L'idea di una scuola media unica nasce sulla base delle finalità dell'intero sistema scolastico.
L'articolo 34 della Costituzione, infatti, afferma che l'istruzione inferiore, impartita per almeno
8 anni, è obbligatoria e gratuita. Di qui la necessità di fornire a tutti i giovani una formazione
di base in grado di colmare gli svantaggi iniziali legati all'estrazione sociale, garantire una
crescita fondata sull’uguaglianza, assicurare un processo educativo a misura di adolescente
e dotarlo della strumentazione necessaria per compiere le successive scelte di studio e di
lavoro. La legge che istituisce la scuola media unica fu approvata nel 1959, dopo che i
comunisti depongono in Senato una proposta di legge per l'istituzione della scuola pubblica
dell'obbligo dai 6 ai 14 anni. Di lì, nasce una vicenda che si conclude nel 1962 con la riforma
scolastica più importante del dopoguerra. Questo risultato è stato raggiunto anche grazie al
clima politico di quegli anni legato alla nascita del centrosinistra come tentativo di accordo
fra gli aspetti riformisti presenti sia nello schieramento cattolico sia in quello laico e
socialista. Gli schieramenti, infatti, vedevano da un lato comunisti, socialisti, partiti di
democrazia laica, insegnanti, studiosi e alcuni settori del mondo cattolico, e dall'altra la DC, il
Vaticano e l'associazionismo cattolico. Sul piano dei contenuti vi erano i termini di un
dibattito aperto da quasi un secolo, per cui Codignola riassume il proprio punto di vista
affermando che l’idea di una scuola realmente democratica si fonda sull’unicità del percorso
formativo, considerata la premessa indispensabile per garantire l’uguaglianza sociale e la
formazione di un cittadino consapevole. Tutti gli studenti devono poter accedere allo stesso
tipo di istruzione di base, perché solo così si possono evitare discriminazioni e favorire lo
sviluppo delle proprie capacità, infatti, l’accesso ai vari gradi di istruzione, dalla scuola di
base fino all’università, non deve essere limitato da scelte imposte in giovane età o da
condizioni economiche e sociali. Un altro aspetto fondamentale riguarda l’eliminazione di
ogni disparità tra le aree urbane e quelle rurali. Per molti anni, infatti, gli studenti delle città
hanno goduto di maggiori opportunità rispetto a quelli delle campagne, e questa ingiustizia
andava superata garantendo pari condizioni a tutti. Infine, si ribadisce che la scuola deve
essere un compito primario dello Stato, non un servizio da integrare con l’iniziativa privata.
Solo un sistema pubblico efficiente su tutto il territorio nazionale può assicurare una vera
uguaglianza educativa.
Il fronte riformatore, quindi, si batte per un'istruzione media realmente unica, obbligatoria e
gratuita, che assicuri a tutti gli adolescenti una formazione di base che consenta loro di
proseguire gli studi scelti liberamente. Questa era ormai una questione di giudizio sociale e
di riconoscimento del merito. Coloro che erano contrari a questa prospettiva sostenevano,
invece, la necessità di riservare i gradi più alti dell'istruzione ai giovani che, per condizione
sociale e familiare, sarebbero stati in grado di affrontare le spese di tale formazione
culturale; coloro che, invece, non avevano questa possibilità, secondo Giuseppe Medici,
ministro della pubblica istruzione avrebbero avuto a disposizione una scuola più consona
alle loro possibilità e ai loro interessi. Vi è, quindi, il ritorno di vecchie impostazioni, cioè dare
a ciascuno la scuola più appropriata ed evitare il fenomeno degli spostati. Per quanto
riguarda la scuola media, seppur definita unitaria, è comunque divisa in rami che rispondono
alle diverse attitudini psicologiche degli adolescenti; inoltre, riemerge anche la scuola post
elementare e per quanto riguarda i programmi di insegnamento si propone la questione del
latino, fondamentale per la formazione umanistica. E’ bene anche sottolineare che gli anni
dal 1959 al 1962 sono caratterizzati da una serie di dibattiti, infatti la DC utilizza tutti gli
strumenti politici che ha a disposizione per contrastare l'unificazione. Per quanto riguarda i
democristiani, i socialisti e le altre forze del centrosinistra si accordano su un testo al quale
si oppongono i comunisti che volevano contrastare l'alleanza tra socialisti e cattolici. In base
a ciò, la nuova scuola media avrebbe avuto carattere secondario, sarebbe stata unica e
gratuita. Le sue finalità erano la formazione dell'uomo e del cittadino e l'orientamento
dell'alunno nella continuazione degli studi; vi era l'esame di Stato e per quanto riguarda il
latino, compariva al secondo anno come conoscenza elementare. Inoltre, alcuni
insegnamenti come il latino e l'educazione musicale erano facoltativi, ma chi avesse voluto
iscriversi al liceo classico avrebbe dovuto superare l'esame di latino, infatti erano previsti
corsi di recupero per consentire il superamento di tale prova anche a chi non l'avesse scelto.
La legge detta norme per favorire la diffusione della nuova scuola e agevolare la frequenza,
come: trasporto gratuito per gli alunni residenti in località prive di scuola media; contributi,
libri e materiali didattici per gli studenti appartenenti a famiglie disagiate; istituzione di classi
di aggiornamento per gli alunni in difficoltà. Inoltre, nasce il doposcuola che segna l'inizio del
tempo pieno e si riconoscono ampi poteri ai consigli di classe.
