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LA VALUTAZIONE DI BAMBINI CHE HANNO VISSUTO PRIVAZIONI TRAUMI E
PERDITE
- MARGARET RUSTIN -
Ai bambini può venire a mancare l’affetto della famiglia nella quale sono entrati nel momento della
nascita per una serie di ragioni diverse. Qui si parla di bambini che hanno vissuto perdite
particolarmente gravi e sono stati affidati ai servizi di assistenza all’infanzia perché le famiglie
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non hanno potuto assicurare loro un nucleo familiare stabile. Il passaggio dei bambini sotto la
responsabilità degli enti pubblici assistenziali, il loro trasferimento in case di accoglienza, istituti di
affidamento e, alla fine, famiglie adottive, può avvenire sia in seguito di una richiesta d'aiuto da parte
di famiglie particolarmente disagiate che non possono più prendersi cura dei figli sia perché lo stato
interviene direttamente sottraendo i bambini a situazioni degenerate. I bambini tra questi che vengono
indirizzati ad una valutazione psicoterapica solitamente, non sono quelli per i quali esiste una speranza
o un progetto di reinserimento nella famiglia di origine, ma sono quelli che non hanno ricevuto
sufficiente aiuto in forma di accudimento alternativo alla famiglia, bambini il cui disagio
psicologico è evidente in una manifesta infelicità e nelle difficoltà che incontrano nella vita o si
rivela in effetti turbativi su coloro che li assistono e in generale sul mondo esterno.
Nella valutazione si distinguono aspetti interni ed esterni della situazione:
aspetti interni: caratteristiche del mondo interno del bambino, effetti del mondo interno su
capacità di relazione e apprendimento;
aspetti esterni: sentimenti, desideri, angosce e fragilità degli adulti responsabili del benessere
del bambino a casa e a scuola, possibilità di una sua sistemazione stabile o di una eventuale
terapia.
La valutazione deve stabilire se un intervento sia o no opportuno; chiarire chi sia il soggetto che cerca
aiuto e se questo aiuto è disponibile; prendere in considerazione i problemi relativi alla scelta dei
tempi; confrontare le diverse forme di trattamento e individuare quali problemi possano o non possano
essere affrontati dalle varie terapie aspetti generali che richiedono un’esplorazione del contesto e del
significato alla base della richiesta di intervento
Obiettivo finale del processo di valutazione: elaborazione, con il bambino e gli adulti che ne sono
responsabili, delle conclusioni emergenti dall'esplorazione intrapresa. Non è esattamente un obiettivo
“finale”, perché la cornice di riferimento di tutti i colloqui è un dialogo, una comunicazione reciproca
che porti alla condivisione di ciò che sia compreso ma anche di ciò che rimane ancora incompreso. Il
risultato positivo di questo processo è quello in cui tutte le parti riescono ad accettare che in un modo o
nell'altro è avvenuta una condivisione di pensiero e che l'intervento proposto serve ad integrare i punti
di vista già disponibili.
Nel corso del lavoro ci si troverà di fronte a problemi tecnici e a scelte…i modelli devono essere
massimamente flessibili, infatti, questi si dimostrano più inadeguati dove esprimono indicazioni
prescrittive sul modo di portare avanti il lavoro. Le domande da porsi:
1) Chi esercita le funzioni di genitore del bambino? La loro attribuzione è certa, o si disperdono in
una rete complessa fatta di famiglie affidatarie, assistenti sociali, scuola e virgola a maggior
ragione, case di accoglienza?
2) Chi vive il dolore psichico? Questo dolore è riconosciuto come tale?
3) Chi chiede aiuto? il soggetto inviato agli psicoterapeuti è un bambino, ma può non essere lui a
desiderare l’aiuto richiesto
4) È possibile ricostruire una storia della vita del bambino che non sia, come di solito avviene,
piena di lacune? Come è stato affrontato questo problema fino ad oggi?
5) In che misura il terapeuta può accedere al conflitto e alle angosce sottostanti? Quanto sono
rigide le difese?
6) Qual è la risposta al dolore emotivo nel corso della valutazione? Può essere tollerato, se viene
offerto un sostegno?
