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Il concetto di Homo Clausus

Si delinea un nuovo idealtipo di individuo definibile come homo clausus: un soggetto che si abitua a mantenere le distanze tra se stesso e gli altri, acquisisce modi più educati nelle forme del vivere quotidiano, finendo per concepire la propria sfera di azione come separata dai suoi simili da un invisibile muro. Le dinamiche della società di corte impongono nuovi principi e richiedono nuove abilità, al fine di comprendere le dinamiche del borsino di azioni di ascesa e disgrazia sociale, su cui adesso si fondano i rapporti e le nuove regole sociali e culturali per la nascita della successiva età moderna.

1.3 C'era una "svolta"... è solo a partire dal '700 che si assiste a una frattura paradigmatica che segna una netta discontinuità con il passato: è in questo periodo che viene avviata una complessiva rivalutazione del ruolo dell'uomo all'interno del mondo. L'illuminismo assume un valore fondativo.

Per tutte le categorie del moderno, i fondamenti epistemologici della modernità sono in sintonia con le parole d'ordine della Rivoluzione francese, soprattutto la fede nella ragione, cavallo di battaglia degli encyclopédistes, non si esprime semplicemente nel contrasto tra un pensiero logico-astratto e uno oscurantista e mitocentrico, ma evolve rapidamente in un'affermazione della razionalità strumentale (Marcuse 1964). A divenire il cardine di un nuovo paradigma è un tipo particolare di ragione, in cui l'aspetto funzionale sottolinea la necessità di orientare l'azione sociale verso il raggiungimento di determinati fini; concentrarsi sull'utilità economica e sull'efficacia dei mezzi per raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati. Per gli illuministi, il metodo razionale è garanzia di oggettività nei processi di conoscenza della realtà e consente all'uomo di porsi al centro.

di un universo che può essere decifrato e controllato. Le teorie di Cartesio avevano già suggerito di svincolare completamente la fondazione del sapere e dell'ordine sociale dal principio di autorità. Rispetto ai secoli passati, questa nuova idea di modernità, crede alla presunta linearità del progresso che conduce verso un futuro necessariamente migliore, senza possibilità di ripensamenti; si diffonde l'opinione che l'accumulazione del sapere metta al riparo dagli errori del passato e sostenga l'esperienza diretta dei fenomeni che possono essere controllati da un individuo infallibile. Come abbiamo visto, a seguito della nascita, tra il '400 e il '600, l'idealtipo dell'homo clausus, la sua naturale evoluzione antropologica, coincide con il modello dell'homo oeconomicus, che sviluppa il senso del Sé e viene socializzato al metodo scientifico e a un modo razionale di concepire il rapporto

con la realtà. L'individualismo diviene prerogativa della cultura moderna, finalmente libero dalla schiavitù del potere metafisico e religioso (Dumont 1977). Questo nuovo uomo è un individuo che mira a colonizzare, modificare e piegare l'ambiente alla forza della propria volontà e dell'intelletto: oeconomicus nel pensiero, faber nell'azione. Le critiche all'Illuminismo, sviluppate già a partire dalla metà degli anni '40 del '900, contesteranno l'incapacità di quell'originario progetto della modernità (Habermas 1985) di mantenere le sue promesse di benessere e progresso, accusandolo di aver fatto precipitare l'umanità in una fase di nuove schiavitù, derivanti, anzitutto, dai modi di lavoro e produzione e da un'eccessiva valorizzazione degli aspetti legati alla tecnica e all'uso delle macchine. Dal punto di vista filosofico possiamo far risalirel'idea di modernità al '700, per la definizione del concetto di modernità, è quello che porta alla piena realizzazione della società industriale di massa. Dalla fine dell'800, in primo luogo con la diffusione della stampa e poi del cinematografo, già alla fine, i mass media alimentano un dibattito nei confronti di un elemento di cui si intuisce la portata rivoluzionaria e che lascia intravedere ai suoi detrattori enormi potenzialità di strumentalizzazione. La comunicazione, con i nuovi strumenti e il proliferare di mezzi caratterizza e accelera il passaggio alla modernità, fino ad arrivare a tradire sé stessa e la sua originaria etimologia di comunità, per avallare il definitivo passaggio alla società (Tonnies 1887); la linea retta, che scandisce lo scorrere di un tempo che è anzitutto valore economico, produzione, profitto e, naturalmente, sfruttamento (Popitz 1986). Inedite architetture urbane.tra quartieri dormitorio e dimore residenziali, tra periferie e centro, ad abitarli sono: - L'uomo-operaio, pagato a cottimo e padre proletario; - L'uomo-impiegato, integrato nel sistema e diligente artefice del futuro suo e dei propri figli; - L'uomo-imprenditore, innovatore coraggioso e avido avventuriero della sua epoca. Mentre Marx analizza il nascente sistema capitalistico, teorizzandone il superamento quindi l'ideale affermazione della classe proletaria e una società senza classi, i lavoratori siriappropriano del frutto del proprio operato: la melanconia del proletario (Abruzzese 1973) viene sublimata dall'euforia del consumatore, partecipa alla concretizzazione di una nuova estetica basata sulla condivisione e sulla multi-sensorialità. Nel passaggio epocale dalla comunità alla società, i mezzi di comunicazione diventano uno strumento essenziale, le folle anonime inserite in un ambiente ad alta densità morale (Durkheim 1893),grazie alle tecnologie della comunicazione, trovano un senso dell'abitare il nuovo mondo; così nasce la moda che, dopo l'annullamento delle leggi suntuarie, consente ai nuovi ricchi di confondersi con la nobiltà di vecchia data. La dimensione dell'apparire entra con forza nelle dinamiche di civilizzazione, perennemente in bilico tra distinzione e omologazione (Simmel 1895). La fissazione di traguardi, sociali e culturali, verso cui tendere, a prescindere dalla concreta possibilità di raggiungerli (Marcuse 1969), diviene il carburante di un gigantesco motore di cambiamento che, in poco tempo, trasforma irreversibilmente il mondo e i modi della vita. Attraverso la corsa all'industrializzazione e la rincorsa al capitalismo, la borghesia si accinge a divenire la futura classe dominante. Adattandosi ai nuovi ritmi di lavoro, si affermano nuove forme di cultura: a cambiare, anzitutto, la sensibilità culturale, ora capace di accogliere insieme.

