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(MANCANO LE PREMESSE TEORICHE)
Tra le teorie postmoderne dello sviluppo si ritaglia un importante spazio l’idea di “modernità
incompiuta” portata in auge da Jurgen Habermas. La tesi di fondo della sua teoria è che la
società attuale sia ancora pienamente all’interno della modernità, intesa secondo la
definizione di Bermann come “fase rivoluzionaria, esperienza di spazio e di tempo condivisa
da tutti gli uomini e tutte le donne nel mondo; ambiente che ci promette avventura, potere,
gioia, crescita, trasformazione di noi stessi e del mondo; che, al contempo, minaccia di
distruggere tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che conosciamo, tutto ciò che siamo”. H.
sostiene persino che questo percorso di modernizzazione abbia subito una battuta d’arresto.
Le premesse teoriche degli studi di Habermas si trovano in Weber, precisamente
nell’attenzione al processo di razionalizzazione del tessuto sociale occidentale e nell’attività
di autocomprensione degli individui (soggetti che comprendono loro stessi e il contesto
socioculturale nel quale si muovono).
L’affermazione ideale della modernità combacerebbe con il concretizzarsi dei valori condivisi
dalla rivoluzione francese, vero punto di partenza del percorso di modernizzazione secondo
H. Il “progetto illuminista” sarebbe la creazione di una comunità di eguali consapevoli dei
propri diritti e doveri, responsabili delle proprie azioni, tolleranti e impegnati a raggiungere
significati condivisi attraverso il discorso pubblico e la ragione comunicativa.
Proprio la “razionalità comunicativa” rappresenta un pilastro fondamentale della teoria di
Habermas: l’idea che tra gli individui si instaurino rapporti di comunicazione basati su un
rapporto consensuale di veridicità. La r. comunicativa diventa così un presupposto
relazionale alla creazione di un sistema sociale più giusto e le ragioni individuali vengono
subordinate alle motivazioni collettive (rapporti interpersonali > pratiche collettive).
La r. comunicativa è contrapposta alla r. strumentale/soggettivistica che porta avanti una
prospettiva individualistica che fa invece da premessa a situazioni di dominio e sfruttamento.
Per alimentare l’importanza della r. comunicativa nel nostro tessuto sociale, Habermas
propone di dare maggior importanza alle c.d. “arene deliberative”, spazi collettivi di decisione
politica dove la discussione è legata ai contenuti (e NON ai mezzi) e dove tutti coloro che
sono interessati al processo decisionale possono partecipare attivamente.
10. In che senso la razionalità comunicativa, secondo Habermas, si contrappone alla
razionalità strumentale?
Secondo Jurgen Habermas, la modernità si trova ad una fase di stallo, in quanto è stato
interrotto il progetto illuminista che ne ha generato la “sostanza ideale”, nel momento di
fondamentale cesura storica quale è stata la Rivoluzione Francese. In quel periodo, secondo
Habermas, si sarebbe affermata una visione della società moderna come affermazione di
libertà e diritti, progetto universalizzante di emancipazione.
La modernità resta dunque incompiuta, ma l’umanità si trova ancora pienamente nella sua
traiettoria, come affermato da Berman e diversamente dai pensatori della Postmodernità.
[L’idea di modernizzazione di Habermas è fortemente influenzata dalla sociologia weberiana,
e vede dunque la razionalizzazione come suo processo fondamentale. Oltre a ciò, tra i
presupposti di Habermas ci sono l’importanza del processo di autocomprensione (capacità
di riflessione e comprensione del tessuto di realtà) e autodeterminazione del singolo. Ancora
in continuità con Weber, che prefigurava l’avvento di una società amministrata dove la
burocratizzazione eccessiva come una “gabbia d’acciaio” finisce per comprimere le libertà
individuali e impedisce al singolo di raggiungere la propria realizzazione,] Habermas
individua i pericoli della progressiva estensione in tutte le sfere della vita sociale di un solo
tipo di razionalità, quella strumentale. Essa funziona come massimizzazione dei fini sulla
base dei mezzi, ed è la razionalità che regola l’economia capitalista: è la sua indebita
colonizzazione degli altri “mondi vitali” a distorcere il progetto illuminista di modernità fino a
minare l’autodeterminazione degli individui. Il predominio di questa forma di ragione
utilitaristica legata alla manipolazione tecnica si traduce dunque in un sostanziale deficit di
razionalità della società moderna, che compromette la sua stessa maturazione in comunità
di individui eguali e responsabili impegnati nel raggiungimento di significati condivisi.
L’antidoto proposto da Habermas è l’impiego della diversa razionalità comunicativa, che
orienta le azioni sulla base della discussione dei contenuti e non dell’efficientamento di
risorse date. Essa presuppone che i soggetti siano subordinati all’accordo consensuale
raggiunto tramite un rapporto di comunicazione, in modo che le pratiche individuali si fondino
nei rapporti interpersonali (i soggetti sono così ben radicati nel loro ambiente socioculturale).
