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Amministrazione politica. Si a ancava ancora una tradizione repubblicana al potere del
princeps, e la successione di cariche pubbliche seguiva delle tappe. Dal viginvirato, un
collettivo di diversi collegi con varie funzioni: giudizio controversie, per la pena capitale, per
coniazione dell’oro, delle monete, per la cura delle vie, per un totale di 20 magistrati; c’era
poi un anno di servizio militare all’ordine senatorio o quello equestre: una carriera con un
corso non lineare come quello senatorio ma generalmente le tappe vedevano il comando
della fanteria, del reparto legionario, della cavalleria; successivamente le procuratele,
nanziarie, amministrazione u ci nanziari, governatorati di province, comunque entrambe
non erano ordinate tra loro; in ne le grandi prefetture, d’Egitto, comando guardia pretoriana
che ne faceva il più grande cavaliere, responsabile dell’approvvigionamento, comandante
della vigilanza.
Tornando al corso senatorio, venivano i questori come il tesoriere, amministrazione
nanziario delle province, portavoce dell’imperatore o del console; tribuni della plebe come
l’edile; i pretori come amministratori di cause giudiziarie, della giustizia con non cittadini e
sovrintendenza cassa; ultimo step il console, ordinario se da inizio anno, su etto se in
corso.
Società imperiale. Questo si basava su una di erenza riconosciuta di status giuridico. Dal
basso, la schiavitù impiegata nell’agricoltura, anche se riducendo con preferenze per coloni
liberi, oppure quella imperiale con gestioni nanziarie, con possibilità di ricchezza enorme,
ma non potere; lo schiavo che acquisiva libertà rimaneva legato a ex padrone per clientela,
aveva accesso alla magistratura; i provinciali liberi, imperatore che interveniva su questioni
di status e privilegi o renderli cittadini per merito; con la cittadinanza c’era accesso al ceto
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senatorio o equestre, entrare nell’esercito era uno dei fattori di promozione sociale,
acquistavano prestigio per la famiglia.
Come amministrato allora l’Impero? L’Italia su piano riformativa non fu quasi interessata, la
divise in 11 regioni, utili al censimento, ma no n’erano funzionari responsabili;
l’amministrazione delle province invece vide cambiamento politico: le province che
ricadevano sotto responsabilità diretta di Augusto erano quelle con una o più legioni,
governate da legati che avevano anche il comando delle legioni. Nelle altre province senza
legioni, i governatori erano senatori scelti a sorte, in carica per un ano, comandavano forze
militari. Un’eccezione l’Egitto assegnato a un prefetto equestre quale comandava le legioni
e responsabile amministrazione (soluzione voluta forse per l’importanza dei suoi
approvvigionamenti).
Politica estera e la successione. Innegabili successi ma le acquisizioni territoriali limitate.
Nasce da qui se sia stata scelta consapevole, non dimenticare che in tre occasioni chiuse il
tempio di Giano, un gesto a indicare stagione di pace. Probabilmente preferì la diplomazia,
almeno in Oriente, dove creò alcuni stati cuscinetto che assolvevano a funzione di controllo
su zone meno urbanizzate al margine dell’Impero; in occidente invece si prodigò a
paci care la penisola iberica e la parte alpina occidentale, ma non riuscì a sottomettere la
Germania.
Non avendo gli maschi, doveva trovare il modo per far si che la posizione rimanesse in
famiglia senza dover imporre una svolta aperta. Il ruolo gli consentiva di trasferire all’erede
anche clientele e prestigio che, nella tradizione, appartenevano al patrimonio di famiglia. Il
primo tentativo fatto fu con Marcello, sposato con la glia, nel 23 dotandolo di prerogative
come ammissione al senato e consolato, ma morì lo stesso anno; secondo tentativo con
Agrippa, quale sposò la glia vedova, e ricevette la potestà tribunizia, nel 17 Augusto
adottò anche i suoi gli, preparandoli a successione, nel 12 anche Agrippa morì: visti i gli
ancora minorenni, si rivolse a quelli della terza moglie, Tiberio e Druso, ma forse a causa
della sua predilezione per gli altri, questi si esiliarono dalla vita politica; Caio Cesare e Lucio
che non divennero però mai una minaccia perchè morirono giovani; cosi Augusto pretese il
ritorno di Tiberio e lo costrinse ad adottare Germanico, glio del fratello Druso. Nel 13 dc,
grazie al trionfo sui Germani venne conferito di un imperium pari ad Augusto, intervento su
tutte le province ed esercito al comando, cosi che alla morte di Ottaviano ci fosse una
personalità con pari poteri.
La dinastia Giulio Claudia. La morte avvenne nel 14 dc e Tiberio, senza brama di potere,
suggerì al senato di a dare la cura dello stato a più persone, ma questo lo spinse ad
accettare le responsabilità. Una prosecuzione positiva, studi recenti ne hanno messo in luce
il valore sia come militare, si curò di mantenere gli ampliamenti conquistati, che uomo di
governo, combatte duramente l’opposizione che voleva più potere decisionale al senato.
La morte del glio adottivo Germanico si mostra come delitto politico: l’a etto che lo
circondava, lo rendeva una sorta di predestinato e perciò Tiberio lo mandò in Siria a
condividere il comando con il proconsole Pisone, fonte di gravi contrasti e che portò alla
sua sospetta morte per avvelenamento. Ultimi anni di regno non proprio felici: grave crisi
nanziaria, periodo di terrore, suicidi, condanne a carico di oppositori; rimanevano come
successori Tiberio gemello, glio di suo glio Druso minore, e Gaio, detto caligola, glio di
Germanico, furono nominati entrambi ma, alla sua morte nel 37, il senato riconobbe solo
Caligola, il quale adottò simbolicamente Gemello per poi ucciderlo.
