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PARTE QUINTA

Prosperità e ottimismo

I danni economici e materiali causati dalla guerra erano così gravi che, subito dopo la guerra, c'era

un'abbondanza di lavoro per tutti. Le città dovevano essere ricostruite e i beni capitali dovevano

essere riportati ai livelli precedenti la guerra.

Nei primi anni '50 la domanda rimase alta nei paesi occidentali e in Giappone, ma tutti si aspettavano

una recessione che però non arrivò. Anzi, fino al 1973, il mondo visse un periodo di crescita

economica e aumento dei redditi mai visto prima per durata e intensità.

Non tutti i paesi progredirono allo stesso ritmo, misurato con la crescita del prodotto nazionale lordo

(PNL) o del prodotto interno lordo (PIL), che indicano il totale dei beni e dei servizi prodotti in un

paese. Il Giappone, ad esempio, ebbe un tasso di crescita molto alto, mentre paesi come il Regno

Unito sperimentarono tassi mai visti prima.

Non vi è accordo sulle cause di questi lunghi periodi di bassa disoccupazione e crescita accelerata

in Occidente. Tuttavia, è certo che molti governi miravano proprio a questi obiettivi, ispirandosi alle

idee dell'economista inglese Keynes, che credeva che il livello dell'occupazione potesse essere

regolato dallo stato.

Il successo di questi anni fece pensare che si fosse trovato il modo di evitare disoccupazione e

stagnazione, e che in futuro le economie nazionali potessero essere governate facilmente.

Purtroppo, questa idea si rivelò errata, e le cause che interruppero il periodo di espansione sono

ancora oggetto di dibattito. Come sempre, la crescita del prodotto e della produttività non dipese

solo dai progressi tecnologici, ma anche da cambiamenti strutturali che coinvolsero vari settori.

Un cambiamento importante fu la riduzione del settore agricolo e la crescita dei servizi in rapporto

al totale degli occupati e alla produzione. Questo cambiamento riguardò sia i paesi poveri che quelli

sviluppati. Un altro cambiamento fu il passaggio da industrie meno produttive, come quella tessile,

a settori ad alta produttività, come l'industria automobilistica e la produzione di materiali elettrici ed

elettronici.

Con l'aumento del reddito, il consumo di cibo e abbigliamento nei paesi ricchi crebbe poco, mentre

la domanda di beni durevoli, articoli di lusso e spese legate al tempo libero aumentò rapidamente.

Questo lungo periodo di espansione portò al consumo di massa di beni che una volta erano solo per

i ricchi, come l'automobile, che ebbe impatti sul modo in cui venivano distribuiti abitazioni, negozi e

luoghi di lavoro, e richiese più strade, garage e stazioni di servizio.

Tempo libero e viaggi

Nei paesi avanzati, la richiesta di tempo libero aumentò, come parte dell'aumento della produttività.

In effetti, nelle nazioni occidentali, le ore lavorate annualmente diminuirono di circa un nono.

Il tempo libero offrì l'opportunità di dedicarsi a nuove attività culturali, sportive e di intrattenimento,

soprattutto per chi poteva permettersi vacanze più lontane.

Questo portò a un aumento dei viaggi all'estero, in particolare verso il Mediterraneo, con un'ondata

di turisti provenienti dal Nord Europa. Ogni estate, i turisti viaggiavano in aereo, nave, treno o auto,

diretti verso luoghi come l'Europa meridionale, i Caraibi e l'America centrale.

L'industria turistica crebbe rapidamente in tutto il mondo, tanto che la spesa turistica triplicò tra il

1962 e il 1972.

Mobilità ed emigrazione

Anche la localizzazione delle industrie cambiò, poiché non dipendeva più dall'energia prodotta da

miniere di carbone o cascate locali. Ora, l'energia elettrica arrivava ovunque grazie alla rete elettrica.

Di conseguenza, molte fabbriche furono installate in luoghi più piacevoli, come la costa mediterranea

francese, il sud della Gran Bretagna o la California.

In paesi come la Gran Bretagna e l'Italia, iniziò a emergere una differenza tra le regioni più

prosperose, con industrie moderne, e le vecchie città industriali in declino.

Molti seguirono le nuove opportunità di lavoro all'interno del loro paese, ma l'emigrazione da paesi

più poveri verso le regioni industriali dei paesi europei o verso gli Stati Uniti e l'Australia fu altrettanto

alta.

Negli Stati Uniti, nonostante i controlli sull'immigrazione degli anni '50, gli immigrati rappresentarono

quasi il 16% della crescita demografica negli anni '60, e in Canada il 21%, senza contare gli immigrati

clandestini.

I paesi occidentali, che avevano accolto volentieri gli immigrati nei periodi di carenza di manodopera,

iniziarono a introdurre restrizioni sull'immigrazione a partire dal 1973, quando sembrò finita la fase

di espansione e la crescente disoccupazione fece emergere sentimenti xenofobi.

Il boom dell’istruzione

L'espansione dei servizi educativi fu un altro modo di utilizzare l'aumento di beni e servizi disponibili

per la popolazione.

L'istruzione è importante di per sé e, allo stesso tempo, aiuta a rendere la forza lavoro più produttiva

nel lungo periodo. Nel periodo di espansione economica dopo la guerra, ci fu un vero e proprio boom

delle iscrizioni all'università e ad altri istituti di studi superiori.

