Nell'età dei Lumi la moda diventa parte di una cultura in cui non sono soltanto i ricchi
a consumare.
Il '700 fu il secolo di due importanti rivoluzioni: la Rivoluzione francese e quella
industriale. Una politica e l'altra economica, entrambe trasformarono l'Europa e la
portarono verso la società industriale e liberale. Gli storici hanno evidenziato
l'esistenza di una terza rivoluzione nel '700: la «rivoluzione dei consumi». La gente
iniziò a consumare di più (grazie a merci a basso prezzo prodotte industrialmente),
ma anche a considerare il consumo come parte della vita di tutti i giorni. Il consumo
migliora gli standard di vita, è anche passatempo e definisce l'identità degli individui:
sono quello che consumo.
2. Una rivoluzione dei consumi
Il '700 è stato rappresentato come un secolo di eccessi: a costruire questa immagine
ha contribuito il clima dell'ancien régime. Oggi, però, gli storici sembrano essere
d'accordo sul fatto che Maria Antonietta non era poi così bizzarra e che i suoi sudditi
non erano così poveri come sono stati descritti. Si ritiene infatti che nel '700 il
moderno consumismo prese forma: il consumo e lo shopping divennero parti
integranti della vita sociale.
«rivoluzione dei consumi»: concetto proposto dallo storico sociale Neil McKendrick,
il quale ritiene che i cambiamenti del consumo nella società inglese del 18° secolo
sono stati fondamentali nella vita sociale ed economica del paese.
La gente aveva cominciato a consumare di più e a comprare le merci invece di
produrle in casa. Ciò portò alla creazione di elementi chiave del consumo moderno:
il negozio, la pubblicità, il marketing e la promozione.
Il volume che McKendrick pubblicò divenne uno dei libri più osannati e criticati del
decennio, e ispirò studi analoghi .
Emerge il fatto che le diverse nazioni, condividono un carattere comune, e cioè che
l'aumento del consumo, fu un fenomeno che riguardò la maggior parte della
popolazione. La gente comune iniziò a consumare non solo beni di necessità, ma
anche “niceties” , cioè oggetti comprati da donne e uomini di tutte le estrazioni sociali
perché li trovavano attraenti o per soddisfazione personale (nastri, coccarde,
ventagli, cappelli, guanti, orologi, fibbie per le scarpe).
McKendrick identificava nella moda uno dei motori del consumo nel '700 e fino ai
giorni nostri; è la moda che ci sprona a consumare di più.
La moda interessava tutti gli strati della società. Nel modello di McKendrick, però,
non tutti «fanno moda». La moda non si propaga a caso, ma percola dal vertice
verso la base della gerarchia sociale. Un modello che McKendrick prende a prestito
da Thorstein Veblen. Nella sua opera il sociologo spiegava che la società americana
di fine Ottocento si basava su un meccanismo di imitazione: le scelte di consumo dei
«leader della moda» erano continuamente imitate, essi erano costantemente alla
ricerca di qualcosa di differente da consumare. Creavano così nuove mode, in un
processo iterativo che, secondo McKendrick, caratterizza anche la società europea
del secolo precedente.
Il modello di moda proposto da McKendrick, è stato oggetto di numerose critiche.
Esso non specifica a sufficienza quale tipo di articoli di consumo viene preso in
considerazione e si tratta di una formulazione solo teorica.
3. L'esperienza del consumatore
La società del '700 non era basata sull'uguaglianza. È difficile precisare chi si poteva
permettere cosa. Si possono però tracciare le linee generali che caratterizzano le
macro-classi sociali: l'élite, (nobili e ricchi non nobili); il ceto medio (liberi
professionisti, commercianti e bottegai); e la «classe lavoratrice», nel '700 definita
«popolo minuto».
Per l'élite l'abito di corte rimane il vertice della spesa. Nella sua variante femminile,
era una specie di armatura fatta di tessuti ricchissimi, gonne enormi e parrucche.
Nel corso del '700 divenne una specie di uniforme da cerimonia; era diffusa nel '700
l'idea che l'abito sia un mezzo attraverso cui modellare il corpo stesso. Come le
maniere andavano modellate con gli strumenti della cultura, così il corpo doveva
essere forgiato con gli strumenti della moda.
L'idea che l'abito sia uno strumento per governare il corpo e per correggerne i difetti,
non era nuova nel '700. Nella prima metà del secolo, la relazione fra corpo e
vestiario iniziò ad essere adottata come principio guida anche dalle classi medie.
Nel '700 si usavano soprattutto sete, lino d'Olanda per le camicie e lana per i
cappotti.
Cappelli, ventagli ed altri accessori erano importanti per distinguere la persona
comune da quella nobile o di alto rango. L'élite sosteneva la produzione di lusso:
solo i consumatori più facoltosi potevano permettersi le sete di Lione, il mobilio
fabbricato a Londra e a Parigi, gli arazzi delle fabbriche reali inglesi, le porcellane
prodotte in Germania, Francia, Italia e Inghilterra, e gli oggetti esotici che arrivavano
dall'Oriente.
L'espansione del consumo interessò anche la classe formata da mercanti, piccoli
possidenti terrieri e proprietari di negozi (consumatori «di prima generazione», più
propensi a scegliere cose nuove e a dar vita loro stessi a mode. Ed esempio bere il
tè nel pomeriggio, rituale apprezzato per dimostrare di avere la possibilità di sedersi
a bere e conversare e permettere di comprare la costosa bevanda, tazze e piattini di
porcellana, cucchiaini d'argento, tovaglie di lino ecc.)
