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MARIO LODI È SEMPRE STATO MARIO LODI?

Mario Lodi è stato inizialmente un maestro riluttante. In più di un’occasione, come mi ha

recentemente anche ribadito Francesco Tonucci, Mario Lodi ha dichiarato di essere giunto

all’insegnamento più per caso che per altro e di essersi sentito n da subito inadatto

all’insegnamento.

Forse è proprio per questa sua insicurezza di fondo, che nel 1948– quando inizia ad insegnare

nella scuola elementare di San Giovanni in Croce– entra immediatamente in una crisi

profonda. Non sa come approcciarsi ai propri allievi. Tenta di applicare in classe ciò che gli è stato

insegnato all’istituto magistrale, con scarsi risultati, in quanto non riesce ad entrare in

contatto diretto con i propri allievi.

Nella Cronaca di vita della scuola del Registro di classe quarta dell’a.s. 1949-1950, giunto al

termine di un anno molto complesso, durante il quale non riesce a legare con i fanciulli che

gli sono af dati, il 19 maggio 1950 Lodi inserisce una annotazione che dimostra tutte le sue

incertezze:

«Oggi ultimo giorno di lezioni. […] è il primo anno che sento il bisogno assoluto di un periodo di

riposo estivo per tornare alla fatica scolastica dell’anno prossimo ritemprato. […] Che l’amore

alla scuola vada scemando?».

LA LENTA METAMORFOSI DI UN MAESTRO

Diventa maestro nel 1940, il 10 giugno, durane l’entrata in guerra verra anche chiamato alle armi,

non andrà mai in guerra e nel dopoguerra, nel 1948 diventa maestro di ruolo.

Ci sono alcune tappe fondamentali nella lenta evoluzione del maestro Mario Lodi:

• LA SCUOLA-PRIGIONE

• LA LOTTA CONTRO L’EDUCAZIONE AUTORITARIA

• LA RIORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI DI APPRENDIMENTO

• LA SCOPERTA DEL BAMBINO

• LA LIBERAZIONE DEL BAMBINO DALLA PAURA

• LA LIBERA ESPRESSIONE INFANTILE

• LA SPONTANEITÀ E LA CREATIVITÀ

Questo articolo esercitò un profondo ascendente sul maestro Mario Lodi, che aveva preso servizio

proprio nel 1948, l’anno di entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana.

Leggendo questo articolo, infatti, che stabiliva come tutti i cittadini dovessero avere «il diritto di

esprimere il loro pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo», Lodi si chiese se tra i

cittadini del nuovo stato repubblicano fossero compresi anche i bambini e– in tal caso– se anche

essi avessero il diritto di esprimere il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo e

cosa fosse necessario fare per metterli nelle condizioni di godere appieno di questo loro diritto

fondamentale.

L’ANTEFATTO: L’ART. 21 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Mario Lodi risponde di sì a questa domanda, ma la situazione all’interno delle scuole dell’epoca

certo non lo favorisce…

 fi fi fi fi fi

IL SUPERAMENTO DELLA DISCIPLINA PASSIVA

E LA COSTRUZIONE DELLA «COMUNITÀ-CLASSE»

Nella Cronaca di vita della scuola (Osservazioni sugli alunni) del 20 ottobre 1951

annotava subito il grave ritardo della classe appena presa, in cui «la distrazione è

all’ordine del giorno», anche se:

«[Essi] sanno tenere una perfetta disciplina passiva che a volte mi sgomenta: fermi come statue,

coi cervelli inerti, non rispondono neanche al sorriso, temono il maestro e quanto il maestro vuole

discorrere con loro, si racchiudono in un gelido silenzio che mi riesce impossibile rompere. A volte

li guardo dalla nestra, uscire sulla strada: oltrepassata la soglia ecco il libero volo, le bocche mute

parlano, gridano, le statue inerti corrono felici. Penso che per loro la scuola è sacri cio. Eppure un

mezzo di scendere in quei cuori e scioglierli all’amore della scuola, degli amici, del maestro e del

sapere c’è, deve esserci. È questo l’arduo compito di quest’anno, essenzialmente educativo».

Maro lodi si rene conto di dover creare una relazione con loro. Il maestro deve provare a rompere

l’ostacolo della paura.

DISTRUGGERE LA PRIGIONE

È questa– nella metafora lodiana– la «scuola-prigione», nella quale il maestro

forma poco a poco «l’anima del maresciallo» addetto al mantenimento dell’ordine di

questi «cervelli inerti», anche «a suon di busse» (cosa che i bambini si aspettano,

tanto che– dopo aver commesso una marachella– si coprono la testa).

LULA 1951

I bambini si presentarono a scuola portando delle bacchette destinate a punirli

se avessero fatto qualcosa di sbagliato. Per loro era una cosa del tutto normale che

rientrava nella tradizione educativa del paese ed anzi si impegnano a farle con l’aiuto dei

genitori. La popolazione di quel paesino sardo, infatti, pensavano che per insegnare ai ragazzi le

regole e per non farli diventare briganti, il maestro dovesse picchiarli e castigarli, servendosi anche

di altri ingegnosi sistemi come: mandarli in processione, alla berlina, per tutto il paese; chiuderli a

chiave nella scuola trasformata in prigione; etc..

VHO DI PIADENA 1959

23 settembre 1959: «Credevo di poter dire tante cose alle mamme dei miei futuri scolari, parlare

dei programmi e del “metodo globale” […] e ascoltare notizie dei loro gli, carattere,

de cienze, preferenze. Ma questo primo incontro mi ha deluso.

