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TRADUZIONALE
L’interferenza a RNA utilizza corti RNA per silenziare
l’espressione dei geni
Le proteine di regolazione che si legano a specifici
mRNA, come la proteina che lega la sequenza IRE e le
proteine PUF, non sono le uniche molecole utilizzate
dalle cellule per il controllo dell’attività degli mRNA. I
singoli mRNA possono essere controllati anche da una
classe speciale di corte molecole di RNA, che
inibiscono l’espressione di quegli mRNA che
contengono sequenze correlate a quella dei corti RNA.
Tale inibizione mediata dagli RNA, conosciuta come
RNA interference),
interferenza a RNA (RNAi, è
basata sulla capacità di corti RNA di indurre la
degradazione degli mRNA, o di inibirne la traduzione, o
di impedire la trascrizione del gene codificante per un
determinato mRNA.
Il primo tipo di interferenza a RNA a essere stato
scoperto è quello che si verifica in risposta alla
presenza di un RNA a doppio filamento. Per esempio,
se le piante sono infettate da virus che producono RNA
a doppio filamento in una parte del loro ciclo vitale, il
meccanismo di interferenza a RNA riduce l’espressione
dei geni virali, limitando in tal modo l’infezione virale.
Inoltre, l’effetto non è ristretto ai geni virali. Se un
virus è geneticamente ingegnerizzato in modo che contenga un gene vegetale
propria
normale, le cellule infettate dal virus reprimono l’espressione della copia
normale dello stesso gene. 2
I microRNA prodotti da normali geni cellulari
silenziano la traduzione degli mRNA
La scoperta che l’espressione genica può
essere silenziata introducendo nelle cellule
RNA a doppio filamento solleva un quesito:
ogni gene normale produce un RNA che
funziona in questo modo? La ricerca di tali
molecole ha portato alla scoperta dei
microRNA (miRNA), una classe di RNA a
singolo filamento lunghi circa 21-22
nucleotidi, che sono prodotti da geni presenti
in quasi tutti gli eucarioti. I microRNA si
legano e regolano l’espressione di RNA
messaggeri prodotti da geni separati da quelli
I microRNA sono prodotti da un processo a più passaggi in cui
che codificano per i microRNA stessi.
① il gene per un microRNA è trascritto in un trascritto
primario, detto pri-miRNA, che si ripiega in una struttura a
forcina. ②L’enzima nucleare Drosha taglia il pri-miRNA in un
RNA a forcina più piccolo (circa 70 nucleotidi), detto pre-
miRNA, che ③viene esportato dal nucleo e tagliato da Dicer
per formare una molecola di microRNA (miRNA) lunga circa
21-22 nucleotidi. ④Il miRNA si unisce poi alle proteine RISC a
formare miRISC, che è guidato dal suo miRNA agli RNA
messaggeri contenenti sequenze complementari a quella del
miRNA. ➄aNella situazione più comune, vari miRNA si legano
allo stesso RNA messaggero attraverso sequenze
parzialmente complementari e, tutti insieme, ne inibiscono la
traduzione. ➄bIn alcuni casi, il miRNA è perfettamente
complementare a una regione di un particolare RNA
messaggero; in questo caso, l’mRNA viene tagliato e
degradato con un meccanismo analogo a quello osservato con 2
5° LIVELLO DI REGOLAZIONE: CONTROLLO
POST-TRADUZIONALE
L’ubiquitina marca le
proteine per la degradazione
da parte dei proteasomi
L’esempio precedente solleva la questione di
come la degradazione delle singole proteine
possa essere selettivamente regolata. Il metodo
più comune per indirizzare le proteine alla
distruzione consiste nel loro legame
all’ubiquitina, una piccola proteina costituita
da 76 aminoacidi. L’ubiquitina si lega alle
proteine bersaglio mediante un processo che
enzima che attiva
coinvolge tre componenti: un
l’ubiquitina enzima che coniuga
(E1), un
l’ubiquitina proteina di
(E2) e una
riconoscimento del substrato, ubiquitina ligasi
o
(E3). Come mostrato nella Figura 20.38, prima
di tutto ① l’ubiquitina viene attivata dal legame
a E1, in una reazione ATP-dipendente. ②
L’ubiquitina attivata è poi trasferita a E2 e ③
successivamente legata, in una reazione
catalizzata da E3, a un residuo di lisina presente
in una proteina bersaglio. ④ Vengono poi
aggiunte altre molecole di ubiquitina in
sequenza, formando delle corte catene.
Queste catene di ubiquitina servono come
segnali che vengono riconosciuti da grosse
strutture deputate alla degradazione delle
proteine, i proteasomi. ① I proteasomi
svolgono la funzione di “centro di riciclaggio
cellulare” delle proteine, permettendo la
liberazione degli aminoacidi durante la
degradazione delle proteine.
Nella Figura 20.39 è mostrato il proteasoma 26S di
lievito, che ha una regione centrale 20S e un cap 19S a
entrambe le estremità. Il cap a un’estremità del
proteasoma lega le proteine ubiquitinate e ne rimuove
le catene di ubiquitina. Le proteine sono quindi
introdotte nel canale centrale del proteasoma e i loro
legami peptidici sono idrolizzati in un processo ATP-
dipendente, generando piccoli frammenti peptidici, che
sono poi rilasciati dall’altra estremità del cilindro. Alcuni 2
proteasomi possono degradare corti peptidi in modo ATP-indipendente: i cap di questi
proteasomi sono 11S, più piccoli.
