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3. LA FORZA DELLE CONVINZIONI

Il capitolo riguarda le convinzioni e gli ideali del leader. La tesi principale è che il fatto di credere

fortemente in un insieme di valori ha un impatto molto rilevante sugli atteggiamenti del leader. I

valori possono essere presi in considerazione sia nel senso di quali siano gli ideali che ispirano i

leader, sia nel senso dell’intensità con cui essi credono in queste loro credenze. Si distinguono i

leader che vengono definiti “ideologici” dai cosiddetti “pragmatici”, ovvero quelli che non sono

ancorati a nessuna credenza e che, quindi, mostrano maggiore flessibilità e adattamento.

Esiste una distinzione tra i leader che agiscono al fine di trasformare la realtà in accordo a un

ideale o un sistema di valori e quelli che, invece, non hanno una visione altrettanto articolata e

basano le loro decisioni in risposta alle sollecitazioni del contesto entro il quale si trovano ad

operare. I primi sono leader ideologici e i secondi pragmatici. Partendo dal presupposto che i

leader guidati da convinzioni forti tendano a essere intransigenti, Keller identifica due opposte

tendenze - rigidità e flessibilità - che caratterizzano, appunto, l'una quelle che chiamo le leadership

«ideologiche», l'altra quelle «pragmatiche». Un'analoga divergenza tra i due tipi si ritrova nel modo

in cui reagiscono ai limiti posti dal contesto. I leader ideologici guardano alle preferenze degli altri

attori coinvolti nel decision-making come ostacoli da superare al fine di realizzare i propri obiettivi. I

leader pragmatici, invece, tengono conto dei vincoli posti dal contesto. Quello che definisce il vero

e proprio leader ideologico non consiste soltanto nel far propri alcuni valori fondamentali, cosa

possibile anche al leader di tipo pragmatico. Il punto essenziale è il modo in cui il leader aderisce a

questi valori. L'ideologia diventa il fondamento della missione che il leader ritiene di dover

realizzare. La necessità di scendere a compromessi viene percepita come un sacrificio della

propria integrità. L'aspirazione alla leadership dei leader ideologici è giustificata con la necessità di

assumersi l'impegno a tradurre in realtà una visione ideale; il potere è visto come un mezzo al

servizio della realizzazione del benessere della collettività e non riconosciuto come un fine in se

stesso al servizio dell'autocelebrazione della persona del leader. Il leader si sente in qualche modo

chiamato ad assumersi la responsabilità in una situazione che deve essere non soltanto

aggiustata, ma anche indirizzata in una direzione ben precisa. In questi soggetti, la fonte primaria

del processo attraverso il quale l'individuo trae conferma della propria identità è l'adesione e la

fedeltà a un insieme di principi. Il tipico leader ideologico è Reagan, che vede se stesso come una

figura eroica che difende le proprie idee senza cedere alle lusinghe dell'opinione pubblica. Ciò

anche se la fedeltà alla propria «missione» comporta il dover pagare un prezzo politico alto in

termini di costi sociali e consenso. L'immagine dell'eroe che si staglia contro tutto e tutti in difesa

delle proprie idee è particolarmente seducente agli occhi del leader ideologico. Può essere

declinata in modi diversi: c'è l'eroe condottiero che incarna e rilancia le virtù nazionali; c'è l'eroe

«brava persona», uno sceriffo buono che protegge i deboli e punisce i cattivi; c'è infine l'eroe

solitario, il quale si assume da solo la responsabilità delle sorti collettive in mezzo a mille difficoltà.

Come osserva Barber, la parabola dei presidenti attivi-negativi, quali Wilson e Johnson, mostra

come tratto comune l'aver vissuto una fase in cui il leader si sente incompreso e sottoposto a

pressioni esterne. L'insuccesso di una politica è la sua sconfitta. In particolare Lyndon Johnson è

un caso interessante. Uno dei presidenti più efficaci nella storia americana sul piano delle politiche

sociali - promotore del Civil Rights Act del 1964, pietra miliare della lotta a ogni discriminazione -,

Johnson fu certamente un uomo che tenne fede ai suoi principi anche al prezzo politico di

inimicarsi una parte dell'elettorato democratico degli stati del Sud. Al tempo stesso, però, il risvolto

di questa capacità di leadership era l'ossessione del controllo. Non tutti i leader eroi sono

ideologici, poiché l'eroismo non richiede necessariamente che il leader abbia una visione politica

articolata in un insieme di valori e di convinzioni. È tuttavia vero che molti leader ideologici hanno

una tendenza all’eroismo.

Essendo il leader ideologico incapace di rapportarsi all'ambiente in modo non filtrato dalle proprie

convinzioni, il suo è il tipico atteggiamento di «informazione selettiva», ovvero di protezione delle

proprie idee da input esterni che potrebbero metterle in discussione e creare la «dissonanza

cognitiva». In altri termini, il leader sceglie di vedere quel che vuole vedere e fa resistenza

all'informazione che gli suggerisce che i suoi progetti potrebbero fallire o non sortire gli effetti

sperati. Questo può produrre anche una sottovalutazione dei rischi in quanto cercano di controllare

e forzare gli eventi, il che può rivelarsi impresa impossibile.