Qualche mamma è, come me, un po’ impacciata, qualche altra interrompe o svia il discorso sul

nascere: “Non abbia riguardo, se c’è bisogno lo picchi, c’è abituato” e alza il braccino del

ragazzo per mostrarmi il viso spaurito nascosto nella gonna.

Un’altra conclude “Gliele suoni pure, mi fa un piacere, e– rivolta a lui– “Se non ubbidisci, vedrai

cosa ti farà il maestro!” E ancora: “Se non si fa così, non si combina niente”. E me li mostrano,

questi ragazzi del nostro popolo, in maggioranza gli di contadini, i dissodatori della nostra ricca

terra, sulla quale trascorrono tutta la vita senza speranza di uscire dalla povertà cronica»

Tratto da: C’è speranza se questo accade al Vho, 1963, p. 134

12 aprile 1973:«Si potrebbe dire che attraverso i millenni in molte civiltà la società

degli adulti ha oppresso e maltrattato la società dei bambini. Certamente non si può credere

che tutti gli adulti odiassero i bambini. Ma si si pensava che i giovani potevano crescere

onesti solo se durante la loro educazione venivano trattati con durezza.

Oggi nelle scuole non accade quasi mai che si percuota un bambino, anche perché i genitori non

lo sopporterebbero. Ma non si è ancora compreso che i bambini devono essere felici, che si deve

fi fi fi fi fi

evitare ogni cosa che li faccia soffrire e che devono essere liberi da piccoli per imparare ad essere

liberi da grandi» (pp. 318-32)

Nel 1972 e nel 1975 i pensatori francesi Pierre Bourdieu e Michel Foucault avrebbero denunciato

la natura coercitiva delle istituzioni educative e la loro strumentalizzazione da parte degli

apparati statali in quanto organismi di riproduzione sociale e quindi di conformismo morale.

LA SCUOLA HA IL COMPTO DI RIPRODURRE LA STRUTTURA SOCIALE ESISTENTE

«La scuola è l’istituzione investita della funzione sociale di insegnare e perciò anche di de nire ciò

che è legittimo apprendere. […] Non esiste una cultura legittima: ogni cultura è arbitraria e imposta

dalle classi dirigenti. La scuola tuttavia fa propria tale cultura, ne maschera la natura sociale e la

presenta come la cultura oggettiva, indiscutibile, ri utando le altre».

Michel foucault

Secondo Foucault, la scuola– al pari della caserma, della fabbrica, del manicomio - permette «il

controllo minuzioso delle operazioni del corpo»: i sistemi educativi sono, in questo senso,

procedimenti disciplinari e la disciplina altro non è che una fabbrica di «corpi sottomessi ed

esercitati, corpi docili». Attraverso la costruzione di uno spazio seriale (scuola), che pone il

maestro

nelle condizioni di controllare contemporaneamente ogni allievo, il corpo dell’allievo viene catturato

in una tta rete di dispositivi di controllo che lo modellano, gestendone in maniera perfettamente

razionale i movimenti e i comportamenti.

CONTRO LA SCUOLA AUTORITARIA

L’alternativa a questo modello è la cooperazione educativa, nel quale il maestro scende dal

predellino e af anca il bambino nel proprio percorso formativo:

«Il contenuto ideologico e il metodo autoritario sono espressioni di una scuola politica di classe,

che tende a formare uomini docili e passivi, possibilmente ignoranti sulle cose che scottano. Il

maestro, in quel contesto, in mezzo a tante dif coltà, diventa senza accorgersene strumento del

sistema invece di essere, come dovrebbe, garante della formazione di uomini liberi. […]

Distruggere la prigione, mettere al centro della scuola il bambino, liberarlo da ogni paura, dare

motivazione e felicità al suo lavoro, creare intorno a lui una comunità di compagni che non gli siano

antagonisti, dare importanza alla sua vita e ai sentimenti più alti che dentro gli si

svilupperanno, questo è il dovere di un maestro, della scuola, di una buona società» (Il paese

sbagliato, p. 23).

L’ORGANIZZAZIONE DEMOCRATICA DEGLI SPAZI DI APPRENDIMENTO

La nuova organizzazione degli spazi scolastici della scuola del Vho esprime questa medesima

necessità: la cattedra è addossata completamente al muro e invasa di materiali; i banchi dei

bambini sono raggruppati, gli uni di fronte agli altri, pronti per le attività collettive. Il maestro non sta

quasi mai di fronte ai bambini, ma più spesso in mezzo a loro, a osservare e ascoltare piuttosto

che a parlare.

«Non c’è cattedra: per me una sedia è più che suf ciente», afferma Lodi. Tutto ciò è nalizzato a

trasformare l’obbligo scolastico– al quale gli alunni si adattano a malincuore– in volontà di

apprendimento.

LA SCOPERTA DEL BAMBINO

Nell’intervista che gli feci nel 2008 in occasione del 60° anniversario della Costituzione della

Repubblica Italiana (1948-2008), ricordava il momento in cui un suo alunno di nome Attilio

portò a scuola un cartoccio di colori dimenticati dagli imbianchini nella sua cascina e chiese di

usarli in classe. Mario Lodi preparò i colori con acqua e gomma arabica e li usò per fare un

fi fi fi fi

fi fi fi

quadro del padre che mungeva. Mario Lodi nell’intervista racconta:

«In quel momento tutta la mia pedagogia crollò. Pensai che Attilio era come Van Gogh,

come gli impressionisti che dipingevano la realtà che li circondava. Capii che Attilio aveva

qualcosa da rac

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Publisher
A.A. 2023-2024
49 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/02 Storia della pedagogia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ludonilo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Macerata o del prof Meda Juri.