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Quindi l’arte relazionale comprende i percorsi artistici che hanno principio nell’intersoggettività, nella relazionalità e
nel coinvolgimento del pubblico. L’arte, d’altronde, è sempre stata relazionale a diversi gradi, cioè stimolo di
partecipazione sociale e di dialogo, a differenza della televisione o della letteratura che rinviano al proprio spazio
privato; al contrario ancora del teatro o del cinema dove la discussione non è immediata (rinviata al dopo-
spettacolo). L'opera d'arte, così, viene definita un “interstizio sociale”; l'interstizio è uno spazio di relazioni umane
che pur inserendosi nel sistema, suggerisce altre possibilità di scambio rispetto a quelle che offre il sistema stesso.
Questa è la natura dell'esposizione dell'arte contemporanea, uno stato d'incontro.
- Il pubblico stesso diventa non solo spettatore ma esso stesso artefice dell’opera > è chiamato a svolgere un ruolo,
non ha una funzione passiva e puramente contemplativa come osservatore di un’opera tradizionalmente intesa
ma è chiamato ad accettare una partecipazione attiva all’intervento artistico. Lo spettatore allo stesso tempo è
produttore dell’opera stessa e coinvolto emotivamente e personalmente nell’atto.
- Anche il ruolo dell’artista cambia, perché si pone a livello del suo pubblico e mette in primo piano nel suo lavoro
l’interazione tra persone e il modello di partecipazione.
Possiamo inoltre notare come in passato l'arte puntava a stabilire una comunicazione con il divino; poco a poco
l'arte ha abbandonato quest'ambizione per dedicarsi ai rapporti tra uomini e mondo. Ed è negli ultimi tempi che
l'arte si concentra ormai sulla sfera delle relazioni interpersonali: l'artista si concentra sui rapporti che il suo lavoro
creerà nel pubblico e figure come meeting, ritrovi e manifestazioni sono diventate delle vere e proprie “forme
artistiche”.
Un quadro e una scultura si caratterizzano per la loro disponibilità, ovvero, lo spettatore può fruire sempre
dell’opera d’arte e può vederla in qualsiasi momento. L'arte contemporanea si pone spesso sotto il segno della
“non disponibilità”, ad esempio, la performance: una volta effettuata resta solo la documentazione, che non può
essere considerata opera. Ma non abbiamo solo performance, tra i numerosi esempi che Bourriaud offre possiamo
citare:
- Marcel Duchamp a una certa ora del giorno avrebbe aperto la porta di casa sua e il primo oggetto che si fosse
trovato li davanti sarebbe stato il prossimo ready-made. Lo spettatore è così portato a spostarsi per constatare un
lavoro che esiste in quanto opera d'arte solo grazie alla constatazione dell'artista.
- On Kawara, spediva dei telegrammi ogni giorno solo per ricordare che fosse ancora vivo: il biglietto, la grafia oggi
costituisce il campo artistico che ne fonda la dimensione relazionale.
- Douglas Gordon chiama al telefono i clienti di un caffè, così l’opera ha un certo grado di casualità che provoca
incontri collettivi.
- Angus Fairhust mise in contatto telefonico due gallerie d'arte e ciascuno degli interlocutori credeva fosse stato
l'altro a chiamare.
- Philippe Parreno (progetto Werktische), che il Primo Maggio, giornata dei lavoratori, ha invitato il pubblico di una
galleria a realizzare piccoli lavori di artigianato. L’azione aveva lo scopo di sottrarre il concetto di lavoro alla logica
capitalista di razionalizzazione e produzione di profitto, spingendo gli spettatori a sviluppare la propria creatività e a
conoscersi e aiutarsi l’uno l’altro, in un contesto non più competitivo e orientato al guadagno.
- Rirkrit Tiravanija (progetto Pad Thai), l’artista tailandese ha preparato nella Paula Allen Gallery di New York una
tipica zuppa del suo paese di origine, proponendo agli spettatori di mangiarla insieme. Lo scopo di Tiravanija è far
riscoprire un rapporto più semplice e diretto con il cibo, non più pasto da consumare ma momento di convivialità,
e spingere i visitatori a condividere il momento della cena: il museo non è più uno spazio sacrale dove
contemplare le opere, ma un luogo di scambio dove poter entrare in contatto.
Alcuni artisti hanno lavorato sul loro rapporto con i propri galleristi: Maurizio Cattelan fece indossare al suo gallerista
un costume da coniglio che avrebbe dovuto indossare per tutta la durata della mostra. Anche il modo in cui viene
allestita una mostra influisce sulla collettività; un esempio è l'esposizione di Yves Klein: dalla presenza delle guardie
repubblicane davanti la galleria ai cocktail blu serviti ai visitatori.
