Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Ritornando ai delicati rapporti tra Italia e Iran
Il capo della diplomazia italiana in Iran, Giuseppe Baldocci, secondo il quale era necessario porre in evidenza come quella delicata fase dei rapporti tra Iran ed Iraq avesse legami con la situazione interna all'Iran. Essa infatti meritava un'analisi per meglio comprendere le ragioni delle evidenti difficoltà attraversate dall'economia iraniana, poiché soprattutto a causa della guerra si erano dilaniati i tempi necessari per raggiungere l'indipendenza economica e nazionale. Secondo il diplomatico italiano era necessario stimolare i rapporti bilaterali, poiché i rapporti attuali erano insufficienti e la causa di ciò era principalmente il fatto che l'Italia stesse consolidando con il regime di Saddam Hussein sotto impulso della politica statunitense. I rapporti tra Italia ed USA erano infatti tesi soprattutto dopo la Crisi di Sigonella e il bombardamento di Tripoli. Il diplomatico italiano
3. Italia e la libertà di navigazione attraverso lo Stretto di Hormuz
La crisi di navigazione del Golfo che raggiunse il suo punto critico tra il 1986 e il 1987 rappresentò uno degli ultimi momenti di tensione bipolare. La primavera del 1987 venne segnata dall'attacco alle navi mercantili, principalmente petroliere, e quindi lo scontro tra i due paesi viene caratterizzato dalla guerra delle petroliere, che avrà un periodo di tregua grazie alla risoluzione Onu numero 598. L'Iran attaccò circa 90 navi mercantili per colpire i rifornimenti dei paesi che sostenevano il regime iracheno. Tra il 15 e il 16 agosto 1986 Hussein attaccò i terminal dell'Iran infliggendo un nuovo letale colpo alla capacità di esportazione del greggio iraniano. Per reagire a questa drammatica situazione a settembre del 1986 l'Iran
cominciò ad indirizzare attacchi sistematici contro i terminal iracheni e attacchi indistinti contro le navi dei Paesi del Golfo. La guerra delle petroliere impose alle navi mercantili italiane che operavano nella regione di abbandonare progressivamente le acque del Persico. L'Italia però non poteva restare passiva dinanzi all'aggravarsi della situazione sia per motivi politici legati alla sicurezza della regione e al periodo dell'espansione sovietica sia per motivi legati alla dipendenza dell'Italia dalle forniture petrolifere che le giungevano attraverso il Golfo, anche perché l'Italia era uno dei paesi europei maggiormente esposto agli effetti dell'escalation bellica nel Golfo Persico. L'esperienza diretta nei rapporti con l'Iran, il rischio di una possibile escalation nei rapporti bilaterali veniva percepita vivamente dalla diplomazia italiana. Nel biennio 1987-88 l'Italia venne eletta membro non permanente al
Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Sul tema della navigazione la distanza tra gli iraniani e l'Occidente restava evidente, poiché il regime iraniano insisteva affinché la soluzione della crisi della navigazione fosse trattata in maniera distintiva rispetto alla guerra terrestre. La progressiva estensione del conflitto nel Golfo minacciava direttamente la pace mondiale, offrendo alle Nazioni Unite l'occasione di recuperare la propria credibilità. Il segretario generale delle Nazioni Unite Javier Perez de Cuellar aveva ricevuto dal Consiglio di Sicurezza pieno mandato per la realizzazione di un piano operativo per l'applicazione della Risoluzione Onu numero 598; la soluzione prevedeva l'accettazione di un cessate il fuoco, non ufficiale, per consentire l'avvio dei lavori della Commissione di inchiesta, che comunque per gli iraniani avrebbe dovuto condurre alla condanna dell'Iraq. Giappone, Italia e Germania Ovest che.sedevano anche essi al Consiglio di Sicurezza dell' Onu. Per l' Italia e per il resto della comunità occidentale il problema della navigazione nel Golfo non andava scisso dalla questione del conflitto. Tuttavia in quel periodo giungevano segnali che potevano lasciar sperare in qualche apertura da parte dell' Iran. Il viceministro degli Esteri iraniano Larijani introdusse iniziative diplomatiche rivolte ai paesi della CEE. Larijani operava in stretto contatto e dipendeva da Khomeini e il suo operato era espressione di un mutato atteggiamento da parte degli iraniani. Larijani il 6 giugno del 1987 consegnò al Leo Tindermans, ministro degli esteri del Regno del Belgio, nazione presidente di turno alla Comunità europea, un documento con il quale l' Iran chiedeva formalmente alla Cee di assumere un iniziativa comune nelle acque del Golfo al fine di cessare gli attacchi contro le navi mercantili. L' iniziativa iraniana venne criticata in quanto ritenuta inopportuna.Poiché destinata a spostare l'attività condotta dal segretario che voleva dividere l'operato degli europei mettendo a nudo la condotta dei paesi comunitari che erano filo iracheni. Tuttavia Tindermas rimase favorevolmente colpito dalla condotta del viceministro degli esteri iraniano e anche perché voleva mostrarsi come un politico aperto al dialogo. Tuttavia i rapporti tra Francia ed Iran erano molto tesi e il governo di Parigi non sembrava disposto ad accettare i presupposti dell'iniziativa del ministro degli Esteri belga, anche perché per il governo francese la Comunità Europa non poteva limitarsi a un intervento neutrale nel Golfo poiché in questo modo si sarebbe potuto penalizzare l'Iraq di Hussein. L'Iran aveva fatto pagare alla Repubblica francese questa sua presa di posizione verso l'Iraq ed era un modo di dimostrare agli altri paesi europei quali fossero gli effetti di una politica dichiaratamente sbilanciata.
