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Fu qui che la Germania tentò la sua ultima e disperata scommessa impegnando tutte le forze rese

disponibili dalla firma della pace con la Russia. Mentre gli austriaci tentarono di sferrare il colpo

decisivo sul fronte italiano ma furono respinti dopo una settimana. Alla fine di luglio le forze

dell’Intesa, ormai superiori in uomini e mezzi grazie al massiccio apporto degli Stati Uniti,

passarono al contrattacco. Nella battaglia di Amiens, i tedeschi subirono la prima grave sconfitta

sul fronte occidentale e da lì cominciarono ad arretrare. I generali tedeschi capirono di aver perso

la guerra e lasciarono ai politici la responsabilità di un armistizio. Si formò un governo di coalizione

formato da socialdemocratici e cattolici nella speranza di un compromesso.

La prima a cadere fu la Bulgaria, poi l’impero turco, poi gli austriaci nella battaglia di Vittorio Veneto

e poi cecoslovacchi e slavi del sud proclamarono l’indipendenza.

In Germania i marinai della flotta tedesca diedero vita a consigli rivoluzionari ispirati all’esempio

russo, il moto si propagò e parteciparono anche i socialdemocratici del Reich. Erbert fu proclamato

capo del governo, mentre Guglielmo II fuggiva in Olanda e veniva proclamata la Repubblica di

Weimar. L’11 novembre venne firmato l’armistizio.

La Germania perdeva così una guerra che più degli altri aveva contribuito a far scoppiare. La

perdeva per fame e per stanchezza, ma senza che il suo territorio fosse stato invaso da eserciti

stranieri. Gli Stati dell’Intesa, invece, vincevano grazie all’apporto degli Stati Uniti. La guerra si

concluse non solo con un tragico bilancio di perdite umane ma anche con un drastico

ridimensionamento del peso politico dell’Europa sulla scena internazionale.

Vincitori e vinti della guerra

Nel 1919 si tenne a Versailles la conferenza di Pace e parteciparono i rappresentanti di trentadue

paesi dei cinque continenti, molti dei quali avevano svolto nella guerra un ruolo marginale.

Rimasero invece esclusi i paesi sconfitti, chiamati solo a ratificare le decisioni che li riguardavano.

Tutte le materie più importanti vennero in realtà riservate ai cosiddetti “quattro grandi”, ossia ai capi

di governo delle principali potenze vincitrici: l’americano Wilson, il francese Clemenceau, il

britannico Lloyd George e l’italiano Orlando, quest’ultimo però relegato a un ruolo secondario. I

leader delle potenze vincitrici avevano il compito di ridisegnare la carta politica del Vecchio

Continente, sconvolta dal crollo contemporaneo di quattro imperi (russo, austro-ungarico, tedesco

e turco).

Si doveva però tender conto dei 14 punti di Wilson, rappresentante della potenza uscita dalla

guerra in una evidente posizione di forza economica e politica. In pratica, però, la realizzazione di

quel programma si rivelò assai problematica: i princìpi wilsoniani non sempre erano compatibili con

l’esigenza di punire in qualche modo gli sconfitti (considerati i soli responsabili della guerra) e di

premiare i vincitori.

 Germania: quando furono discusse le condizioni da imporre alla Germania i francesi non si

accontentavano della restituzione dell’Alsazia-Lorena, ma chiedevano di spostare i loro

confini il che avrebbe significato l’annessione di territori fra i più ricchi e popolosi della

Germania. La Francia dovette dunque rinunciare al confine sul Reno, in cambio della

promessa (che non sarebbe stata mantenuta) di una garanzia anglo-americana sulle nuove

frontiere franco- tedesche.

Il trattato era più un’imposizione alla Germania: dal punto di vista territoriale era prevista la

restituzione alla Francia dell’Alsazia-Lorena, la cessione alla Polonia, l’Alta Slesia, la

Posnania, più una striscia della Pomerani, fu privata delle sue colonie in Africa e in

Oceania, spartite tra Francia, Gran Bretagna e Giappone. Ma la parte più pesante del

Diktat era costituita dalle clausole economiche e militari. Indicata nel testo stesso del

trattato come responsabile della guerra, la Germania dovette impegnarsi a rifondere ai

vincitori i danni subiti, fu abolito il servizio di leva, la marina di guerra e la riduzione

dell’esercito.

 Impero asburgico: si dissolse e la nuova repubblica d’Austria si ritrovò con un territorio

molto ridotto.

 Ungheria: perse la Croazia e la Slovacchia insieme ai territori abitati da popolazioni

magiare.

 Popoli slavi: cechi e gli slovacchi confluirono nella Repubblica di Cecoslovacchia, Croazia,

Slovenia e Bosnia-Erzegovina, si unirono alla Serbia e al Montenegro per dar vita al Regno

dei Serbi, Croati e Sloveni (dal ’29 Regno di Jugoslavia).

 Balcani: ingrandimento della Romania e ridimensionamento della Bulgaria, l’impero

ottomano fu privati dei suoi territori arabi.

 Russia rivoluzionaria: gli Stati vincitori non riconobbero la Repubblica dei soviet, mentre

furono riconosciute e protette, proprio in funzione antisovietica, le nuove Repubbliche

indipendenti che si erano formate nei territori baltici persi dalla Russia con il trattato di

Brest-Litovsk: la Finlandia, l’Estonia, la Lettonia e la Lituania.

Ad assicurare il rispetto dei trattati avrebbe dovuto provvedere la Società delle Nazioni che

prevedeva la rinuncia da parte degli Stati membri alla guerra come strumento di soluzione dei

contrasti e l’adozione di sanzioni economiche nei confronti degli Stati aggressori. Ma nasceva

minato in partenza perché furono esclusi i paesi sconfitti e la Russia. Nel 1920 il senato

statunitense rifiutò di ratificare i trattati di Versailles che servivano per l’adesione a tale organismo.