Successione precostruita che quindi fallì a causa delle morti di Druso minore e Germanico,
con Caligola si ha la prima designazione solo su base familiare. Un’impero breve e ricordato
per le sue stravaganze. Si curò di ripristinare in Oriente un sistema di stati cuscinetto,
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tuttavia con gli Ebrei nacque uno di con itti meglio documentati della sua età: volle porre un
statua nel Tempio di Gerusalemme, suscitando proteste e risvegliando con itti passati.
Cadde anche per questo, nel 1, vittima di una congiura che evitò il con itto e pose ne ai
dissidi.
Potere che passò a Claudio, fratello di Germanico, primo estraneo a casata Giulia.
Presentato come uno sciocco, in realtà il suo regno sembra contraddire la storiogra a.
Amministrazione centrale divisa in quattro u ci, un segretariato, u cio nanze, supplice e
processi; una politica di integrazione attestata dalla fondazione di colonie in Britannia,
Germania, con concessione di cittadinanze; dovette risolvere questioni lasciate da Caligola:
in oriente intervento per modi care assetto regni istituiti per prevenire disordini e tumulti, la
sua impresa militare più rilevante la conquista della Britannia meridionale. Sposò, dopo il
divorzio con accuse di intrigo, Agrippina che lo convinse ad adottare suo glio Nerone
prima che, nel 54, lo avvelenasse.
Nerone, ultimo erede della famiglia solo per madre, imposta un principato che vede
l’ideologia augustea di senato e popolo responsabili del governo, superata: Seneca, losofo
e precettore di Nerone, vede potere nelle mani di una sola persona e come dono dagli Dei.
Considerato vicino alla plebe, ma comune si macchiò di gravi delitti. Dopo aver assassinato
il fratello adottivo Britannico, fece uccider la madre che ostacolava la relazione con Poppea
in quanto credeva che il gesto avrebbe suscitato l’opposizione. Dispotismo che culminò
con incendio a Roma nel 64 che propiziò condizione per sua uccisione. Non si sa quanto
nei racconti sia vero, ma i costi furono altissimi e perciò decidete di usare processi e
con sche per aumentare gli introiti, aumentando l’astio della nobiltà a tal punto, nel 65, da
nire minacciato da congiura. Inizio della ne con varie rivolte in Giudea, nel 67 nella Gallia
da un suo legato, in Spagna, in Africa, con anche i pretoriani che lo abbandonarono; senato
che lo dichiara nemico pubblico riconoscendo princeps Galba, lasciandolo al suicidio.
L’anno dei quattro imperatori. La storiogra a antica passa in secondo piano gli sviluppi
che portarono l’esercito e le province a ruolo rilevante nella scelta dell’imperatore: la crisi
del 69, con 4 imperatori a succedersi, mostra come l’asse dell’Impero si stesse spostando
verso queste forze. Si succedettero: Galba, governatore della Spagna Tarraconense, grazie
alla defezione di Nerone fu riconosciuto imperatore, tuttavia non seppe guadagnarsi
popolarità e appoggi necessari a mantenere la carica: non rispettò i donativi previsti ai
pretoriani, crebbe impopolarità per tagli nel tentativo di risanare la crisi, in ne scelse
successore Pisone, cui nomina sgradita a soldati. Furono proprio questi a linciarlo
riconoscendo, anche dal senato, Otone, governatore della Lusitania, nel gennaio 69 ma le
legioni su Reno riconobbero invece il legato della Germania Aulo Vitellio. Scontro che
avvenne in Italia con la vittoria di quest’ultimo ad aprile del 69. Soldati che però
continuarono nella foga a saccheggiare cosi furono rimpiazzati con altre legioni e proprio
per questo si accese una ribellione che portò a proclamazione di Vespasiano, riconosciuto
in luglio del 69 dal prefetto di Alessandria e che solo dopo la lotta con gli ultimi sostenitori
Vitelliani a dicembre, venne riconosciuto imperatore anche dal senato.
Con Vespasiana inizia dinastia dei Flavi. Il suo principato vede il de nitivo consolidamento
dell’Impero come istituzione, de nita da un decreto del senato, di cui una parte di iscrizione
è conservato nei musei Capitolini, dove si elencano i poteri del princeps. Ottimo
amministratore, riuscì a far fronte ai de cit lasciati da Nerone, fece fronte alla crisi di
reclutamento favorendo estensione cittadinanza alle province, fautore della costruzione del
Colosseo e Foro della Pace, ristabilì l’ordine nelle zone lasciate sguarnite sul Danubio e
Britannia, in Oriente abbandonò la politica di regni clienti aggregandoli a province.
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Il glio Tito, già dal 71, come fatto in precedenza da Augusto con Tiberio, aveva ricevuto
l’imperium roncolare e potestà tribunizia, oltre che titolo di Augusto. Cosi alla morte del
padre, nel 79, il cambio non riscosse problemi. Il suo breve regno funestato da calamità
naturali, l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, che lo costrinsero ad
un’amministrazione piena di spese.
La fama di Domiziano risente della tradizione storiogra ca, in realtà la sua azione fu e cace
e bene ca pe