In taluni casi sono le circostanze che vanno a rafforzare attitudini forse preesistenti, ma che in

precedenza non si erano evidenziate. Bush non era stato eletto con il presupposto di offrire una

presidenza «eroica». Il suo approccio ai problemi poteva dirsi più pragmatico che ideologico. È

noto, inoltre, che Bush durante la campagna del 2000 non sembrava interessato alla politica

estera. Fino ad allora il cuore del suo messaggio politico era stato quello del «conservatorismo

compassionevole», una sorta di ammorbidimento in chiave sociale delle posizioni liberiste

repubblicane. Dopo l'11 settembre, però, il quadro cambia radicalmente. La guerra al terrorismo

diventò una missione alla quale era ancorata l'immagine del nuovo presidente Bush.

All'opposto del leader ideologico, troviamo il leader pragmatico, che trae la sua validazione

principalmente da fonti esterne, cioè dall'approvazione altrui e dal consenso. Nel gruppo dei leader

pragmatici possiamo collocare anche i presidenti passivi-positivi descritti da Barber, ovvero quelli

che mirano soprattutto a piacere e, per far ciò, sono disposti a molti compromessi. Non tutti i

leader pragmatici sono così, ma in tutti i casi la caratteristica principale è quella di essere molto

ricettivo rispetto agli input che riceve dall'ambiente, senza selezionarli in modo pregiudiziale

affinché siano coerenti con le proprie convinzioni pregresse. Anche il leader pragmatico può avere

delle posizioni precise su molte questioni. Secondo alcuni studiosi, tuttavia, esse non si

configurano come una vera «visione» o un progetto di cambiamento dello status quo; secondo

altri, il punto essenziale non sta nella natura delle sue convinzioni, ma nel fatto che il leader le

consideri in qualche modo negoziabili. Ecco perché Hermann distingue tra 2 tipi di pragmatici; gli

strategici, i quali hanno posizioni precise rispetto a certe questioni e analizzano il contesto al fine di

individuare il momento più propizio per imporre le proprie soluzioni o comunque avvicinarsi il più

possibile ai propri obiettivi; gli opportunisti, i quali non hanno posizioni precise e, quindi, traggono

dalle caratteristiche del contesto la risposta ai problemi. In entrambi i casi, manca ai leader

pragmatici il lato eroico, ovvero il senso che le loro idee siano le migliori per la collettività e che,

quindi, la loro intransigenza sia giustificata per il raggiungimento di un bene superiore.

La più immediata conseguenza dell'adesione convinta a un sistema di valori e del desiderio di

forgiare la realtà in modo coerente risiede nei tratti agentici. I leader ideologici sono attivi: le loro

decisioni vanno spesso oltre la risoluzione dei problemi, ma investono intere sfere dell'azione

politica. In sintesi, sono spesso dei riformatori. Arrivano al potere con una visione politica che si

basa su alcuni capisaldi; ma la definizione dell'agenda politica può anche avvenire strada facendo.

Tuttavia, il leader ideologico investe molta energia e sforzo nel tradurre le proprie idee in realtà.

Ciò comporta un atteggiamento centrato sul compito: l'azione politica deve produrre risultati.

Anche il leader ideologico può amare il potere in se stesso, ma il mantenimento del potere non può

essere l'unico scopo: da qui deriva l’iper-attivismo del leader. Uno dei tratti mostrati dai leader

ideologici è la determinazione. Essendo sostenuto da forti convinzioni, il leader trae da esse

conferma della correttezza delle proprie posizioni; di conseguenza agisce con fermezza di fronte

alle opposizioni e, quando possibile, non esita a imporre le proprie decisioni. L'elemento che

contraddistingue il decision-making del leader ideologico è la rigidità tanto più marcata quanto più

le decisioni coinvolgono ideali sui quali il leader ha forgiato la propria identità. Scarso ricorso a

pratiche di tipo «cooperativo». Il leader ideologico non subordina le proprie decisioni al fatto che

esse vengano prese in accordo con l'ambiente; si impegna più nella persuasione che nella

negoziazione; è poco incline al compromesso. Non si preoccupa di prendere posizioni che sa

scontenteranno anche i suoi sostenitori e i suoi collaboratori. Due tra i più cristallini esempi di

leader ideologici, Ronald Reagan e Margaret Thatcher, sono assai noti l'uno per la sua amabilità e

gentilezza, l'altra per la sua asprezza e imperiosità. Tuttavia, l'amabile Reagan è stato uno dei

presidenti più determinati e focalizzati alla realizzazione dei propri obiettivi che gli USA ricordino.

Al contrario, il leader pragmatico presenta comportamenti più vicini al tipo cooperativo. Meno

preoccupato del leader ideologico di non intaccare la purezza delle sue politiche, non disdegna il

compromesso per allargare al massimo il suo consenso. È pertanto più incline a costruire un

accordo attraverso l'ascolto e la raccolta di informazione. Queste 2 funzioni gli servono per farsi

un'idea chiara della situazione e delle posizioni degli attori coinvolti nel processo di decision-

making, il che gli permette di impegnarsi in un'eventuale negoziazione sapendo fino a che punto

può spingersi e può spingere le sue controparti.

Il leader ideologico è, come si è detto, focalizzato sul compito, cioè è soprattutto interessato al

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Publisher
A.A. 2023-2024
38 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/11 Sociologia dei fenomeni politici

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elisalizza di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia della leadership e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Sorrentino Carlo.