7) Quali indicazioni possono essere tratte dai sentimenti associati al controtransfert? Il terapeuta si
sente motivato offrire il suo aiuto virgola e virgola in caso negativo, perché? 9
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La valutazione viene richiesta perché il soggetto non è stato in grado di sopportare perdite che
sono probabilmente associate ad altri eventi traumatici. L’intervento deve peraltro mirare a
contenere, e non a inasprire, la rievocazione dei sentimenti dolorosi collegati alla perdita. I bambini
traumatizzati da perdite che hanno soffocato le loro capacità riflessive di comprensione sono
estremamente vulnerabili. Se si aprono con lo psicoterapeuta, la fine di una seduta di valutazione può
essere avvertita come una crudele interruzione o rifiuto. Se al termine del processo di valutazione è
necessario attendere perché si crei un posto libero per avviare una terapia continuativa, i bambini
possono sentirsi abbandonati in uno stato mentale vulnerabile e indebitamente protetto. Se hanno
reagito a una serie di perdite instaurando relazioni superficiali, è possibile che dimostrino notevole
entusiasmo per il terapeuta e un coinvolgimento immediato ma poco profondo. Se hanno sviluppato un
atteggiamento guardingo e gelido per difendersi dal dolore, possono apparire inaccessibile da essere
facilmente inclini a disperarsi se non viene presa in considerazione quella speranza che noi non sono
abbracciare Questi esempi mettono in evidenza la sensibilità, la chiarezza e il coraggio necessario
per affrontare un dolore psicologico profondo; abbiamo a che fare con ferite ancora aperte e di questa
mancanza di cicatrizzazione dobbiamo essere consapevoli. Un punto sul quale dobbiamo
dimostrarci assolutamente affidabili è il tipo della nostra offerta. Deve sempre risultare chiaro
quale sarà il prossimo passo e quando verrà fatto. I finali aperti sono terrificanti per i bambini che
hanno vissuto esperienze segnate da catastrofe imprevedibilità appunto occorre quindi stabilire fin dal
primo momento se la persona che conduce la valutazione potrà in futuro offrire una terapia
continuativa; una scarsa chiarezza su questo aspetto potrebbe essere vissuta dal bambino come una
seduzione accompagnata da tradimento. È difficile spesso per il terapeuta dichiarare i limiti della
propria offerta ma se non vengono chiarite subito le cose, lo psicologo sta solo difendendo il desiderio
di essere visto in modo favorevole a discapito del paziente.
Condizione necessaria affinché una psicoterapia sia possibile è che le responsabilità parentali devono
essere chiaramente attribuite. Se ciò non avviene sorge una confusione tra il terapeuta come potenziale
figura trasferenziale che può fornire aiuto stringendo un legame con il mondo interno del bambino e il
terapeuta come genitore sostitutivo. Per un bambino che ha perso i genitori, la spinta a trovarli nella
figura del terapeuta è enorme; bisogna quindi porre la massima attenzione per evitare l’insorgere di
speranze irrealistiche, come la speranza che un terapeuta sia la madre naturale da tempo perduta o nel
caso di un bambino in attesa di adozione che il terapeuta sia la persona che lo adotterà. Sul piano
esterno ciò viene favorito solo se qualcuno effettivamente ha assunto il compito di genitore. Questo
qualcuno possono essere genitori adottivi, un assistente sociale insieme ai genitori o alla famiglia
affidataria o un assistente ai minori insieme agli assistenti sociali che si occupano del bambino
nell’istituto dove questi risiede.
La comunicazione fra i nuclei di cura: in presenza di una complessa rete di condivisione di
responsabilità, è necessario dedicare particolare attenzione ai modi in cui possono essere messi in atto
le diverse opinioni dei vari soggetti coinvolti. Talvolta simili scissioni nella rete degli specialisti
riflettono le gravi scissioni del mondo interno del bambino e quando ciò avviene le divergenze
assumono un carattere particolarmente profondo. Tuttavia, essi possono anche rappresentare una
diversità di impostazioni teoriche riguardo alla terapia infantile come anche una rivalità tra e all’interno
degli enti. Il bambino deve essere figlio di qualcuno, occupare un posto nella mente di questo
qualcuno.
Spesso nella mente di un bambino abbandonato si affaccia l’idea che i genitori abbiano scelto
l’eccitazione reciproca preferendolo al prendersi cura dei figli e spesso possiamo osservare
l’identificazione del bambino con l’immagine dei genitori sessualizzati. 10
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Vi sono dei fattori che rendono difficile la messa in atto da parte di professionisti che lavorano
sottoposti a numerose pressioni di una prassi che consciamente essi probabilmente ritengono giusta:
l'effetto emotivo che agli operatori deriva dalla loro stessa reazione ai casi di cui si occupano
controtransfert: l’emotività parzialmente inconscia dell’operatore, la risonanza personale di
sentimenti di perdita e abbandono danno il rifiuto, la speranza, il coinvolgimento nei problemi della
propria vita più che in quelli dei bambini di cui si è responsabili. Talvolta può capitare di sentirsi
impotenti di fronte ai torti, l’angoscia, l’incertezza, e che venga a mancare lo spazio mentale per poter
pensare ai bambini, la propria identità professionale può essere sottoposta ad attacchi che vanno oltre il
punto di non ritorno. Le professioni assistenziali attraggono molti individui che vivono identificazioni
personali con coloro che cercano di aiutare, e per il professionista ciò comporta un rischio che deve
essere minimizzato da strutture di sostegno di supervisione e di prassi professionale. Il controtransfert
può essere sia un punto di debolezza che un punto di forza perché permette di cogliere e
registrare nel sentimento alcuni elementi significativi delle comunicazioni del bambino e questa è
un'importante capacità di percezione inconscia; il pericolo è che il nostro agire sia diretto non già
dal pensiero ma da queste potenti identificazioni inconsce.
È impensabile voler eliminare l’eventualità di non avere un pieno controllo razionale di noi stessi
nell’interesse dei bambini di cui ci occupiamo. Al contrario, tale eventualità va riconosciuta e presa
seriamente ed esaminata sistematicamente. Quando scopriamo di non avere il controllo su tutte le
nostre azioni, per non parlare delle emozioni, proviamo la sensazione di forte disagio. Ma forse anche
questa verità può aiutarci a capire meglio le emozioni di bambini che avvertono che la loro vita sfugge
in massima parte al loro contr