Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Storia della filosofia antica
Introduzione
Giovanni Casertano parla del pericolo dell'anacronismo: per evitare l'anacronismo mentre si studia un'epoca antica è necessario porre le distanze e valutare le differenze tra il modo in cui le nozioni studiate si configurano per noi e come si configuravano per gli uomini del tempo.
Per quanto riguarda le fonti, quelle antiche più importanti coincidono con le figure di autori quali: Platone, Aristotele, Simplicio, Plutarco, Sesto Empirico, Clemente Alessandrino, Ippolito, Diogene Laerzio...
La raccolta moderna più importante è quella elaborata sui presocratici da Hermann Diels e successivamente aggiornata da Walter Kranz. La Diels-Kranz divide le fonti su questi filosofi in testimonianze e frammenti, assegnando la lettera A alle prime e la B ai secondi. Ogni capitolo fu dedicato a un filosofo e numerato progressivamente (es: DK 12 B1 = capitolo 12 [Anassimandro], frammento 1).
Come è nata la filosofia?
È questa la domanda fondamentale degli studiosi moderni. Una vecchia tesi vedeva l'origine della filosofia nel passaggio dal mythos al logos, cioè come il passaggio a una mentalità più razionale che trovò espressione proprio nella filosofia e nella scienza. Questa tesi è tuttavia superata: molti studi hanno evidenziato come la filosofia si sia nutrita della forma del racconto e dei miti, reinterpretandoli ed esprimendo tramite essi dei modi di essere della razionalità filosofica. I presocratici – i filosofi dell'arché La tradizione identifica Talete di Mileto (VII-VI sec. a.C.) come il primo filosofo. Egli si interessava anche di matematica, geometria, astronomia e delle scienze naturali in genere. Le testimonianze che abbiamo su di lui concordano nell'attribuirgli una spiccata tendenza all'osservazione dei fenomeni naturali e alla spiegazione iuxtaforte capacità di astrazione per offrire una spiegazione unitaria del mondo. L'importanza dell'astrazione è sottolineata anche da Bruno Snell, che sostiene che la filosofia è nata in Grecia perché i Greci disponevano di un linguaggio atto alla formazione di concetti astratti: l'uso dell'articolo determinativo, in particolare, consentì loro di fissare concetti universali. La produzione di ciascun autore arcaico consisteva quasi esclusivamente di un'unica opera, denominata περίφυσις. Si tratta di opere di carattere globale sulla realtà che intendeva trasmettere la vera conoscenza di essa. Il primo filosofo di cui possediamo un frammento è Anassimandro (VII-VI sec. a.C.). Egli sostiene che il principio di tutte le cose è qualcosa che, proprio in quanto ἄπειρον,
privo di quei limiti (πείρατα) che caratterizzano le cose concrete. Tutto ciò che esiste nasce e torna all'απείρον, espiando la "colpa" di essersi determinato e aver assunto una propria natura distaccandosi dalla dimensione indeterminata che esiste prima e dopo delle singole realtà. Assumere una determinazione fisica è considerata una colpa morale che il tempo punirà. Quest'ultimo è considerato da Anassimandro come l'ordine in cui si determinano la generazione, l'esistenza e la distruzione delle cose. La "storia" così considerata è ineluttabile: non ci si sottrae all'esistere, assumere forma e scomparire perché tutto avviene κατά το χρών. Anassimene di Mileto fu contemporaneo di Anassimandro. Secondo Simplicio, Anassimene riprende la concezione della sostanza unica che fa dasostrato per la materia, ma gli attribuisce il carattere della determinatezza e lo chiama πνευμα, aria. Essa si trasforma per rarefazione e condensazione. Rarefacendosi diventa fuoco, poi condensandosi diventa vento e nuvola; condensandosi ulteriormente, diviene acqua, terra e pietra. Anche Anassimene suppone che il movimento delle trasformazioni sia eterno. Secondo Aezio, Anassimene pensò il πνευμα come il respiro dell'universo: paragonando quest'ultimo al corpo umano, il πνευμα mantiene la coesione tra le varie parti del cosmo.
La scuola di Pitagora
I pitagorici costituiscono la prima e più antica scuola filosofica di cui si hanno notizie. La fantomatica "scuola di Mileto" (quella di Talete, Anassimandro e Anassimene) è ritenuta oggi soltanto una leggenda storiografica.
La figura di Pitagora divenne ben presto oggetto di mitizzazione: la sua fama leggendaria
cominciò a consolidarsi nell’Accademia platonica e nel Peripato aristotelico, per poi raggiungere l’apice in età imperiale.
A lui è attribuita la dottrina della metempsicosi, cioè la trasmigrazione delle anime: essendo questa immortale, alla morte del corpo si trasferisce in altre specie viventi. Dunque tutto rinasce e niente è completamente nuovo, tutto appartiene alla stessa specie.
