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FOLLA
pagati dal duca stesso. Infine la più grande novità fu il nuovo uso fatto della e l’importanza che viene data a queste
comparse. In scena la folla non era passiva, era molto preparata ed era capace di muoversi in relazione anche alle parole del
personaggio che parlava, si muoveva con una varietà e verità sorprendenti. Quindi la folla non è più solo lo sfondo di qualcosa ma
interagisce e diventa un personaggio collettivo. Ci sono due scene chiave in cui la folla gioca un ruolo fondamentale, la prima è
nel momento successivo all’assassinio di Cesare, quando la folla recita contemporaneamente tre o quattro scene alla volta. La
seconda scena fondamentale è quella del monologo del dittatore Marco Antonio, che non si rivolge però al pubblico in sala ma alla
folla che lo circondava sul palcoscenico e che reagiva alle sue parole. C’è inoltre un uso creativo della luce, come la resa della
tempesta nella fine del primo atto con effetti luministici o come l’effetto dell’ombra creata dalla luce nel quarto atto quando lo
spettro di Cesare appariva a Bruto. Un’altra novità era il dinamismo e l’idea di un flusso continuo che ricordava la verità del
Lebendigkett”
vissuto, creando una ulteriore armonia d’insieme. Il duca cerca una “ ovvero la naturalezza della vita, la bellezza
viene dalla visione naturale delle cose.
10. IL FENOMENO DEL GRANDE ATTORE: Negli anni del Romanticismo teatrale nasce la contrapposizione tra la drammaturgia
intesa in senso comune dell’autore, e l’idea di Drammaturgia d’attore, ovvero di un teatro concepito non come espressione della
scrittura d’autore, ma come testo prodotto dall’attore e dalla sua capacità interpretativa. La stagione del grande attore in Italia e
dal 1848 al 1879,
in Francia corrisponde agli anni che vanno un esempio può essere il topos interpretativo creato da Madame
Doche per Marguerite Gautiere nella Signora delle Camelie, che verrà poi interpretato da Sarah Bernhardt e Eleonora Duse. Fra
l’inizio dell’800 e l’epoca romantica le figure di Talma e Mademoiselle Mars dominano le scene francesi. Si confronteranno poi con
i loro eredi, Frederick Lemaitre e Marie Dorval. Lemaitre incarna la natura ibrida del dramma romantico, basato sulla commistione
di generi, infatti lui stesso si muove tra diversi teatri, dai più piccoli come il Boulevard du Temple ai teatri ufficiali come la
Comedie Francaise e l’Odeon, passa poi anche al teatro dell’Ambigue e al theatre Porte Saint Martin. Lemaitre nel 1823 crea il
Roberto Macario,
personaggio di si appropria del personaggio che diventa una invenzione dell’attore. La creazione scenica
attoriale va a sovrapporsi al dramma scritto dagli autori, nasce quindi la possibilità di una drammaturgia d’attore. C’è una presa di
coscienza dell’attore delle sue potenzialità creative. Diventa quindi significativa la scelta di Lemaitre per il ruolo di Ruy Blas,
poiché il pubblico è portato a vedere nei personaggi successivi di Lemaître delle caratteristiche che comunque appartenevano a
Macario. Tuttavia, è proprio questo elemento di forte connotazione e identificazione che porta Hugo a scegliere Lemaître per il
ruolo di protagonista in "Ruy Blas". Gli assegnò il ruolo dell’eroe per creare anche contrasto con Macario, il quale era furbo e
scaltro. La scelta è dettata quindi dalla maschera a lui attribuita, portatrice di elementi che avrebbero arricchito il personaggio.
ci sono differenze tra i due contesti geografici di Italia e Francia
Per quanto riguarda il fenomeno del grande attore, . In Italia il
teatro è un fenomeno pressoché interamente riconducibile alla presenza dell'attore, poiché non c’era una gestione nazionale vera
e propria, lo Stato non era ancora formalmente costituito, quindi i teatri sono gestiti dalle compagnie private e dagli attori. A
differenza della Francia, dove era presente un controllo statale e una struttura gerarchica regolamenta come nella Comedie
Francaise. Questo è uno dei motivi per cui in Italia l’affermazione della regia avrà un percorso più lento e si manifesterà solo dopo
il 900. In Italia viene data minor importanza e una assai ridotta autonomia artistica allo scrittore di teatro. In Francia, la pratica
teatrale è ancora legata ad un testo-centrismo di base. Quindi anche il fenomeno del grande attore ha sfumature differenti, in
Francia la recitazione è legata ancora alle teorie interpretative classiche, non c’è quella cifra stilistica creativa tipicamente
triade Ristori, Rossi e Salvini.
italiana. In Italia si struttura in maniera determinante la L'identificazione delle caratteristiche dei
grand'attori italiani e francesi avviene nel confronto tra i modelli recitativi di coppie di attori. La prima generazione di grandi
Rachel e Adelaide Ristori,
attrici vede contrapposte si parla di Rachel come talento tragico perché era un’attrice molto legata al
repertorio classico della Comedie Francaise, mentre la Ristori era apprezzata per la sua naturalezza. Questa contrapposizione è
espressa anche da Diderot che si interroga se la caratteristica più apprezzabile del grande attore sia la capacità di essere più
Sarah
naturale o quella di essere adatto alla rappresentazione del personaggio. Della generazione successiva sono invece
Bernhardt ed Eleonora Duse, si vede qui la contrapposizione tra naturalezza e artificiosità nei modelli interpretativi, c’è la
distinzione tra gli attori che recitano se stessi, riportando ogni personaggio a sé, e quelli che riproducono un personaggio,
annullando la propria individualità. La Duse incarna il modello di naturalezza ed immedesimazione. Fu poi Stanislavskij che nel
Coquelin e Tommaso Salvini
1906 pondd ed un confronto tra per definire la differenza tra rappresentare e sentire. Stanislavskij
resta estasiato dalla rappresentazione dell’Otello di Salvini in Russia.
