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ASPETTI EVOLUTIVI: LA TARDA ADOLESCENZA
4. La tarda adolescenza: processi di identificazione e assunzione di responsabilità
Bisogno di rispecchiamento e tentativi autoterapeutivi. Ci sono dei momenti in cui ci si sta
preparando ad affrontare una prova decisiva e può accadere di vedersi all’improvviso dall’esterno
(come in uno specchio), con una sensazione che è al margine tra la familiarità del senso di sé e il
trasalimento dello scoprirsi diversi, estranei.
Anna Freud descrive l’effetto perturbante che fa su di noi l’immagine della nostra persona quando ci
si fa incontro non chiamata e inattesa. L’effetto perturbante deriverebbe, secondo Freud, dall’avere
momentaneamente scambiato queste immagini di sé per un sosia. “Un grande sgomento
nell’accorgersi che l’intruso era la sua stessa immagine riflessa nello specchio”.
Sensazioni di momentaneo estraniamento possono insorgere in ogni periodo della vita ma, com’è
noto, caratterizzano in modo particolare quelle fasi di transizione e di passaggio in cui, come
nell’adolescenza, si verificano rapide e spesso radicali trasformazioni. In questi momenti è richiesto
al soggetto un faticoso lavoro di integrazione dei cambiamenti, improvvisi e perturbanti, che
avvengono non solo nel corpo ma, più in generale, nel senso di sé. Questo lavoro di integrazione si
svolge attraverso una complessa dialettica di movimenti proiettivi e introiettivi, in cui possono
alternarsi momenti di estraniamento da sé o di totale assorbimento nelle proprie sensazioni e
percezioni corporee, e tentativi di avvicinare e conoscere aspetti “estranei” del Sé attraverso la loro
oggettivazione e proiezione nell’altro.
Molti autori, a partire dalla Klein, hanno evidenziato come al bisogno di integrazione, che
rappresenta una spinta costante allo sviluppo che si estende nell’arco di tutta la vita, si associno
spesso profondi sentimenti di solitudine che vanno, a seconda dei casi, da un estremo isolamento alla
struggente nostalgia per una comprensione immediata e perfetta che si “ricorda” di avere un tempo
sperimentato nel primitivo rapporto di fusione con la madre.
La Klein, rifacendosi ad uno spunto di Bion, descrive il momento proiettivo attraverso cui questo
bisogno di comprensione e di integrazione totale viene oggettivato all’esterno di sé nella creazione di
una fantasia di un altro sé stesso, un “sosia”, un “gemello immaginario” che dovrebbe rappresentare
non solo tutte le parti di sé perdute o sconosciute che l’individuo vorrebbe recuperare, ma anche
quell’ideale di perfetta e totale comprensione empatica di sé a cui ciascuno sembra aspirare.
Le intense e travolgenti amicizie dell’adolescenza spesso rispondono appunto a tali bisogni ed
esprimono la necessità di confronti che permettano l’articolarsi di momenti di conoscenza e di
integrazione di sé. In questa cornice, attraverso un sottile gioco di esternalizzazione e proiezioni che
sembrano produrre l’oggettivazione necessaria di aspetti e qualità di sé nell’altro, si vanno
effettuando quelle operazioni di rispecchiamento reciproco che man mano si traducono nella
possibilità di guardarsi dall’esterno e di cominciare a conoscersi (tema estraniazione-
rispecchiamento).
L’apparente paradosso che caratterizza l’adolescenza come un periodo di intenso bisogno di
conoscenza di sé e di autoriflessione, ma allo stesso tempo di estrema insofferenza nei confronti
dei tentativi degli adulti di approfondire tale conoscenza. Scrive Winnicott: “i giovani dell’uno e
dell’altro sesso, non vogliono essere compresi, poiché questo è un periodo dell’esistenza che deve
essere vissuto, ed è essenzialmente un momento di scoperta di sé stessi”. All’estremo bisogno di
essere compresi si affianca il rifiuto, altrettanto estremo, di essere osservati e studiati.
La maggior parte degli studenti che sono rivolti al servizio di counselling offerto, mostravano una
qualche forma di consapevolezza delle proprie problematiche, derivante da una lunga autoriflessione,
associato ad un qualcosa di segreto…spesso è presente la convinzione di dover fare affidamento
sulle proprie forze, o sensi di colpa in relazione alle proprie problematiche, associate alla pigrizia.
La consapevolezza di chiedere aiuto, di autoriflessione riprendono il processo auto-terapeutico che
alcuni autori descrivono come caratteristico dell’adolescenza e che vede l’individuo scindersi in una
“parte soggettiva” che vive l’esperienza e una “parte oggettiva” che la osserva, per poi muoversi e
altalenare rapidamente da una posizione all’altra.
Fanno parte di tali processi autoterapeutici sia l’abitudine di tenere un diario, sia l’uso di una figura
lontana come interlocutore più o meno immaginario della propria ricerca interiore, sia, infine
l’innamorarsi, specialmente quando l’oggetto è idealizzato e inaccessibile. L’aspetto auto-terapeutico
dell’innamoramento adolescenziale in quanto l’investimento dell’altro appare finalizzato, anche in
questo caso come spesso nell’amicizia, ad una migliore definizione della propria identità mediante la
proiezione di aspetti di sé su un’altra persona per vederli, così, riflessi e chiariti.
