UNA QUESTIONE ETICA E GIURIDICA COMPLESSA
Il tema della genitorialità non biologica resta un nodo etico delicato.
Richiede alla giurisprudenza una sensibilità giuridica elevata, capace di armonizzare interessi confliggenti:
da un lato, il diritto del minore a un’identità familiare stabile e riconosciuta; dall’altro, il rispetto delle norme
interne e delle differenze culturali tra gli Stati.
L’interesse del minore, pur essendo il criterio guida, non assume sempre lo stesso valore in ogni contesto:
può essere declinato in modi diversi e portare a soluzioni differenti. 41
Di conseguenza, l’attuazione di questo principio avviene spesso in modo graduale e parziale, riflettendo la
complessità del bilanciamento costituzionale tra diritti fondamentali, in cui nessuno può dirsi assoluto ma
tutti devono essere ponderati in modo ragionevole e coerente.
5. UN CONTRATTO NON ENFORCEABLE?
Il contratto di maternità surrogata rappresenta uno degli aspetti più problematici dell’intera disciplina,
poiché coinvolge rapporti giuridici e morali complessi tra i genitori committenti, le madri surrogate e le
donatrici di ovociti.
Nella maggior parte dei casi, le donne direttamente coinvolte nel processo gestazionale vengono escluse
dalla determinazione del prezzo dell’accordo, stabilito invece dalle agenzie di intermediazione che
agiscono secondo logiche di mercato e tecniche di marketing tese a far lievitare i costi.
Organizzazioni come l’American Society of Reproductive Medicine e la Society for Assisted Reproductive
Technology, pur opponendosi alla vendita degli ovociti, hanno cercato di regolamentare il mercato
fissando limiti massimi di prezzo. Tuttavia, questa funzione di calmiere si è rivelata parziale: la
commercializzazione rimane celata dietro la retorica del dono, che giustifica un compenso minimo per le
donne coinvolte nella gestazione.
STRUTTURA E CONTENUTO DELL’ACCORDO
Il contratto di surrogazione, salvo che sia gratuito (prevedendo solo il rimborso delle spese mediche),
stabilisce che la madre surrogata:
si sottoponga alle tecniche di fecondazione assistita;
porti a termine la gravidanza secondo le modalità previste;
si astenga da determinate attività (come il lavoro o comportamenti rischiosi per la salute del
feto);
rinunci a qualsiasi diritto genitoriale;
riconosca la genitorialità legale ai committenti, che a loro volta versano il compenso pattuito e
un eventuale rimborso per il mancato guadagno durante la gravidanza.
Questi contratti assumono la forma di una prestazione d’opera professionale, come si riscontra nelle best
practices californiane, dove gli accordi sono regolati con grande precisione e prevedono persino la
possibilità di esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento.
Tale previsione, tipica del diritto di common law, rappresenta un’eccezione notevole, poiché consente ai
genitori committenti di ottenere coattivamente l’adempimento del contratto, rivelando la logica di un
capitalismo biotecnologico fondato su una manodopera clinica.
LIMITI E CRITICITÀ DELL’ESECUZIONE COATTIVA
Nonostante questo modello, l’esecuzione forzata del contratto risulta incompatibile con i principi di libertà
personale e di dignità umana.
Costringere una donna a portare avanti una gravidanza contro la propria volontà violerebbe infatti diritti
fondamentali costituzionalmente garantiti. Inoltre, la giurisprudenza internazionale è disomogenea: i
diversi ordinamenti mostrano posizioni divergenti sulla validità e vincolatività di questi accordi.
Un caso emblematico è il caso Baby M, che per la prima volta ha sollevato il problema della compatibilità
del contratto di surrogazione con la dignità umana.
Il giudice Sorkow, in primo grado, aveva ritenuto valido l’accordo, ma la Supreme Court del New Jersey ne
ha successivamente annullato la decisione, evidenziando la difficoltà di attribuire efficacia giuridica piena
a un contratto che ha per oggetto il corpo e la maternità. 42
L’AMBIGUITÀ DEL CONTRATTO DI SURROGAZIONE
Le decisioni giudiziarie mostrano una costante oscillazione tra due poli:
da un lato, il riconoscimento della libertà contrattuale e della autonomia personale della
donna nel prestare consenso all’accordo;
dall’altro, la dichiarazione di nullità del contratto per contrarietà all’ordine pubblico e per
lesione della dignità femminile.
Alcune corti riconoscono la liceità del contratto riproduttivo, sostenendo che la donna abbia un diritto
costituzionale a prestare servizi riproduttivi, rientrante nella libertà procreativa; altre, invece, negano la
coattività del contratto, affermando che non possa essere eseguito in modo forzato poiché implica la
commercializzazione del corpo umano.
IL PROBLEMA DELL’ADOZIONE E LA PROSPETTIVA ITALIANA
Un ulteriore punto critico riguarda la possibile elusione delle leggi sull’adozione, poiché il contratto di
surrogazione, pur essendo formalmente un accordo privato, può finire per sostituire i controlli pubblici
previsti per l’adozione.
Tuttavia, nelle decisioni giudiziarie prevale quasi sempre il riferimento al “best interest of the child”, che
porta ad assegnare comunque il minore ai genitori committenti, ritenendo questa soluzione più coerente
con il principio di tutela del minore.
