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Mussolini, pur riluttante a trattare con gli angloamericani per non “tradire” la Germania, era l’unico

con reale potere di iniziativa. Anche gli antifascisti, sia all’estero che in Italia, tentarono contatti con

gli Alleati, ma senza successo. Londra, forte della linea della resa incondizionata, rifiutò ogni

sondaggio italiano e mantenne il controllo esclusivo dei rapporti, impedendo anche aperture verso

gli USA. Così, tra il 1942 e la caduta di Mussolini, non esistette alcuna concreta possibilità di pace

separata.

6. I contrasti tra inglesi e americani nella strategia militare per il Mediterraneo: dalla conferenza di

Casablanca allo sbarco in Sicilia

Per gli Alleati l’Italia aveva inizialmente un ruolo secondario. Solo a Casablanca, nel gennaio 1943,

si decise lo sbarco in Sicilia, voluto da Churchill e accettato da Roosevelt, nonostante l’opposizione

dei militari americani. L’operazione mirava a far crollare il fascismo, impegnare i tedeschi in attesa

dello sbarco in Normandia e, in modo implicito, rassicurare l’URSS per evitare una sua pace

separata con Hitler. Lo sbarco fu però preparato con mezzi limitati e tra molte incertezze, vista la

priorità data al fronte francese.

Alla vigilia dello sbarco in Sicilia, Eisenhower (supremo comandante alleato per il teatro del

Mediterraneo) temeva la resistenza tedesca. Intanto emerse lo scontro politico tra USA e Regno

Unito su chi dovesse essere il senior partner, avere cioè la maggiore responsabilità nel governo del

paese e sulla scelta tra un'amministrazione diretta (con l'eliminazione cioè della classe diri- gente

fascista) o indiretta, con il suo utilizzo, anche se parziale. Il SOE e il comando alleato di Algeri

proponevano di adottare un tono di propaganda più conciliatorio, volto a incentivare la popolazione

e le élite italiane a sollecitare la resa. Tuttavia, il Foreign Office britannico si oppose con fermezza,

ricevendo l’appoggio di Roosevelt, che riteneva imprescindibile il principio della resa

incondizionata stabilito a Casablanca. Quando Eisenhower chiese l’autorizzazione a utilizzare un

linguaggio meno rigido, i capi di Stato maggiore alleati confermarono la linea dura.

Solo poco prima dello sbarco si trovò un compromesso, ammorbidendo la propaganda per

incoraggiare gli italiani alla resa.

Nell’estate del 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia, trovando una resistenza italiana molto limitata.

Gran parte delle truppe tedesche riuscì però a ritirarsi verso la terraferma, rimanendo operativa per

le fasi successive della campagna italiana.

Dopo lo sbarco in Sicilia, Churchill spinse per continuare l’offensiva in Italia e nei Balcani,

suscitando le preoccupazioni americane che temevano un indebolimento dei piani per Overlord. La

caduta di Mussolini il 25 luglio rafforzò la linea britannica, portando alla decisione di uno sbarco a

Salerno e in Calabria (operazione Avalanche). Eisenhower, consapevole dei rischi militari, sostenne

con forza l’armistizio con l’Italia per ridurre la resistenza tedesca.

7. Lo sbarco in Sicilia e la crisi dell’esercito italiano

Il generale Ambrosio, nominato dal Duce capo di Stato maggiore dal febbraio 1943, consapevole

della debolezza dell’esercito italiano e del rischio di un’invasione alleata, cercò di convincere il

Duce a imporre a Hitler una scelta: sostenere l’Italia con adeguati rinforzi o accettare il rischio che

Roma cercasse una pace separata. Mussolini però si illudeva ancora di poter spingere Hitler a un

accordo con l’URSS e non prese alcuna iniziativa autonoma. Di fronte a queste resistenze, anche i

tentativi di Ambrosio di coinvolgere il re fallirono, e il generale non arrivò mai a considerare un

contatto diretto con gli angloamericani.

Lo sbarco in Sicilia evidenzió l'inadeguatezza delle forze dell'Asse e l'impreparazione militare

italiana; l'operazione si svolse con un totale dominio sul mare e una schiacciante superiorità aerea

degli angloamericani.

Durante lo sbarco in Sicilia, lo sfaldamento dell’esercito italiano fu aggravato dalla sfiducia della

popolazione, stremata dai bombardamenti e convinta dell’inutilità della resistenza. Molti soldati

siciliani disertarono per tornare alle famiglie, interi reparti si sciolsero e le defezioni raggiunsero

livelli altissimi, mentre la maggioranza della popolazione accolse gli Alleati come liberatori. Mentre

i comandi italiani cercavano giustificazioni, i tedeschi attribuivano la resa al crollo del morale e alla

mancanza di leadership, aggravata anche dalla propaganda alleata che invitava i soldati a deporre le

armi promettendo libertà.

CAPITOLO 2

Dal 25 luglio all’8 settembre

1. La caduta di Mussolini

La caduta di Mussolini il 25 luglio 1943 fu decisa all’interno del regime: il Gran Consiglio, che non

si riuniva dal 1939, approvò la mozione Grandi (19 voti contro 7) che restituiva al re i poteri

costituzionali, e Vittorio Emanuele colse l’occasione per sostituire Mussolini con Badoglio e farlo

arrestare. L’opposizione antifascista, pur in fase di riorganizzazione, non ebbe alcun ruolo diretto e

rimase sorpresa dagli eventi. L’obiettivo dei promotori era far uscire l’Italia da una guerra ormai

perduta, salvando però la monarchia e gran parte dell’apparato del regime.

