LACAPITOLO IV DRAMMATURGIA DEL PRIMO CINQUECENTO
La scena cortigiana è caratterizzata dal ritrovamento della drammaturgia classica, in particolare dalle commedie latine (lingua originale ma anche in italiano) e da produzioni autonome ad esse ispirate. Ludovico Ariosto con la produzione delle commedie Cassaria (1508) e Suppositi (1509), si afferma come inventore della commedia rinascimentale, la quale non imita solamente come un modello classico ma introduce anche l'elemento di novità della cultura romanza. Riveste particolare importanza in questa Giovanni Boccaccio e il Decameron, ricco di situazioni comiche fondate sulla beffa e trame erotiche. La commedia italiana del Cinquecento si pone come punto di incontro tra la tradizione dei commediografi latini e tra la tradizione boccaciana. Va data importanza alla Calandria del Bibbiena, rivisitata poi da Boccaccio che racconta la vicenda di un marito che viene preso in giro e cornificato. Rimanda ai Menaechmi di Plauto ma.
Basta modificare l'elemento del sesso dei due gemellini protagonisti (due maschi poi maschio e femmina), per sconvolgere le azioni e dare un accento equivoco e sessuale (gemello femmina va in giro vestito da uomo, i due vengono scambiati l'uno con l'altro ma a letto una donna può trovarsi il gemello femmina anziché un uomo). La società di Plauto e Terenzio consentiva il trattare di vicende di giovani amori tra nubili ma non di amori adulteri, tipici nel Boccaccio. La cultura cortigiana è caratterizzata da un ampio gusto di rappresentazioni: commedie latine e italiane, spettacolarità mimico gestuali dei buffoni, giocolieri, mimi e danzatori, in gruppo o singolarmente, diventano delle maschere teatrali. Un esempio di questo tipo di performer è il senese Niccolò Campani (Strascino), fa parte di realtà di piccoli intellettuali che amano recitare e scrivere un'ampia gamma di testi, dalle commedie rusticane,Cittadine e pastorali. La commedia pastorale si pone nel Cinquecento come terzo genere (i primi due sono tragedia e commedia) di cui si ricorda l'Aminta (1573) di Torquato Tasso. La novità degli autori senesi è quella della commedia rusticana o alla villanesca, nata nel Medioevo, promuove una violenta polemica nei confronti del contadino, considerato al pari di una figura bestiale e maligna e sul contrasto economico tra città e campagna.
Il Campani era un autore-attore molto apprezzato a corte, si pensa che nello Strascino operasse con un gruppo ristretto di persone, recita lui tutte e battute dei quattro contadini protagonisti che contrastano sia il loro padrone sia il giudice che avrebbe dovuto risolvere il litigio. La composizione risulta essere solo un punto di partenza di una abilità attorica e di imitativa. Lo Strascino è da vedersi come l'inventore di una figura scenica precisa: il contadino, caratterizzato da un abbigliamento colorato ed esotico.
Al di fuori delle corti centro-settentrionale il teatro si diffonde in ritardo, a Venezia, doveregna un regime oligarchico, il teatro è percepito come una forma di trasgressione. Le Compagnie delle Calze (riferimento ai gentiluomini) erano organizzazioni di giovani patrizi che recitavano comedilettanti e si ponevano il modello delle corti, che organizzavano eventi ludici e di festa per ricorrenze come il Carnevale ma anche per l'arrivo in città di personalità celebri. Oltre alle associazioni dilettantistiche c'è anche una componente professionale rappresentata da giocolieri, buffoni. Tra i professionisti del teatro si ricorda il lucchese Francesco Nobili (Cherea), presente a Venezia dal 1508 e grazie al quale il pubblico veneziano conosce i volgarizzamenti dei testi di Plauto e Terenzio. L'industria tipografica era attiva, si consuma teatro e su invito nelle case patrizie delle Compagnie ma anche in luoghi pubblici, oppure a pagamento.cronista veneziano Marin Sanudo nelle sue annotazioni fa pensare che Cherea collaborasse con una vera compagnia di professionisti dove si mescolano i generi della commedia tipica del Rinascimento (titolo dell'opera messa in scena non è presente) ma anche il prodotto della bassa spettacolarità dei buffoni. Nell Venezia degli anni Venti si impone la figura di Anglo Beolco detto Ruzante, il quale scrive e recita i suoi testi in dialetto padovano. Della sua vita si sa poco, da recenti indagini è sotto il profilo di un borghese relativamente agiato e con una buona cultura, opera per Alvise Cornaro ma non per questo rappresenta in modo simpatico la figura del contadino - riferimento a Pastorale del 1518 e Betìa del 1524 - scritte in versi. Tutte le altre opere del Ruzante saranno scritte in prosa. Con i due dialoghi Parlamento de Ruzante che iera vegnù de campo e Bilora e con la commedia La Moscheta del 1529-30, Ruzante supera il contegno nei confronti dellarealtà contadina forse anche a causa della carestia, la fame in queste opere non è più buffonesca ma è reale e tragica. Il contadino non è più uno strumento di polemica ma diventa un personaggio protagonista. Il dialogo è una sorta di attounico ed è una nuova struttura teatrale. Parlamento e Bilora sono due tra i più importanti capolavori beolchiani. Sono ambientati a Venezia e vengono evidenziate le controversie sociali di sfruttamento della campagna da parte della città e ne ribalta le dinamiche reali: il villano padovano sottostava allo sfruttamento della borghesia padovana e per questo parteggiava per Venezia, Beolco invece trasforma l'odio antipadovano in odio antiveneziano. Il Parlamento consiste nella parlata villana di Ruzante, una tragedia che racconta il suo tentativo non riuscito di