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I tre film e i loro approcci registici

I tre film sono apparentemente simili ma, in realtà, adottano approcci registici differenti; il primo è l'esperimento più interessante, quello che, almeno dal punto di vista del modellato tridimensionale e del trattamento dei volti dei personaggi, strizza l'occhio a una patente volontà di stilizzazione. La distanza che in Polar Express si percepisce tra il volto del Tom Hanks attore reale e la sua versione virtuale fornisce quella distanza stilistica necessaria che rende apprezzabile l'esperimento ottenuto. In Beowulf gli attori sono veri ma digitalizzati, così come in Polar Express: l'esempio più lampante è quello di Anthony Hopkins che viene virtualizzato e poi restituito in digitale. In Beowulf Zemeckis non stilizza e non anima il volto per creare una distanza dal materiale umano originario ma, sfruttando a pieno i mezzi tecnici di cui dispone, crea una corrispondenza assoluta tra l'attore che ha prestato il volto e...

Il suo clone digitale. A Christmas Carol, di primo acchito, sembra simile, come resa globale, a Beowulf ma qui il regista ha tentato un differente approccio stilistico: in questo caso l'uso del motion capture e dello scanning facciale ha come scopo quello di prestare la fisicità e la capacità interpretativa e attoriale di Jim Carrey a quattro personaggi differenti ovvero Scrooge, il fantasma del Natale passato, il fantasma del Natale presente e il fantasma del Natale futuro. Zemeckis ha dato un senso alla sua ricerca stilistica utilizzando in maniera versatile uno strumento già noto ma anche in questo caso il risultato ha dei limiti molto evidenti, resi manifesti dalla mancanza totale della luce negli occhi dei personaggi. Gli occhi dei volti tridimensionali mancano di anima e di vitalità: queste tecniche infatti permettono di far emergere una forma di espressività fortemente legata all'esteriorità e all'animazione dei muscoli.

facciali, ma tale espressività è priva di un afflato umano, di anima e lo Scrooge virtualizzato di Jim Carrey ne è un esempio lampante. Un altro elemento da considerare, e che è la riproduzione del comportamento umano. L'attore è costretto, affinché i suoi movimenti possano essere registrati e prestati al modello tridimensionale, ad esprimere la sua interpretazione attoriale in un contesto avulso, totalmente scollato rispetto alla narrazione del film e questo elemento costituisce un limite di cui risentono più o meno tutti i film realizzati con le tecniche prese in esame. Nei motori fisici che simulano la fisica newtoniana e la loro azione sugli oggetti mossi all'interno dello spazio tridimensionale, ciò che si può rilevare è l'assenza totale del caso, dell'eccezionalità, dell'elemento sovversivo, differente e inaspettato che si può avere solo nel momento in cui l'attore

agisce erecita nel momento in cui viene ripreso. Nel film di Kosinski, Tron: Legacy, Jeff Bridges è se stesso dal punto di vista tecnico-oggettivo in quanto il volto è stato digitalizzato estrapolando un fermo-immagine dalla versione originale di Tron, usando tecniche sofisticate per restituire la tridimensionalità che non c'era in fase di ripresa e realizzando una texture del volto molto efficace dal punto di vista oggettivo e tecnico; il problema è che, nonostante tutto questo lavoro, la resa finale non è né un Jeff Bridges giovane, né un Jeff Bridges vecchio è un'altra persona.. anzi non è una persona dato che gli occhi sono inespressivi e la sua umanità è limitata al movimento del volto. Viceversa, nel caso di Benjamin Button, David Fincher adotta una tecnica di lavoro molto differente; prima di tutto non vuole restituire il volto virtualizzato del noto attore protagonista, Brad Pitt, ma asseconda lanarrativa scelta dal regista. La creazione di un Pitt più vecchio e uno più giovane, con caratteristiche somatiche simili a quelle della star hollywoodiana, ma senza riprodurre esattamente i suoi tratti somatici e le sue espressioni facciali, è stata realizzata attraverso l'abbinamento del volto alla ripresa reale. La testa di Brad Pitt anziano è stata modellata, animata e unita alla fisicità di un attore anziano seduto in un ospizio, mentre la testa di Brad Pitt giovane è stata abbinata al corpo di un preadolescente, creando così una fisicità autentica. Questi aspetti interessanti della tecnica utilizzata da Fincher arricchiscono l'approccio originale, ma ci sono ancora dei limiti legati alla soggettività e alla scelta narrativa del regista.

Realizzazione del film che impone a tutti, in primis gli attori, un nuovo modo di recitare. I risultati migliori si ottengono quando tutti, attori e processo produttivo, si adeguano alle direttive delle nuove tecniche di produzione, adottando un nuovo approccio al fine di restituire ciò che è stato sottratto e/o modificato dall'elemento tecnologico stesso. L'uso di queste nuove tecniche di ripresa toglie all'attore la possibilità di recitare in uno spazio scenico reale che gli suggerisca un'azione e che dia spessore e senso all'interpretazione attoriale. Chiunque, in varie vesti (regista, aiuto regista, etc.) abbia mai lavorato con attori professionisti lo sa: gli attori per poter dare il loro meglio spesso interagiscono con lo spazio e con gli oggetti che hanno intorno ma in questo caso ciò non è possibile poiché tutta la capacità di emozionare attraverso il volto si svolge in uno spazio che non offre questi elementi.

