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La Rivoluzione industriale e le Rivoluzioni americana e francese

Bisogna delineare i tratti salienti di questa innovazione sotto il profilo economico-sociale e politico-culturale, concentrandosi sulla Rivoluzione industriale (1.7) e sulle Rivoluzioni americana e francese (1.8). Dopo di che, in conclusione (1.9-1.11), con l'aiuto delle scienze sociali, si farà una valutazione critica e compiuta di tutte le implicazioni di questa raggiunta "modernità".

1.7 La rivoluzione economica

A proposito della Rivoluzione industriale, occorre premettere che continua da tempo una discussione fra gli storici economici sulla correttezza stessa della definizione. Quelli più inclini alla revisione del concetto sostengono, infatti, che al cambiamento dell'industria inglese fra Sette e Ottocento manca, per essere considerato propriamente rivoluzionario, un'impennata drammatica e simultanea di tutti i fattori in gioco (reddito nazionale, prodotto interno lordo pro capite, produttività, ecc). L'obiezione revisionistica viene,

però, respinta da più parti. Ciò che interessa qui è mettere in luce il grande impatto e le grandi conseguenze sociali della Rivoluzione industriale.

Nella prima parte del Manifesto del Partito comunista (1848), Marx ed Engels sostengono che la borghesia ha avuto nella storia una funzione rivoluzionaria → ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali; ha lacerato i legami che nella società feudale legavano l'uomo ai suoi superiori naturali; ha per prima davvero mostrato che cosa possa l'attività umana; ha assoggettato la campagna al dominio della città → ha creato città enormi, ha accresciuto la popolazione urbana in confronto con quella rurale, e così ha strappato una parte notevole della popolazione all'isolamento della vita rustica; ha reso dipendenti dai popoli civili quelli barbari e semibarbari, i popoli contadini dai popoli borghesi, l'Oriente dall'Occidente; ha creato

dalla tradizione che caratterizzerà la Rivoluzione industriale. La scienza moderna, con il suo metodo sperimentale e la sua ricerca della verità attraverso l'osservazione e la misurazione, ha fornito le basi per lo sviluppo delle nuove tecnologie e delle nuove idee che hanno alimentato l'industrializzazione. La Rivoluzione industriale è stata quindi il risultato di una serie di fattori interconnessi: lo sviluppo delle forze produttive, la formazione di capitali d'impresa, la presenza di un sistema politico favorevole e la congiuntura economica offerta dai mercati e dalle colonie. Tuttavia, è importante sottolineare che tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la rivoluzione scientifica che ha preceduto e preparato il terreno per l'innovazione industriale. In conclusione, la Rivoluzione industriale è stata un processo complesso e multifattoriale che ha trasformato radicalmente la società e l'economia. È stata il risultato di una combinazione di fattori tecnologici, economici, politici e scientifici che hanno interagito tra loro per creare un nuovo modo di produrre e di organizzare la produzione.

d'interventotrasformatore della realtà che fa da contesto culturale alla Rivoluzione industriale → questo tipo di razionalità economico-scientifica (non il monopolio della Ragione) è maturato in Europa alla fine dell'età moderna, inaugurandovi la spinta «prometeica» (Prometeo, secondo il mito, aveva portato il fuoco agli uomini) di trasformazione tecnologica della natura. L'impatto prometeico sulla natura e su di un mondo agricolo che fino ad allora si era evoluto lentissimamente è in rapporto con la questione demografica → i miglioramenti tecnici introdotti nei sistemi di rotazione delle colture permisero da una parte di stornare braccia verso l'industria, dall'altra di rendere più produttiva la terra. In corrispondenza con l'affermazione della Rivoluzione industriale si ebbe per varie ragioni un forte calo del tassi di mortalità → per la prima volta nella storia fu interrotto il circolo

viziosa circolarità in cui l'aumento della popolazione porta alla penuria e alla miseria, mentre la crescita del reddito pro capite avviene nonostante l'incremento demografico. La cosiddetta "protoindustria", che anticipò e preparò il modo di produzione delle fabbriche, non aveva stravolto gli equilibri/squilibri tra città e campagna. In questo sistema, l'imprenditore affidava il lavoro a domicilio, fornendo le materie prime e ritirando il prodotto lavorato. Questo permetteva ai lavoratori di rimanere nel loro villaggio rurale e di conciliare l'attività agricola con il lavoro. Tuttavia, con la nascita delle fabbriche, dove le nuove macchine erano concentrate, gli operai dovevano spostarsi verso il lavoro, abbandonando le comunità contadine. Questo abbandono non era necessariamente immediato e totale. Tutto ciò ha portato a unanovità → l'urbanizzazione → essa è evidente sotto il profilo ambientale, con l'inizio del mutamento del paesaggio europeo, l'ingrandimento delle città, la formazione delle aree industriali. Questo fenomeno incide profondamente nella vita quotidiana e privata degli esseri umani, nella composizione e negli effetti delle famiglie, nei rapporti fra i sessi → l'urbanizzazione era, dunque, portatrice di spazi di scelta, di opportunità e di rischio nuovi. La trasformazione economica mise in crisi le vecchie abitudini rurali di forte controllo della comunità sulle varie fasi dell'esistenza e sui comportamenti delle singole persone. A partire dalla fine dell'età moderna si assiste al profilarsi di un individualismo borghese che non si caratterizza solo con l'intraprendenza economica e la monetarizzazione dei rapporti personali, ma anche con l'allentamento dei legami fra uomo e uomo e dei vincoli digruppodominanti nella lunghissima storia dell'Europa contadina.
1.8 La rivoluzione politica
La seconda metà del Settecento fu fitta di agitazioni e movimenti, fra i quali spicca la Rivoluzione americana (1776-1783). I coloni del Nordamerica avevano avuto un ruolo decisivo nella costruzione della potenza inglese, anche in campo militare, con la partecipazione alla guerra dei Sette anni (1756-1763) vinta contro la Francia → sopportavano perciò malvolentieri lo sfruttamento cui erano sottoposti dalla madrepatria. All'origine della Rivoluzione vi sono le loro proteste contro l'inasprimento delle imposizioni fiscali → il famoso principio "nessuna tassa senza rappresentanza" esprimeva la concezione assai più democratica della rappresentanza politica che gli Americani ribelli volevano affermare rispetto agli Inglesi. Questi ultimi, e i loro fedeli nelle colonie, avanzavano un'idea di "rappresentanza virtuale" modellata sulle