In Italia, la giurisprudenza si è collocata in una posizione di equilibrio: una sentenza del Tribunale di Monza
ha sottolineato l’infungibilità dei doveri morali ed economici dei genitori biologici e il diritto del figlio ad
avere un solo status filiationis, cioè a sapere chi siano i propri genitori naturali.
La decisione evidenzia anche l’assenza di un vero “diritto alla procreazione” inteso come diritto soggettivo
assoluto, trattandosi piuttosto di un aspetto particolare del diritto alla persona.
Questa impostazione si discosta da alcune pronunce statunitensi che impongono la consegna del nascituro
al padre biologico dietro compenso, e si avvicina invece alle decisioni di altre corti di common law, che pur
ammettendo la validità dell’accordo, negano la possibilità di imporne l’esecuzione in forma specifica.
il contratto di maternità surrogata rimane una figura giuridica controversa e non pienamente enforceable,
poiché si colloca nel punto di tensione tra autonomia contrattuale e tutela della dignità umana, mettendo
in discussione i confini tra libertà di scelta, mercificazione del corpo e limiti etico-giuridici imposti dagli
ordinamenti democratici.
6. GIUSTIFICAZIONE CONSEQUENZIALISTA
L’analisi delle decisioni giudiziarie in materia di gestazione per altra mostra quanto sia difficile definirne con
chiarezza la natura giuridica. Le corti oscillano tra due orientamenti opposti: da un lato, la nullità del
contratto, ritenuto solo parzialmente applicabile; dall’altro, una visione minoritaria che ammette una
vincolatività piena, persino con esecuzione coattiva, quando si ritiene che ciò produca effetti giuridici
ritenuti “preferibili” o più vantaggiosi.
Questo secondo orientamento si fonda su una logica consequenzialista, come dimostra l’argomentazione
del giudice Sorkow nel caso Baby M, secondo cui le donne dovrebbero poter commercializzare le proprie
capacità riproduttive, stipulando contratti per la fornitura di servizi procreativi finalizzati al riconoscimento
dei diritti alla procreazione al di fuori delle modalità naturali. 43
CONSEQUENZIALISMO E DEONTOLOGIA NEL DIRITTO
Quando le corti affrontano casi difficili, cioè situazioni nuove e moralmente complesse, non possono
limitarsi a richiamare regole morali astratte. Devono invece elaborare una giustificazione critica, un
“secondo livello” di ragionamento.
Questa giustificazione può essere:
Consequenzialista, se valuta le conseguenze pratiche delle scelte e mira a massimizzare l’utilità
sociale, privilegiando il risultato più vantaggioso per gli interessi in gioco.
Deontologica, se fonda la decisione su regole morali considerate valide a prescindere dagli
effetti prodotti.
Il dilemma etico-giuridico nasce quindi dal conflitto tra due beni: la libertà contrattuale e la dignità della
persona. Trovare un modello di bilanciamento stabile è molto difficile, poiché includere tutte le eccezioni
possibili rischia di produrre una giuridificazione eccessiva dei valori morali, svuotandoli del loro significato
etico.
IL METODO UTILITARISTA
L’utilitarismo, inteso come metodo di decisione pratica, invita a calcolare le conseguenze di ogni scelta,
confrontando le alternative e stimandone il valore sociale complessivo.
Il valore di un’azione viene così funzionalizzato all’utilità prevista, ma resta inevitabilmente legato al
sistema etico di riferimento.
Questa impostazione, applicata al contratto di surrogazione, porta a sostenere che se la pratica genera
benefici per tutte le parti coinvolte (genitori committenti, madre surrogata e bambino), allora può
considerarsi socialmente utile e giustificata.
IL PUNTO DI VISTA DEONTOLOGICO
Diversamente, l’orientamento deontologico si fonda su principi morali sostanziali, non riducibili a calcoli di
convenienza.
Un esempio è la decisione della Corte d’Appello del New Jersey, che ha ribaltato la sentenza del giudice
Sorkow, dichiarando nullo il contratto di surrogazione per contrasto con la legge e con l’ordine pubblico.
La Corte ha ritenuto che il pagamento di denaro per ottenere una gravidanza fosse illegale e degradante,
poiché trasformava la donna in strumento commerciale, violando il principio di dignità umana.
Questa visione riprende le conclusioni del Warnock Committee (fonte autorevole nel Regno Unito in tema
di maternità surrogata), secondo cui i diritti sul proprio corpo non possono essere esercitati in modo da
commerciarlo.
Per questo motivo, la Corte riconobbe i diritti della madre biologica, pur affidando la bambina al padre per
garantire il miglior interesse del minore, ribadendo però il principio di non commerciabilità del corpo
umano.
IL PRINCIPIO DI NON COMMERCIABILITÀ DEL CORPO
Questo principio è esplicitamente sancito anche dalla Convenzione di Oviedo, che vieta ogni forma di
sfruttamento economico del corpo umano.
La sua applicazione mette in evidenza una tensione irrisolta tra due logiche opposte:
la logica neoliberale, che esalta la libertà individuale e l’autonomia decisionale del soggetto,
anche nel disporre del proprio corpo;
la logica della tutela etica, che difende la non fungibilità del corpo umano, cioè la sua unicità
e non scambiabilità. 44
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