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Un nuovo fattore che imposta le dinamiche di trasmissione del controllo politico è la
concezione familiare della detenzione del potere. Ciascun maschio adulto può
ritenere di avere diritto alla successione, non vi è alcun diritto di primogenitura, e la
poligamia crea di farro famiglie parallele, in cui il ruolo delle donne è fondamentale
e viene da queste affermato attraverso la capacità di stringere alleanze con i protetti
del sovrano a corte.
I Selgiuchidi costruiranno una confederazione di famiglie nelle quali al principe a
capo di ciascuna viene assegnata una porzione territoriale autonoma, il cui governo
procede in linea ereditaria. Ogni principe giura fedeltà e mostra lealismo al membro
principale del clan, ovvero il sultano il quale regna tra Iraq e Iran.
3. I Buyidi (945-1048)
La dinastia degli emirati buyidi costituisce quello che viene chiamato “intermezzo
iranico”, fra il dominio abbaside e l’arrivo dei Selgiuchidi. I fondatori della dinastia
vengono da un passato come mercenari negli eserciti dei signori locali iranici, grazie
all’alleanza con i proprietari terrieri riescono a formare una propria milizia. Il primo
dei Buyidi è ‘Alii ibn Buyah, il quale conquista la regione del Fars nel 934. Suo fratello
Hasan ibn Buyah alla fine degli anni Trenta conquista la regione del Jibal, nord-ovest
iraniano. Il terzo fratello Ahmad ibn Buyah nel 945 riesce ad occupare Baghdad.
I tre buyidi sono i primi a ricevere dal califfo titoli onorifici che rappresentano una
concessione di autorità politica. Tutti i titoli onorifici di questa dinastia terminano
con il termine dawla, il termine indicava originariamente le dinastie ma in questo
contesto assume il significato di potere statale. iBuyidi instaurano una
confederazione divisa in tre principati: il Fars, il Jibal e l’Iraq. Le tre capitali: Shiraz,
Rayy e Baghdad conoscono un periodo di grande splendore. I signori buyidi che
continuano la dinastia dei tre fratelli fondono in un unica figura il genio militare e
l’interesse per la cultura del mecenate. Questa doppia figura è un tratto
caratteristico dei sovrani buyidi e rispecchia lo spirito di quest’epoca. Lo stile
condiviso di rinascita culturale permette di guardare a questo periodo come a un
vero e proprio umanesimo.
La dinastia non nega mai una certa simpatia per lo sciismo, nonostante questo però
non provò mai a deporre il califfo sunnita, tantomeno promosse una conversione
forzata. Con i Buyidi si assiste ad una promozione della visibilità dello sciismo, nel
963 il principe di Baghdad concesse agli sciiti di celebrare pubblicamente
l’anniversario della morte di Husayn. L’anno seguente la comunità potè festeggiare
pubblicamente l’anniversario della designazione di ‘Alii da parte del profeta. Le
cronache ci parlano però di tumulti e scontri tra sciiti e sunniti e nel 937 le
celebrazioni si conclusero con un incendio che distrusse parzialmente il quartiere
sciita.
Nel corso della prima metà del XI secolo l’autorità dei Buyidi iniziò ad essere
oscurata, la fine dei Buyidi avviene nel 1055 per mano del selgiuchide Tughril Beg.
4. I Fatimidi (909-1171)
In questi anni l’ismailismo continuò la sua predicazione, a capo di questa vi era il
missionario Abuu ‘Abdallaah al-Shii’ii. Nel Maghreb il missionario riesce ad ottenere
l’appoggio dei berberi e nel marzo del 909 il gruppo conquista Qayrawan. Tutto è
pronto per accogliere l’arrivo del legittimo erede di Ismaa’iil, Ubaydallaah, il quale
instaura una nuova dinastia, la cui legittimità deriva dalla duplice discendenza dal
profeta, per parte di ‘Alii e soprattutto per parte di Faatima. L’attesa di un messia
che aveva animato l’ismailismo si era conclusa.
Gli aspetti più estremi della predicazione ismailita vengono smussati. I Fatimidi
proclamano la loro istituzione ‘califfato’ entrando in aperta competizione contro i
califfi abbasidi. Lo sciismo dei Fatimidi non richiederà mai l’adesione e la
conversione delle masse, e mostrerà grande tolleranza nei confronti di ebrei e
cristiani. Il nuovo orientamento giuridico è descritto dal giurista Muhammad al-
Tamiimi, i suoi Da’aa’im al-islaam (‘Pilastri dell’islam) sono il testo fondamentale
della giurisprudenza ismaelita.
Per circa cinquant’anni i Fatimidi regnano in Nord Africa. Nel 969 è portato a
compimento il progetto di conquista dell’Egitto. Nel 973 il califfo al-Mu’izz
trasferisce al Cairo la sua corte, è da qui che inizieranno le attività missionarie della
dinastia. L’ismaelismo conosce una fondamentale elaborazione dottrinale che lo
dota di un impianto teologico e filosofico, sul piano politico questo farà del potere
fatimide una teocrazia (forma di governo in cui la sovranità è simbolicamente
esercitata dalla divinità, storicamente identificata nel governo di uomini considerati
gli interpreti più attendibili della volontà divina) iniziatica, cui solo la classe dirigente
può partecipare, un’apertura di carattere politico che include anche le donne e
riflette una situazione sociale in cui il mondo femminile è più che mai presente e
attivo.