Nel '700 pochi potevano permettersi di acquistare abiti nuovi. I tessuti erano
estremamente costosi. Più contenuti erano invece i prezzi degli accessori (nastri di
seta, bastoni da passeggio, cappelli, grembiuli). Persone di mezzi ristretta potevano
quindi sentirsi alla moda senza dover spendere cifre enormi per comprare un nuovo
vestito.
È difficile riuscire a capire che cosa indossava la gente comune e che cosa pensava
della moda. Lo storico John Styles ricorda che la maggior parte delle persone non
sceglieva quello che consumava: erano i cosiddetti «consumatori involontari». Styles
illustra questo concetto esaminando gli atti di una delle tante corti inglesi a cui la
gente si rivolgeva per denunciare furti in case ed appartamenti. Furti che erano
molto frequenti, perché la gente prendeva in affitto camere ammobiliate e ne
utilizzava a piacimento letti e tavoli, ma anche la biancheria.
Con Styles emerge un quadro molto diverso da quello dipinto da McKendrick: la
maggior parte della gente aveva poco o nulla di proprietà. Aveva però accesso a
un'ampia varietà di oggetti, che in un certo senso «affittava».
Chi non aveva mezzi di sostentamento riceveva i vestiti dalle opere di carità, nel Sud
dell'Europa erano gestite dalla Chiesa, nel Nord Europa dalle autorità comunali.
4. Comprare e vendere moda nel '700
Nel '700 la moda diventa «moderna» in quanto diviene sia fenomeno di massa che
passatempo. La moda ha bisogno di spazi in cui essere mostrata, guardata e
comprata, ha bisogno di essere rappresentata attraverso libri, riviste, immagini ecc.
Il '700 vede la nascita della moderna distribuzione, caratterizzata da luoghi fissi, che
prendono il posto di bancarelle o venditori ambulanti. È tuttavia un cambiamento
lento. Ancora alla fine del secolo, infatti, la maggior parte dei consumatori si recava
solo occasionalmente in un negozio.
L'idea del negozio non è nuova, i punti di vendita esistevano già in età medievale (le
botteghe di Firenze), ma nel '700 esso diviene uno spazio delimitato, ben
differenziato dallo spazio della strada: è l'inizio della vetrina.
La funzione della vetrina è duplice: delimita lo spazio di vendita, e diventa parte di
una strategia di trasparenza; permette di vedere cos'è in vendita, invogliando il
passante prima a guardare e poi ad entrare per comprare. La vetrina rimane una
delle caratteristiche del moderno consumo, mette assieme ricerca di oggetti
desiderati e forme di voyeurismo.
Inizialmente i negozi vendevano ogni sorta di mercanzia, ma con l'aumentare dei
consumi si assiste alla loro specializzazione. In città come Parigi cominciano a
operare i cosiddetti marchands de modes, veri e propri centri al servizio della moda,
gli antenati dei grandi magazzini.
Compaiono anche negozi che non vendono nulla ma servono a far mostra (show
room). Lo shopping diventa quindi un passatempo per chi se lo può permettere.
La relazione fra cliente e negoziante era spesso intima e non era raro affidarsi al
«negoziante di fiducia». Molti negozi avevano un retro, a cui potevano accedere solo
i clienti conosciuti. Nel retro il cliente poteva sedersi, gli veniva offerta una bevanda,
poteva comprare oppure ordinare una varietà di merci.
5. Marketing e pubblicità
Nel '700 si cominciano ad adottare le moderne strategie pubblicitarie e di marketing.
Una delle forme pubblicitarie più comuni è costituita dai «biglietti di commercio», dei
piccoli manifesti in cui sono presentate le mercanzie vendute da un certo
negoziante.
Molto diffusi in Francia e in Inghilterra, ma si ritrovano anche in Italia, Germania e
Olanda, contengono illustrazioni o una selezione delle mercanzie in vendita.
Tra le altre forme di pubblicità il giornale era il più comune: ebbe un successo
strepitoso in tutta Europa ed era seguito da migliaia di cittadini.
Riportavano i fatti politici, di guerra e quelli mondani, ma includevano anche
parecchie pagine di annunci pubblicitari. Mettere un annuncio su un giornale non
costava molto, ed era quindi accessibile per molti mercanti. Solo verso la fine del
secolo comparvero le prime pubblicazioni di moda con immagini disegnate o
stampate.
Le prime pubblicazioni di moda sono libri molto piccoli, tascabili. Il «Lady's
Magazine» del 1759, ad esempio, include articoli su «l'abito della signora» per dare
«assistenza a coloro che si trovano in campagna e non hanno opportunità di vedere
gli originali». Solo verso il 1760 appaiono le prime pubblicazioni di moda di formato
più grande, si diffondono in primo luogo in Inghilterra e ben presto anche in Francia,
Germania e Italia.
6. Dall'usato alla moda pronta
Nelle strade di una qualsiasi città europea del '700 si potevano trovare negozi di
vestiti usati. Accanto ad essi ce n'erano altri in cui impegnare le proprie cose. Ciò ci
fa capire che gli abiti erano u
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