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“INTO THE WILD”

GIORGIO BRATO, guidato da Giorgio Braschi (1967), vede un perfetto equilibrio tra ricerca e tradizione,

che lo stilista ricerca nel primitivismo dei rockers. Utilizza principalmente la materia-pelle, ma anche tessuti

organici e poveri giapponesi, sui quali applica un senso di vissuto, conferendo alle stoffe un soffio vitale in

pelli tagliate al laser, usurate dal tempo e trattate al vegetale. Vi è quindi un vitalismo invecchiato.

AVANT-TOI con a capo Mirko Ghigone, vede l’utilizzo di materiali nobili, specialmente cashmere e seta,

che lui brutalizza, togliendone la raffinatezza, attraverso il sabotaggio. I volumi dei suoi abiti si dilatano in

forme oversize, con tinte terrose che ricordano una regressione allo stato primordiale. Ghigone fa emergere il

pullulare della materia, come accade ad esempio in cardigan e maglioni vicine alle energie della natura.

A.F. VANDERVORST (1968 e 1971) si dichiarano sulla linea dell’Anti-Form, dell’arte contemporanea e

della Process Art. Il loro simbolo è una croce rossa, in quanto vogliono essere come guaritori dei mali della

civiltà occidentale che ha perso la su relazione con la natura. Utilizzano così una softness diffusa anche

grazie all’utilizzo di dispositivi elettronici. Spesso richiamano all’abbigliamento da cavallerizza, come in

stivali fatti da zoccoli di cavallo. Applicano tagli arditi e asimmetrici su capi tradizionali, come quando il

retro di una giacca diventa il davanti afflosciandosi.

BARBARA I GONGINI rappresenta un Anti-form ancora più estrema, senza fare riferimento al passato,

che preferisce travolgere da una biologia diffusa sia sui tessuti che sui volumi. Creando creature tentacolari e

biomorfe, sempre con il total balck monocromo. Con questa stilista si hanno le bestie dell’informe che

avvolgono il corpo.

NUOVI IBRIDI TRA BIOFILIA E CITAZIONE

HAIDER ACKERMANN (1971) presenta uno stile ricco di lembi cascanti che si attorcigliano ed

arricciano alla fine. Predilige materiali nobili, per creare una moda di forme aperte e fruscianti. Per

intensificare il suo vitalismo biomorfo utilizza le tecniche del giapponismo wabi-sabi, cioè la

sovrapposizione di tessuti e le asimmetrie. Rimane comunque il citazionismo tipico della sua generazione, in

quanto i suoi capi sono riconducibili alla pittura manierista a serpentina, e nella permanenza intatta della

silhouette femminile.

ANN-SOFIE BACK (1971) è una biofila classicheggiante, che realizza abiti da donna-vampiro,

sbrindellati e sgualciti. Allo stesso modo BORA AKSU (1969) inserisce nella sua linea tratti biofili, con un

richiamo alla Moda povera variata in due direzioni: una giapponese, secondo la quale ricerca lo stato di

crescita della materia cellulare, ed una che guada alla citazione museale passatista.

ALESSIA GIACOBINO (1972) con il marchio JO NO FUI, realizza delle soluzioni co tessuti puliti che le

permettono di assicurarle una disinvoltura nel gioco dei volumi. Vi è un classicismo rinnovato che vede

accostamenti inediti, ricchi di citazioni rivedute e corrette, anche dei grandi nomi della moda (come li

chemisier di YSL).

STELLA MCCARTNEY (1971) caratterizza la sua moda attraverso un dualismo tra l’utilizzo di tagli

puliti, sui quali inserisce stampe lussureggianti, dai motivi massimalisti. Tra le caratteristiche principali

della stilista vi è l’utilizzo del pizzo, che però rivisita; come fa anche con pezzi del guardaroba maschile

trasportati in quello femminile, ma resi larghi, tra virgolette.