I Fatimidi assumono i caratteri di una grande potenza mediterranea e per circa un
secolo esercitano il pieno controllo dei commerci su scala intercontinentale. La
politica monetaria e fiscale promossa dalla dinastia e la particolare attenzione per le
infrastrutture (in particolare porti) ha fatto dell’Egitto il centro del commercio
mondiale dell’XI secolo. Lo stesso medioevo latino ha tratto enorme vantaggio dalla
crisi economica e politica che investirà i Fatimidi nel XII secolo.
Il controllo delle vie carovaniere transahariane viene sottratto ai Fatimidi prima
dalle rivendicazioni dei governatori nord-africani e poi dall’affermazione delle
dinastie berbere degli Almoravidi e degli Almohadi.
All’interno della dinastia fatimide si producono due scismi, motivati col rifiuto di
riconoscere la successione di due imam. Il primo, conseguente alla misteriosa
sparizione del califfo pazzo al-Haakim, diede origine ad una setta eretica nata
intorno alla concezione divina di questo imam. Il secondo fu il risultato del dissenso
interno all’ismailismo, che ormai vedeva nel potere fatimide ciò che il movimento in
origine voleva combattere.
5. I Selgiuchidi (1038-1194)
L’XI secolo è stato particolarmente gelido, questo cambiamento climatico sarebbe
all’origine di un grande processo di migrazioni che ha visto intere tribù nomadi
turche spostarsi verso i territori dell’Iran orientale. A seguito di questa grande
migrazione segue una tendenza alla sedentarizzazione, questo cambio di mentalità
si impone con i Selgiuchidi.
Intorno al 1035, guidati dai capi delal tribù di Saljuuq, migliaia di cavalieri oghuz
premono verso le grandi città del Khorasan (regione tra Afghanistan, Turkmenistan e
Iran). Il califfo abbaside al-Qaa’im vede nei nuovi conquistatori quella forza militare
che potrebbe contrastare sua i domini dei Buyidi che dei Fatimidi.
Il conquistatore Tughril Beg arriva a Baghdad nel 1055 dove viene nominato sultaan
dal califfo, al califfo viene accordata un’autorità di rappresentanza della comunità
islamica, in cambio il sultano si proclama difensore dell’istituzione che legittima il
proprio potere.
La penetrazione di queste tribù nei territori bizantini della frontiera orientale è vista
come un problema per i Selgiuchidi. Dopo una prima vittoria dell’esercito bizantino a
Manzikert nel 1054, la ribellione dell’autorità centrale ha costretto il sultano ad
intervenire, invadendo con le sue truppe l’Anatolia.
La battaglia di Manzikert nel 1071 segna la sconfitta dell’esercito bizantino, l’evento
è considerato l’ultimo atto di una decadenza già da tempo inoltrata.
Si è molto insistito sulla funzione selgiuchide di protettori del sunnismo contro lo
sciismo fatimide e buyide. L’enfasi è posta su alcuni eventi che sin dalla presa di
Baghdad avrebbero evidenziato il carattere antisciita dell’avanzata selgiuchide. La
politica selgiuchide contro due potenze sciite, assume una componente religiosa
filo-sunnita. Il ministro Nizaam al-Mulk fornisce un modello di sovranità ‘laica’ che
trae consenso dal corpo sociale dei giuristi e dai dotti religiosi. Ad una fisionomia del
sovrano ben consigliato dal filosofo, si sostituisce l’immagine di una sovranità
limitata, guidata e controllata dal consiglio del giurista. La funzione religiosa e
sociale di guardiano dell’ideale di giustizia è riposta nella sharii’a.
Un grande merito dei Selgiuchidi è lo sviluppo di una politica culturale. Nel 1067
nizaam al-Mulk, fonda a Baghdad la prima madrasa, un’istituzione molto simile alle
università che sorgeranno nel medioevo latino, nasce come un centro
“sperimentale” di studi teologici e giuridici. Grazie a questa innovazione promossa
dei Selgiuchidi, la docenza vine professionalizzata e istituzionalizzata. La madrasa
assorbe un modello più antico di distribuzione e conservazione del sapere,
rappresentato fino ad allora dalle biblioteche pubbliche e semi-pubbliche. La
madrasa è un importante veicolo di promozione sociale delle classi medie che nella
giurisprudenza e nelle scienze spirituali trovano una gratificazione intellettuale più
accessibile rispetto a campi del sapere più elitari come le scienze e la filosofia.
La fisionomia dei Selgiuchidi come strenui difensori del sunnismo e nemici dello
sciismo è da tempo messa in discussione, a riprova di ciò vi è lo splendore
architettonico delle comunità sciite del XII secolo dovuto all’attività mecenatistica
esercitata dai Selgiuchidi. L’atteggiamento dei Selgiuchidi non è affatto ostile, lo
sciismo che loro combattono è quello ismailita dei Fatimidi e di Alamut, nello
sciismo imamita trovano invece un prezioso alleato. Oltre a scegliere i ministri
imamiti, promuovono e finanziano l’edificazione di madrase anche nelle comunità
sciite.
L’unità dell’impero dei Selgiuchidi resiste fino alla morte di Malik Shaah. Dopo il
1092 i suoi figli si spartiscono le province, la frammentarietà dell’impero e l’implicita
debolezza portò all’incapacità di fronteggiare l’ondata migratoria dei mongoli.
6. Gli Ismailiti di Alamut (1094-1265)
La setta degli ismailiti di Alamut si stacca dall’ismailismo fatimide al momento
dell’elezione a califfo di al-Musta’lii nel 1094. La nuova propaganda ottiene
consenso in particolare nell&rsqu