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Auguste Comte
Auguste Comte nasce a Montpellier nel 1798, in una famiglia cattolica e monarchica. Nel
1814 entra all’Ecole polytechnique. Nel 1817 diventa il segretario di Claude-Henri de
Saint-Simon (1760-1825), con cui collabora fino al 1824. Il motivo della rottura è legato al
fatto che Saint-Simon si era appropriato del primo importante lavoro di Comte, la prima parte
del Sistema di politica positiva. Nel 1826 inizia nella propria casa le lezioni pubbliche del
Corso di filosofia positiva.
Nello stesso anno, dopo ripetuti segni di squilibrio, viene ricoverato a causa di una grave
crisi nervosa e l’anno successivo tenta di togliersi la vita. Nel 1829 riprende il suo Corso, di
cui pubblica il primo tomo nel 1830. Sempre nel 1830 fonda l’Association polytechnique, che
ha come scopo l’educazione del popolo attraverso corsi liberi e gratuiti. A partire dal 1833
chiede ripetutamente di entrare a insegnare all’Ecole polytechnique, ma senza successo,
anche a causa delle sue idee repubblicane. Viene solo nominato esaminatore nel 1836, ma
perde il posto qualche anno dopo. Dal 1844 vive grazie ai sussidi che gli vengono inviati da
John Stuart Mill e da un gruppo di discepoli e ammiratori francesi. Nel 1845 conosce
Clotilde de Vaux, di cui si innamora. Quando l’anno successivo ella muore, Comte le dedica
un vero e proprio culto.
Nel 1847 proclama la religione dell’umanità e nel 1848 fonda la Società positivista. Nel
1851 pubblica il primo volume del Sistema di politica positiva, mentre gli altri volumi escono
nel 1852, 1853 e 1854. Nel 1851 scrive a un amico: «Sono convinto che prima del 1860
predicherò il positivismo in Notre-Dame come l’unica religione reale e completa». Nel 1852
scrive il Catechismo positivista o esposizione sommaria della religione dell’umanità. Muore
nel 1857.
Comte è il profeta di una nuova società, che egli vede profilarsi in sostituzione del vecchio
ordine sociale. I conflitti e le contraddizioni che egli scorge davanti a sé, e che travagliano la
storia francese ed europea, sono per lui la conseguenza delle tensioni prodotte dal
cambiamento in atto, del fatto che il vecchio sistema non è tramontato e il nuovo fatica ad
avanzare.
La vittoria di quest’ultimo è inevitabile, ma può essere accelerata o ritardata. Da qui la scelta
di Comte: egli ritiene che il nuovo tipo sociale sia migliore del precedente, anzi pensa che
costituisca il vero e proprio punto di arrivo dell’intera storia dell’umanità. Per favorirne
l’affermazione, occorre adoperarsi per una profonda e radicale riforma intellettuale, di cui gli
scienziati sociali devono farsi promotori. Non basta la rivoluzione politica, non basta il
sovvertimento dell’ordine se rimane fine a se stesso, se non è accompagnato da un
cambiamento più profondo, che tocchi la coscienza di ognuno e il modo di pensare
collettivo. La vera rivoluzione non è politica, come avevano creduto gli illuministi: non basta
tagliare la testa al re, occorre cambiare la testa alla gente. La vera rivoluzione è quindi
sociale e culturale.
Il metodo
Secondo Comte, la natura umana è caratterizzata da tre dimensioni: intellettuale, pratica e
morale. L’ordine sociale si dà quando i tre aspetti hanno caratteristiche armonizzabili, così
che non si creino tensioni tra l’uno e l’altro. Senza ordine sociale regnano caos e disordine:
l’uomo non è in sintonia con se stesso, non riesce a dispiegare compiutamente la propria
attività e a realizzare così la sua natura.
L’ordine sociale è la condizione essenziale perché si dia equilibrio e perché l’individuo
possa realizzarsi. Al contrario, i tempi di cambiamento sociale, come quelli che Comte
osserva, sono infausti e problematici: la testa (dimensione intellettuale) non è detto sia in
sintonia con le braccia (dimensione pratica) e con il cuore (dimensione affettiva e morale).
Perciò è importante la funzione dell’intellettuale e del riformatore: costui, che più di ogni altro
è in grado di vedere il nuovo ordine sociale che avanza, è un vero e proprio benefattore
dell’umanità perché indica a tutti quel futuro di progresso che ancora non tutti vedono.
L’intellettuale coglie ciò che gli altri non vedono perché ha la possibilità di produrre e di
possedere un sapere vero e indubitabile, la cui forza è fuori discussione e che solo
l’ignoranza può contenere e disinnescare. Si tratta allora – riprendendo un classico tema
illuminista – di rendere accessibile a tutti questo sapere. Qual è la sua natura? Si tratta di un
sapere vero perché scientifico e, poiché riguarda anche la natura dei rapporti sociali, implica
la formazione e lo sviluppo di una scienza sociale del tutto nuova, la sociologia.