ASTRATTI E FIGURATIVI

Tra coloro definiti come nati attorno al 1970 i sono alcuni stilisti che mirano al ripristino dei valori pittorici

e figurativi, ma sempre influenzati dalle icone mass mediatiche e da cartoni animati e fumetti.

Tra questo genere di artisti si ricordano: NICOLAS GHESQUIÈRE (1971) che è stato direttore creativo di

Balenciaga, cambiandone la poetica: asciugando la silhouette attorno al corpo, con una virata verso il

sintetico. Mescola geometria e decorazione dando luogo a soluzioni robotiche, high-tech. MATTHEW

WILLIAMSON (1971), si dà quasi del tutto al pittorico, anche se attratto da decorazioni geometriche.

BERNHARD WILLHELM (1972) ha una connotazione molto più street, di graffiti trasportati sul tessuto,

staccati dalla parete che quindi vagano nello spazio. HENRIK VIBSKOV (1972) immagina spettacoli

pensati per coinvolgere ogni sfera sensoriale.

RAF SIMONS (1968) presenta una connotazione Neominimalista, fatta di linee chiuse, lineari e chiare,

relegate alla superficie. Alle quali affianca i volumi nuovi e ricercati. Simons è un’artista dai tagli rigorosi e

squadrati. Ma la sua dottrina Minimalista viene eliminata attraverso la scomposizione degli abiti, che poi

rimonta come fossero Transformers. Questa caratteristica si vede in blazer dalle chiusure raddoppiate su

fronte e retro o in un tessuto scozzese che appare spostato, come se più superfici fossero state sovrapposte e

fatte scivolare. LE UTIME TENDENZE

MATERIA OSCURA, ENERGIA OSCURA

Vi è un rapporto di osmosi tra i “nati attorno al 1970” e i “nati attorno al 1980”, che presenta un rapporto di

continuità della linea stilistica, ma allo stesso tempo vede la distinzione tra figurative e non-figurativi.

In queste due generazioni ci è la ricomparsa del vitalismo di Owens e dei sei di Anversa, e l’aggiunta di una

linea underground come quella di Poell e di Carpe Diem, Nascono così stilisti che possiedono un alto

grado di sperimentazione, ma riescono a normalizzarla.

BORIS BIDJAN SABERI (1978) usufruisce di forze del sottosuolo per riversarsi sulle forme convenzionali

della moda e del conformismo sociale, attraverso il plasmare il corpo secondo esse. La vicinanza di Saberi

alle forme della natura scaturisce anche dal logo del suo marchio: il numero 11, che non solo era il numero

preferito di Marinetti, ma è anche ogni undici anni che il sole raggiunge il suo picco di attività

elettromagnetica.

Questa vicinanza alla sfera astrale, si ha anche con il rifarsi del designer alla materia oscura ed all’energia

oscura, due forze che gli astrologi cercano di individuare. Da qui evince come anche l’attività dello stilista

sia molto legata ad una causa comune; volendo trasmettere, con le sue creazioni, ideologie, sensazioni e

convinzioni sociali.

Nel caso di Saberi, egli sente la materia oscura quando lavora con tessuti movimentati, ricchi di ribollori

iletici, e l’energia oscura quando utilizza tagli netti ed a vivo; perciò, si può dire che la materia oscura

addensa e l’energia oscura dilania.

I suoi tessuti si presentano subordinati all’organicismo radicale, anche attraverso l’immersione in acido, o

in pozze di sangue, rappresentando uno stile post-apocalittico.

L’energia e la materia oscure non sono né positive né negative, ma solo è; sia in senso fisiologico, attraverso

effetti speciali organici; che spirituale con un’atmosfera proto-religiosa. In lui organico ed inorganico si

incontrano, mostrando le agitazioni pulsanti della materia oscura.