Gli Stati Uniti furono i leader di questo movimento, dedicando una parte maggiore del reddito

nazionale pro capite all'istruzione rispetto a qualsiasi altra nazione, mantenendo il loro ruolo guida

anche rispetto ai progressi di altre nazioni occidentali. Nel 1960, gli Stati Uniti spendevano per

l'istruzione il 5,3% del reddito nazionale, contro il 5% della Svezia e il 4,7% dei Paesi Bassi.

Negli anni successivi, aumentò notevolmente la percentuale di ragazzi tra i 10 e i 19 anni che

frequentavano scuole secondarie nei 13 paesi sviluppati dell'Europa settentrionale e occidentale,

raddoppiando quasi la percentuale di studenti universitari tra i 20 e i 24 anni.

L'espansione dello Stato sociale

La spesa sociale e assistenziale dello Stato crebbe ovunque. Una novità controversa fu il sostegno

a regioni e settori industriali in declino.

C'era un consenso generale nell'idea di distribuire alcuni dei benefici del progresso a gruppi meno

fortunati, come i minatori di carbone del Belgio, gli abitanti delle vecchie aree industriali britanniche

e del sud Italia.

Un altro esempio fu la Politica Agricola Comune della Comunità Europea, che cercava di

aumentare la produzione agricola tramite sussidi agli agricoltori. Negli anni '60, questo portò a

grandi eccedenze alimentari, ma anche a costi elevati che minacciavano le finanze della comunità.

Inoltre, i sussidi riducevano la possibilità per i paesi poveri di esportare nei ricchi mercati europei.

Paradossalmente, i redditi agricoli restavano molto bassi rispetto alla media nazionale, e i sussidi

aiutavano di più gli agricoltori ricchi che quelli poveri.

La crescita della spesa sociale non fu una sorpresa, perché le spese statali tendono a crescere nei

periodi di espansione e a diminuire in quelli di stagnazione.

La spesa pubblica in rapporto alla spesa nazionale aumentò in tutti i paesi occidentali. A metà degli

anni '70, aveva superato il 40% nella maggior parte di essi. Questo fenomeno fu rafforzato dal

desiderio di mantenere alti i livelli di occupazione, che comportava l'aumento della spesa pubblica

ogni volta che la domanda rallentava.

I metodi keynesiani riuscirono a mantenere alti i livelli occupazionali, ma portarono anche a un

continuo aumento dei prezzi. Sembrava quindi che l’aumento dei redditi derivanti dall’occupazione

non potesse avvenire senza un po' di inflazione.

Inflazione dazi e commercio

Nel periodo in esame, l'inflazione divenne un problema comune nei paesi occidentali, ma variava da

paese a paese, causando difficoltà nella bilancia commerciale dei pagamenti.

Dopo la guerra, i leader mondiali cercarono di risolvere le cause degli squilibri internazionali, che

avevano avuto un grande impatto negli anni '30.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) fu creato per mantenere tassi di cambio stabili tra le valute,

mentre il GATT (Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio) cercò di ridurre le barriere

commerciali, abbassando i dazi e vietando altri ostacoli al commercio.

Entrambi questi accordi raggiunsero risultati, anche se inferiori alle aspettative. Molti dazi furono

abbassati, ma ci furono resistenze a ulteriori riduzioni.

La liberalizzazione del commercio mondiale favorì una crescita più rapida del commercio rispetto

alla produzione, aumentando l'interdipendenza internazionale. Tuttavia, la crescita fu più veloce tra

i paesi industrializzati che tra questi e i paesi in via di sviluppo.

Un fenomeno significativo fu l'espansione delle esportazioni di capitali e la crescita delle

multinazionali, che all'epoca rappresentavano circa un sesto della produzione mondiale. Le

multinazionali avevano sede in un paese ma filiali in altri, e furono particolarmente forti nei settori

estrattivi (come il petrolio), nella manifattura, nei servizi bancari, nella distribuzione al dettaglio e

negli alberghi. Le motivazioni per l'espansione all'estero includevano evitare dazi, sfruttare

manodopera e materie prime a basso costo.

La crisi della bilancia dei pagamenti americana

Gran parte del successo del movimento di liberalizzazione del dopoguerra dipese dalla

configurazione eccezionale dell'economia internazionale. I successi erano infatti legati all'enorme

avanzo della bilancia dei pagamenti americana, che derivava dalla superiorità degli Stati Uniti in

termini di produzione e produttività.

Questo avanzo permise agli Stati Uniti di finanziare il Fondo Monetario Internazionale, fare prestiti,

concedere aiuti come il Piano Marshall, organizzare aiuti allo sviluppo, effettuare investimenti

all'estero e condurre operazioni militari in varie parti del mondo.

Sostenuto da questo avanzo, il dollaro americano rimase una valuta forte.

Tuttavia, a partire dagli anni '60, la posizione dominante degli Stati Uniti nella produzione iniziò a

declinare, con altri paesi che raggiungevano livelli tecnologici simili.

Inizialmente, la forza del dollaro aveva spinto molti paesi a usarlo come valuta di riserva,

confermandolo come valuta forte. Ma quando gli Stati Uniti iniziarono a registrare disavanzi nella

bilancia dei pagamenti, il dollaro divenne sempre più debole, influenzando negativamente molte

transazioni.

Era chiaro che il dollaro era sopravvalutato, e nell'agosto del 1971, il presidente Richard Nixon

annunciò la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Inoltre, fu introdotta una tassa

temporanea del 10% sulle importazioni e il FMI fu incaricato di lavorare su un nuovo sistema

monetario inte

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Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher SteLucini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e dell'impresa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Licini Stefania.
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