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Si può misurare la conoscenza dei principali problemi, l’accuratezza nel descriverli, si possono trovare molti
aneddoti legati alla comunicazione interculturale in forma di aneddoti nelle migliaia di siti internet che
compaiono se si digita intercultural communication su Google, ma è una conoscenza inutile, come ogni forma
di erudizione.
2. Problemi interculturali legati alla lingua, ai gesti, al corpo, agli oggetti
La lingua è il principale strumento comunicativo dell’homo loquens, ma non è l’unico: si comunica con il corpo
e le sue posture, i suoi odori, i suoi rumori, con la distanza tra i corpi, con i gesti, le espressioni, gli oggetti che
indossiamo sul corpo, quelli di cui ci circondiamo, quelli che regaliamo, con il cibo che offriamo e che
mangiamo, e così via. Viviamo in un immenso reticolo informativo (cioè che dà informazioni anche se non
vogliamo darle) e comunicativo (cioè che dà informazioni che vogliamo dare).
2.1 I problemi legati alla lingua
La lingua è immediatamente percepita come espressione sonora, come rumore.
2.1.1 Problemi di comunicazione legati al suono della lingua
L’aspetto sonoro della voce è il primo ad essere percepito; il tono della voce può dare l’impressione che una
persona sia rinunciataria o aggressiva, calma o irritata (giudizi indipendenti da quello che effettivamente
viene detto con quel dato tono). Il sovrapporsi delle voci, dall’interruzione vera e propria al semplice
prendere il proprio turno conversativo mentre l’altro sta ancora concludendo la sua battuta, rappresenta un
problema culturale molto delicato. Le culture mediterranee accettano la sovrapposizione, quasi tutte le altre
la vietano. Inoltre, l’alta velocità del parlato di un madrelingua rappresenta una sorta di violenza
sull’interlocutore non di madrelingua e può quindi scatenare reazioni negative.
2.1.2 Problemi di comunicazione legati alla scelta delle parole e degli argomenti
Dal momento che si usa l’inglese come lingua franca, il problema non diviene rilevante se non per due aspetti:
- Gli argomenti più o meno tabuizzati, soprattutto le parole con connotazione sessuale o politicamente
scorrette;
- Gli argomenti che si fondano su stereotipi, per cui si dice “voi tedeschi…” suscitando quasi sempre il
risentimento da chi non si sente rappresentato dallo stereotipo
Un problema lessicale particolare riguarda l’uso di terminologia specialistica, di tecnicismi, di sigle.
Un ulteriore problema riguarda l’uso delle micro-lingue scientifico-professionali come indicatori di
appartenenza al gruppo degli scienziati, dei manager, dei diplomatici e così via: molti tendono ad affastellare
terminologia tecnica non tanto per una maggiore precisione ma per posa, nella convinzione che, soprattutto
se i termini utilizzati sono in inglese, essi comunicano un’immagine positiva e moderna di chi parla e ne
attestano l’appartenenza alla corporazione, ma al contrario l’effetto è spesso ridicolo.
2.1.3 Problemi di comunicazione legati ad alcuni aspetti grammaticali
La grammatica rappresenta uno dei fuochi dell’attenzione di chi parla in una lingua straniera; in realtà nel
mondo della comunicazione internazionale c’è una diffusa e serena accettazione degli errori morfosintattici
e si riscontra una notevole empatia, cioè lo sforzo di mettersi nei panni di un interlocutore che ha difficoltà
linguistiche e che quindi sta faticando a farsi comprendere. Ci sono comunque alcuni aspetti della morfologia
e della sintassi che possono portare ad incomprensione interculturale:
- Il divieto culturale di usare il tempo futuro nella cultura araba in quanto il futuro è nelle mani di Dio;
- La tendenza di alcune culture, soprattutto quella inglese, ad attutire la forza pragmatica, evitando
soprattutto gli imperativi (You should go…);
- L’uso di superlativi e comparativi è delicato: nella cultura nordamericana sono usatissimi (ogni luogo
deve avere qualcosa in cui è the best, the most…) mentre in quella anglosassone no (si dice che un
nano non è molto alto oppure che Bill Gates non ha grandi problemi di denaro);
- Il modo di costruire le forme interrogative: domandare per sapere e domandare per sentire
confermata la propria opinione. In molte culture una domanda chiusa che prevede una risposta sì/no
può avere solo risposta positiva, intesa a confermare lo status di colui che pone la domanda e non a
dargli informazioni. Anche in Italia se un ospite chiede: “posso usare il telefono” oppure “mi dai un
bicchier d’acqua” la risposta obbligata è sì;
- Il modo di costruire le forme negative: molte culture orientali vietano il no ad un ospite, ad uno
straniero, ad un superiore per non mancargli di rispetto.
2.1.4 Problemi comunicativi legati alla struttura del testo
Il problema è proprio nel modo in cui il pensiero viene tradotto in struttura linguistica (testo).
- Il testo anglosassone spezza il percorso in tante microfrasi che spesso sono costruite da soggetto +
verbo, con l’aggiunta eventuale di un oggetto o di tempo, spazio ecc., quindi il testo di presenta come
una sequenza di elementi semiautonomi.
- Nel testo latino, in quello slavo e, in certo senso, in quello tedesco regna l’ipotassi, cioè la
subordinazione: i segmenti si intersecano con frasi secondarie che interrompono la frase principale
producendo una linea spezzata che rende conto della complessità dell’argomentare che si vuole
portare avanti.