Fra i tentativi auto-terapeutici occupa un posto importante anche la vasta gamma di produzioni
creative di tipo artistico che durante l’adolescenza rappresentano spesso uno sforzo di
oggettualizzare, e quindi di esprimere e conoscere, aspetti del proprio Sé.
La creatività sembra collegarsi ai processi di ritiro degli investimenti dagli oggetti dell’infanzia e di
temporaneo investimento, di tipo narcisistico, sull’Io dell’adolescente, processi che favoriscono sia
la tendenza ad oggettualizzare il Sé in produzioni di tipo artistico-autobiografico, sia, in alcuni casi,
la erotizzazione del pensiero stesso. Ciò si traduce spesso in un accresciuto ricorso al ragionamento e
alla dimostrazione che frequentemente travalica nell’intellettualizzazione quell’accresciuta
consapevolezza dei processi psichici somiglianti alle esplosioni psicotiche per A. Freud.
Viene ribadito da molti autori, la presenza in adolescenza di tratti e caratteristiche assai simili a quelli
che di solito sono indicativi di una patologia grave, di tipo narcisistico o borderline, o a volte anche
di un esordio psicotico.
Adatto, come molti autori, avvicina la tarda adolescenza al quadro dei disturbi narcisistici di
personalità, descritto da Kohut, proprio in quanto essa appare caratterizzata da “un vago senso di
vuoto e di depressione, e allo stesso tempo, da un sentimento di grandiosità e di intenso bisogno di
oggetti di investimento”.
Tutti gli autori sono concordi però nell’affermare la necessità di una estrema cautela diagnostica
rispetto all’adolescente in quanto in questa fase tali aspetti sono parte dei processi di disintegrazione
e integrazione che accompagnano allo sviluppo e non vanno perciò considerati necessariamente
come indicatori di una patologia così grave e nefasta. Più che in altre fasi della vita, in
adolescenza, la contemporanea presenza di forti sconvolgimenti e di profonde riorganizzazioni
psichiche rende infatti arduo operare una netta distinzione tra aspetti normali e patologici.
D’altra parte, sia le produzioni di tipo artistico-autobiografico sia l’accresciuta comprensione
intellettuale dei processi psichici sembrano rientrare in quei tentativi auto-terapeutici
dell’adolescenza che mirano ad integrare ed imbrigliare in qualche modo i potenti sconvolgimenti
interiori prodotti dai processi trasformativi in atto.
In molti casi la richiesta di effettuare i colloqui del counseling si situi all’interno di tali processi come
un momento di “emergenza” nella coscienza di una “condizione interiore causa di turbamento” che,
proprio per l’intensità e la persistenza del disturbo prodotto, richiede di essere esternalizzata,
oggettivata nel dialogo con un altro, che si abbastanza distante e forse idealizzato, ma tale comunque
da poter fornire quel “rispecchiamento” che, nel migliore dei casi, permette la ripresa dei silenziosi
processi preconsci.
Benché in molti casi siano evidenti intensi investimenti transferali, catalizzati sia dall’apertura di uno
spazio di ascolto, sia dalla brevità dell’incontro che funge da potente “attivatore”, l’utilizzo del
counseling può essere considerato per molti versi affine con quei tentativi auto-terapeutici che vanno
dal diario, all’amico, all’innamoramento. Si tratta di processi che in sostanza permettono l’articolarsi
all’esterno, con un interlocutore che è al tempo stesso esterno ma anche interno e in gran parte
abbastanza indistinto di sé, di un discorso interiore destinato a continuare a svolgersi in seguito di
nuovo all’interno di sé (vedersi attraverso lo sguardo di un altro).
L’accresciuta attività di autoriflessione e di autovalutazione che caratterizza la fase finale
dell’adolescenza è finalizzata a conoscere e valutare le reali potenzialità e capacità dell’individuo,
porre fine a modi di vita del passato per avviarne dei nuovi. Tutto ciò è sotteso da un faticoso
travaglio interiore che vede il soggetto impegnato in una attività di esplorazione di varie possibilità,
sia all’interno di sé che all’esterno, nella realtà. Questi processi sono frequentemente accompagnati
da forte ansia rispetto al futuro e da sensazioni di incertezza e di instabilità che rendono i giovani di
quest’età particolarmente vulnerabili nei confronti della valutazione delle loro future capacità di
rendimento nel mondo degli adulti. L’autovalutazione, che passa spesso attraverso il confronto con i
coetanei e con le aspettative degli adulti, può diventare un’esperienza dolorosa e avviare un
eccessivo ripiegamento su di sé, che contrasta l’investimento della realtà, ponendosi più al servizio
del Super-io che dell’Io. Vi è una tendenza alla rimuginazione ossessiva, insidiose tendenze
autodistruttive che trasformano l’attenzione rivolta su di sé in odio per sé stessi e in un bisogno
coatto di aggredirsi attraverso una serie di autoaccuse.
Il ricorso ai colloqui di counselling ha una funzione importante di oggettivizzazione e
rispecchiamento, mostrando come la costante attenzione su di sé, risulti essere un’attività sterile e
frustrante.
Nelle fasi più avanzate dell’adolescenza, l’intensità dell’