Va anche sottolineata l'importanza storica dell'istituzione della scuola media unica, infatti, vi
sono tre considerazioni: in primo luogo, la nascita della scuola media unica rappresenta una
prova generale di ciò che sarebbe accaduto negli anni successivi. Ogni volta che una
riforma scolastica arrivava in Parlamento, infatti, si aprivano scontri e polemiche, che
rendevano necessario trovare un compromesso tra posizioni spesso opposte. Questa
dinamica, continua ancora oggi a pesare sulla scuola italiana. In secondo luogo, la nascita
della scuola media ha posto all'ordine del giorno il problema della riforma della scuola
secondaria e della sua nascita tardiva a causa di divergenze ideali e culturali e interessi non
sempre limpidi. Infine, con la nascita della scuola media unica si è avviato un processo di
scolarizzazione di massa che rappresenta l'effetto di un cambiamento della società italiana.
Da questo punto di vista, infatti, gli anni successivi al 1962 mostrano che la nuova scuola
media risponde al bisogno reale di istruzione da parte delle famiglie, infatti, crescono gli
iscritti ed evidenzia il problema delle bocciature e della selezione scolastica nel mondo della
scuola. In tutto ciò, gli insegnanti e in particolare quelli medi, non sono pronti ad accogliere
lo spirito della riforma, soprattutto perché manca una riflessione sulle implicazioni educative
e didattiche connesse all'istituzione di una scuola obbligatoria e gratuita fino ai 14 anni. Tutto
ciò è dettato anche dal fatto che fino ad allora l'obiettivo era contenere la massa di studenti
ed infatti tra gli insegnanti e i dirigenti scolastici era diffuso il senso comune che vedeva in
un incremento eccessivo della scolarità, la premessa di un abbassamento della serietà degli
studi. A tal proposito, la funzione della scuola dell'obbligo era la promozione di una comune
formazione di base e l'orientamento per le scelte successive, ma questo non fu subito
chiaro. Inoltre, vi era l'inadeguatezza di una parte degli insegnanti impegnati nella scuola
dell'obbligo che chiedeva loro di ripensare la funzione e le finalità della propria
professionalità e alla scuola di riflettere su se stessa. Da questo punto di vista, la mancata
riforma della scuola secondaria assume il significato di un deficit di consapevolezza delle
trasformazioni in atto nella società e nel sistema formativo.
4.8 La scuola materna
Per quanto riguarda la scuola materna, non è considerata una vera e propria scuola, ma
piuttosto una sorta di custodia, assistenza o di servizio sussidiario offerto alla famiglia. Per
quasi un secolo, infatti, le scuole materne raccolgono una minima parte di bambini tra i 3 e i
5 anni e la maggior parte di essa è gestita da soggetti religiosi, quasi sempre a pagamento,
in cui si seguono modelli pedagogici come Aporti, le sorelle Agazzi e Maria Montessori.
Nel corso degli anni ‘60 si pone l'esigenza di una scuola per l'infanzia in grado di avviare un
primo processo di scolarizzazione per i piccoli. I partiti della sinistra, ad esempio, mossi da
motivazioni di ordine psico pedagogico, scolastico e sociale propongono l'istituzione di una
scuola materna statale. Pertanto, nel 1963 i socialisti presentano un progetto di legge per
l'istituzione della scuola materna statale, al quale se ne aggiunge un altro nel 1964,
presentato dai comunisti che la definiscono scuola dell'infanzia. Per quanto riguarda i
cattolici, hanno un'impostazione diversa da quella delle forze laiche e di sinistra. Sul piano
educativo, infatti, sottolineano come la scuola materna dovesse essere non obbligatoria,
ponendosi come prolungamento dell'educazione familiare; inoltre, difendono le iniziative
gestite dagli enti religiosi che si erano fatti carico dell'educazione infantile quando lo Stato
era disinteressato e assicuravano un intervento ispirato a valori religiosi e rispettoso degli
ideali delle famiglie. Sulla base di queste impostazioni, anche il governo nel 1964 presenta
un proprio disegno di legge sull'istituzione di scuole materne statali. Vi fu uno scontro molto
aspro che terminò con il solito accordo tra democristiani e socialisti. La legge n. 444 del
1968 stabilisce l'Ordinamento della scuola materna statale ed è seguita nel 1969 dal decreto
recante gli Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali. I due testi
accolgono maggiormente le istanze cattoliche che quelle laiche, per cui la scuola materna
era facoltativa, il personale doveva essere necessariamente femminile e l'istituzione della
scuola materna statale e il suo finanziamento, non dovevano ostacolare lo sviluppo della
scuola materna privata, che non era tenuta ad adeguarsi agli orientamenti. Per quanto
riguarda la formazione del personale educativo l’influenza della visione religiosa si estende
anche alle scuole magistrali, che erano in gran parte private e gestite da enti religiosi.
Queste scuole avevano l’obiettivo di formare le educatrici dell’infanzia, ma non come
professioniste qualificate e preparate attraverso un percorso di studi adeguato; piuttosto,
seguivano il modello della “maestra-mamma”,dotata di intuito, amore e pazienza. Ad ogni
modo, la legge presenta limiti e condizionamenti di tipo religioso e l'impegno dello Stato per
la diffusione d
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