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TIPOLOGIA DELLE FONTI

Fonti scritte

La definizione si riferisce alle fonti in cui l'informazione consiste in una comunicazione verbale

trasmessa mediante la scrittura.

Fonti narrative

Comprendono tutte le testimonianze che riferiscono di eventi storici in forma espositiva con un

intenzionale fine di conservare e trasmetterne il ricordo. Rientrano tra le fonti narrative memoriali, i

panegirici.

Fonti documentarie - Rientrano in questa categoria i documenti di natura giuridica destinati a istituire

e testimoniare in forme legalmente valide diritti, e obbligazioni di soggetti pubblici e privati. Tali sono

ad esempio, diplomi, privilegi, bolle emanati da un’autorità pubblica, laica o ecclesiastica, a favore di

singoli beneficiari, oppure accordi, contratti, disposizioni di rilevanza giuridica.

Fonti legislative normative - Rientrano nella categoria non solo le codificazioni organiche di leggi

promulgate dai sovrani medievali o gli statuti dei Comuni, ma anche testi normativi prodotti

nell'esercizio corrente del governo, come i capitolari carolingi, le costituzioni imperiali e regie, i

deliberati aventi carattere normativo delle diete, dei parlamenti feudali, dei consigli comunali. Vi

rientra inoltre la legislazione e la normativa ecclesiastica, espressa negli atti dei concili, nei decreti

papali, nelle raccolte di canoni.

Fonti giudiziarie, amministrative e fiscali

La tipologia di queste fonti è molto varia e solo per comodità esse possono essere raccolte in una sola

categoria. Sebbene riguardino il funzionamento di organismi statali, esse derivano anche

dall’esercizio delle giurisdizioni signorili, feudali ed ecclesiastiche. Rientrano in questa categoria i

deliberati dei tribunali e delle corti di giustizia; i mandati dei sovrani contenenti istruzioni e

disposizioni per i funzionari periferici, i censimenti fiscali di «fuochi» (nuclei familiari soggetti a

tassazione) o di persone con redditi e patrimoni.

Corrispondenza privata e ufficiale Raccolta di lettere, per lo più inviate da persone di alto livello

sociale e culturale, costituiscono preziose testimonianze sulla circolazione delle notizie, le relazioni

private, gli orizzonti culturali: si ricordano ad esempio le lettere del papa Gregorio Magno.

Fonti agiografiche - Rientrano in questa categoria le vite dei santi e in genere le testimonianze relative

alla loro memoria e al loro culto, quali i resoconti di rinvenimenti di reliquie, trasporto dei corpi,

edificazione di chiese e miracoli. Questa produzione è spesso a metà strada tra la testimonianza

storica e la leggenda, ma deve proprio a questa caratteristica la sua importanza: anche quando non

fornisce notizie storiche sulle biografie, offre informazioni sulla religiosità e la mentalità collettiva,

sulla cultura di ceti sociali che non hanno lasciato tracce in altri tipi di fonte.

Fonti liturgiche

Sono costituite essenzialmente dai testi in cui erano registrate le letture e le preghiere, accompagnate

usualmente da precisi gesti rituali, che gli officianti dovevano recitare durante le varie cerimonie

ecclesiastiche. Sebbene riguardino la vita della Chiesa, esse hanno implicazioni per la storia della

cultura medievale, in quanto le cerimonie ecclesiastiche ebbero un'evoluzione complessa e subirono

significative trasformazioni.

Fonti letterarie e dottrinali - In genere tutti i testi scritti nel Medioevo, anche se non con un fine

primario di documentazione e testimonianza sugli eventi, recano un contributo essenziale alla

ricostruzione della civiltà medievale. Fonti sono anche i testi letterari (poemi, romanzi, novelle) e

quelli dottrinari (trattati teologici, giuridici, politici) prodotti nel Medioevo. La conoscenza di questi

documenti risulta essenziale per la percezione dello spirito dell'epoca.

Fonti materiali

La definizione si riferisce alle fonti che trasmettono informazioni prevalentemente

attraverso la forma, la posizione e la funzione di un manufatto, senza escludere che questo possa

contenere anche comunicazioni verbali.

Fonti archeologiche - Sono costituite da tutti i manufatti suscettibili di misurazione, numerazione,

valutazione tecnologica e di interpretazione in riferimento ai bisogni della vita di individui e gruppi

sociali. Rientrano in questa categoria di fonti testimonianze diversissime come i corredi deposti nelle

tombe barbariche, attrezzature domestiche (vasellame e strumenti), residui di attività produttive (ad

esempio vetrarie e metallurgiche); le abitazioni e gli insediamenti; gli edifici monumentali (chiese e

castelli).

Fonti numismatiche -Sono costituite essenzialmente dalle monete metalliche coniate nel Medioevo.

Sigilli e stemmi - Sono espressioni figurate e simboliche dell'autorità, testimonianze che hanno

interesse sotto molti punti di vista. Nei sigilli le immagini costituiscono un repertorio suggestivo di

costumi e gesti rituali che illustrano il mondo dei titolari di autorità.

La materia, la forma, le dimensioni del sigillo, hanno anch’esse un preciso significato dimostrativo,

collegato al rango dell’autorità che lo utilizza e alla natura del documento su cui il sigillo era apposto.

Gli stemmi, che utilizzano un complicato linguaggio simbolico basato su forme astratte e colori,

possono essere utilizzati nello studio delle famiglie e delle signorie che se ne servirono.