I BATTERI SPESSO RISPONDONO AI
CAMBIAMENTI AMBIENTALI
CONTROLLANDO LA TRASCRIZIONE
GENICA
Le cellule batteriche in grado di conservare metaboliti e fonti energetiche mostrano un
vantaggio selettivo rispetto alle cellule che non presentano tale capacità. Pertanto, la
selezione naturale ha favorito quei batteri che esprimono solo i geni i cui prodotti sono
necessari alla cellula.
Il controllo della via metabolica può operare a due livelli, come mostra la Figura 17.2
per la sintesi di triptofano. In primo luogo, le cellule possono modificare l’attività degli
enzimi già presenti al loro interno. Questa è una risposta fisiologica relativamente
rapida e dipende dalla sensibilità degli enzimi a fattori chimici in grado di aumentare o
ridurre la loro attività catalitica (si veda il Concetto 8.5). L’attività del primo enzima
della via di sintesi del triptofano viene inibita dal prodotto finale della via stessa – in
questo caso il triptofano (Figura 17.2a). In particolare, l’accumulo di triptofano
all’interno della cellula determina l’interruzione della sintesi di tale aminoacido
attraverso un meccanismo di
L’inibizione a
inibizione enzimatica.
feedback, tipica dei processi anabolici
(biosintetici), permette alla cellula di
adattarsi alle brusche fluttuazioni di
concentrazione delle sostanze di cui
necessita.
Inoltre, le cellule possono regolare la
produzione di alcuni enzimi, ovvero
possono modulare l’espressione dei
geni che codificano per tali enzimi. In
riferimento all’esempio sopra indicato,
qualora l’ambiente esterno fosse
provvisto di abbondanti fonti di
triptofano, la cellula batterica
interromperebbe la produzione degli
enzimi coinvolti nella sintesi di questo
aminoacido (Figura 17.2b). In tal caso,
il controllo della produzione
enzimatica avviene a livello di trascrizione genica, influenzando la sintesi dell’RNA
messaggero del gene che codifica per questi enzimi.
BIOSINTESI DEGLI AMMINOACIDI: UNA VIA
ANABOLICA
E. coli sintetizza il triptofano a partire da un precursore attraverso le tre tappe
illustrate nella Figura 17.2; ogni reazione di tale via metabolica viene catalizzata da
uno specifico enzima. I cinque geni che codificano le catene polipeptidiche dei diversi 2
enzimi sono raggruppati insieme sul cromosoma batterico. Esiste un unico promotore
per i cinque geni che, nel loro insieme, costituiscono un’unità di trascrizione. (Si ricordi
che un promotore è la sede in cui la RNA polimerasi può legarsi al DNA dando inizio
alla trascrizione genica; si veda la Figura 16.8.) La trascrizione genera una lunga
molecola di mRNA che codifica le cinque catene polipeptidiche degli enzimi coinvolti
nella sintesi del triptofano (Figura 17.3a). La cellula può tradurre questo unico
trascritto in cinque polipeptidi distinti grazie alla presenza, nell’ambito della molecola
di mRNA, di codoni di avvio e di arresto che segnalano i tratti corrispondenti all’inizio e
al termine della sequenza che codifica ogni specifico enzima.
Il vantaggio di notevole rilevanza offerto dal raggruppamento di geni con funzioni
correlate in una singola unità di trascrizione risiede nella possibilità di controllare geni
funzionalmente correlati attraverso un unico “interruttore”; in altri termini, i geni sono
controllo coordinato. E. coli
soggetti a un In tal modo, quando una cellula di deve
produrre autonomamente il triptofano perché non è presente nell’ambiente
circostante, tutti gli enzimi necessari alla sintesi di tale aminoacido vengono prodotti
contemporaneamente. L’“interruttore” è rappresentato da un segmento di DNA
definito operatore. Questo tratto di DNA, localizzato all’interno del promotore o,
talvolta, fra il promotore e i geni codificanti, controlla l’accesso della RNA polimerasi ai
geni. Nel loro insieme, l’operatore, il promotore e i geni sottoposti al loro controllo,
ovvero l’intero segmento di DNA necessario alla produzione degli enzimi coinvolti nella
sintesi del triptofano, costituiscono un operone.
Considerato che l’operatore rappresenta l’“interruttore” che controlla la trascrizione,
trp
come si svolge la sua azione? Generalmente l’operone è attivo e tale condizione
consente all’RNA polimerasi di legarsi al promotore e di operare la trascrizione dei geni
dell’operone. L’operone può essere disattivato da una proteina denominata repressore
trp. Il repressore si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere il
gene, spesso impedendo il legame dell’RNA polimerasi (Figura 17.3b).
Il repressore è codificato da un gene regolatore, in questo caso un gene noto come
trpR, che è localizzato a una certa distanza
dall’operone controllato ed è provvisto di un proprio
promotore. I geni regolatori sono tra i geni batterici
che vengono espressi costantemente, seppure in
trp
maniera lenta, e alcune molecole di repressore
E. coli.
sono sempre presenti nelle cellule di
In questo sistema il triptofano funziona da
corepressore, una piccola molecola che coopera
con il repressore per disattivare un operone.
Parallelamente all’accumulo del triptofano, un
numero sempre maggiore di molecole di tale
trp
aminoacido si associa a molecole di repressor