: il rispetto che il fascismo nutre per la dottrina cattolica è largamente apprezzato
dall’Italia cattolica, apprezzamento che trova conferma nei risultati elettorali del 1929 in cui il listone unico ottiene il 98% dei
consensi. Il successo è dovuto anch
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