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L'INTERPRETAZIONE IN PSICOANALISI
Nell'opera di Freud l'interpretazione viene definita come la strada che l'analista percorre per andare dal contenuto manifesto alle idee latenti. È lo strumento tramite cui si rende cosciente l'inconscio. Freud intende l'interpretazione proprio come l'atto di dare senso al materiale (ovvero le informazioni che il paziente ci dà intenzionalmente, in forma conscia o inconscia, sul suo stato mentale). Possiamo comprendere quello che Freud intende per interpretare rileggendo i suoi scritti. Quando introduce il concetto di elaborazione secondaria, afferma che è un processo che tende a ordinare gli elementi del sogno connotandoli con una facciata che va a ricoprire il contenuto onirico come interpretazione provvisoria, e quando ci agganciamo all'interpretazione di un sogno, dobbiamo proprio eliminare quest'interpretazione provvisoria.
Bernfeld, partendo da questa definizione di Freud secondo...
cui interpretare significa svelare il senso, propone tre classi di interpretazione: 1. Finalistica: scopre l'intenzione di una determinata azione, svelandola come un avvenimento di una catena di eventi. L'inconveniente è che sono più facili da accettare che da provare, così facendo si presuppone che l'intenzione ci sia e alla fine la si trova. Un po' quello che accade nella psicologia individuale di Adler, dove l'interpretazione scopre soltanto le intenzioni. Mentre in Freud le interpretazioni finalistiche partono dalla pulsione. Guarda alle intenzioni del soggetto. 2. Funzionale: mira a scoprire quale ruolo svolge una determinata azione, perché serve al soggetto (es. trasformare suono della sveglia in un cinguettio, la funzione è preservare il mio sonno). Risulta però spesso imprecisa e aleatoria in psicoanalisi, dove, appunto, esistono molti contesti in cui opera il principio della funzione multipla. Guarda al valore diUn fenomeno connesso alla totalità è la Genetica per Bernfeld, che considera il metodo fondamentale della psicoanalisi. Questo metodo si propone di ricostruire i processi psichici che sono realmente accaduti, partendo dalle tracce che hanno lasciato dietro di sé. Bernfeld preferisce chiamare questa ricostruzione piuttosto che interpretazione. Ciò che viene ricostruito non è il processo così com'era, ma un modello del processo. Si stabilisce il nesso genetico di un fenomeno che è rimasto separato.
Alcune idee di Racker:
- Quanto interpretate: è un problema che riguarda la contrapposizione tra la tecnica classica e le tecniche attuali. Nella tecnica classica, l'analista è molto silenzioso, mentre ad esempio nell'analisi kleniana si rifiuta questa norma del silenzio e si interviene molto di più.
L'identificazione introiettiva e proiettiva, e Grinberg per la controidentificazione proiettiva. La Zetzel, psicologa dell'Io, afferma che la situazione analitica, che è un elemento stabile, ha la sua base nell'alleanza di lavoro e si contrappone alla nevrosi di transfer, che è invece legata alla parte più mobile, ovvero all'Es. Altri autori ancora, come Bleger e Zac, propongono che la situazione analitica venga definita a partire dal processo. Secondo l'autore il processo psicoanalitico, come ogni processo, necessità di un processo per potersi realizzare, e questa parte stabile/fissa è il setting. Il setting, per cui, diventa un insieme di costanti grazie alle quali può avere luogo il processo analitico. Tali costanti sono state studiate in seguito da Zac, che le definisce come fattori variabili di tre tipologie:
- Assolute: derivano dalle teorie della psicoanalisi e sono presenti in tutto il trattamento (onorario, durata delle sedute, ecc.).
- Relative: dipendono dalle caratteristiche specifiche del paziente e del terapeuta (età, genere, formazione, ecc.).
- Contingenti: dipendono dalle circostanze esterne che possono influenzare il processo analitico (ambiente, eventi traumatici, ecc.).
ritmo di lavoro, non possono essere cambiate e devono per lo più rimanerestabili)
2. Relative: che si suddividono in quelle che dipendono dall’analista (ideologia, duratavacanza, personalità) e quelle che derivano dalla coppia analitica, queste sono quelleche danno maggiore sostegno ai conflitti di controtransfert.
Freud dà ordine e trasforma nel tempo alcune variabili in costanti, dando ciò egli definisce“consigli” in Inizio del trattamento (1913) e in “Consigli al medico nel trattamentopsicoanalitico”. Le norme specifiche del trattamento mirano essenzialmente al fatto che ilfenomeno transferale possa dispiegarsi senza intoppi.
E’ chiaro quindi che per Bleger e Zac, ma in particolare per tutti gli autori argentini, sonoinclini ad applicare la denominazione di situazione analitica all’insieme di relazioni cheincludono il processo e il setting. Perché: non si può dare alcun processo se non c’è
qualcosa entro cui possa svolgersi, ovvero il setting (non – processo) che lo contiene. Bleger inoltre sostiene che le alterazioni del setting, sebbene a volte ci consentano di accedere a problemi fino a quel momento inavvertiti, non siano in alcun modo giustificabili. Perché ciò che sorge è un artificio senza forza probatoria, e non si può mai essere sicuri che il paziente reagirà nel modo previsto. Se lo facessimo applicheremmo la tecnica attiva, oltre a violare la regola dell’astinenza, perché magari lo modifichiamo per esaudire desideri del paziente. È un errore inanalizzabile perché usciremmo dal metodo psicoanalitico. Quando il setting diventa processo secondo Bleger? Quando è disturbato, perché ciò che definisce il setting è la sua stabilità, ed è proprio a partire dalla rottura del setting che appaiono nuove configurazioni nel materiale. Bleger si interroga suun'interessante questione. Quando non assistiamo alla rottura del setting mutosetting, a cosa andiamo incontro? Lui parla di muto perché ormai sappiamo che se non c'è alterazione tendiamo a non preoccuparci, ma in realtà è proprio in situazioni "silenziose" che possono trovarsi le difese più ostinate. Ricordiamo che per Bleger coesistono nel soggetto aspetti nevrotici, che notano la presenza del setting e registrano ciò che provoca (es. seduta più lunga o corta) e gli aspetti psicotici, che invece si legano alla parte che non parla, immobile, perché la psicosi è muta, è arcaica, corrisponde al periodo preverbale, per cui il psicotico si esprime tramite canali non verbali; esiste sempre un transfert psicotico che approfitta della stabilità del setting per rimanere inosservato. Il setting interno riguarda l'atteggiamento mentale dell'analista, si intende con ciò la suadisposizione a lavorare con il paziente realizzando nel miglior modo il compito al quale si è impegnato, ovvero esplorare i suoi processi mentali inconsci e farglieli comprendere. Non si tratta di una questione di memoria su ciò che il paziente ha detto nella seduta precedente, bisogna invece ascoltare senza preoccuparsi di dover ricordare, ma vedere che associazioni porta dentro di noi il pensiero del paziente. Ovviamente questi concetti vengono modificati con i vari autori, pensiamo alla reverie di Bion. L'analista è formato sostanzialmente dalla capacità di accogliere tutto ciò che gli viene dato dall'altro e dai due concetti del modello: la regola dell'arivervatezza analitica (analista specchio) e la regola dell'astinenza. Anna Freud intendeva per neutralità il non schierarsi con nessuna delle tre istanze freudiane, spesso questo i clinici se lo scordano, a volte ad esempio se un paziente ci parla di una madre cattiva noi ci.Schieriamo contro essa, dimenticandoci che ci stiamo semplicemente mettendo contro una parte del paziente.