Nell'esposizione, il visitatore ha un posto preponderante poiché la sua interazione con le opere contribuisce a
definire la struttura della mostra: nelle pile dei fogli di Gonzalez Torres, il visitatore è autorizzato a portare via
qualcosa, ma l'opera scomparirebbe se ogni visitatore lo facesse, quindi l'artista fa appello al senso di
responsabilità dei visitatori. È un uomo omosessuale malato di AIDS; l’omosessualità non è per lui un tema discorsivo,
ma una dimensione emozionale, creatrice di forme d'arte. Inoltre, la sua opera si caratterizza principalmente
attraverso la dualità: la cifra “due” è sempre presente, come due orologi fermi alla stessa ora, due cuscini su un
letto disfatto, due lampadine al muro con i fili che si intrecciano, due specchi uno di fianco all'altro. La solitudine
non è mai raffigurata dalla presenza dell’”1”, ma dall'assenza del “2”. Alcuni definiscono il lavoro di Gonzalez-Torres
come autobiografico, ma in realtà esso non racconta la storia di un individuo, ma di una coppia, una
coabitazione, la conoscenza dell'altro. Felix Gonzalez-Torres metteva il colore al centro dei suoi pensieri, infatti, si
riconosce il suo stile dalla dolcezza cromatica, come onnipresenza del blu, del bianco e del rosso solo per indicare
il sangue, nuova figura della morte. Scomparso a causa dell'AIDS, Felix Gonzalez-Torres ha concentrato il suo lavoro
sulla sopravvivenza delle emozioni impalpabili, centrando la propria pratica sullo scambio e la condivisione.
Gonzalez-Torres, ad esempio,
- durante una mostra a Le Magasin di Grenoble, ha modificato la caffetteria del museo
ridipingendola di blu, con mazzi di violette sui tavoli, mettendo a disposizione dei partecipanti
uno studio sulle balene
- durante una mostra alla galleria Jennifer Flay a Parigi, aveva disposto delle ghirlande di
lampadine illuminate e dei walkman in modo tale che il visitatore potesse ballare sotto le luci: queste opere
chiamate falsamente “interattive” prevedevano la presenza del visitatore come parte integrante dell'opera.
L'opera d'arte considera due nozioni chiave: l'efficacia e il piacere; essa si rivelerà, dunque insignificante se non
sarà efficace e utile, ovvero, se non procura una certa quantità di piacere. In Felix Gonzalez-Torres, la bellezza è
una ricerca costante della semplicità e delicatezza.
L'opera d'arte degli anni Novanta si differenzia dall'arte degli anni Ottanta, che puntava sull'aspetto visivo
attraverso i media. Con gli artisti relazionali ci troviamo in presenza di un gruppo che, per la prima volta dalla
comparsa dell'arte concettuale, non si basa sulla reinterpretazione di nessun movimento del passato; il suo
obiettivo principale, ovvero, le relazioni umane come luogo dell'opera d'arte, non ha esempi nella storia dell'arte.
Uno dei modi d'esposizione più giusti è l'introduzione del video che diventa supporto dominante: gli artisti così
producono una documentazione del loro lavoro. Non sempre tecnologia e pratiche artistiche vanno di pari passo:
si sa che la tecnologia è un miglioramento per la vita quotidiana ma rappresenta anche una minaccia e uno
strumento di asservimento. Possiamo mettere a confronto la comparsa della fotografia e l'attuale proliferazione di
schermi nelle esposizioni contemporanee, dato che questa è proprio l'epoca dello “schermo”.
Ogni innovazione tecnica avvenuta dopo la Seconda Guerra Mondiale ha provocato delle reazioni divergenti tra
gli artisti, dall'adozione di queste innovazioni al mantenimento assoluto della tradizione pittorica. La tecnologia non
è interessante per l'artista, anche se egli la utilizza non la considera una tecnica. L'arte attuale, infatti, tiene conto
da un lato delle maniere di vedere e di pensare dell'informatica, e dall'altro lato la telecamera. Questo è un
aspetto fondamentale, basti pensare che chi frequentava la factory di Warhol, uno per volta veniva arruolato
davanti alla cinepresa.
Abbiamo degli esempi
- La mostra Ozone, di Dominique Gonzalez-Foerster, si presentava come uno spazio fotogenico,
ovvero una camera oscura all'interno della quale gli osservatori si trasformano come una
telecamera, inquadrando e ritagliando angoli di visione.
- Questo modello espositivo venne approfondito con la collettiva How We Gonna Behave, nel
1991, dove all'ingresso della galleria c’erano delle fotocamere usa e getta in modo che i
visitatori potessero realizzare da soli il catalogo della mostra.
La forma dominante della programmazione videografica è il sondaggio: la videocamera pone domande e l'uomo
crea arte in video. Quest'ultimo riveste lo stesso ruolo dello schizzo nelle arti visive, ci informa sul processo di lavoro.
L'opera diventa un fermo immagine: oggi sembra normale che un lavoro, una performance abbia una
documentazione video.
Uno dei punti di riferimento intellettuali di Bourriaud è Félix Guattari, proprio perché per Guattari “l’arte costituiva un
materiale vivente più che una categoria del pensiero”. Nella parte finale del libro, infatti, l’autore dedica un
capitolo, Il paradigma estetico (Félix Guattari e l’arte), all’approfondimento del legame con questo filosofo
francese, in cui ribadisce lo sfondo materialistico che connota tutta la sua ricerca e, parallelamente, analizza
come, all’interno di questo percorso, emerga il problema della soggettività.
Dopo aver analizzato, teorie e pratiche artistiche, Nicolas Bourriaud sente anche la necessità di ridefinire il campo
semantico di alcune parole. Un bisogno che si concretizza con la scelta di chiudere il libro con un glossario. Tale
sezione prende spunto da alcune carenze che il linguaggio estetico/artistico denuncia proprio a causa dei
cambiamenti indicati finora. L’inadeguatezza delle parole mostra tutti i suoi limiti proprio quando si analizzano
termini generici come scultura o pittura, lemmi che dimostrano quanto le categorizzazioni della storia dell’arte non
siano pi