andare in guerra per migliorare le sue condizioni sociali di miseria e fame. Nel dialogo-tragedia si profila anche ilpersonaggio di Gnua, moglie del Ruzante, fuggita dalla campagna e dal marito per migliorare le condizioni sociali. Per questo intraprende una relazione con un bravo del mondo canagliesco urbano. Il momento di tensione nell'opera sta nel desiderio di Ruzante di riaverla e nella volontà della donna di non tornare alle condizioni di miseria. Con l'arrivo del bravo la moglie e l'impossibilità di cambiare il suo destino, che bastona Ruzante si ribadisce la sconfitta. La Bilora ha la stessa impostazione del Parlamento. Il contadino Bilora arriva in città per riprendersi la sua donna (Dina) che gli è stata portata via da Andronico, un vecchio mercante veneziano. Anche in quest'opera, la donna rifiuta il ritorno alle condizioni di miseria. Avviene contrasto tra i due uomini e il villano uccide il mercante non tanto per possesso della donna o per un malinteso d'onore ma perché sotto effetto dell'alcol (necessario per affrontare le
ingiustizie della vita e causa delle immagini di violenza che poi si sono avverate e generano stupore della loro realizzazione nel contadino). È un'opera che supera l'adesione La Moschetta con un taglio da commedia, è strutturata in cinque atti. Si al mondo contadino rappresentata dalla presenza di due dialoghi. Il Ruzante della Moschetta racconta di un villano integrato nella zona urbana della città di Padova ma costretto a vivere al livello del sottoproletariato. I suoi espedienti per vivere perdono l'accezione polemica e si avvicinano allo stile delle commedie tradizionali: colui che crede di essere il più furbo in realtà è il più sciocco. Ruzante non parla più il tipico dialetto padovano ma, imitando uno scolaro, parla una falsa imitazione dell'italiano. L'ultima fase di Ruzante è classicheggiante. Esempi di questa fase sono La Piovana (1532) e La Vaccaria (1533), dei rifacimenti dell'Asinaria e Rudens.
Su modello delle commedie di Plauto, quali con l'aggiunta di elementi da Terenzio e Ariosto. Nell'ultima fase, il villano si trasforma e diventa un servo astuto, permane l'uso del dialetto padovano ma viene meno il contenzioso con il padrone e il contrasto città-campagna. Se prima le vicende si concentravano sulla realtà ossessiva della fame, ora si concentra sulla burla. Non vengono più imitati i modelli classici si pone come un modello in competizione con Ariosto e Bibbiena. Il Ruzante dell'Anconitana è servo del borghese Sier Tomao, è il servo astuto dal quale si inizia a delineare il personaggio dell'Arlecchino, mentre Sier Tomeo delinea il personaggio di Pantalone, il vecchio avaro, donnaiolo, pieno di malanni. Il villano ha perso per sempre vitalità umana e sociale e si è trasformato nella maschera della Commedia dell'Arte.
17Congrega dei Rozzi,
Un'associazione di Siena nel 1531 si consolida la autori-attori che concentrano il loro lavoro all'interno dell'orizzonte rusticano. Chi entrava a far parte della Congrega acquisiva il termine "rozzo" ma perde la sua sostanza perché nell'associazione si seguiva un percorso di autoformazione culturale, oltre al giocare a bocce (cosa tipica dei Rozzi), si leggeva e commentava insieme dei testi (Boccaccio, Petrarca). La stesura delle commedie è solo una delle tante attività delle quali si occupano i Rozzi, tra cui anche la loro messa in scena. Chi entrava a far parte della Congrega dei Rozzi doveva avere delle abilità performative come cantare, danzare, suonare e saper recitare (non solo la dizione di poesie). Verrà sempre ribadito l'aspetto dilettantistico della congrega, che rifiuta espressamente di avere membri che volgono la professione. Il teatro senese nel primo trentennio del Cinquecento viene definito Pre-Rozzi ed.
è caratterizzato da una pluralità di scelte teatrali (farsevillerecce, commedie con personaggi regali, pastorali) mentre la scena teatrale dei Rozzi è caratterizzata prevalentemente dalla presenza del personaggio villano che nel teatro dei Pre-Rozzi divide il palcoscenico con pastori, nel teatro dei Rozzi assume centralità, nonostante questo rimane incomune il punto di partenza ovvero la satira antivillanesca. A Siena prevale la debolezza economica el’impedimento dell’inurbamento, viste le condizioni, i Rozzi che di professione sono artigiani (visticome classe subalterna), non mettono in scena la loro figura ma affidano al personaggio villano il compito di riportare le insofferenze dell’artigianato urbano nei confronti della classe dirigente e alta (che comporterà l’arrivo degli spagnoli e la perdita dell’indipendenza borghesia proprietaria di terreni della repubblica senese nel 1555). Uno dei più importanti componenti.contadino e la vita rurale. Le sue opere sono caratterizzate da un linguaggio popolare e da una satira pungente nei confronti della società dell'epoca. Salvestro Fumoso si distingue per la sua abilità nel rappresentare i vizi e le debolezze umane attraverso personaggi comici e situazioni comiche. Le sue commedie villanesche, come "La villana", "Il villano" e "Il villano in corte", raccontano le vicende di contadini che si trovano a confrontarsi con la nobiltà e la corte. Le sue pastorali, come "La pastorella" e "La pastorella innamorata", invece, si concentrano sulle storie d'amore tra pastori e pastorelle. Salvestro Fumoso è considerato uno dei principali esponenti del teatro villanesco italiano e le sue opere hanno contribuito a diffondere questo genere teatrale in tutta Italia.Scarica il documento per vederlo tutto.
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