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e) LA POLIEDRICITA’ DEL DOCTOR
- capacità del giurista medievale di proiettarsi su fronti diversi:
- l’insegnamento è il filone più praticato dai giuristi, e in questo modo
essi possono insegnare ovunque nell’impero
- si occupano anche della pratica come avvocati, consiglieri o giudici
- esercitano anche come notai: riporta ciò che le parti dicono, sceglie il
contratto per ogni situazione che deve certificare, sceglie la forma da
usare tramite i formulari=insieme di fac simili per poter sviluppare
l’atto; il documento da lui prodotto attesta la pubblica fede=la
veridicità di quanto scritto dal notaio doveva fino a quel momento
sempre essere vagliata dal giudice, ma successivamente il giudice
accerta per vero sempre quando rogato dall’atto notarile, che vale quindi
come atto pubblico=la sua veridicità è sempre presunta, fino a
prova contraria
- si occupano di amministrazione, incarichi diplomatici e per le
ambascerie
g) TRATTATI e CONSILIA
- sono 2 generi letterari che si inquadrano alla luce di una generale
crisi di certezza del diritto, che si manifesta già a fine ‘400→la
quantità di materiale giurisprudenziale (=prodotto dell’elaborazione dei
giuristi sul Corpus) che grava sul Corpus è enorme e si va gradualmente
a stratificare sul testo→”Glossa Magna” di Accursio (con 100mila
glosse), i Commentari ecc.+invenzione della stampa (seconda metà
‘400) sul mercato librario di una quantità sconfinata di
→immissione
materiale (ex. incunabili=prime edizioni a stampa a fine ‘400, cinque
centine=edizioni che si stamparono nel corso del ‘500); la stampa si
diffonde e nascono centri di produzione libraria, per quanto riguarda
l’editoria giuridica emergono le città di Lione (antica Lugduni) e
Venezia→qui vengono stampate principalmente le opere giuridiche; gli
avvocati e i giudici stentano ad orientarsi e ad applicare
quotidianamente il diritto→grave e profonda incertezza del
diritto→induce la scienza giuridica (giuristi-dottori) ad intervenire e
farsi carsi del bisogno di certezza che proveniva dalla prassi forense
(giudici e avvocati)
- scrive consilia (pareri legali) e trattati→”pragmatismo
giuridico”=tendenza marcata della scienza giuridica ad andare in
contro ai bisogni di chiarezza del diritto provenienti dalla prassi
TRATTATI=monografia che inquadra determinati settori del diritto (ex. sul
d.privato, processo, d.pubblico, d.criminale ecc.; anche d.commerciale, in
evoluzione per via delle scoperte geografiche del periodo; istituti particolari
del d.civile/fattispecie criminose specifiche)
- giuristi postaccursiani→Alberto da Gandino: giudice di Crema, che
ha scritto il “Tractatus de maleficiis”=trattato sulla materia
criminale→la estrae dal Corpus Iuris e ne fa oggetto di una trattazione
unitaria e omogenea (fine ‘200)
- Bartolo da Sassoferrato: molti trattati particolari, con argomenti
specifici; “Tractatus universi iuris”=30 volumi con centinaia di
trattati (stampati a Venezia)
- (d.privato) “Tractatus de coniecturis ultimarum voluntarum” di
Francesco Mantica (giurista friulano, è stato anche giudice della sacra
rota a Roma), serve a decifrare le ultime volontà del testatore, che
spesso erano espresse in maniera poco chiara e sibillina
- (materia processuale) di Jacopo Menocchio (giurista del ‘500-600,
gloria pavese) “Tractatus de arbitrariis iudicum”→”trattato sulle
prerogative arbitrarie dei giudici” dei giudici
→sull’arbitrio
(giudiziale), essi non avevano un codice sul tavolo, quindi procedevano
in base ad ampie prerogative arbitrarie, ma bisognava evitare che
esondasse dai suoi limiti e “Tractatus de preaesumptionibus
coniecturis, signis, indici bus”: trattato sulle presunzioni,
congetture, segni e sugli indizi di prova nell’ambito del
→strumenti
processo criminale, il giudice nel valutare la situazione processuale si
basa anche su essi, oltre alle testimonianze
- (in materia processuale) “De ordine iudiciorum”: trattato sulla
procedura, di Roberto Maranta; “Tractatus cautelarum” di
Bartolomeo Cipolla: sulle cautele processuali=cautele che l’avvocato
adotta quando la situazione processuale del cliente non è delle migliori,
per evitare che si aggravi ulteriormente
- (materia commerciale, in grande sviluppo: secoli delle grandi scoperte
geografiche) trattato di Bartolomeo Stracco “De mercatura”
(=commercio); di Sigismondo Scaccia, sul commercio e la materia
cambiale (valute); di Raffaele della Torre, sul cambio; di Ansaldi
(‘600) e Casaregi (‘700)
- (materia criminale) Egidio Bossi (giudice del senato di
Milano=supremo tribunale, corte di giustizia del ducato di Milano):
“Tractatus varii” (‘500)=trattati che inquadrano la materia criminale;
Giulio Claro (gloria pavese, anche lui giudice del senato di Milano)
“Pratica criminale”=opera molto usata, di facile consultazione, tocca
sia ambito sostanziale (analisi dei reati in ordine alfabetico→il primo
è l’adulterio e l’ultimo è l’usura) della materia criminale+sia materia
criminale dal punto di vista processuale; Prospero Farinaccio
(giurista di Roma, che andò spesso in galera per sue vicissitudini