Comte è il primo a usare questo termine. Il metodo comtiano può essere così sintetizzato:
esiste un sapere scientifico – l’unico sapere vero – che si acquisisce attraverso
l’osservazione e la generalizzazione. Perciò è impossibile avere una conoscenza delle
cose ultime, in quanto non osservabili empiricamente. Neppure la psicologia può essere
compiutamente una scienza, poiché è impossibile l’osservazione interiore. Per Comte,
l’uomo come individuo non è oggetto della scienza: in quanto essere vivente viene studiato
dalla biologia; in quanto essere sociale, dalla sociologia. Così, egli non spiega l’ordine
sociale a partire dall’uomo, ma quest’ultimo a partire dal primo.
Osservazione e generalizzazione devono perciò andare di pari passo. Per Comte, l’umanità
ha condotto, e conduce, una lunga e perigliosa lotta per spiegare e controllare la natura.
Questa lotta ha al suo centro la capacità, che volta a volta l’uomo sviluppa, di conoscere la
realtà esterna: il sapere è, infatti, la base della spiegazione del funzionamento della natura e
ne rende possibile il controllo.
Ecco perché, per Comte, l’attività intellettuale è quella centrale: quella pratica e quella
morale sono, per così dire, la conseguenza dello stadio di sviluppo raggiunto dalla
conoscenza umana. Ogni sapere umano, qualunque esso sia e a qualunque stadio di
sviluppo sia giunto, deve essere sintetico e universale, e non analitico e particolare: occorre
cioè che si sviluppi un sistema concettuale riguardante la totalità dei fenomeni, che ci
consenta di capirli abbastanza da organizzare coerentemente ed efficacemente le nostre
vite.
La legge dei tre stadi
Secondo Comte, nella storia dell’umanità sono rintracciabili tre grandi sintesi conoscitive,
così che si può parlare di tre forme di ordine sociale, di tre modi coerentemente organizzati
di coordinare attività intellettuale, pratica e morale. Nella sua legge dei tre stadi Comte
identifica nello stadio teologico, in quello metafisico e in quello positivo le grandi tappe
dell’evoluzione dell’umanità. Protagonista della storia non è l’uomo singolo, ma l’umanità.
Passando da uno stadio all’altro, l’umanità migliora e completa se stessa, poiché migliora e
completa la sua capacità di spiegare e controllare la natura. Per Comte, quindi,
fondamentale è lo sviluppo di un controllo razionale sul mondo, che possa consentire una
prassi egualmente razionale ed efficace. Naturalmente, questo sapere razionale è un
sapere che progressivamente diventa riflessivo, cioè consapevole delle sue possibilità.
Esso è allora in grado di esercitarsi non solo nei confronti della natura, ma anche rispetto ai
rapporti sociali: la scienza della società permette una spiegazione e un controllo razionale
dell’ordine sociale. Consente, per la prima volta nella storia, la possibilità di una società
razionale, cioè oggetto essa stessa di un sapere scientifico e, perciò, di un controllo
consapevole. La scienza sociale è l’ultimo dei saperi a diventare scientifico, dopo la fisica e
dopo la biologia, perché il suo oggetto di osservazione, cioè l’uomo e la sua storia, è
particolarmente complesso e sfuggente.
Vediamo più da vicino i tre stadi della storia dell’umanità. Il primo, quello teologico, è un
prodotto dell’istinto e del sentimento ed è basato sulla religione e sulla conoscenza della
realtà che essa fornisce. Per Comte, può essere distinto in tre fasi: animismo, politeismo e
monoteismo.
Nell’animismo, le forze della natura sono viste come espressione di una forza analoga a
quella dell’uomo, ma assai più potente. Si tratta di un primo tentativo di comprendere la
realtà, in cui l’uomo proietta se stesso sulla natura. Qui la condizione umana è caratterizzata
da una totale subordinazione alla realtà esterna, senza possibilità alcuna di cambiamento.
Con il politeismo, gli uomini cercano cause interne alle forze naturali, raffigurandole in un
pantheon di dèi, ognuno dei quali controlla una classe di fenomeni (il dio del sole è la causa
dei fenomeni solari, quello del mare di quelli marini e così via). Comte sottolinea l’importanza
di questa prima capacità di generalizzazione dei fenomeni osservati, che rende possibile
una qualche forma di intervento sulla realtà, anche perché il volere degli dèi è comprensibile,
prevedibile e, a volte, modificabile.
Nel monoteismo, l’uomo organizza un ordine divino più strutturato e coerente,
rappresentato da un cosmo ordinato perché creato da una sola volontà, che agisce sulla
base di leggi da Dio stesso prodotte. Si noti come l’ordine intellettuale religioso influenzi non
solo la prassi umana, e le modalità con cui essa si rende possibile, ma anche l’attività
morale, la capacità cioè di distinguere il giusto dall’ingiusto, il lecito dall’illecito. Lo stadio
teologico è tale, così come gli altri, perché instaura un ordine coerente fra le tre diverse
attività fondamentali dell’uomo. Lo stadio metafisico non ha divisioni intermedie. Esso è
caratterizzato da un sapere critico nei confronti della teologia.
La metafisica si basa sulla critica e non sull’osservazione, ed è perciò incapace di costituire
un vero e proprio ordine sociale. Ecco perché lo stadio metafisico è, in sostanza, una fase di
transizione dallo stadio teologico a quello positivo. In una prima fase, la metafisica produce
spiegazioni logiche delle forze della natura, ma le considera sempre un prodotto di Dio. In
una fase successiva, sostituisc