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FONDATORI DELLA SOCIOLOGIA:
Auguste Comte, intellettuale francese, coniò nella prima metà del XIX secolo il termine
”sociologia”
Sociologia= scienza della società volta a individuare leggi che governano il comportamento
umano
Secondo lui la sociologia si occupa di due aspetti:
● Dinamica sociale (come e perché le società cambiano)
● Statica sociale (su cosa si fonda la stabilità sociale in un determinato momento storico)
Secondo la sua teoria, nel corso della storia, le società avevano progredito passando attraverso
diversi stadi:
● Teologico (retto dalla ragione)
● Metafisico (retto dalla filosofia)
● Positivista (retto dalla scienza)
Per Comte il positivismo è un orientamento filosofico secondo il quale una conoscenza accurata
può basarsi solo sul metodo scientifico, grazie a esso era possibile comprendere in modo più
profondo la vita umana ed era chiave per risolvere i persistenti problemi sociali.
L’intelletto inglese Herbert Spencer fu tra i primi ad adottare il termine “sociologia” proposto da
Comte.
Spencer affermò che la società è un “organismo sociale” simile a quello umano; egli teorizzò
che la società è costituita da parti separate, ognuna avente una propria funzione unica, che
operano insieme per mantenere in vita l’organismo nel suo complesso. Inoltre teorizzò che con
l’evolversi della società cambiano anche le parti che la compongono.
Spencer riteneva che l’evoluzione “spontanea” della società realizzasse sempre un più alto
grado di progresso, per questo egli pensava che il governo dovesse limitare il più possibile i
propri interventi, specie in campo economico. Egli dunque credeva nella “sopravvivenza del
più forte”, termine successivamente utilizzato da Charleston Darwin, piuttosto che nell’intervento
diretto tramite riforme.
Spencer e Comte aiutarono a definire il campo della sociologia ai suoi albori, ma gli studiosi
Cher sono quasi unanimemente considerati i fondatori della sociologia furono: Karl Marx, Emile
Durkheim e Max Weber.
KARL MARX
Tedesco di nascita, fu scrittore e attivista politico e trascorse gran parte della sua vita cercando
di fuggire alla repressione politica. A causa dei suoi scritti venne espulso dalla Francia, dal
Belgio e dalla Germania. Nel 1849 si trasferì a Londra dove trascorse il resto della sua vita in
esilio. Visse in povertà durante la stesura dei suoi lavori più importanti tra cui il capitale. Marx
riconobbe l’estrema produttività dell’industria moderna e la ritenne in grado di eliminare per
sempre fame e povertà. Il capitalismo industriale però veniva utilizzato per ammassare enormi
fortune nelle mani di pochi, lasciando gli operai a lavorare in condizioni pericolose e spesso in
povertà.
Le dinamiche del capitalismo incoraggiavano gli imprenditori a pagare bassi salari, in quanto i
minori costi del lavoro comportavano profitti più elevati. I capitalisti accumulavano molto denaro
perché erano in grado di sfruttare gli operai che lavoravano nelle fabbriche. Tutta questa
ricchezza dava ai proprietari un grande potere, che essi utilizzavano per controllare governi e
istituzioni culturali.
Secondo Marx il conflitto fra imprenditori e lavoratori era una caratteristica inevitabile del
capitalismo; esso in se quindi portava in se i semi della propria distruzione.
(Distruzione capitalismo —> nascita socialismo)
Socialismo= sistema nel quale la proprietà dei più importanti mezzi produttivi sarebbe stata in
mani pubbliche e non private, e il governo avrebbe diretto le forze produttive industriali per il
bene comune. Il suo scopo è avere una società priva di disuguaglianze che caratterizzavano il
capitalismo.
Riassumendo grazie a Marx:
● Si individuarono i legami tra ricchezza e povertà
● Sottolineò l’importanza del potere economico
● Mise in luce l’interazione fra struttura e azione
EMILE DURKHEIM
Vissuto una generazione dopo Marx, egli si preoccupò di comprendere i cambiamenti sociali del
mondo moderno.
Discendente di un’antica stirpe di dotti rabbini francesi. Egli durante l’adolescenza prese le
distanze dalla religione e divenne agnostico (non prende posizione in ambito religioso)
ritenendo che non fosse possibile accertare l’esistenza di un Dio. Per tutta la vita però
mantenne l’interesse per il ruolo della religione nella società.
Egli occupò la prima cattedra di sociologia in Francia. Successivamente fondò un prestigioso
periodico accademico “l’anne sociologique”.
Egli si preoccupò in modo particolare del problema della solidarietà sociale, poi definita dalla
successiva generazione di sociologi, integrazione sociale. Essa è un insieme dei legami
collettivi che uniscono le persone.
Alla base della sua teoria vi era il postulato secondo il quale la società è retta da valori
culturali condivisi. Durkheim osservò che le società agricole tradizionali erano spesso
comunità molto unite: condividevano i legami sociali da una generazione all’altra perché le
persone avevano lo stesso tipo di lavoro, una religione comune e seguivano usi e costumi simili.
Il filosofo chiamava ciò solidarietà meccanica.