Secondo Grandi il 25 luglio non doveva portare alla fine del fascismo, né all'arresto di Mussolini.

Egli pensava ad un governo che riunisse fascisti e antifascisti moderati, che appoggiasse la

monarchia, ma senza alcun ripudio del passato. Anche il re Vittorio Emanuele intendeva mantenere

una forma di me autoritario e non si pose nemmeno l'alternativa di appoggiarsi alle forze

antifasciste. La scelta di un militare come Badoglio a capo del governo doveva assicurare il

controllo del paese e dell'esercito per un primo periodo, ed era probabilmente soluzione considerata

transitoria, per poi affidare il governo a Grandi, ma l'evolversi della situazione non lo permise. La

proposta avanzata dal re Vittorio Emanuele agli alleati di nominare Grandi come ministro degli

Esteri doveva essere un primo passo verso questa direzione, ma il netto rifiuto di Eisenhower

impedì un tale sviluppo.

Badoglio, appena insediato, proclamò che la guerra sarebbe continuata al fianco della Germania, ma

in realtà tale frase sembrò più un espediente per perdere tempo e per trattare un armistizio con gli

Alleati.

Ci fu l'eliminazione dei simboli e delle forme più appariscenti del vecchio regime (il Partito

Nazionale Fascista, il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato). Badoglio nominò anche un

gabinetto, i cui membri però erano per la maggior parte esponenti della vecchia classe dirigente o

militari.

La situazione richiedeva un'azione immediata, un piano per uscire dalla guerra. Il nuovo governo si

trovava a dover scegliere fra tre soluzioni: 1) denunciare la fine dell'alleanza con la Germania

ponendosi a fianco degli angloamericani; 2) non rompere l'alleanza con la Germania, ma tentare di

convincere i tedeschi a non opporsi a una pace separata tra l'Italia e gli angloamericani; 3) fingere di

voler continuare la guerra a fianco della Germania, iniziando nello stesso tempo le trattative con gli

angloamericani per una resa.

Il governo Badoglio decise di perseguire la 2 e la 3 opzione contemporaneamente, sperando di far

accettare ai tedeschi un ritiro dell'Italia dal conflitto, in cambio del mantenimento della neutralità e

del graduale passaggio del controllo del fronte nei Balcani e in Grecia alle forze del Reich. Soltanto

quando fu chiara l'indisponibilità tedesca, il governo Badoglio stabilì contatti con gli inglesi.

Nei giorni immediatamente seguenti il 25 luglio la situazione si complicò ulteriormente e il partito

fascista sembrò dissolversi nel nulla, mentre la popolazione esplose di gioia poiché interpretò la

destituzione di Mussolini come un segnale dell’imminente uscita dell’Italia dalla guerra.

2. I piani di Hitler per un colpo di stato in Italia e le contromisure italiane

Dopo la caduta di Mussolini (25 luglio 1943), Hitler temette una resa italiana e una sua pace

separata con le potenze alleate. La reazione di Hitler alla notizia dell'allontanamento di Mussolini fu

quindi violenta. Convinto del «tradimento italiano»>, Hitler pensò in un primo momento di

effettuare immediatamente un colpo di stato, con l'arresto di Badoglio e del re e la restaurazione di

un regime fascista a Berlino affidato a Farinacci, in attesa di prendere possesso di Mussolini. Decise

poi di adottare una linea più cauta fingendo di credere alle dichiarazioni di lealtà di Badoglio, ma

solo per prendere tempo e preparare l'occupazione almeno dell'Italia settentrionale.

Come reazione, Hitler, il 26 luglio, emanò una direttiva in cui ordinava che le forze di occupazione

italiane nell'Egeo passassero sotto il comando tedesco e che le unità italiane in controllo di posizioni

cruciali fossero <<rafforzate>> con contingenti tedeschi, così da legarle al controllo germanico e

ostacolare un eventuale armistizio. In pochi giorni inoltre affluirono in Italia otto divisioni: le truppe

tedesche si comportarono da forza d’occupazione, presidiando vie di comunicazione e il Brennero

senza consultare Roma. L’obiettivo era prevenire la defezione italiana e, soprattutto, evitare che le

forze tedesche al Sud venissero isolate da uno sbarco alleato. Si volle quindi assicurare il controllo

dell’Italia settentrionale. Il 1º agosto lo Stato maggiore elaborò il piano definitivo di occupazione

dell’Italia, “Operazione Achse”, che prevedeva la sostituzione di Badoglio con un governo fascista,

il disarmo delle forze italiane a nord di Roma e il ritiro dal sud per non essere intrappolati in caso di

sbarco alleato.

I piani di colpo di stato di Hitler precedettero la decisione italiana di arrendersi, così dopo il 25

luglio, Hitler diffidò di Kesselring (comandante supremo delle forze tedesche nel Sud Europa),

giudicato troppo vicino agli italiani, e gli nascose i piani di colpo di stato, affidando invece a

Rommel il comando nel Nord Italia. Kesselring, contrario a soluzioni di forza, preferiva collaborare

con Badoglio e propose di spostare truppe verso Sud, ma Berlino ribadì la priorità di difendere solo

l’Italia settentrionale e preparò un’eventuale ritirata verso il centro. Per Badoglio, il pericolo più

immediato divenne il ritorno dei fascisti con l’appoggio tedesco: vi erano segnali di contatti tra ex

fascisti e agenti del Reich.

Si creò un paradosso: Badoglio esitava a contattare gli Alleati per non insospettire i tedeschi, mentre

Berlino era convinta che l’Italia stesse già trattando un armistizio

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Scienze politiche e sociali SPS/06 Storia delle relazioni internazionali

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