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IL MONOLOGO PUBBLICO: CONFERENZA, PRESENTAZIONE DEI RISULTATI DI UN GRUPPO

Uno degli eventi comunicativi più frequenti nel mondo aziendale e accademico è quello della conferenza (lunga in ambiente accademico, breve in quello aziendale). Anziché il dialogo, questo evento presuppone lunghe forme di monologo. Parlare in pubblico pone tutta una serie di problemi prossemici sul luogo da cui parlare: culture come quelle germaniche e scandinave sono piuttosto conservatrici e quindi preferiscono parlare da un luogo "istituzionale", protetto; è ormai ovunque considerato irrispettoso parlare stando seduti.

I punti delicati di questo evento, in ambito interculturale, sono:

  1. la presentazione dell'oratore

Se gli europei si limitano ad una scheda essenziale, gli americani ricorrono invece a una vera e propria laudatio dell'ospite, che suona ridicola all'orecchio dell'ascoltatore italiano ed imbarazzante per chi viene presentato.

d'altra parte la nostra presentazione di un oratore americano spesso lo delude per la sua essenzialità; b. l'inizio della relazione spesso inglesi ed americani, ma anche i turchi, fanno battute che suonano assolutamente fuori luogo agli altri europei; c. dimostrazione di attenzione durante la relazione gli europei e gli americani mostrano la loro attenzione verso chi parla con il sorriso e, soprattutto, con l'annuire continuo; gli orientali rimangono, invece, impassibili: in particolare, i giapponesi tendono a tenere gli occhi bassi, per comunicare che non stanno distraendosi, ma il conferenziere europeo può avere l'impressione che stiano dormendo; d. struttura degli interventi come si è detto parlando della struttura dei testi, alcune culture preferiscono la schematicità, l'organizzazione per punti, per cui si evitano le digressioni; la relazione è di solito basata sul handout distribuito agli ascoltatori o su PowerPoint: questi

Forniscono lo schema – cioè la coerenza di fondo del discorso – e fungono al tempo stesso da canovaccio per il testo orale del relatore: ma mentre gli americani si limitano ad illustrare oralmente quanto compare nei supporti grafici, gli italiani e gli spagnoli tendono a lanciarsi in una serie di digressioni abbraccio che a loro paiono arricchire l’intervento, mentre risultano disorientanti per i nordici e gli anglosassoni: e. esibizione vs. understatement dei risultati.

Uno dei principali punti da curare in una presentazione aziendale, in quella di un progetto o di un prodotto, è il rapporto tra l’esplicitezza nel presentare i risultati positivi o l’understatement, cioè l’implicitezza. Nella cultura aziendale di tutto il mondo prevale un gusto per l’esplicito, per il mettere sul tavolo le proprie buone carte, ma in certe culture (incluse quelle europee, tranne quella tedesca) può essere consigliata una certa implicitezza.

basata sul principio "a buon intenditore poche parole". 4. PROBLEMI INTERPRETATIVI DEL MODELLO E ALCUNI CONCETTI DI RIFERIMENTO Il modello di osservazione deve essere sintetico e cognitivamente economico, ma tale deve restare: osservare è una strategia per gestire in modo dinamico la relazione che è creativa in quanto non preordinata su schemi fissi ed immobili. Avere dei "punti di osservazione" strategici è una possibile facilitazione dell'osservazione, ed è anche utile affiancare alla dimensione conoscitiva un'esplicita dimensione processuale. Il modello, così, presenta una serie di abilità relazionali che si trovano a cavallo tra la competenza mentale e la comunicazione reale degli eventi. Tali abilità possono aiutare ad inquadrare le informazioni all'interno di un atteggiamento che vorremmo dubitativo: l'invito, infatti, è quello di tener conto delle succitate informazioni, ma di sapersempre mantenere una sorta di distacco da esse – poiché l'incontro con l'altro non è mai unincontro con una cultura, ma con una persona che interpreta e agisce (anche) una cultura.254.1 LA "GIUSTA DISTANZA" NELLA COMUNICAZIONE INTERCULTURALEQual è il modo corretto per guardare l'altro e per comunicare efficacemente con lui?La giusta distanza non è unica né prestabilita, ma va cercata nel farsi dinamico e mutevole dellacomunicazione e della relazione; quindi essa deve essere trovata innanzitutto nella consapevolezzadell'inevitabile lente soggettiva che il nostro sguardo ha sulla realtà. Mazzotta, rifacendosi al concettodell'acquisizione della cultura sotto forma di scripts e schemi relazionali, afferma: "Funzionando anche comemappe della memoria, questi schemi guidano le nostre modalità di cognizione e d'interazione, senza che cene rendiamo conto finché non entriamo incontatto con le altre culture.”

Gli schemi relazionali consolidati possono cambiare e le conseguenti aspettative che ci costruiamo durante gli eventi comunicativi e che facilitano la comprensione e il dialogo in un contesto di condivisione culturale, possono diventare invece delle “trappole”. Si rischia, infatti, di attribuire dei significati diversi ai comportamenti dei nostri interlocutori rispetto al senso che loro intendono trasmettere mettendoli in atto.