Tuttavia con la crescita delle società europee, le persone erano divenute sempre più diverse le
une dalle altre. L’economia più complessa richiedeva una crescente divisione del lavoro, per
cui le persone si specializzavano in compiti differenti. Lo sviluppo delle città comportava la
coesistenza di gruppi disparati, spesso di religione e tradizioni culturali non omogenee. Come
era possibile mantenere la solidarietà sociale alla luce della crescente complessità
complessità e diversità?
La risposta di Durkheim fu la solidarietà organica, una nuova forma di coesione sociale tipica
delle società industriali dell’era moderna, basata sull’Inter dipendenza.
Egli affermò che il collante sociale che tiene unite le società moderne rispecchia il modo in cui
gli organismi viventi dipendono da componenti molteplici e specializzate che operano al
unisono.Per poter continuare a funzionare, la moderna società urbana industrializzata necessita
di una crescente divisione del lavoro.
L’opera di Durkheim mise in luce l’interazione fra struttura sociale e valori culturali, in particolare
nel loro rapporto con la solidarietà sociale. Nel “suicidio” uno dei suoi libri più influenti, affermò
che il tasso di suicidi poteva essere spiegato dalla forza dei legami sociali che le persone
creano con i propri gruppi di riferimento.
Durkheim affermò che il crimine e la punizione sono concetti che riguardano essenzialmente la
solidarietà. Per egli i crimini sono atti che offendono la coscienza collettiva, ovvero i valori
condivisi di una società. La punizione invece è un mezzo per rafforzare la solidarietà sociale di
fronte ad azioni palesemente antisociali.
In mancanza della costrizione morale della coscienza collettiva, le persone sprofonderebbero
nello stato caotico dell’anomia (assenza di norme sociali e conseguente indebolimento degli
standard morali).
MAX WEBER
Fu uno studioso tedesco che cerco di dare significato al passaggio dalla società tradizionale a
quella moderna. Intorno ai 35 anni, Weber ebbe un crollo nervoso che lo rese inabile al lavoro
accademico per quasi sette anni; quando fu in grado di tornare a dedicarsi a tempo pieno i suoi
studi pubblicò il suo libro più famoso, ”l’etica protestante e lo spirito del capitalismo”.
Nell’etica protestante Weber affermava che la cultura importi colare quella calvinista aveva
aiutato a promuovere il primo sviluppo del capitalismo nell’Europa settentrionale. Per tradizione
infatti la chiesa cattolica aveva incoraggiato il rifiuto delle questioni secolari e della ricchezza,
promettendo la vita eterna a chi era fedele e partecipava ai riti ecclesiastici (battesimo e
comunione). Dopo la riforma protestante alcuni movimenti, come quello calvinista, rifiutarono
tale approccio alla salvezza, affermando che il destino delle persone nell’aldilà era
predeterminato ancor prima della nascita e pertanto non poteva essere modificato dalle loro
azioni sulla terra (i calvinisti credevano che le ricchezze accumulate grazie a un lavoro
prestigioso e uno stile di vita parsimonioso fossero un segno del favore divino e indicassero una
probabile salvezza. Ciò incoraggiò il duro lavoro, gli investimenti e il risparmio). Marx si era
concentrato sul ruolo dell’economia e su come essa influenzi altri aspetti sociali: con il suo libro
Weber mostra che anche le tendenze culturali possono influenzare lo sviluppo
economico.
Weber cercava di intendere l’azione sociale osservandola dal punto di vista dell’attore: capire
come mai una persona si comporta in un certo modo aiuta a decifrare il contesto culturale nel
quale si svolge la sua azione. Una delle sue affermazioni teoriche fondamentali fu che nelle
società premoderne era la tradizione ad avere un’influenza primaria sulle azioni delle persone.
Nelle nuove società capitalistiche industrializzate, però, era molto più probabile che tali azioni
fossero influenzate principalmente dalla razionalità strumentale (l’uso della ragione del calcolo
logico per raggiungere un obiettivo nel modo più efficiente possibile).
Weber affermò che la razionalizzazione della società (processo storico a lungo termine
attraverso il quale la razionalità ha sostituito la tradizione come base organizzativa della vita
economica e sociale) era il motore del cambiamento sociale della sua epoca. L’influenza
della razionalizzazione andava aldilà delle azioni umane, arrivando comprendere le più vaste
istituzioni sociali.
Egli riteneva che la razionalizzazione potesse essere utile per la società, in quanto incideva
sulla stabilizzazione delle procedure, sulla formazione dei funzionari e sull’efficienza. Tuttavia
nel momento in cui la razionalizzazione avesse permeato tutti gli aspetti della vita, avrebbe
creato società fredde impersonali.
In definitiva Weber temeva che nella società moderna gli esseri umani potessero impegnarsi in
azioni significative soltanto all’interno delle grandi organizzazioni, dove venivano loro assegnati
compiti ristretti e ben definiti, perdendo di vista obiettivi collettivi e personali più ampi. La teoria
della razionalizzazione portò il filosofo a prevedere che eventuali società post capitaliste e
socialiste non avrebbero generato q