Tra gli insegnamenti pitagorici ci sono gli ακούσματα o σύμβολα: si tratta, secondo Ferrari, di frasi di poche parole, allusive ed enigmatiche, che miravano ad essere un concentrato di concetti e che furono successivamente interpretate in chiave allegorica.
Si dividono in tre gruppi: τι εστί; (che cos’è?), τι μάλιστα; (che cosa in sommo grado?) e τι πράττειν;
(cosa sideve fare?). Queste dottrine sono in realtà più riconducibili all'orfismo, quell'insieme di dottrine religiose, che secondo la tradizione risalgono a Orfeo, che ritengono il corpo una prigione che ospita l'anima, bisognosa di purificarsi dalle colpe commesse durante le esistenze passate. Gli stessi filosofi pitagorici a un certo punto iniziarono a scrivere letteratura orfica, portando alla contaminazione delle due correnti. Aristotele ci dice che per i pitagorici l'anima è composta del pulviscolo atmosferico che l'individuo respira, che gli concede movimento e vita. La τέτρακτύς è il simbolo numerico dell'armonia musicale, che i pitagorici ritengono essere riflesso dell'armonia cosmica. I numeri costituiscono una parte importante dellariflessione filosofica pitagorica. Aristotele ci dice che essi consideravano il numero come materia e forma di tutte le cose, secondo una
concezione aritmogeometrica. I numeri sono quindi la struttura razionale del reale e del pensiero che pensa il reale e pensare significa cogliere le relazioni che esistono tra le cose. Pensare significa quindi razionalizzare, che non significa imporre al mondo un ordine che gli è estraneo, bensì riconoscergli un ordine interno a se stesso. I pitagorici interpretarono anche l'opposizione fondamentale tra numeri pari e dispari: i primi sono quelli che possono essere divisi in due parti uguali, entrambe pari; i secondi, quando sono divisi in due parti, restituiscono una parte pari e una dispari. Il numero uno era considerato parimpari, in quanto se sommato a un numero pari lo rende dispari e viceversa. La coppia pari-dispari sarebbe, secondo i pitagorici, collegata a un'altra importantissima dicotomia: limite-illimitato. Il dieci (τέτρακτύς) era considerato il numero perfetto, tanto è che dieci erano i corpi
celesti e altrettante le coppie dicontrari con cui si misurano tutte le cose (limite-illimitato, dispari-pari, uno-molteplice, destro-sinistro,maschio-femmina, luce-tenebra, buono-cattivo, fermo-in movimento, diritto-curvo, quadrato-rettangolo). Alcmeone di Crotone (VI sec a.C.) fu un pensatore molto vicino agli ambienti del primo pitagorismo. Egli era un medico e pensò la salute e la malattia dell'uomo nei termini di equilibrio e squilibrio tra coppie di elementi opposti. Egli chiamò "isonomia" la condizione di equilibrio della salute e "monarchia" quella squilibrata. Egli ebbe anche una peculiare idea della conoscenza, fortemente in contrasto con quella della tradizione religiosa, intendendola non come meta della ricerca ma identificandola con la ricerca stessa, nella convinzione che conoscere significa esercitare il pensiero in quanto questa possibilità distingue l'uomo dall'animale. La svolta ontologica,L'eleatismo
Senofane di Colofone (VI sec. a.C.) pensò il cosmo come un tutto unitario, eterno ed immobile, al cui interno si distinguono i fenomeni particolari, molteplici e mutevoli. A lui si deve la costruzione di una nuova idea di sapienza filosofica con il compito di indagare la natura della divinità. Essendo questa la figura di una città, Senofane si rende conto, viaggiando, che le rappresentazioni del divino cambiano a seconda delle città e dei popoli che le realizzano. La relatività del divino conferma, per Senofane, un altro elemento importantissimo: la necessità della divinità come elemento di aggregazione sociale e di consolazione.
Parmenide (VI - V sec. a.C.) è il primo tra i presocratici che Platone e Aristotele considerano un vero filosofo. La loro testimonianza sul suo pensiero, tuttavia, è oggi ritenuta troppo ingombrante: essi lo interpretarono come fondato sulla contrapposizione tra una conoscenza
el razionale che quello delle sensazioni. Solo così si può raggiungere una conoscenza completa e veritiera della realtà. Parmenide sostiene che la verità è unica e immutabile, e che può essere raggiunta solo attraverso la ragione. Le sensazioni, invece, sono mutevoli e soggettive, e non possono essere considerate come verità assolute. Questa interpretazione è stata superata nel corso dei secoli, e oggi si riconosce che la conoscenza umana non può prescindere né dalla ragione né dalle sensazioni. Entrambi i campi sono importanti e complementari, e contribuiscono alla nostra comprensione del mondo. La ragione ci permette di analizzare e comprendere la realtà in modo logico e razionale, mentre le sensazioni ci permettono di percepire e sperimentare il mondo attraverso i nostri sensi. In conclusione, la conoscenza umana deve abbracciare sia il campo razionale che quello delle sensazioni, al fine di ottenere una visione completa e veritiera della realtà.