Una serie molto più ampia e variabile di funzioni, significati e oggetti, mentre muore l'arte (Benjamin 1936). Le masse iniziano a scoprire di possedere una propria cultura, su cui si stende l'ombra del profitto e del controllo, nasce l'industria culturale costituita da un insieme complesso di strumenti diabolicamente persuasori. Il presunto effetto collaterale è quello di trasformare l'opera d'arte in un prodotto standardizzato, deprimendo la creatività e lo spirito: i principali agenti responsabili sono da un lato i mass media che assumono una funzione ideologizzante, abolendo qualunque elemento di novità e possibilità di apertura, dall'altro le macchine che creano intorno agli individui un apparato colpevole di generare omologazione, standardizzazione e costrizione.

1.4 La fine del sogno: il Grande Fratello e la postmodernità

Quando il 27 Gennaio 1945 vengono aperti i cancelli di Auschwitz e l'orrore

Dell'Olocausto appare in tutta la sua tragicità, il paradigma della modernità illuminata assiste sgomento al suo ultimo atto (Bauman 1989). Il nazismo è riuscito ad annientare ed eliminare milioni di uomini innocenti. La logica di potere e oppressione, nelle sue più drammatiche degenerazioni ha condotto all'esperienza della Germania hitleriana, della Russia stalinista, delle bombe atomiche statunitensi sganciate su Hiroshima e Nagasaki (Harvey 1989).

A metà del '900 cala così il sipario su una visione del mondo tra luce e ombra, offrendo all'uomo la libertà di scegliere da quale parte stare, va in frantumi la perfezione dell'assiomacartesiano, basata sulla forza limpida e invincibile del pensiero razionale. Sul versante dell'identità, il motto della Rivoluzione francese (Liberté, égalité, fraternité) si deforma, prefigurando un sistema di individui liberi di essere uguali.

ma la cui uguaglianza si trasforma in un annullamento delle differenze e delle singolarità, una crescente razionalizzazione ha permesso di padroneggiare le cose attraverso il calcolo razionale (Weber 1922) ma la logica sottesa a questa filosofia di vita è divenuta sia la sostanza con cui è stata forgiata la burocrazia, sia la risorsa attraverso cui il mondo è stato illuminato a giorno. Dall'inizio del '900 una corsa costante al progresso aveva prodotto enormi trasformazioni sul piano politico, sociale ed economico; in modo altrettanto rapido, l'esplorazione era divenuta conquista e quindi oppressione, il pensiero si era mostrato capace di forgiare ideologie ipnotiche. La scienza e la tecnica si erano proiettate verso i traguardi di una conoscenza assoluta, rinunciando così a quell'umanità che ne era stata l'essenza più intima; anche la comunicazione prima si è fatta esclusiva dello Stato, quindi del

mercato per poiriuscire a fare il suo ingresso in ogni dimora di ogni singolo individuo (Flichy 1991), si è rivelata potenzialmente corruttibile e fragile, fino a essere convertita in una potente arma dipropaganda, di controllo e di coercizione. Il "Grande Fratello", descritto in 1984 (Orwell 1949), ne rappresenta il simulacro romanzato: una sintesi agghiacciante di quanto si verificadagli anni '20 fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale e un monito allarmante per i decenni successivi.Nella seconda metà del '900, la fiducia nella scienza e nel progresso ha avviato, e alimentato, l'illusione di un cambiamento delle magnifiche sorti; il metodo vincente esteso senzaesitazione anche alla natura umana basato sull'oggettiva osservazione dei fatti ha rafforzato la convinzione che la realtà sia conoscibile attraverso la definizione di leggi universali emodelli astratti, i quali, sembrano essere in grado di spiegare la.totalità dei fenomeni. Dall'inizio del '900 una corsa costante al progresso aveva prodotto enormi trasformazioni sul piano politico, sociale ed economico. L'esplorazione era diventata "conquista", quindi oppressione, i confini degli Stati si erano trasformati in trincee, il pensiero si era mostrato capace di mandare in rovina intere nazioni. Anche la comunicazione si era rivelata fragile fino a essere convertita in una potente arma di propaganda, di controllo e di coercizione. Nella seconda metà del '900, la vo
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A.A. 2022-2023
11 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nafta_shg di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Ciofalo Giovanni.