- Poetiche del naturalismo, come il naturalismo si esprime nella drammaturgia (Ibsen
11. IL NATURALISMO
Maeterlinck Checov): Il naturalismo è un movimento alla base di un cambiamento paradigmatico, il pensiero teorico parte dalla
Francia e da un preciso appello di Emile Zola contenuto nel testo del 1881 “Il naturalismo a teatro”, dove chiede di portare la
realtà a teatro. C’è una certa continuità rispetto al realismo dei Meininger. Con il teatro del naturalismo si inizia a parlare anche di
pratiche di messa in scena, e soprattutto di pratiche drammaturgiche e registiche. Saranno Andre Antoine e Stanislavskij che
porteranno a compiutezza la concezione naturalista della scena. Le varie esperienze del naturalismo europeo sono unificate
dall’idea comune di ricerca della verità e di battaglia contro le convenzioni, c’è l’opposizione al testo inteso come rigido
meccanismo e piece ben faict. Nello scritto del 1881 Zola si scaglia contro gli eccessi del romanticismo, verso un ritorno a dare
attenzione al testo. C’è sia un’idea scientifica di oggettività, dal positivismo, sia una ripresa e un ritorno del modello Diderottiano
Tranche de
di dramma, viene recuperato per la ricerca della verosimiglianza. Il nodo centrale su cui insiste Zola è la poetica de la
vie, il quotidiano entra a teatro. Gli elementi ricorrenti dei testi che ci permettono di parlare di drammaturgia naturalista sono, in
primo luogo la contrapposizione alle strutture drammaturgiche dell’immediato passato, quindi il completo rifiuto degli eccessi del
romanticismo, poi la comune battaglia per una nuova drammaturgia, concentrata su un ritorno al testo in maniera nuova. Sono
quindi di grande rilievo quelle personalità artistiche che hanno rovesciato i codici linguistici dell’arte scenica nel 900. Si tratta di
Il gabbiano” di Checov, “I ciechi” di Maeterlinck e “Gli spettri”
un azzeramento e di una ripartenza, di cui fanno parte opere come “
di Ibsen, che ci permettono di capire come il dramma nella sua concezione classica entra completamente in crisi. Il teatro sta
andando verso l’epicizzazione, vengono mantenuti dagli autori naturalisti questi elementi tradizionali del dramma autosufficiente,
ovvero l’elemento intersoggettivo, ovvero il dialogo, l’elemento temporale, cioè il teatro è in tempo presente, e l’idea di unità di
azione, la consequenzialità tra le azioni, ma apportando novità. Molti di questi testi naturalisti possono essere anche letti in
chiave simbolista, esperienza che rappresenta l’altro polo della discussione teorica ed estetica dell’inizio del 900, portata avanti
da Mallarmé. Abbiamo in Ibsen una struttura drammaturgica ancora piuttosto solida ma questi elementi sono messi in crisi
dall’interno. All’inizio di “Spettri” troviamo sia dialoghi, sia il tempo al presente, sia l’azione consequenziale ma allo stesso tempo
ci sono elementi non umani, ovvero gli spettri, e la storia inizia a girare intorno ad elementi passati, che non succedono davanti ai
nostri occhi. Ibsen costruisce questo doppio livello, che è una vera messa in discussione della forma drammaturgica. È importante
la questione del passato, la signora Alving si trova a vivere il presente che in realtà è la sovrapposizione di un altro tempo, i
fantasmi del passato incombono e condannano ad un certo tipo di staticità. Il tempo presente è una personificazione dei traumi
del passato. I personaggi sono sette, perché cinque sono vivi ma due sono gli spettri del marito morto della signora Alving e della
sua amante, una cameriera. L’esigenza di fedeltà al vero assegna allo spazio teatrale un ruolo fondamentale, in quanto deve
rappresentare la vita quotidiana, e per questo Ibsen e Cechov forniscono dettagliate didascalie sceniche su ambienti e momenti
dell’azione. Importante è infatti l’apertura verso l’esterno, seppur lo spettacolo si svolge all’interno e tutto in una sola stanza, il
salotto borghese e il ripiegamento verso l’interno di Diderot viene messo in discussione da una serie di aperture. L’esterno
irrompe in maniera concreta nel palcoscenico, dalle finestre si intravede la pioggia che rende lo stato malinconico del fuori,
dell’esterno. L’esterno irrompe anche nella scena dell’apparizione degli spettri, che lo spettatore non vede, vengono da un altro
tempo e da un altro luogo, sono presenti ma sono fuori scena. Ibsen pensa ad una rappresentazione unitaria, ma quando viene
messo in scena da Eleonora Duse ed Ermete Zacconi i loro personaggi tendono ad emergere. Questo testo invece va aldilà del
protagonismo, richiede una visione unitaria. Un altro elemento che supera la drammaturgia borghese è il rifiuto di qualsiasi tipo di
onniscienza a vantaggio della soggettività, non sono più