Graziella Favaro sostiene che “[…] nella comunicazione interculturale ciò che viene dato per scontato può ostacolare o rendere difficile la comunicazione. Ciascuno dei partecipanti alla comunicazione utilizza competenze comunicative diverse che possono risultare inefficaci, inopportune o fuorvianti in altri contesti”.

La cultura contribuisce a creare i filtri attraverso cui noi vediamo la realtà; avere consapevolezza di questi filtri culturali e di quanto essi influenzino le nostre

aspettative e i nostri comportamenti, è fondamentale per potercercare di comunicare efficacemente. Lo sguardo interculturale, dunque, è uno sguardo verso e dentro sé stessi. È il guardare sé stessi mentre si guarda l’altro, cercando di vedere entrambi dalla medesima distanza.

La consapevolezza di sé stessi è la base per lo sviluppo delle abilità relazionali. A questa consapevolezza è importante aggiungere la conoscenza di alcuni meccanismi che ci condizionano nella vita e del perché essi agiscono. I meccanismi più rilevanti nel nostro focus di studio si possono definire con alcuni concetti: l’etnocentrismo, il pregiudizio, lo stereotipo.

Tutti e tre:

  • Da un lato, sono assunti in modo inconsapevole spesso fin dall’infanzia e in tale stato di inconsapevolezza altrettanto spesso restano in noi;
  • Dall’altro, sono costituiti da una fissità e da

una rigidità particolarmente pericolosa per chi voglia comunicare efficacemente in una dimensione interculturale, dove le differenze nei comportamenti possono essere più accentuate e più oscure possono risultare le ragioni che li motivano.

Le culture non vanno mai intese come unitarie, immobili e "pure"; di conseguenza, i processi di identificazione non possono essere unici, assoluti e immutabili. Infatti, le culture "sono somma e sottrazione di tutti gli elementi che le hanno attraversate nel tempo" e un individuo agisce diversi ruoli e può identificarsi in diversi "io".

C'è anche un rischio più profondo di immobilismo legato a questi concetti: i processi rigidi e immutabili di definizione culturale e di conseguente identificazione sono limitanti sia nella dimensione intra-personale sia in quella inter-personale. Come ricorda Bauman, "[...] avere un'identità solidamente fondata"

e restarne inpossesso 'per tutta la vita', si rivela un handicap piuttosto che un vantaggio poiché limita la possibilità di controllare in modo adeguato il proprio percorso esistenziale" e "[...] le identità, possono entrare nella vita degli individuo solo come un compito non ancora realizzato [...]". Solo assumendo questa prospettiva dinamica della cultura e dell'identità si può favorire un processo di disponibilità alla "crisi" – cioè all'opportunità di scegliere –, fondamentale per poter ripensare alle nostre categorie socio-culturali e alle risposte che noi forniamo ai nostri bisogni di cultura e di civiltà. 4.2.1 L'ETNOCENTRISMO L'espressione richiama etimologicamente la tendenza a porre il proprio popolo al centro del mondo e a giudicare le culture "altre" secondo le categorie e gli schemi della propria cultura. Tale tendenzaè particolarmente insidiosa poiché è inconsapevole in quanto costruita fin dall'infanzia e rinforzata implicitamente da molta educazione scolastica che non valorizza né spesso considera la dimensione interculturale. Per uscire da questa potenziale "prigione" concettuale deve esserci un assiduo lavoro di revisione dei propri paradigmi culturali, dei presupposti su cui si fondano e del perché sono accettati. Occorre quindi "mettere in crisi" le proprie certezze. Bisogna fare in modo che ci si orienti verso la conoscenza delle altre culture con una rinuncia al confronto pregiudiziale che muove dai propri presupposti, decodifica i comportamenti degli altri secondo i propri parametri e giudica tali comportamenti sempre sulla base dei medesimi parametri impliciti. Occorre dunque compiere un'operazione che mira: Sul piano processuale, a evitare tale tendenza riconoscendone il carattere limitato e limitante; Sul piano conoscitivo, a superare i pregiudizi e ad aprire la mente alla comprensione delle diverse culture.a studiare la cultura e ad interpretarla sulla base delle attribuzioni di significati• che sono propri.

264.2.2 IL PREGIUDIZIO E LO STEREOTIPO

Il nostro obiettivo è quello di consapevolizzare il lettore del perché stereotipi e pregiudizi ci servano e possano in qualche modo aiutare, pur ingannandoci, per poi ridurne i potenziali effetti negativi sulla comunicazione e sulla relazione.

Lo psicologo Bruno M. Mazzara definisce il pregiudizio compiendo una distinzione tra significato "generale" e "specifico", cioè disciplinare. Scrive: "Il massimo livello di generalità corrisponde al significato etimologico, vale a dire giudizio precedente all'esperienza o in assenza di dati empirici, che può intendersi quindi come più o meno errato, orientato in senso favorevole o sfavorevole, riferito tanto a fatti ed eventi quanto a persone o gruppi. Al massimo livello di specificità, invece si intende per pregiudizio

la tendenza a considerare in modo ingiustificatamente sfavorevole le persone che appartengono ad un determinato gruppo sociale. Adentrambe le accezioni, poi, si associa quasi sempre anche l'idea che il pregiudizio è basato su stereotipi e generalizzazioni negative.
Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
30 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher micolprencipe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Strategie della comunicazione multidisciplinare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi dell' Insubria o del prof D'Amico Elisabetta.