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STORIA DEI RAZZISMI

CAPITOLO 1

Si è sempre meridionali di qualcuno

Il termine razzismo si riferisce a una ideologia per cui esistono insiemi umani, chiamati razze,

distinti e posti su una scala gerarchica in cui l’una è migliore e più desiderabile dell’altra. Il

criterio del colore della pelle è stato il più longevo usato per una tale classificazione e

gerarchizzazione. Jackson e Weidman hanno evidenziato i punti che contraddistinguono

l’ideologia razzista:

Possiamo classificare le persone in gruppi biologici distinti sulla base di caratteristiche

1. fisiche, sia fenotipiche che genotipiche.

Questi gruppi possono essere ordinati su una gerarchia in cui alcuni sono migliori di altri.

2. Le caratteristiche esterne degli individui corrispondono a caratteristiche interne; alcuni

3. caratteri fisici come il colore della pelle sono connessi a dimensioni interne, attributi non

osservabili come l’intelligenza, il temperamento o la moralità

Questi segni esterni e dimensioni interne sono ereditati e innati.

4. Queste differenti razze sono fisse, determinate dalla natura oppure da Dio.nessuno può

5. sfuggire alla propria classificazione razziale.

Queste idee razziali hanno permeato anche la scienza e la filosofia; gli scienziati razzisti hanno

giustificato le loro idee in base a motivazioni biologiche. Tuttavia, proprio da un punto di vista

scientifico, il concetto di razza umana è talmente pieno di fallace che fra gli scienziati non c’è

mai stato accordo sulle razze. Il concetto di razza risulta insensato e gli scienziati razzisti non

sono mai riusciti a classificare gli esseri umani in razze e ciò non sarà possibile neppure in

futuro perché gli uomini non hanno mai sviluppato delle razze biologicamente distinguibili.

Nonostante le apparenti differenze, gli uomini sono geneticamente simili. Gli esseri umani sono

organismi che nel corso della storia non sono mai stati segregati tanto da far produrre delle

differenze genetiche, fino a essere razzializzabili. Le differenze fisiche superficiali sarebbero il

prodotto di evoluzione genetica recente, con un valore differenziale, tale da non determinare

differenze razziali; il continuo rimescolamento aumenterà fino a produrre una biodiversità

individuale che non potrà mai essere ricondotta a una suddivisione in razze. Nonostante

l’impossibilità di descrivere le razze umane in maniera scientificamente fondata, c’è stata

comunque una lunga tradizione culturale e scientifica che presupponeva, in modo quasi auto

evidente, l’esistenza di razze umane; si usavano criteri fisici e a questi criteri fisici si correlavano

anche differenze psicologiche, storiche, religiose che si ritenevano essere determinate dalla

essenza biologica di una determinata razza. Così, nascevano pregiudizi che potevano

facilmente condurre ad atteggiamenti discriminatori di vario genere. Julies Evola fu uno dei

maggiori propagandisti del razzismo e del pregiudizio; per lui il razzismo doveva essere la base

di una sorta di ideologia rivoluzionaria di tipo ultraconservatrice:

anti egualitarista

anti universalista

anti individualista e quindi totalitaria

anti razionalista

anti evoluzionista

una mentalità mai neutrale

Il razzismo è stato sempre trattato perlopiù al singolare, la storia dimostra facilmente che invece

esso è stato ed è un fenomeno composito, che dalla forma più sfumata del pregiudizio

dell’uomo da bene può raggiungere forme estreme come l’idea nazista per cui gli indesiderabili

erano addirittura da eliminare per conto dello Stato, sulla base di un’idea dell’evoluzione. Il

razzismo poteva quindi riguardare elaborate teorie pseudoscientifiche come il senso comune

dell’uomo qualunque che ogni giorno giudica gli altri in base a pregiudizi sui gruppi umani

costruiti su intuizioni e suggestioni fenomeniche senza fondamento né logico né sperimentale.

Dal punto di vista metodologico, occorre dichiarare che le ultime idee di Pierre-André Taguieff ,

un noto teorico contemporaneo del razzismo per il quale sarebbe un errore estendere il termine

razzismo a tutti i pregiudizi, non sembrano condivisibili proprio perché il razzismo non è stato

un fenomeno unico; la mentalità razzista utilizza sempre le logiche generali della

discriminazione. Anche gli attivisti anti-razzisti collaboreranno da subito il lotte tipicamente

trasversali, antisemitismo fobiche. Il razzismo lungi dall’essere esclusivamente una nozione

legata alla discussione sulle razze, è un fenomeno ben più complesso e sicuramente plurale. Il

razzismo non è un concetto unificato ma contiene una serie di pregiudizi con differenti

sfumature e giustificazioni riguardanti l’idea di gerarchia e di disuguaglianza fra esseri umani.

