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L’intrinseca ambiguità del linguaggio consiste nel fatto che non solo la stessa

parola può avvenire usata per descrivere emozioni distinte ma la stessa

emozione può essere connotata con termini differenti a seconda della rilevanza

culturale che le attribuita. Ogni lingua privilegia determinate emozioni che

risultano di fatto inesprimibili. L’italiano possiede nulla parola per descrivere

un’emozione volubile provocata da una perdita irreparabile. Tale sentimento che

riunisce in sé la delusione e il rimpianto ma anche la furia, un attimo si mostra

rassegnato e l’attimo dopo ribelle. In conclusione Rostand metteva in guardia dal

pericolo dell’astrazione verbale sostenendo che le teorie passano, la rana resta e

si può affermare che l’emozione esiste e permane al di là della nostra capacità di

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esprimerla a parole. La riflessione sul legame tra emozioni e linguaggio ha

trovato importanti sviluppi nell’ambito della neuroscienze affettive. Si tratta di

una nuova disciplina il cui nome è stato cognato da Panksepp che analizza i

processi mentali di base, funzioni cerebrali e comportamenti emotivi comuni a

tutti i mammiferi, per localizzare i meccanismi neuronali dell’esperienza emotiva.

La nascita di questa disciplina ha rivoluzionato la neuroscienza come se esse non

fosse parte della mente e del cervello. L’attività mentale risulta fin dalle sue

origini e a partire dai suoi livelli un’attività cosciente, finalizzata e

intrinsecamente affettiva. Il risultato più rilevante di queste ricerche risiede

nell’idea secondo cui le emozioni sarebbero implicate in tutte le attività della

mente. la distinzione tra cognizione di emozione sarebbe allora del tutto

arbitraria e artificiale: mondo cognitivo e mondo affettivo interagiscono tra di

loro in modo così rilevante che diventa difficile distinguerli. Il linguaggio verbale

si rivela non essenziale per lo studio e per la comprensione delle emozioni. Il

linguaggio non può essere il segno distintivo dell’affetto perché esso non riesce a

spiegare le esperienze primarie. Le parole non saranno mai in grado di spiegare

l’esperienza del vedere il colore rosso a qualcuno che è cieco perché l’esperienza

del rosso è un’esperienza primaria che viene prima del concetto e non richiede

l’intelligenza concettuale.

2. Emozioni degli animali

L’ipotesi di Panksepp secondo cui alla base dell’esperienza affettiva ci sarebbero

strutture cerebrali che l’essere umano condivide con altri mammiferi, fa

emergere la questione della contiguità dell’emozione umana rispetto a quella

animale. Tra filosofia e animalità sembra instaurarsi un rapporto intrinseco

perché per capire che cos’è l’essere umano corre avere un termine di confronto.

Parlare degli animali significa occuparsi dell’umano per definire quest’ultimo,

Aristotele spiegò che l’umano è quel vivente che possiede il linguaggio e che

l’animale è quel vivente che non possiede il linguaggio. I due elementi di

discrimina individuati da Cartesio sono l’uso del linguaggio e della ragione: un

autonoma non potrebbe mai combinare parole o segni per comunicare agli altri i

propri pensieri e ne sarebbe in grado di svolgere compiti nuovi per cui i suoi

meccanismi interni non fossero predisposti. A queste due differenze qualitative

ne verrà aggiunta una terza ossia la capacità di provare emozioni. L’idea

secondo cui le emozioni sarebbe una qualità specifica dell’uomo è condivisa nella

modernità. Rousseau fu tra i primi a sostenere che gli animali partecipano alla

legge naturale esattamente come l’uomo. L’esistenza di sentimenti affettivi negli

animali è ormai sostenuto da numerose evidenze scientifiche. Gli altri mammiferi

sono attratti dalle stesse ricompense ambientali di noi umani e ci dovrebbero

essere pochi dubbi sul fatto che gli stati affettivi esistono anche negli altri

animali. in secondo luogo i nostri sentimenti emotivi umani sono dipendenti da

sistemi celebrale sottocorticali molto simili nelle regioni profonde dove insistono

sistemi neurali istintivi. Gli animali non sono neutrali rispetto a nessuno delle

varie forme di citazione emotiva indotte artificialmente.per suscitare la paura,

Panksepp si è servito di due elettrodi inseriti nelle zone sottocorticali del cervello

di un ratto corrispondente a tale emozione. A seguito dell’applicazione di un

livello minimo di corrente, il ratto si immobilizza con un livello più elevato di

corrente l’animale scappa. Gli stessi comportamenti di immobilizzazione fuga

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sono riscontrabili nell’uomo: praticando una stimolazione elettrica, i soggetti

umani coinvolti nell’esperimento di chiano di essere spaventati.

La comparsa delle emozioni nell’evoluzione ha significato una risposta adattiva

all’ambiente circostante questo perché i sistemi affettivi di base forniscono

valutazioni nel mondo sottoforma di categorie delle esperienze affettive

individuali. Le neuroscienze affettive si inseriscono in quella consolidata

tradizione di pensiero che vede nelle emozioni è una forma di valutazione come

afferma il fatto che i sistemi emotivi si possono considerare antiche e universali

strutture valoriali. La scoperta delle omologie a livello neurale tra uomo e

animale ha offerto un’importante cornice ai più recenti studi di biologia evolutiva

che si interessano con maggior forza all’affettività e alla moralità dell’animale.

