vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La filosofia della storia e il tema della guerra
La guerra ha rappresentato da sempre uno dei temi centrali della filosofia della storia, per i caratteri della terribilità e della fatalità. La filosofia della storia nacque con la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche (Hegel e Comte), rinascendo con la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione russa (Spengler e Toynbee). Probabilmente, con la minaccia della guerra nucleare, vista come "soluzione finale", si svilupperà una terza ondata.
Fino ad ora il compito principale della filosofia della storia è stato quello di giustificare la guerra, ma se oggi, da esseri ragionevoli, ci fossimo resi conto che la guerra, giunta alle dimensioni della guerra atomica, rappresenta esclusivamente una via bloccata?
Per via bloccata si intende una via senza sbocco e che, non portando alla meta prefissata, deve essere abbandonata.
Lo storicismo sostiene che, nel corso della storia, quando vie bloccate sono state abbandonate, la nuova strada è cominciata proprio.
laddove la vecchia era terminata. Le vie della storia rappresentano delle vie bloccate. Ma l'abbandono di una via bloccata è necessario, in quanto proseguire è impossibile, o è un compito dell'uomo, poiché moralmente condannevole? Proseguire è, dunque, impossibile o indesiderabile? Quando ci si trova dinanzi ad una via bloccata è possibile assumere due differenti atteggiamenti, in quanto l'indebolimento di un'istituzione può essere prodotto di una constatazione di fatto o di un vero e proprio progetto. Affermare che la storia proceda per vie bloccate significa assodare due ipotesi sostanziali: il corso della storia è un processo, e che tale processo sia irreversibile. Le filosofie storicistiche hanno da sempre affermato che la storia fosse un processo. A tali filosofie si sono contrapposte tutte quelle filosofie che hanno ritenuto il regno dell'uomo come regno della contingenza, in cui tutto ciò che avviene,essere superata- La guerra è un'opzione che non porta a soluzioni durature e che crea solo distruzione e sofferenza- La guerra è una manifestazione dell'incapacità umana di risolvere i conflitti in modo pacifico- La guerra è una violazione dei diritti umani e dei principi di giustizia e uguaglianza. Tuttavia, nonostante queste considerazioni, la guerra continua ad esistere nel mondo contemporaneo. Ciò può essere attribuito a vari fattori, tra cui interessi economici, conflitti di potere e mancanza di volontà politica per trovare alternative pacifiche. In conclusione, sebbene la guerra possa essere considerata una via bloccata, la sua esistenza e persistenza nel tempo dimostrano che la sua superazione richiede un impegno collettivo e una profonda trasformazione della società.essereeliminataQualunque sia l'idea di guerra, è chiaro che la sua fine è ormai scontata; l'unico dato incognito è se il termine della guerra sarà dettato dall'ineluttabilità o da un progetto umano.Queste differenti ipotesi hanno dato vita a due diverse forme di pacifismo, una attiva, e l'altra passiva. Per il pacifismo attivo la guerra è divenuta talmente catastrofica per la risoluzione delle controversie internazionali, da essersi resa inutilizzabile e, pertanto, destinata a scomparire.Per il pacifismo passivo la guerra odierna, che ha assunto le caratteristiche della guerra termonucleare, ha conseguenze così terrificanti da essere condannabile, rendendo necessaria la ricerca di qualsiasi mezzo per la sua eliminazione.Il primo atteggiamento genera fiducia nell'equilibrio del terrore, per cui la pace non sarebbe affidata all'instabile equilibrio di potenza, ma ad una nuova, e più stabile, forma di.equilibrio: l'equilibrio dell'impotenza (terrore paralizzante). Il secondo atteggiamento viene avvalso da tutti quei movimenti che conducono al formarsi di una coscienza atomica. Mentre per il primo atteggiamento l'istituzione della guerra è divenuta impossibile, per il secondo è ingiustificabile o illegittima, pur essendo possibile. Accettare uno dei due atteggiamenti significa assumere consapevolezza del trovarsi davanti ad una svolta storica. È davvero possibile paragonare la guerra atomica alle guerre del passato? Vi sono tre ragioni fondamentali per poter affermare che la guerra termonucleare non è in alcun modo equiparabile alle guerre del passato:
- La prima ragione di carattere filosofico, se non addirittura metafisico, è che nessuna guerra del passato, per quanto lunga e crudele, ha minacciato l'intera umanità; "lo spettro della guerra termonucleare mette in crisi ogni tentativo fatto sinora di dare un senso"
1. La prima ragione, di carattere morale, è che la guerra termonucleare rappresenta una violazione estrema dei diritti umani e dei principi etici fondamentali. Come afferma Albert Einstein, la guerra termonucleare è "un'assurdità che va oltre l'immaginazione di un cui l'umanità tende o dovrebbe tendere".
2. La seconda ragione, ancora di carattere filosofico, è che la maggior parte delle teorie elaborate nel passato per giustificare la guerra non riesce più a sostenere la prova della guerra termonucleare. Di certo, per la guerra termonucleare si può dare origine a nuove giustificazioni, ma proprio la novità delle giustificazioni determina la novità dell'evento.