Secondo il filosofo della scienza, Ian Hacking si è trattato di un concetto strumentale e tribale

per differenziare fra un noi e un loro, fra gli amici e i nemici. I primi erano considerati come

portatori di valori desiderabili, i nemici erano invece caratterizzati da valori da rifiutare. Tali idee

sui nemici erano perlopiù dei pregiudizi senza fondamento concreto. Nei suoi aspetti più sottili e

perversi l’atteggiamento tribale di tipo razzista e addirittura inconscio. La differenza tra un noi e

un loro è stata ampiamente studiata in molti modi dalla psicologia. La psicologia sociale ha

elaborato vero e proprie teorie basate su esperienze sperimentali fondate su concetti come la

dominanza sociale, per cui alcuni gruppi umani controllano e dominano altri gruppi. Nella teoria

della dominanza sociale sono analizzate e dimostrate tutte quelle logiche negative di tipo

elitario che portano alla discriminazione di un gruppo di potere su un altro. Alla base di queste

logiche ci sono poi meccanismi cognitivi ed emotivi che favoriscono la scissione fra bene e

male, giusto e sbagliato, bianco e nero. Per definire il ricorso alla razzializzazione occorre

eseguire proprio il percorso tracciato da Hacking. John Stuart Mill nel suo trattato a system of

logic dedicò alle classificazioni razziali una esposizione che è poi diventata il punto di partenza

di Hacking. Le differenze umane per Mill potevano essere considerate autoevidenti così come il

fatto che alcuni gruppi umani mostravano delle cose in comune che altri gruppi umani non

avevano. Le differenze fra gli esseri umani erano considerate da Mill elementi superficiali; per

determinare l’esistenza delle razze umane occorrerebbero elementi differenziali forti e diversi

dal colore della pelle. La categoria di razza ha dunque uno scopo strumentale che può essere

quello di mantenere la schiavitù, oppure uno scopo politico o culturale ed è basata su elementi

differenziali superficiali che, anche se naturali non sono tuttavia costitutivi della natura umana.

Una concezione razzista ha infatti necessità di definire le differenti razze, quantificare e

correlare fra elementi entro una medesima categoria, normalizzare le categorie umane , trovare

i fondamenti biologici e genetici della categorizzazione, pianificare degli strumenti

amministrativi per gestire le categorie. Infine, le persone categorizzate tenteranno di

riapprovarsi delle categorie in cui sono classificate. In un primo momento la provenienza

geografica, la morfologia del corpo e poi il colore della pelle hanno rappresentato i fattori che

definivano le differenti categorie razziali entro cui inscrivere gli esseri umani. Tali classificazioni

razziali entrarono nell’uso medico per opera del francese François Bernier nella seconda metà

del seicento, e furono utili per la regolamentazione di Luigi XIV sul commercio degli schiavi che

erano considerati come appartenenti a una razza inferiore. Le classificazioni di Linneo hanno poi

fornito il contesto culturale che aiutò l’idea dell’esistenza di popolazioni innate in luoghi

CAPITOLO 2

Il razzismo spirituale e culturale

Prima del razzismo scientifico si è sviluppato quello culturale e religioso.le tendenze razziste e

discriminatorie della mente umana hanno radici antiche e psicologiche tali da proiettare e

costruire culture che giustificano la discriminazione sulla base di pregiudizi. In psicologia

cognitiva, i pregiudizi rappresentano soprattutto uno scotoma della capacità dell’individuo di

percepire e interagire con il mondo circostante sulla base di giudizi coscienti e ragionati; essi

sono determinati anche dalle specifiche situazioni in cui un individuo è costretto a vivere: il

pregiudizio spesso è inconsapevole e guida comportamenti e decisioni senza essere messo in

discussione. Il pregiudizio rappresenta una presa di posizione nei confronti di un individuo in

quanto appartenente a un gruppo o di un intero insieme di individui considerati come depositari

di caratteristiche troppo lontane o troppo diverse dal gruppo di cui si fa parte: l’ingroup di

appartenenza viene automaticamente percepito come migliore, più desiderabile e depositario di

attributi positivi, anche morali; viceversa l’outgroup. Ne consegue la tendenza ad assumere

comportamenti che favoriscono il proprio gruppo di appartenenza a discapito di tutti gli altri.

Spesso i gruppi minoritari sono quelli oggetto di pregiudizio. Questi processi possono essere

automatici e da tali meccanismi psicologici si innescano radicate convinzioni culturali. Il

razzismo antiebraico è stato in primo luogo un razzismo religioso e spirituale; su questo

razzismo si sono poi innestate le altre forme di pregiudizio contro la razza deicida. La chiesa

cattolica ha ufficialmente abbandonato il pregiudizio antiebraico solo nel 1965 quando Paolo VI

pubblicò una dichiarazione di fratellanza universale Nostra aetate in cui si riconosceva che

ogni essere umano avrebbe potuto scegliere una religione non cristiana e si ammettevano gli

errori verso gli ebrei. Nel 1555 Paolo IV, in Cum nimis absurdum , aveva stabilito che gli ebrei

avevano una colpa che li rendeva schiavi e promosse regolamenti e norme antiebraiche che li

confinavano ed emarginavano; ciò portò a delle conseguenze culturali che sfociarono nel

radicamento del pregiudizio. In questo razzismo spirituale antiebraico giocarono un ruolo

fondamentale anche i gesuiti, che assimilarono gli ebrei alle rivoluzioni della modernità. Così è

ricostruito l’antigiudaismo sulle pagine della Civiltà cattolica: Per comprendere l’atteggiamento

della gerarchia ecclesiastica e della civiltà cattolica sul problema ebraico è necessario

premettere alcune considerazioni di carattere storico. Va distinto un antigiudaismo religioso o

dottrinale da un antigiudaismo dettato da considerazioni di ordine socio-politico. il primo era

dovuto a motivazioni teologico-dottrinali: esso considerava l’ebreo, uomo senza patria, come un

dannato da Dio per non aver riconosciuto il Messia. In que

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Swami.spallotta di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle scienze psicologiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Foschi Renato.
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