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La fides è la base di tutte le relazioni di reciprocità

La fides è la base di tutte le relazioni di reciprocità, il criterio che rende vincolanti non solo i giuramenti e le promesse, ma anche gli patti e le alleanze, i negoziati e i commerci. Sulla fides è costruito un importante istituto giuridico, la fiducia, che nasce in un'epoca in cui i privati avevano a disposizione pochissimi strumenti negoziali per realizzare le proprie esigenze. La fiducia fu uno strumento molto duttile e flessibile, che servì a realizzare indirettamente le funzioni che più tardi sarebbero state soddisfatte con i contratti reali di deposito, comodato e pegno.

Il fideicommissum (fedecommesso), vietato nel nostro ordinamento, si ha quando il testatore impone all'erede o al legatario istituito l'obbligo di conservare i beni, affinché alla sua morte tali beni possano automaticamente passare ad altra persona indicata dal testatore medesimo. Scopo di tale disposizione era la trasmissione del patrimonio del testatore a.

persone che secondo il diritto di successione non erano in grado di succedergli. Il diritto giustinianeo autorizzò il fedecommesso, assimilandolo al legato: ma le ingiustizie derivanti dall'uso indiscriminato dei fideicommissa hanno portato all'abolizione di questo istituto nel diritto moderno.

26. La bona fides e la buona fede oggi

Quando a Roma fu necessario trovare regole condivise da applicare tra cittadini romani e stranieri, ci si è accorti che il concetto di fides romano non poteva essere lo stesso per ogni cultura: si è cercato quindi di universalizzare il principio facendo nascere la fides bona, ossia una correttezza che le persone di ordinaria diligenza usano nei loro rapporti, applicabile anche agli stranieri in quanto comune ad ogni uomo di buon senso. Dalla fides bona derivarono nuovi aspetti come la tutela degli accordi informali, la persecuzione di ogni comportamento doloso, responsabilità precontrattuale, etc...

Oggigiorno la buona fede è

Un criterio oggettivo grazie al quale si ricavano regole e principi che corrispondono alla mediacorrettezza e lealtà di un contraente. La clausola di buona fede non è di attuazione da parte della legge ma viene creata dal giudice in maniera elastica a seconda della particolarità del caso. Italia, Spagna, Francia e Germania utilizzano il principio di buona fede, nonostante quest'ultima ne renda meno elastica la sua applicazione. Addirittura i sistemi di common law, pur non esplicitando alcun principio di buona fede, utilizzano delle soluzioni analoghe a quelle del continente europeo, tramite principi riconducibili alla buona fede.

27. La fiducia come garanzia del credito. La fiducia veniva usata come garanzia nei negozi per la mancanza di strumenti atti a soddisfare le esigenze. Si faceva quindi affidamento sulla parola data, in quanto il fiduciante compiva un atto di alienazione di un proprio bene e il fiduciario si impegnava in modo informale a tenere il bene per uno

scopo determinato e a restituirlo quando tale scopo fosse stato soddisfatto. Anticamente il dovere di restituzione non era sanzionato con un'azione, ma la rottura della fides veniva considerata come un atto disonorevole per un cittadino romano. Successivamente, dal II sec. a.C., fu introdotta un'actio fiduciae che poteva utilizzare il fiduciante per ottenere la restituzione della cosa o per sanzionare ogni uso illecito della cosa data in fiducia.

28. Il trust e la fiducia di tradizione romanistica

A partire dal XIV secolo, i giuristi inglesi introdussero nella giurisdizione dell'equity, l'istituto del trust; esso nasce da intese che non potevano essere tutelate dai tribunali di common law, ma che cominciarono a trovare protezione presso la corte del Cancelliere, proprio sulla base dell'affidamento (equity). Lo schema di base è il seguente: un soggetto (SETTLOR), trasferisce la proprietà di tutti o parte dei propri beni ad una persona di fiducia (TRUSTEE),

che è tenuta ad amministrarli nell'interesse di un terzo (BENEFICIARY può coincidere con il SETTLOR). Il bene oggetto del trust rimane distinto dal patrimonio del trustee, tanto che il beneficiary, pur non essendo formalmente proprietario dei beni dati in trust, gode però dei vantaggi e delle utilità derivanti dalla loro gestione e dispone di rimedi per tutelare la propria posizione per il caso in cui il trustee venga meno agli impegni assunti. Nel trust si ha una dualità di situazioni proprietarie sullo stesso bene. Nell'Europa continentale verso la fine dell'800 si cominciò a studiare la fiducia romana, ne derivò la fiducia romanistica, costituita dal trasferimento in proprietà di un bene, finalizzato al conseguimento di uno scopo diverso da quello traslativo, scopo al quale si dà efficacia solo sul piano obbligatorio. 6Jane 2021/2229. La capacità giuridica delle persone fisiche in diritto romanoA Romasoggetto ad altrui potestà. La nozione di status è fondamentale per comprendere la situazione delle persone all'interno di una comunità. Per avere piena capacità giuridica, era necessario godere di tre status: 1) Status libertatis: indica la posizione della persona nella comunità degli uomini. Questo status mancava agli schiavi. 2) Status civitatis (Romanae): indica la posizione della persona in relazione alla cittadinanza. Solo la cittadinanza romana conferiva la piena capacità giuridica per i rapporti regolati dal diritto romano. 3) Status familiae: indica la condizione del cittadino romano all'interno della famiglia, che era di tipo patriarcale. La famiglia era una pluralità di persone sottoposte al potere di un unico soggetto maschio. Per essere pienamente capaci, occorreva trovarsi nella posizione di sui iuris, ovvero di diritto proprio, e tale posizione non doveva essere soggetta ad altrui potestà.

sottoposto adalcuna potestà; chi è soggetto a una potestà altrui è detto persona alieni iuris, di diritto altrui.