3. La terza ragione, di carattere utilitario, è che la guerra termonucleare non è utile allo scopo. Lo scopo principale di qualsiasi guerra è, infatti, la vittoria. Aumentando la potenza delle armi, sarà sempre più difficile distinguere il vincitore dal vinto, perché il vero vincitore potrà essere soltanto il non belligerante, il neutrale, o semplicemente chi scamperà casualmente alla strage.
Realisti, fanatici e fatalisti
Vi sono tre
Diversi atteggiamenti atti a contrastare l'idea che il corso storico dell'umanità si trovi dinanzi ad una svolta decisiva. Tali atteggiamenti sono convinti che la guerra atomica non sia un fatto di tale novità da rendere la guerra impossibile o ingiustificabile. È possibile distinguere tre diversi atteggiamenti di chi considera la guerra:
- Possibile, come i realisti, i quali ritengono la guerra atomica quantitativamente, ma non qualitativamente diversa dalla guerra tradizionale. Secondo Bobbio questo atteggiamento è il più confutabile, e anche il più pericoloso, perché non impedisce la gara agli armamenti sempre più micidiali, ma, ritenendola una necessità, finisce per favorirla.
- Giustificabile, secondo l'atteggiamento dei fanatici, che la ritengono totale sebbene ammettano la possibilità di
un'autodistruzione di quantità spropositata. Essi ritengono che il sacrificio dell'umanità sia giustificabile per la perdita di un bene superiore a quello della vita, che è la libertà, per affermare la propria potenza. Questo atteggiamento, secondo Bobbio, può essere confutato meno facilmente del realismo perché rinvia a valori ultimi e, secondo i casi, può essere rivendicato in nome di un ideale da conseguire o, ancora, può essere sollecitato in nome della "morale del sacrificio" o, addirittura, può essere dettato dalla forza della disperazione.
Necessaria, come i fatalisti, i quali accettano lo stato di cose senza opporsi, ma semplicemente attendendo. Se la guerra termonucleare è destinata a verificarsi, ci si può soltanto rassegnare.
E ancora, Bobbio menziona anche due atteggiamenti-limite:
- L'atteggiamento del nichilista metafisico, il quale potrebbe considerare la fine della storia
nient'altro che una liberazione;- L'atteggiamento del mistico religiosamente ispirato, il quale potrebbe considerare la fine della storia come "la risposta della collera divina alladissennata malvagità degli uomini". L'equilibrio del terrore Esistono due diversi modi di considerare la guerra come via bloccata: renderla impossibile (equilibrio del terrore) o ingiustificabile (coscienza atomica). Per il primo atteggiamento la guerra non può più accadere, e ci si trova, dunque, dinanzi ad un'impossibilità di fatto, mentre per il secondo non deve più accadere, dando vita ad un'impossibilità di diritto. La differenza tra i due atteggiamenti consiste, pertanto, solamente nel diverso giudizio che essi danno sulla possibilità dell'evento di verificarsi. Sull'equilibrio del terrore si fondava lo stato di natura hobbesiano, in cui l'uguaglianza tra gli uomini era data dalla medesimaPossibilità di procurarsi reciprocamente la morte. Ritenendo tale situazione intollerabile, gli uomini decisero di uscirne costituendo il potere civile.
La situazione odierna di equilibrio del terrore rende la teoria di Hobbes più che mai attuale. La caratteristica fondamentale di un equilibrio basato sul terrore reciproco è la sua precarietà, non essendo possibile prevederne né la durata né la continuità.
La fiducia nell'equilibrio del terrore è giustificata da una concezione ottimistica della storia, che auspica che dal massimo dei mali, ossia l'arma assoluta, possa prodursi il massimo dei beni, ossia l'eliminazione della guerra e la pace perpetua.
Tale concezione della storia può essere formulata su tre piani, corrispondenti ai tre stadi comtiani: teologico (la provvidenza divina), razionalistico (la ragione), positivo (la teoria evolutiva).
La concezione ottimistica della storia ha dato vita a due teorie principali:
Punta sulla giustificazione della guerra, ritenuta un elemento insostituibile del progresso e contribuisce allo sviluppo dell'umanità;
Non potendo giustificare la guerra, ne preannuncia l'estinzione. Il progresso procede attraverso una progressiva eliminazione delle guerre, dunque uno degli elementi del progresso è proprio la scomparsa della guerra dalla storia. A questa teoria dell'equilibrio del terrore. Coloro che si richiamano all'equilibrio del terrore si basano sulla possibilità positiva della guerra, ossia sulla concreta possibilità che essa si verifichi. La situazione dell'equilibrio del terrore rappresenta la situazione in cui la guerra è divenuta impossibile per il fatto di essere materialmente e moralmente possibile. Nel momento in cui venisse a mancare questa possibilità, l'equilibrio del terrore non avrebbe alcuna ragione per persistere. L'equilibrio del terrore è, dunque, non una teoria