Epigrafi - L'epigrafe risponde ai requisiti tanto delle fonti scritte che di quelle materiali: essa infatti è

innanzi tutto una comunicazione verbale, che però trae parte del suo significato dai caratteri formali

che presenta in quanto oggetto (dimensioni, materia, scrittura), attraverso la quale svolge parte delle

sue funzioni di comunicazione. Le epigrafi medievali vennero apposte sulle sepolture per

commemorare il defunto, oppure su edifici monumentali per celebrare il patrono. Funzioni in parte

analoghe avevano le scritture dipinte che commentavano immagini religiose o profane esposte al

pubblico, spiegandone soggetto e significato.

[154] Fonti artistiche- Anche la produzione artistica medievale, come quella letteraria, può costituire

fonte per la ricostruzione storica, non tanto nel suo specifico valore formale, che è oggetto di studio e

valutazione specialistica, quanto per i programmi che guidarono l'ideazione dell'opera d'arte e per i

significati concettuali da essa trasmessi. Inoltre l'opera d’arte, soprattutto pittorica, costituisce spesso

l'illustrazione di ambienti, costumi, arredi, che possono documentare la realtà quotidiana, o al

contrario il mondo ideale dell'epoca in cui venne realizzata.

Le tavolette cerate

Il loro uso è molto antico: largamente adoperate nell'età classica, furono conosciute anche nel medio

evo e qualche esempio se n'è avuto fin quasi ai nostri giorni. Erano costituite da asticelle rettangolari

di legno o di avorio, con un breve margine rialzato lungo i quattro lati, come una cornice.

La parte centrale, incavata rispetto ai margini, era spalmata di cera e si scriveva su di essa con uno

strumento a punta dura, lo stilus, che poteva essere di metallo, d'avorio o d'osso. Lo stilo aveva un

raschino dalla parte opposta alla punta, in modo che si poteva facilmente cancellare la scrittura

lisciando la cera.

Appunto perchè “in esse facillima est ratio delendi”, le tavolette venivano adoperate nella scuola per

esercitazioni retoriche, negli affari giornalieri per lettere, conti e contratti ed anche nei lavori letterari

per la prima stesura delle composizioni. Dice Orazio accennando al lavoro del poeta : sacpe stilum

vertas, iterum quae digna legi sint scripturus. Presso i Romani erano dette tabulae, con nome generico,

e per codices o codicilli s'intendeva l'insieme di due o più tabulae tenute unite da fermagli metallici in

modo da formare una specie di libro.

Secondo il numero delle tavolette, aveva un diptychtt o un polyptycum.

Simili in certo senso alle tavolette cerate, ma in avorio, cerali all'interno e riccamente scolpiti

all'esterno, sono i dittici consolari, che consoli ed altri alti magistrati offrivano ad amici nell’occasione

della loro nomina. Ne sono rimasti 71, di cui il più antico è un dittico sacerdotale dell’anno 388,

conservato a Madrid; il più antico dittico consolare vero e proprio appartiene alla cattedrale di Aosta e

risale all'anno 406. Il più recente è un dittico imperiale della cattedrale di Treviri, attribuito al secolo

VII.

Il papiro è una specie di carta fabbricata con il fusto di una pianta palustre (Cyperus papyrus), che si

coltivava in Egitto, sulle rive del Nilo; il suo uso risale alla più remota antichità e dall’Egitto, dove

sorse, passò in Grecia e a Roma. La pianta fu chiamata dai greci PAPUROS e i fogli KARTA, i

Romani accettarono poi dai Greci i nomi di papyrus e di carta.

La tecnica della fabbricazione ci è narrata da Plinio il Vecchio: i fusti del papiro, alti fino a 3 o 4 metri

e sottili come giunchi, venivano tagliati al piede e mondati della corteccia verde.

Il midollo veniva poi tagliato nel senso della lunghezza in liste larghe quanto il fusto, ma sottilissime

(philyrae), che venivano allineate sopra una tavola e impregnate d'acqua del Nilo. Sopra questo strato

(scheda) ne veniva posto un altro in senso trasversale e poi a pressione, per effetto dell'acqua, si

facevano aderire perfettamente i due strati ottenendo un foglio compatto (plagula). Infine i singoli

fogli, rifilati e ridotti al medesimo formato, venivano incollati in modo da formare un rotolo (scapus),

che poi si metleva in commercio.

Plinio ci ha lasciato anche qualche notizia sul commercio del papiro. Così sappiamo che gli scapi

erano composti di venti fogli, allo stesso modo come oggi la carta si vende a quinterni. Si avevano

pure diverse qualità di papiro, dai fogli più o meno grandi, di maggiore o minor prezzo: la prima

qualità era detta Augusta, la più economica Emporetica, che non era buona per scrivere, ma solo per

involgere.

La fabbricazione del papiro fu propria dell'Egitto e durò anche dopo l'invasione araba (sec. VII); sulla

fine del sec. X si ha ricordo dell'industria del papiro a Palermo, e perciò è possibile che gli ultimi

papiri di Ravenna e di Roma siano di produzione sicula ("), ma la questione è ancora insoluta; è certo

invece che nel sec. IX la Francia e la Cancelleria pontificia usavano papiro egiziano.

La fabbricazione in Egitto cessò verso la metà del sec. XI, quando venne a mancare la coltivazione

della pianta a causa della siccità del Nilo. I papiri latini (") si possono distinguere in tre calegorie:

papiri egiziani, cioè trovati in Egitto ("). Un gruppo importante è costituito da parecchie migliaia di

documenti scoperti nella località di El-Faijüm a partire dall'anno 1877, conservali oggi parte nella

collezione dell'arciduca Ranieri di

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
53 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lollo_raiaa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Vaccaro Attilio.