personali, quindi sperimenta in prima persona gli espedienti per uscire
da essa): “Pratica criminale” facile da consultare, perché la
→meno
materia era meno ordinata, però non mancava mai sul tavolo del
causidico, è un vero e proprio tesoro di scienza e miniera dalla quale si
poteva sempre tirare fuori una soluzione e un artifizio per ribaltare le
sorti processuali del proprio cliente
- tre trattatisti pavesi: Gianfrancesco Sannazzari della Ripa: il
Trattato sulla peste (‘500) nuova, perché il tema della
→trattazione
peste non era trattato nel Corpus, parla delle magistrature sanitarie
delle varie città, dove c’erano i magistrati della sanità (ex. a Venezia ogni
sestriere era governato da un magistrato della sanità) e i loro compiti
erano numerosi: dovevano legiferare sulle condizioni igieniche dei
mercati cittadini, l’approvvigionamento dei viveri nelle città,
registravano i decessi in città, davano disposizioni sulle sepolture nei
cimiteri, a loro facevano riferimento i medici e gli speziali (=farmacisti)
molto importanti, soprattutto durante le ricorrenti epidemie di
→erano
peste dei tempi; è un manuale amministrativo sanitario
- trattato di Polidoro Ripa (‘500) sul tempo della notte (“De nocturno
tempore”): sull’ordine pubblico e il controllo della criminalità
notturna nelle città medievali, che inizialmente era rimesso alle genti,
che accorrevano quando suonavano la campana/alle urla della vittima,
poi fu istituito un controllo notturno da parte dell’autorità cittadina
(ex. podestà, capitano del popolo ecc.) con delle guardie armate, che si
occupavano del pattugliamento notturno e controllavano i luoghi in cui
era più diffusa la criminalità notturna, chi violava il coprifuoco
notturno, chi girava di notte armata, chi teneva aperte in città le bische
clandestine in cui si giocava d’azzardo; anche qui c’è una specifica
magistratura: i signori della notte
- Stefano Costa (canonista, ‘400-500) trattazione sul gioco (“Trattato
sul gioco”): inquadra il fenomeno del gioco giuridicamente, tramite la
normativa statutaria, civile, canonica+inquadramento filosofico-morale
(fonti: Aristotele e S.Tommaso d’Aquino); il fenomeno ludico si diffonde
del ‘500, inquadra le pratiche cavalleresche, le musiche e le danze, il
gioco d’azzardo, delle carte ecc.
- Quadro dipinto di Giovanni Francesco Barbieri (“Quercino”) che
raffigura il giurista Francesco Righetti, di Cento (Ferrara), laureato
in utroque a Bologna nel 1615 (Ferrara a quel tempo era compresa nei
territori dello stato pontificio→lui è stato avvocato delle terre dello stato
pontificio) braccio tiene la Pratica di Giulio Claro
→nel
CONSILIA=pareri degli avvocati; ci sono due forme di consulenza:
1) Giudiziale (=destinata ai giudici): consilia sapientis
iudiciale→legata al tempo del governo consolare e podestarile: i
giudici a quel tempo nei comuni medievali non avevano
particolari cognizioni sul diritto del comune medievale, che era
conosciuto poco perché spesso i giudici erano forestieri→quando
dovevano sentenziare avevano difficoltà, quindi si rivolgevano al
sapiens (=giurista che conosce bene il diritto locale) =avvocato
iscritto al collegio cittadino professionale degli avvocati (giurista
collegiale); consiglio del sapiens al giudice cittadino; questa
pratica fu codificata dallo statuto, che stabiliva che il giudice per
sentenziare dovesse rivolgersi al sapiens, perché non conosceva
bene il diritto locale e così non doveva produrre il dispositivo
della sentenza, scaricandosi di molte responsabilità: alla fine del
loro incarico, venivano sottoposti al sindacato (magistratura del
sindacato), che giudicava l’operato del pubblico funzionario; è un
caso di giurisdizione delegata; con l’avvento del governo
signorile le cose cambiano: il signore nomina dei tribunali nelle
signorie/principati dove ci sono i suoi giudici, che sentenziano in
suo nome e suo conto; essi non sono più degli sprovveduti, ma
sono tecnici che conoscono il diritto, perciò non necessitano più
dei sapiens e sono loro a produrre e pronunciare la sentenza
2) Privata: consilia pro veritate→destinate al privato, che
chiede un consiglio al causidico (come avviene ad oggi); “pro
veritate”=”per la verità”=il giurista si impegnava dal punto di
vista formale e in linea di principio nella ricerca di una verità il
più possibile imparziale ed oggettiva; questi consigli erano
rilasciati dai causidici sulla base di elevatissimi compensi, perché i
privati che potevano permettersi di accedere al causidico erano
persone molto ricche ed importanti (ex. princeps, pontefici..) →si
tratta di una verità non oggettiva, ma conforme agli interessi del
cliente; schema di un consiglio destinato al processo→segue un
ordine di impostazione dialettico:
1) Invocazione religiosa propria del giurista
2) Esposizione del caso (breve)
3) Enunciazione delle argomentazioni contra, avanzate dalla
controparte (e contrarie al proprio cliente), con la formula “A
prima vista sembra che”
4) Argomentazioni pro, addotte dal causidico, che mirano a
contrastare la con