Un esempio di risanamento della politica, sfera per cui Habermas esprime le maggiori
preoccupazioni, tramite la razionalità comunicativa, è costituito dalla diffusione delle “arene
deliberative”. Qui, a differenza dei sistemi meramente rappresentativi, le decisioni
collettivamente vincolanti vengono prese dai portatori di interesse (stakeholders) attraverso
la discussione collettiva delle singole idee, che non possono quindi prescindere dall’essere
efficacemente argomentate. In questo tipo di contesti, la discussione è legata ai contenuti,
non ai mezzi comunicativi.
11. La prospettiva della postmodernità: quali sono i motivi estetici da cui origina tale
prospettiva?
La prospettiva della postmodernità si sviluppa negli anni Ottanta di pari passo in origine
nell’architettura nordamericana e nella filosofia francese. In sociologia, si tratta di
un’interpretazione innovativa della concezione di “modernità” all’interno dell’esperienza
capitalistica di fine XX-inizio XXI secolo.
Se nelle teorizzazioni classiche della sociologia della modernizzazione si è cercato di
definire la società nelle sue caratteristiche strutturali e culturali (livello macrosociologico), gli
studiosi della postmodernità rimpiccioliscono la prospettiva analitica, partendo dalla
condizione dell’individuo e dalla sua percezione della realtà (livello microsociologico).
Si delinea così un netto rifiuto delle teorizzazioni sistemiche e olistiche tipiche
dell’Ottocento e del Novecento, le grandi teorie di carattere economico, filosofico, religioso,
psicoanalitico (Marx, Bibbia, Freud, ecc).
In questo contesto, i postmodernisti danno analizzano in una nuova prospettiva per esempio
il rapporto e la nuova concezione tra tempo e spazio: Harvey, all’interno
dell’interpretazione della società postmoderna nell’analisi del capitalismo globalizzato,
afferma che la produzione industriale ha compresso lo spazio-tempo alle proprie esigenze di
produzione. Le esperienze che l’individuo può fare in uno stesso slot di tempo, grazie
all’evoluzione dei trasporti e della comunicazione, sono ora molte e diverse. Tutta questa
continua diversificazione delle esperienze però crea instabilità e confusione, oltre che
ansietà, nel modo di percepire del singolo. Altri autori, come Niklas Luhmann, analizzano
l’instabilità del linguaggio nel contesto post-moderno: in virtù del rifiuto delle grandi
sistematizzazioni teoriche, è dato maggior valore alla pluralità dei “giochi linguistici” che si
possono verificare nelle diverse sfere della società (i sistemi linguistici si separano e
autonomizzano tra di loro). Il linguaggio diventa “forma di vita” (Wittgenstein).
Tra le premesse estetiche della postmodernità è necessario ricordare anche la filosofia di
Nietzsche (in particolare, l’accento sulla natura caotica della modernità e sull’impotenza del
linguaggio razionale) e la sociologia di Georg Simmel (riguardo il carattere frammentario e
discontinuo dell’esperienza del presente).
12. La prospettiva della postmodernità: quali sono i motivi sociologici da cui origina
tale prospettiva?
La prospettiva della postmodernità si sviluppa negli anni Ottanta di pari passo in origine
nell’architettura nordamericana e nella filosofia francese. In sociologia, si tratta di
un’interpretazione innovativa della concezione di “modernità” all’interno dell’esperienza
capitalistica di fine XX-inizio XXI secolo.
[definizione di modernità di Bermann]
Se nelle teorizzazioni classiche della sociologia della modernizzazione si è cercato di
definire la società nelle sue caratteristiche strutturali e culturali (livello macrosociologico), gli
studiosi della postmodernità rimpiccioliscono la prospettiva analitica, partendo dalla
condizione dell’individuo e dalla sua percezione della realtà (livello microsociologico).
Si delinea così un netto rifiuto delle teorizzazioni sistemiche e olistiche tipiche
dell’Ottocento e del Novecento, le grandi teorie di carattere economico, filosofico, religioso,
psicoanalitico (Marx, Bibbia, Freud, ecc). Pur allontanandosi da questa concezione, gli
studiosi della postmodernità estrapolano dagli impianti sociologici classici alcuni concetti
fondamentali: da Weber raccolgono le malformazioni che la razionalità tecnico-burocratica
estremizzata porta con sé nella creazione dello Stato moderno (in particolare, il suo
carattere repressivo e coercitivo che si manifesta in meccanismi di controllo nei confronti del
cittadino); da Durkheim prendono il concetto di “anomia”, utilizzato per spiegare l’assenza di
valori e regole comuni adatte che accompagnino in senso evolutivo lo sviluppo economico e
la divisione del lavoro; da Simmel, infine, i postmodernisti traggono il carattere frammentario
e discontinuo dell’esperienza del presente (aspetto fondamentale della concezione
postmoderna, dal momento in cui si assume una prospettiva incentrata sull’individuo).
13. La prospettiva della ‘modernità radicale’: elementi di discontinuità e tema della
riflessività
Diversamente dai pensatori della Postmodernità, Anthony Giddens evidenzia come, pur
essendo attuale la traiettoria della modernità, alcuni suoi aspetti hanno subito una
radicalizzazione, segnando di fatto una discontinuità con le conce