Tra i numerosi casi concreti riportati da Becoff si può ricordare quello

dell’elefantessa e ecco. Dopo aver partorito un cucciolo con una rigidità alle

giunture carpali tale da impedire il movimento, Eco ha rischiato la propria

sopravvivenza abbandonando il branco per aspettare che la paresi del cucciolo si

riducesse. Una simulazione evidenzia non solo una forma di attaccamento

materno ma anche un forte senso della famiglia. La conclusione a cui sono giunti

questi studi di etologia cognitiva e che non esiste alcuno scarto morale tra gli

esseri umani e le altre specie.

3. Emozione come linguaggio

Mentre l’idea che l’emozione possa configurarsi come una forma di linguaggio

interspecifico è molto recente in ogni caso di battuta ed essa rappresenta una

forma di comunicazione umana ed è riconosciuta fin dalle origini del pensiero

occidentale. La retorica ovvero quella branca della filosofia e il cui obiettivo è

convincere mediante le parole, sia sempre interrogata sul ruolo decisivo che le

emozioni rivestono all’interno del processo persuasivo. il buon oratore era colui

che sapeva dimostrare di conoscere a fondo l’oggetto di cui stava trattando ma

che era anche capace di suscitare emozioni piacevoli o dolorose negli ascoltatori.

È proprio per questa questione che Aristotele ha in mente quando critica le

tecniche fino ad allora esposte nei manuali di eloquenza. egli accusa i maestri di

retorica che lo hanno preceduto di essere ricorsi a un procedimento non

metodico che si serviva in conclusione delle emozioni per confondere il giudizio

del pubblico. L’emozione diventa secondo Aristotele l’elemento chiave dell’arte

retorica: nella sua famosa teoria dei tre mezzi di persuasione conformi alle regole

dell’arte, nell’induzione dell’emozioni ricopre una posizione intermedia tra la

prova e la rappresentazione del carattere. L’idea di fondo del procedimento

retorico di Aristotele discende dalla sua definizione dell’emozione come una

forma di valutazione e come una determinata tipologia di giudizio. Le emozioni

dipendono da certi giudizi su una data persona sulle sue azioni. Sulla base di

questa teoria non soltanto è possibili stimolare le emozioni in modo molto più

mirato ma in più non si corre il rischio che l’induzione delle emozioni distolga

dalle questioni di battute o svii il giudizio morale. Le emozioni ricoprono un ruolo

determinante, non mancano nel corso della storia teorie più estreme che vedono

nelle passioni nei sentimenti non solo uno strumento ma bensì l’autentico fine

dell’arte oratoria.

Il ruolo svolto dalla retorica e oggi diventato appannaggio del linguaggio

pubblicitario. I tre obiettivi coincidono con quelli che sono i presupposti di una

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pubblicità efficace: fornire informazioni, suscitare un’emozione e provocare un

sentimento di piacere di attrazione. La funzione di emozioni all’interno di un

simile processo e diventata più cruciale. Attraverso la sfera affettiva che

l’individuo mette in relazione gli eventi esterni con i propri bisogni, desideri e

interessi. Si tratta in questo caso di un vero e proprio processo finalizzato a

plasmare l’emozione altrui. i messaggi pubblicitari sono prototipi ideali della

manipolazione emotiva grazie alla loro brevità, all’elevata frequenza di figure

retoriche e all’integrazione di codici diversi che essi presentano: verbale e

iconico nel caso della televisione dei nuovi media. Tali messaggi sono coerenti e

suscitano nel pubblico un elevato grado di emotività. Per attrarre il destinatario,

il proprietario del marchio deve fargli credere di provare in prima persona quanto

sta dichiarando, sfidandolo sul terreno dell’investimento emotivo generato da

molti dei fattori presenti nella pubblicità. La pubblicità crea così nuovi bisogni

sociali, inducendo a desiderare qualcosa che spesso va ben oltre il mero prodotto

pubblicitario. Tutto questo è ben noto a partire dalla produzione dei pensatori

della scuola di Francoforte, secondo i quali la caratteristica della moderna società

di massa è proprio quella di trasformare lo spreco in bisogno. il linguaggio

pubblicitario è incentrato su un vero e proprio culto dell’emozione: il pubblico

non desidera più che il prodotto si è presentato per le sue qualità o funzioni

intrinseche ma si mostra desideroso che il messaggio pubblicitario suscita

un’emozione. L’efficacia della comunicazione di pene da un contesto emozione

coerente o erotica. Per riuscire a creare un circolo emotivo virtuoso tra brand e

cliente, gli esperti di marketing studiano con attenzione il target emozionale

ovvero i sentimenti del pubblico su cui far presa. La riuscita dell’intero processo è

valutata attraverso quello che viene definito l’indice di purezza emozionale

ovvero il livello di coerenza comunicativa. La vita, le esperienze, la versatilità e le

passioni sono gli aspetti cruciali che si traducono in un target emozionale che il

pubblico deve già possedere per essere in grado di decifrare un messaggio

articolato. La retorica emozionale pubblicitaria crea una sele

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
21 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher 96REBECCA di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Menin Marco.