ISSEI FUJITA (1978) fondatore del marchio Lumen et Umbra, percorre la stessa strada di Saberi ma si

concentra sulle particelle subatomiche della fisica quantistica, con un’estetica relegata alle pulsazioni

atomizzate della realtà. A questa caratteristica si deve anche associare l’influsso della cultura zen, che vede

l’attenzione posta al “qui ed ora”; e il riscatto della bellezza anche delle cose in uno stato di decadenza. Da

qui vi è la caratteristica attenzione del designer ad atmosfere caduche ed al richiamo a superfici imbruttite

della materia.

Per Fujita è importante la ricerca di elementi da sentire, quindi legati alla fisica quantistica, in tessuti

granulosi, superfici non finite, con l’effetto marmorizzato e in polveri immateriali. Si hanno così capi ampi,

con trattamenti vibranti di superfici attraversate da flussi elettrici, tessuti screpolati, cuciture a vista e linee

casuali. Vi è anche un’influenza da parte della tecnologia.

Questa promozione di una moda alternativa, insuperabile nella sartoria e nell’artigianalità, si ha anche in

designer come: Maurizio Amadei, Luca Laurini, Simone Cecchetto, Mari Vittoria Sargentini, Yoko Ito

e Uma Wang.

YOHAN SARFATY (1966) si pone ai vertici di una moda estrema e sofisticata. Nel suo brand Y. Project, si

hanno una serie di soluzioni stilistiche pensate per scaturire stati d’animo, per suscitare delle percezioni

spesso relegate ai poverismi, a richiamare l’arte di Darklands e di Beuys.

In Sarfaty, come anche in Saberi e Fujita, da una prospettiva stilistica vi è una volontà di richiamo al

Medioevo, ma non nei termini della semplice citazione, in quanto armature e corazze vengono utilizzate

nelle forme che appaiono più utili alla loro poetica. Sarfaty riprende la battaglia medioevale arricchendola di

connotazioni post-apocalittiche, in mantelli, abiti totemici e stivali avvolti da zip.

Il designer ha assunto la direzione dal marchio If…only was true, creato da Giovanni Arlotti, che ha visto,

grazie a lui, lo sviluppo di una linea di maglieria molto sperimentale; che presenta comunque morfologie

cavalleresche medioevali e i tagli asimmetrici giapponesi.

KRIS VAN ASSCHE (1967), per le sue geometrie regolari, si potrebbe associare al Minimalismo, ma

presenta una serie di vitalismi che non rispecchiano tale corrente. Lo stilista utilizza scale di grigi che

riempie di macchie e sfumature, e arricchisce di asimmetrie e sovrapposizioni in stile giapponese, in capi

vaporosi ed aerei anche quando racchiusi in perimetri geometrici.

DAMIR DOMA (1981) inizia la sua carriera da Raf Simons, ma lui inserisce nel suo stile l’oversize con

abiti vaporosi e fluttuanti, che attingono anche dal Medio ed Estremo Oriente, con un’atmosfera favolistica.

BRUNO TEDIOLI (1970) con il marchio Br.UNO, è attratto dal clima underground, attratto dal goticismo

e dal dark del designer. Tedioli presenta anche una vena grafica ed illustrativa da fumetto, tipica della sua

generazione, che vede un carattere citazionista. Spesso le figure che veste sono come Alieni provenienti da

film, con una mediazione che lo vede cercare di entrare nella locandina di un film.

MILENA ALTINI (1967) fondatrice del marchio Milla, presenta una vocazione artigianale che vede i pezzi

prodotti con segni di mutazione brutalistica. Utilizza un organicismo primordiale, che richiama a delle

tribù, con capi che includono ossa, ferro, chiudi, suture e corna. Il suo stile è post-atomico, ma trova la sua

collocazione anche in un film di fantascienza noir.

IL FRONTE DEI “FUTURISTICI”

Tra questo gruppo di artisti, denominati futuristici, e quello precedente; non vi è una grande differenza, in

quanto entrambi guardano al futuro, ma questi si concentrano sui tratti rustici e naturalistici. La risultante

appare come una perfetta combinazione tra estetiche apparentemente

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
17 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher piana.agnese di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del costume e della moda e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Fabbri Fabriano.