nel contesto tra i due regimi mediorientali. Il regime di Teheran aveva reagito alla presa di posizione dei francesi attraverso la politica dei rapimenti in Libano sponsorizzando attacchi armati, esecuzioni o attentati diretti contro gli oppositori del governo francese. Tuttavia le elezioni francesi del 1986 portarono al governo Chirac il quale era stato responsabile del dialogo tra Francia e Iran di Reza Pahlavi e da quel momento le armi francesi iniziarono a giungere copiosamente anche a Teheran, come sarà dimostrato dallo scandalo francese Irangate e ciò porto i francesi ad avvicinarsi a Saddam Hussein. Ma dopo una serie di atti che limitavano la libertà dei diplomatici esplose la guerra delle ambasciate tra Parigi ed Iran. Il 17 luglio del 1987 i paesi interruppero i rapporti diplomatici. L'iniziativa iraniana in Europa anticipò un importante svolta nel processo di pace, poiché l'Iran che aveva sinoad allora rifiutato le soluzioni ONU evanificato i tentativi di mediazione. Ma la risoluzione 598 aveva invece offerto una via d'uscita al regime di Teheran poiché sarebbe stata istituita una Commissione indipendente di inchiesta per individuare i responsabili dell'aggressione. Le potenze si trovarono nel considerare prioritaria l'individuazione delle responsabilità per lo scoppio del conflitto rinunciando a considerare la guerra utile per gli specifici interessi nazionali. Le potenze occidentali arrivarono a questa decisione anche perché la possibile sconfitta totale delle due potenze Iran o Iraq avrebbe avuto effetti pericolosi nel mondo libero. Gli stessi paesi terzi attraverso la rivoluzione venivano invitati a concretizzare tutti gli sforzi per porre fine al conflitto. Inoltre la Risoluzione sottoscritta all'unanimità conteneva una clausola che prevedeva la possibilità di indire un embargo militare qualora nell'arco dei successivi due mesi i due Stati avesseroignorato i contenuti del documento ONU.In Iran molti non erano pronti ad accettare la risoluzione soprattutto a causa della profonda radicalizzazione del Paese, ed inoltre questi sentimenti di rabbia e patriottismo vennero utilizzati dall'establishment della Repubblica iraniana per prendere maggiore tempo e sferrare l'attacco finale contro gli Iracheni.
La Risoluzione portò ad una tregua ma breve che terminò con l'ingresso nel conflitto nelle acque del Golfo.
Dal gennaio 1987 il Kuwait aveva richiesto agli Stati Uniti di proteggere le petroliere che attraversavano il Golfo e che erano sotto attacco da parte degli iraniani. Il segretario Caspar Weinberger elaborò una dottrina secondo la quale l'impiego delle forze armate era strettamente vincolato alla presenza di un effettiva minaccia contro gli interessi nazionali per gli Stati Uniti. La dottrina servì nell'escalation in Libia o in Libano.
Iniziò quindil’operazione Operation Earnest Will che sostennero la linea interventista per garantire la sicurezza nella navigazione del golfo, soprattutto per lanciare un segnale riguardante la determinazione statunitense nel proteggere i propri interessi strategici sia nei confronti di Mosca che rispetto a Teheran. Washington scelse per la linea interventista e da parte delle monarchie del Golfo e per mezzo degli Stati Uniti giunsero maggiori pressioni in favore del intervento di una forza multilaterale sotto l’egida dell’ONU. La Nato avrebbe potuto azionare il dispositivo militare in quanto nella difesa della libertà di navigazione attraverso lo Stretto poiché era implicata la sicurezza occidentale e la stessa efficacia della Nato. Il 17 maggio a 35 miglia da Kuwait City la petroliera sovietica venne danneggiata da una mina, gli statunitensi non si limitarono ad intervenire ma iniziarono a fare pressione sui propri alleati per ottenere l’invio di una forza.multinazionale per lo sminamento delle acque. Successivamente, il 24 luglio 1987, la USS Bridgeton, nave del Kuwait che era stata nazionalizzata dagli USA, colpì una mina a largo della regione del Farsi, ciò portò a far aumentare la tensione tra Washington e Teheran come nei giorni del sequestro dell'ambasciata. Da questo momento in poi, gli Stati Uniti iniziarono a fare pressione sugli alleati europei per la questione dello sminamento delle acque e dalla necessità di scortare le navi mercantili. Il 31 luglio del 1987, il segretario della difesa Caspar Weinberger inviò una lettera ai ministri di Italia, Francia, Regno Unito, Belgio, Olanda, Repubblica Federale Tedesca e Giappone, chiedendo agli alleati di prendere parte alle attività di scorta e sminamento delle acque nel Golfo Persico. Nella lettera, Reagan sollecitava i suoi interlocutori a prendere in considerazione l'ipotesi di un embargo verso l'Iran. Per il governo di Roma, la missione del
Golfo risultava al quanto problematica poiché si trattava di un contesto extra mediterraneo e soprattutto perché la missione sarebbe intervenuta in un conflitto armato. Gli Stati Uniti fecero molto pressione sull'Italia poiché la Marina Italiana disponeva di dragamine che si adattavano alla situazione.