Caratteristiche del sistema elettorale che era alla base del liberalismo politico (sviluppatosi in Inghilterra con la Gloriosa Rivoluzione, 1688-89) → in quel primo esperimento di libero governo parlamentare solo 1/6 dei maschi inglesi avevano diritto di voto, ma si sosteneva che gli appartenenti ai ceti subalterni erano comunque rappresentati indirettamente → in questo senso i coloni americani dovevano considerarsi ugualmente rappresentati, e per questo obbligati al pagamento delle tasse. Tuttavia, le immense terre da conquistare e risorse da sfruttare favorivano possibilità di arricchimento, e dunque una mobilità sociale, impensabili in Europa → la qualificazione al diritto di voto su base censitaria arrivava così a comprendere oltre la metà dei maschi adulti. La libertà da tanti tradizionali vincoli esistenti in Europa rendevano molto meno stabilmente gerarchici i rapporti fra le persone. L'estraniamento fra Inghilterra e colonie.

causò una sorta di provincializzazione e caratterizzazione come «nuova» della cultura americana, che contribuì a dare alla rivolta e alla guerra per l'indipendenza un determinante aspetto di rivoluzione politica, subito concretizzata nella stesura di una prima Costituzione (1781) repubblicana, liberale ed egualitaria. Una più radicale cesura politica alla fine dell'età moderna è introdotta dalla Rivoluzione francese, per l'estrema carica innovativa dei suoi contenuti, per la centralità e il peso della Francia in Europa, e per il carattere ecumenico di quella rivoluzione, diffusa da Napoleone nel Vecchio Continente, ma anche influente nel Nuovo sul grande processo d'indipendenza dell'America Latina da Spagna e Portogallo nei primi decenni dell'Ottocento. La Rivoluzione francese è in stretto rapporto con la modernizzazione economica avviata dalla Rivoluzione industriale. Questo non va inteso nel senso

Dell'opinione marxista della Rivoluzione come esito politico della vittoria della borghesia sulla nobiltà alleata della monarchia e del modo di produzione borghese su quello feudale. Il rapporto fra le due Rivoluzioni sta nel fatto che l'abbattimento del sistema feudale, coi suoi vincoli giuridici e personali e il suo intreccio di privilegi, costruì il contesto migliore per lo scatenamento delle libere forze dell'impresa e del mercato → dunque, quella francese, se non nell'origine, si può ben definire una rivoluzione borghese nei suoi esiti economico-sociali. Il contributo essenziale della Rivoluzione francese alla modernità è comunque quello dell'innovazione politica → NB c'è un aspetto della politica in cui la Rivoluzione non solo si pose su di una linea di continuità, ma addirittura portò a compimento un processo cominciato in Antico Regime: è quello dell'accentramento amministrativo.

→ Luigi XIV aveva cercato di controllare il paese mandando i suoi funzionari al posto dei nobili, convocati intanto a Versailles. → È dunque sin dall'assolutismo di fine Seicento che si preparava il sistema centralizzato della Francia giacobina e napoleonica. → Affrontava questo tema "L'antico Regime e la Rivoluzione" (1856) di Alexis de Tocqueville. → Quest'ultimo era un aristocratico liberale, ammiratore del modello settecentesco inglese, cioè di una monarchia aiutata a non isolarsi dal paese grazie alla presenza di un ceto intermedio corrispondente a una nobiltà aperta alla mobilità sociale e detentrice di un potere politico reale nel Parlamento. Al contrario, in Francia, i parlamenti erano corti di giustizia, mentre l'organo politico di rappresentanza (Stati generali) non si riuniva dal 1614, e la nobiltà, privata di potere e dunque di ogni possibile ruolo mediatore nella vita pubblica, manteneva solo dei privilegi.

che la facevano apparire un odioso peso per la popolazione → in quest'ottica il Re Sole e i rivoluzionari risultano accomunati da un progetto di esercizio del potere tendente a ridurre ogni mediazione di ceti (soprattutto nobiliari), corpi, inter
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Publisher
A.A. 2022-2023
12 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sofiam13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Favarò Valentina.