Iniziava per gli stati uniti una stagione di isolazionismo, ossia di rifiuto da responsabilità mondiali. E

quindi la Società delle Nazioni finì con l’essere egemonizzata da Gran Bretagna e Francia e non fu

in grado di prevenire i conflitti.

La Prima guerra mondiale fu produttrice di miti. Molti soldati spaesati svilupparono forme diverse di

fuga dalla realtà, immaginando ad es.apparizioni miracolose o sovrannaturali. Alcuni credevano di

far parte di una comunità omogenea e unita ossia quella della trincea, mentre la società era

egoista. Anche negli anni successivi al conflitto la guerra fu oggetto di miti. Si cercava di elaborare

il lutto trovando giustificazioni ideali a tanta sofferenza quali patriottismo e difesa della nazione. La

guerra risultava quindi idealizzata e depurata dagli orrori che la caratterizzavano, al posto dei quali

subentrò l’eroismo, una sorta di santificazione laica di coloro che erano caduti nell’adempimento

del dovere. Si celebravano i morti in guerra con mausolei nei luoghi dei combattimenti più

sanguinosi e sorsero monumenti ai caduti. Si aggiunsero a questi parchi e viali della rimembranza.

Una forma di celebrazione collettiva legata al lutto era quella del milite ignoto ossia la sepoltura in

uno spazio pubblico delle spoglie di un soldato anonimo, in rappresentanza di tutti i combattenti

morti.

11. L’eredità della grande guerra

-Conseguenze economiche: tutti i paesi belligeranti, tranne gli Stati Uniti (con cui avevano

contratto massicci debiti), uscirono dalla Prima guerra mondiale in condizioni di gravissimo

dissesto. La guerra aveva inghiottito una quantità incredibile di risorse. Per far fronte a queste

enormi spese, i governi erano ricorsi dapprima all’aumento delle tasse facendo appello al

patriottismo della gente e allargando a dismisura il debito pubblico.

Né le tasse né i prestiti erano stati comunque sufficienti a coprire le spese di guerra. Così i governi

avevano stampato carta moneta in eccedenza creando un processo rapido di inflazione

determinando uno sconvolgimento nella distribuzione della ricchezza e nelle stesse gerarchie

sociali. Infatti, se la guerra aveva creato fortune improvvise soprattutto fra gli industriali e gli

speculatori, l’inflazione distruggeva posizioni economiche consolidate.

L’intervento statale fu importante per non aggravare le tensioni: i governi mantennero il blocco sui

prezzi di prima necessità e canoni d’affitto, il sostengono dello stato era importante anche per la

conversione delle industrie alle attività regolari, si occupò anche delle pensioni di guerra e i prezzi

di approvvigionamenti alimentari. In sostanza si rafforzò, la tendenza dei pubblici poteri a

intervenire su materie un tempo riservate alla libera iniziativa delle parti sociali. Grazie al sostegno

dello Stato, l’industria europea riuscì in un primo tempo a mantenere i livelli produttivi degli anni di

guerra, seguitato poi da lotte sociali e una fase depressiva (1920-21).

Quattro anni di interruzione delle usuali correnti di traffico avevano determinato un calo degli

scambi internazionali, duro colpo per la supremazia commerciale europea. Stati Uniti e Giappone

si sostituirono all’Europa nel mercato dell’Asia e Sud America, paesi come l’Argentina e il Brasile, il

Canada, il Sudafrica e l’Australia, avevano sviluppato una propria produzione industriale

allentando la dipendenza dall’Europa. Invece della piena libertà degli scambi auspicata nel

programma di Wilson, si ebbe nel dopoguerra una ripresa di nazionalismo economico e di

protezionismo doganale, soprattutto da parte dei nuovi Stati che volevano sviluppare una propria

industria.

-Conseguenze sociali: l’espansione dell’industria bellica aveva portato in città tanti lavoratori,

principalmente donne e ragazzi non ancora in età di leva. Il distacco dal nucleo familiare, l’assenza

prolungata dei capifamiglia aveva messo in crisi le strutture tradizionali della famiglia e provocato

mutamenti nella mentalità e nelle abitudini. A risentirne furono in primo luogo le donne: durante la

guerra presero il posto degli uomini nei campi, nelle fabbriche, negli uffici, assumendosi

responsabilità che fino ad allora non avevano mai avuto. Cambia il loro ruolo anche tra le mura

domestiche: da esecutrici di mansioni a capofamiglia. La crescente consapevolezza delle proprie

capacità trasformò l’immagine stessa della donna a partire da comportamenti più liberi fino

all’abbigliamento. Il processo di emancipazione ebbe nel dopoguerra anche un parziale

riconoscimento sul piano del diritto di voto alle donne: dopo la Gran Bretagna, che lo riconobbe nel

1918, furono la Germania (1919) e gli Stati Uniti (1920).

Uno dei problemi più grandi per le classi dirigenti di tutti i paesi era il trattamento degli ex

combattenti: chi aveva avuto un ruolo di comando ora non volevano il ritorno a un lavoro

subordinato. Sorsero associazioni di ex combattenti che si mobilitavano in difesa dei propri valori e

dei propri interessi. Nei loro confronti i governanti di tutti i paesi furono larghi di promesse; ma in

realtà, a causa dei gravissimi problemi finanziari che assillav

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Publisher
A.A. 2023-2024
62 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eleonora_xxx di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Fiocco Gianluca.