- Il testo arabo o iraniano procede per costruzioni parallele e continue riprese di quanto detto in
precedenza.
- Il testo orientale è caratterizzato da un approccio a spirale per cui si giunge al cuore dell’argomento
solo per approssimazioni successive.
2.1.5 Problemi comunicativi di natura sociolinguistica
Titoli e appellativi: gli appellativi sono “signore/a/ina” e i titoli “dott/ing”; il loro uso cambia
significativamente da cultura a cultura oltre al fatto che ad essi si applica fortemente la politica correctness.
La classica distinzione tra Mrs e Miss è contestata nel nome della parità tra uomo e donna, in quanto solo di
una donna si viene a sapere se sia sposata o non. I titoli che corrispondono ad una professione (ingegnere,
architetto) non sono in genere usati nel mondo e le uniche professioni che hanno un titolo sono quella medica
(Dr) e la docenza universitaria di alto livello (Prof.).
Formale/informale: nella Svezia socialdemocratica degli anni Settanta c’è stato un abbandono generalizzato
del “lei” a favore del “tu” e lo stesso fenomeno viene registrato oggi in Germania tra giovani, mentre in
Francia vous resta molto usato; in Italia il passaggio dal lei al tu tra colleghi è rapido, così come in inglese,
dove il darsi del tu si realizza usando il nome di battesimo anziché Mr/Mrs + cognome.
2.2 Problemi legati ai gesti e alle posture
È uno dei terreni più scivolosi della comunicazione interculturale per quattro ragioni:
- Le informazioni che riguardano la vista vengono elaborate prima delle informazioni linguistiche
(siamo prima visti e poi ascoltati);
- La maggior parte delle informazioni che raggiunge la corteccia cerebrale passa dall’occhio, molto
meno dall’orecchio (siamo più visti che ascoltati);
- Se per strada si è fermati da uno sconosciuto ben vestito che chiede qualcosa gli si dà ascolto; se si
avvicina uno straccione si tira diritto (sulla base di quel che si vede si decide se comunicare o non);
- Se si dice una cosa, ad esempio che tal dei tali è intelligente e furbo, e contemporaneamente si strizza
l’occhio, significa che è stupido e gonzo (l’informazione visiva prevale su quella linguistica);
2.2.1 La cinesica: comunicare con i gesti e le espressioni
Il corpo offre molte informazioni involontarie. Il problema principale è che mentre scegliamo le parole da
usare a seconda del contesto, dell’interlocutore, dell’immagine di noi che vogliamo proiettare, non scegliamo
i gesti e le espressioni.
- Le espressioni del viso: oltre al fatto che la mimica facciale utilizza ben 17 muscoli del viso su 23, il
problema interculturale nasce laddove per un latino si tratta di espressione spontanea, mentre per
un orientale la mimica viene letta come comunicazione, cioè assume valore di intenzionalità;
- Il sorriso: In Europa il sorriso comunica un generico accordo o almeno attesta la comprensione di
quanto si sta dicendo, in altre culture questa interpretazione non è altrettanto certa;
- Gli occhi: in occidente guardare l’interlocutore negli occhi è ritenuto un segno di franchezza, ma in
molte culture, ad esempio in estremo Oriente e nei paesi arabi, il fissare un uomo dritto negli occhi
può comunicare una sfida, mentre se si fissa una donna si comunica una proposta erotica;
- Le braccia e le mani: spesso non si sa dove tenere le braccia e le mani ed incrociarle davanti al petto
dà un senso di chiusura, mentre tenerle allacciate dietro il corpo può dare la sensazione di una
eccessiva informalità, quindi di solito si tengono accanto al corpo o si pone una mano in tasta. Molte
culture, ad esempio quella cinese o turca, non accettano entrambe le mani in tasca. Gli italiani
muovono molto le mani mentre parlano e ciò spesso li fa ritenere aggressivi ed invadenti;
- Le gambe e i piedi: incrociare le gambe viene spesso ritenuto maleducato e comunica scarso rispetto,
soprattutto per gli Arabi. Nelle culture scandinave e in quelle medio ed estremo-orientali togliersi le
scarpe è spesso un gesto naturale che indica relax e rispetto e quindi non deve stupire;
- Il sudore e il profumo, i rumori e umori corporei: si tratta di prodotti del corpo che possono
involontariamente informare sulle nostre reazioni a un evento, ma che possono anche
involontariamente comunicare sciatteria, sporcizia, effeminatezza e quindi orientare negativamente
l’atteggiamento dell’interlocutore;
- Rumori fàtici: i rumori in alcune culture svolgono una funzione fàtica nel senso che indicano che si
sta ascoltando con attenzione (italiani: mh-mh/tedeschi del Baltico: ja/francesi: oui).
2.2.2 La prossemica: la distanza tra corpi come forma di comunicazione
L’infrazione alle regole prossemiche, cioè alla grammatica che regola la distanza interpersonale, può far
interpretare come aggressivi e invasivi, quindi degni di una reazione adeguata, dei movimenti di
avvicinamento che non hanno questo significato nella cultura di chi li ha compiuti.
- Distanza frontale: le culture della costa europea del Mediterraneo ritengono che la sfera dell’intimità
(la bolla) sia data dalla distanza di un braccio teso (chi si avvicina troppo invade il campo dell’altro,
mettendolo a disagio e dandogli la sensazione di essere aggredito). Ma nel