30. Lo status di sui iuris

Le persone sui iuris potevano essere uomini o donne, indipendentemente dall'età. Gli uomini si identificavano nel pater familias, anche se non erano genitori. Questo ruolo, che spettava all'adulto maschio più anziano, esprimeva il diritto ad esercitare la patriapotestà su fili familias e sulle donne in manu. Alle donne tale potere non era concesso. Potevano essere titolari di obblighi e diritti giuridici, ma mai di potestà familiare, ossia era l'unica componente della propria famiglia., ma non solo, non potevano adottare, erano escluse dagli uffici di tutore e curatore e non potevano rappresentare terzi in giudizio.

31. La capacità d'agire in diritto romano

Per capacità d'agire si intende l'idoneità ad operare direttamente nel mondo del

Il diritto di agire e di compiere personalmente atti giuridici è proprio delle persone fisiche ed è riconosciuto agli esseri umani intellettualmente capaci. La capacità di agire è riconosciuta a seconda dell'età, ovvero era riconosciuta ai puberi, pienamente se maschi o parzialmente se femmine, ed era completamente negata agli impuberi infantes, mentre si riconosceva agli impuberi infantes maiores. La capacità di agire era poi negata agli infermi di mente e agli incapaci di amministrazione dei beni (in quanto tendenti allo sperpero), mentre a quelle persone che per malattia invalidante non potevano realizzare la loro capacità di agire veniva istituito un curatore speciale. Per quanto riguarda le donne in particolare, fino all'età repubblicana veniva parzialmente limitata la loro capacità di agire e quindi affiancato un tutore che non aveva potere di gestione del patrimonio ma era più un consigliere.

32. Struttura del matrimonio

In epoca classica il matrimonio aveva la funzione di assicurare la continuità alla famiglia e al suo culto; esso era una situazione di fatto, infatti, era sufficiente che un uomo e una donna convivessero, considerandosi come marito e moglie, cioè con l'affectio maritalis. Il matrimonio era fondato proprio sul consenso degli sposi, sull'affectio maritalis appunto, che doveva essere continuativa; se essa viene meno, anche da parte di uno solo dei due, cessa il matrimonio. Si usava festeggiare le nozze con particolari cerimonie: lo sposalizio si svolgeva in casa della fidanzata, poi si compiva un sacrificio agli dei nell'atrium della casa o presso un tempio vicino; nel corso della cerimonia, gli sposi pronunciavano la formula di rito assieme ad una stretta di mano. Conclusa la cerimonia, la sposa veniva condotta a casa dello sposo con una processione, questo passaggio, era fondamentale per la conclusione del matrimonio, come momento dal quale iniziava la

coabitazione tra i due sposi. Il matrimonio produceva gli effetti giuridici propri di un iustum matrimonium solo se gli sposi avevano raggiunto l'età della pubertà e tra di loro ci fosse l'attitudine a vivere in matrimonio legittimo con l'altro coniuge (conubium). Quando il matrimonio era iustum, la donna acquistava la dignità sociale e giuridica del marito; i figli che nascevano erano figli legittimi e cadevano sotto la potestà del pater familias. Dal matrimonio si può desumere il regime di divorzio che era ammesso senza limitazione: era sufficiente che cessasse, anche da una parte di uno solo dei coniugi, la volontà di considerarsi marito e moglie. 33. La conventio in manum La conventio in manum è un atto giuridico mediante il quale una donna passava dalla potestà del padre a quella situazione potestativa che era la manus del marito. Il principale effetto di questo atto era che la donna entrava a far parte della

La famiglia del marito nella stessa posizione che avrebbero occupato i figli del marito; di conseguenza, se il marito fosse morto prima di lei, la vedova sarebbe stata un'erede legittima, come lo erano i figli. La confarreatio era un rito religioso, durante il quale si pronunciavano determinate parole davanti a 10 testimoni e con la partecipazione di alcuni sacerdoti; l'atto più comune era la coemptio, una sorta di vendita della donna a favore del marito. Quando 2 persone si sposavano senza usare né la confarreatio né la coemptio, trascorso un anno dall'inizio della convivenza coniugale, il marito acquisiva comunque la manus sulla moglie tramite il meccanismo dell'usus, una sorte di usucapione. La donna avrebbe potuto interrompere l'usus allontanandosi dalla dimora per 3 notti consecutive poco prima che fosse trascorso l'anno di coabitazione. 7 Jane 2021/2234. Distinzioni delle res in base alla loro condizione giuridica.

uiti da diritti immateriali come i diritti di proprietà intellettuale o i diritti di credito. Inoltre, le res possono essere classificate in base alla loro natura giuridica. Le res mancipi sono i beni che possono essere trasferiti solo attraverso una specifica forma di negozio giuridico chiamato mancipatio, mentre le res nec mancipi sono i beni che possono essere trasferiti attraverso altri tipi di negozio giuridico. Infine, le res possono essere distinte in base alla loro natura fisica. Le res immobili sono i beni che sono fissi e non possono essere spostati, come ad esempio un terreno o un edificio. Le res mobili, invece, sono i beni che possono essere spostati, come ad esempio un'automobile o un oggetto di arredamento. In conclusione, le res sono l'oggetto dei diritti patrimoniali e possono essere classificate in base alla loro condizione giuridica (corporales/incorporales), alla loro natura giuridica (mancipi/nec mancipi) e alla loro natura fisica (immobili/mobili).
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
15 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher jane.agg di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti del diritto europeo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Lambrini Paola.