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SULL'APPRENDIMENTO DALLA RISPOSTA AFFETTIVA AL PAZIENTE
Borgogno utilizzava i suoi sentimenti per capire e mettersi in contatto con i pazienti. Pensava che la sua risposta affettiva fosse una buona chiave per comprendere i loro stati d'animo e sentimenti, una chiave se non più importante rispetto ai contenuti verbali delle associazioni e ai messaggi inconsci ad essi sottesi. CASO DI PETER (MILANO) → giovane delinquente, metà psicotico e metà tossicodipendente, che durante la seduta (che avveniva nei bagni-doccia) aveva spinto l'analista al muro, rivolgendogli la punta di lamiera contro la pancia, mimando di violentarlo. Più avanti il paziente raccontò di essere stato sodomizzato nei bagni della comunità dove aveva vissuto per un certo tempo a causa della violenza del padre nei confronti suoi e della madre alcolista. CASO SILVANA → adolescente psicotica, magrissima e minuscola, che era stata appena dimessa da un ricovero.ospedaliero per via di un generale stato confusionale con allucinazioni e idee deliranti di persecuzione contro i familiari ed altri che si erano impossessati dei suoi pensieri e della sua mente. Nelle prime sedute Silvana parlava in modo confuso e contradditorio per i primi 45 minuti, al che io pensavo di dover uscire dalla stanza e allontanarmi da quel rumore. Lo comunicai a chi controllava l'andamento di questi colloqui di prova ed ella, più ansiosa di me, mi tolse il caso affermando: "Borgogno, tu mi stai dicendo preconsciamente che non vuoi occuparti di questa paziente giacché ti allarma troppo e ti confonde. Imparai che con questi pazienti psicotici molto persecutori e perseguitanti il principale problema è l'onnipotenza del pensiero, per cui è sempre meglio fare un passo indietro e aspettare che siano loro a dirci qualcosa di sé". CASO PAZIENTE SVIZZERO-TEDESCA → la paziente ebbe su di me un impatto così irruento che micostrinse adirle "penso che questa violenza che sento provenire da lei possa essere il problema per cui mi chiede aiuto". Dopo queste parole lei confessò che era un'assassina: aveva scaraventato giù dal quinto piano suo figlio e sua figlia quando erano piccoli. Era lì in analisi perché aveva paura che, se avesse fatto un altro figlio, avrebbe avuto lo stesso desiderio di ucciderlo. A quel punto iniziai a piangere e le dissi che avrei cercato qualcuno che fosse disposto a prenderla in analisi, non io date le mie reazioni.
CASO POLDO→ un bambino soffriva di enuresi e il sintomo era lo specchio-denuncia inconscio di un disagio familiare e infatti migliorò una volta che i genitori si separarono. Poldo assisteva a una lotta tra la mamma e il papà e il suo sintomo ne era l'espressione. Per la sua paura inconscia di essere responsabile del fatto che succedesse qualcosa di grave tra i due, quando di notte alzavano la voce, finiva
Nel loro letto per accertarsi di quello che succedeva. Imparai che avrei dovuto sempre esplorare l'ambiente familiare e l'atmosfera in cui il paziente era cresciuto.
Nel Centro Milanese di Psicoanalisi ognuno portava le proprie associazioni libere al materiale oggetto di discussione, non curandosi se esse si collegavano al materiale e a quelle degli altri e non curandosi neppure delle peculiarità del contesto.
Molti abbandonarono lo stile kleiniano, poiché troppo rigido.
LUCIANA NISSIM MOMIGLIANO insieme alla sua capacità di ricezione nutriva il candidato, senza risparmiarsi, di sostanzioso alimento strutturante, offrendo il midollo interiore. Luciana era un'analista sufficientemente cattiva, e non soltanto sufficientemente buona, per il suo saper allenare alla necessità del ringhio: la funzione imprescindibile per la sopravvivenza e per la crescita, che ti insegna a riconoscere le minacce e ti fortifica per destreggiarti di fronte alle.
avversità. Ella nel giro di una settimana era passata da essere una kleiniana di Ferro ad essere qualcos'altro (kohutiana? ferencziana? di certo non bioniana). Si era passati da una psicoanalisi incentrata sul sospetto a una incentrata su più rispetto e riconoscimento del paziente e dei buoni motivi per cui questi si comporta in un modo piuttosto che in un altro. Ma Luciana era rimasta comunque sé stessa, visto che continuava a puntare il dito su ciò in cui ti eri rivelato carente; era sempre un po' identificata con l'aggressore, ma si era data una nuova direzione: maggior considerazione della vittima, e anche del candidato, ammettendo per prima cosa la sua identificazione inconscia con l'aggressore. →GIUSEPPE DI CHIARA si dava tempo e ti dava tempo trasmettendoti l'idea che si può aspettare a parlare e interpretare, e che lo stare a pensare accanto al paziente è già di per sé un ottimo ausilio, per lui.
percorso di vita.passato infantile e adolescenziale. Anche lei aveva in mente l'ammalarsi temporaneamente dello stesso male del paziente, che richiede prontezza, ma anche la capacità di resistere nell'indifferenziazione. L'intrapsichico, per Stefania, era intrapsichico e intersoggettivo.