L'attore deve imparare a restituire emozioni senza basare la propria interpretazione sulla fisicità. Queste regole del cinema d'animazione, per qualunque attore che si sia formato in un periodo estraneo a quello attuale, costituiscono grandi limiti. Per comprendere meglio alcuni aspetti dello scanning facciale e delle tecniche collegate a questo campo di sviluppo cinematografico, si veda il risultato di un lavoro del 2008 che costituisce una ricerca dell'Institute for Creative Technologies Graphics Lab. Si tratta di Digital Emily nel quale si assiste a un risultato molto promettente relativo alla possibilità di produrre attori virtuali credibili. Nel filmato l'attrice Emily O'Brien presta il volto per una sessione di scanning facciale, molto complessa e laboriosa e per una susseguente animazione con movimenti prestati da se stessa: il risultato è impressionante, basti guardare l'incarnato del volto che restituisce una texture raramente.così efficace in altri contesti. La versione virtuale dell'attrice viene posizionata su una poltrona, come fosse un'intervista, in una situazione di illuminazione generale molto semplice in modo tale che il risultato ottenuto sia realistico e non sfrutti come inganno le potenzialità di un'illuminazione cinematografica. Emily si limita a parlare a colui che le sta di fronte e in questo trapelano sia le potenzialità dello strumento tecnico sia i suoi limiti espressivi. Emily è stata collocata in uno spazio scenico a 360° dotato di 156 LED a luce bianca posizionati intorno al suo volto affinché fosse possibile creare un'illuminazione il più possibile omogenea escludendo ombre o interferenze luminose causate dal modellato del volto stesso. Per ogni singola posa espressiva sono state scattate quindici fotografie con differenti condizioni di illuminazione, sempre allo scopo di raccontare in modo dettagliato, attraverso la luce.il modellato del volto. Uno dei problemi più rilevanti che si sono incontrati per rendere la texture facciale credibile è stato quello di riuscire a escludere dal volto tutte le luci e le riflessioni esterne rispetto alla luce diffusa che promana dalla pelle umana attraverso il suo strato sottostante. La tecnica adottata è stata quella di polarizzare sia la luce sia l'ottica della telecamera che riprendeva le immagini fotografiche, in un primo tempo incrociando i polarizzatori affinché la luce riflessa superficiale venisse eliminata, in un secondo tempo posizionando i polarizzatori in via parallela affinché la luce riflessa, speculare, fosse più accentuata rispetto a quella riflessa e diffusa dallo strato sub-superficiale. I due tipi di immagine, per sottrazione, hanno consentito di pervenire a un'immagine nella quale la luce della texture facciale risultasse illuminata solo di luce propria come se fosse restituita solo la luce chenaturalmente promana dal soggetto eliminando quella derivante dall'ambiente nel quale esso stesso è collocato. Con le successive elaborazioni si è giunti a un'immagine dettagliata e utile per la realizzazione di un modellato tridimensionale specifico che restituisse non solo ogni singola imperfezione ma anche il realismo del volto umano e una texture facciale da applicare la cui luce diffusa non fosse inquinata da riflessioni non appartenenti all'oggetto stesso. L'immagine finale è il risultato in scala di grigi, elaborato tramite la tecnica del displacement mapping del modellato tridimensionale. In un primo tempo si ottiene un modello a bassa risoluzione con dei poligoni e una sfaccettatura non molto accentuata poi, con tecniche di goffratura superficiale, viene applicata un'ulteriore modellazione poligonale che dettaglia in modo accentuato l'immagine: questo procedimento viene ripetuto per tutte le espressioni del volto che diventano.Key frames di una possibile gamma di mimiche facciali secondo un approccio di tipo scientifico e non artistico. Per ottimizzare il suo lavoro, Paul Debevec ha utilizzato il modello di Paul Ekman, uno dei più importanti sociologi del XX secolo, studioso dell'espressività umana. Grazie alla sua ricerca, si è arrivati a concludere che la mimica facciale essenziale non sarebbe condizionata da elementi di tipo culturale o etnico, ma sarebbe comune a tutti gli esseri umani, a prescindere dalla loro provenienza geografica, etnica e sociale. Uno scoglio importante è rappresentato dall'applicazione del rigging facciale, che consente l'animazione del volto. Una volta ottenuto questo modellato e la possibilità, attraverso key frame mimici, di garantire una gamma estesa di espressività umane, resta sempre il problema di come collocare i fili alla marionetta umana a cui bisogna muovere il volto. Digital compositing: digital matte painting Per assemblaggiosi intende una modalità di lavoro che non appartiene al cinema classico ma che è la sostanza stessa di qualunque produzione multimediale digitale moderna: se gli elementi che costituiscono l'immagine definitiva sono di origine reale, realizzata dal vero o digitale, devono essere sintetizzati in un'immagine unitaria, sia dal punto di vista fotografico, di resa cromatica della composizione definitiva.
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
26 pagine
12 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Dg995d di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnologie multimediali per il cinema e la televisione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Morreale Domenico.