CENNI DELL'IMPORTANZA DI DIVENIRE ORDINARIO E ANALISTA
Borgogno ha imparato che le sedute non nascono dal vuoto, ma all'interno del lungo periodo di analisi: se si isola infatti prescindendo da ciò, ci si può fare un'idea che sicuramente si attaglia alla "teoria abbracciata". Se le si inserisce nella lunga onda dell'analisi, il loro strutturarsi cambia di significato: quelle che tu avevi giudicato "buone" possono all'opposto mostrarsi come la continuazione di un enactment silenzioso non ancora intravisto; quelle che ritenevi "non buone", perché ti eri trovato in affanno, potevano ora di colpo apparirti assai
migliori di quelle buone.L'Ordinato si è rivelato un eccellente strumento per riconoscere le mie identificazioni inconsce con ipersonaggi del campo, che vanno intercettate e sciolte per spezzare le catene della ripetizione supportandoa propria volta il paziente nel districarsene e nell'abbandonarle. L'Ordinato è un impegno che un buonanalista deve assolvere per conoscersi al lavoro e rendersi un po' più immunizzato dai limiti e dai deficit checi pertengono.Con il Didattato ho potuto capire ancora di più come il mezzo principale che noi abbiamo a disposizione perintercettare il paziente e la relazione analitica sia la nostra risposta affettiva a lui e come il paziente esigache noi si incarni tutti i ruoli che il suo inconscio richiede vengano da noi incarnati, sapendo caratterizzarlicon quel qualcosa in più che può cambiare il suo destino. Quel qualcosa in più è il dar voce nella relazioneanalitica a quegli
Aspetti degli oggetti del paziente e del sé del paziente non ancora messi a fuoco, poiché non poche volte non si sono mai presentificati o attuati nella sua esistenza.
Capitolo 3
Campo psicoanalitico → ambito delle condizioni necessarie perché possano aver luogo interpretazioni significative per la coppia analitica. Un aspetto interessante è che nell'analisi non sono definiti subito i soggetti del desiderio e i suoi significati, che prendono invece pian piano forma nella continuità dell'interazione libidico-affettiva inconscia fra paziente e analista.
In una seconda accezione il campo è un campo di risonanza inconscia a un'atmosfera emotiva. Esso è transito basilare per giungere a quella comunicazione condivisa a parole di segnali e messaggi interazionali in termini di dinamica intrapsichica. Si valorizza il reciproco inconscio dei due nel dare rappresentazione e significatività a tutte quelle sensazioni, emozioni e
idee che circolano nella relazione.→ROSSO BORGOGNO, ROSSO BORDEAUX (Borgogno come paziente) parlò del desiderio di acquistare un abat-jour dalla base color bordeaux, che costava caro. L’analista risposte “Rosso Borgogno, Rosso Bordeaux” e questa affermazione lo riportò a vecchi ricordi e nostalgie, fino al momento della foto, per lui non piacevole, poiché non voleva mettersi in posa, non desiderava essere inquadrato in un’istantanea. L’analista sottolinea il suo desiderio di continuità, di essere partecipe e attivo nella relazione, senza ricevere una statica definizione che non tenesse conto del suo futuro e della sua voglia: il bordeaux si riferiva alla sua originalità, al suo originario, di cui desiderava il pieno ritrovamento con la nuova esperienza di analisi. Un cammino che partisse dalla sua specificità e unicità per farsi ed evolvere. L’analista crea le condizioni di base per un incontro, accetta
le indicazioni che il paziente offre e gli lascia spazio valorizzandole, non ritenendo necessario toccare l'aspetto difensivo. L'analista funziona da apristrada interattivo, è soffuso dallo stato mentale che caratterizza la rêverie: ricorda che in ogni bambino, anche se cresciuto, vi è un seme di futuro da far germinare e da sostenere generosamente, dandogli credito. L'analista cerca un contatto elettivo con il paziente e lo valorizza trattandolo non come oggetto passivo, ma come soggetto a cui è permesso un campo d'azione aperto.
PARLANTINA Gianstefano è un paziente narcisista con punte psicotiche che sente la sua crescita precaria, non ben radicata. Le sedute procedevano con lui che parlava di contenuti, di cui lui osservava particolari, ma senza emozioni, e l'analista che doveva ascoltare e fare interpretazioni, che aumentavano la persecutorietà primitiva. Era un circolo vizioso: l'analista interpretava
l’onnipotenza del paziente, che eglistesso alimentava con le sue interpretazioni, e rinnovava lo schema misero di relazione che il pazient e gliproponeva.Fece un sogno: si trovava offeso a Villa Sassi dove si ritrovava a sco