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NON ABBIAMO MAI DAVVERO TEMPO

La legge di Hofstadter afferma che ogni attività richiede sempre più tempo del previsto. Se riconoscete che un progetto rischia di sforare il tempo consentito e modificate la tabella di marcia, la nuova scadenza non verrà comunque rispettata. Ne consegue che il solito consiglio sulla pianificazione, e cioè darsi il doppio del tempo di cui si pensa di aver bisogno, potrebbe in realtà peggiorare le cose. Le attività che cerchiamo di pianificare oppongono resistenza ai nostri sforzi. Il pianificatore ossessivo chiede al futuro delle rassicurazioni che il futuro non è in grado di fornire, proprio perché si tratta di eventi ancora di là da venire. Al cuore della preoccupazione c'è l'esperienza ripetuta di una mente che cerca di generare un senso di sicurezza sul futuro e fallisce per poi ricominciare da capo, come se l'atto stesso di preoccuparsi fosse in qualche modo in grado di.

CAPITOLO OTTAVO.
VOI SIETE QUI
Impiegare il tempo, per sua stessa de nizione, signi ca usarlo per raggiungere uno scopo, ed è
una cosa che facciamo quotidianamente. Le persone sono come asini che inseguono carote
appese a un bastone attaccato al collo. Non sono mai qui e non arrivano mai a destinazione. Non
vivono mai. Ogni momento della vita
è un'ultima volta: arriva, non lo rivivremo più e, quando è passato, ce ne resterà uno di meno. Un modo per comprendere il capitalismo è pensare a un'enorme macchina che trasforma qualsiasi altra cosa incontri in strumenti che servono al proprio futuro. Gli abitanti dei Paesi meno fortunati economicamente come più in grado di godersi la vita, sono meno ossessionati dallo strumentalizzarla per un guadagno futuro e quindi più capaci di apprezzare i piaceri del presente. Sbaglieremmo ad attribuire al capitalismo ogni colpa per il modo in cui la vita moderna ci sembra una faticaccia, qualcosa da superare verso un momento futuro migliore. Scegliamo di adottare questa controproducente attitudine strumentale verso il tempo perché ci fornisce l'illusione di avere un controllo onnipotente sulla nostra vita. L'esistenza non tende verso un qualche momento di verità che deve ancora manifestarsi. L'uomo

impegnato può sentirsi davvero padrone del proprio tempo. Cercando di sfruttare il tempo nel miglior modo possibile, si perde la vita. Più proviamo a essere nel qui e ora, a indicare ciò che sta accadendo in questo momento per vederlo davvero, più ci sembra di non essere qui, o forse di esserci ma di vivere un'esperienza insipida. Provare a vivere nel momento implica che siamo in qualche modo separati da esso, e che quindi ci troviamo nella posizione di viverlo o meno. Il disagio che proviamo quando ci sforziamo di stare di più nel momento è dato dagli sforzi che compiamo per modificare la nostra relazione con il momento presente, quando in realtà quel punto nel tempo è tutto ciò che siamo. Per vivere più pienamente il presente, forse, basta capire che non abbiamo altre opzioni se non essere qui. Ora.

CAPITOLO NONO.

RISCOPRIRE IL RIPOSO

Abbiamo la vaga sensazione che, se non

tristezza o di vuoto. Ma è proprio in questo momento che dobbiamo resistere alla tentazione di riempire il nostro tempo libero con distrazioni superficiali e cercare invece di dedicarci a attività che ci rigenerino veramente. Il riposo autentico richiede impegno e consapevolezza, ma i benefici che ne derivano sono incommensurabili. Prendersi cura del proprio tempo libero significa prendersi cura di se stessi, investendo nella propria felicità e benessere a lungo termine. Non lasciamo che il tempo libero diventi solo un'occasione per distrarci o procrastinare, ma sfruttiamolo come un'opportunità per coltivare le nostre passioni, per imparare cose nuove, per connetterci con gli altri e per rilassarci veramente.

disagio anziché di gioia. Per Schopenhauer passiamo le giornate inseguendo vari traguardi che vogliamo raggiungere. Tuttavia, i casi sono due: o non li abbiamo ancora raggiunti (e quindi siamo insoddisfatti, perché non abbiamo quello che desideriamo), o li abbiamo già raggiunti (e quindi siamo insoddisfatti, perché non fanno più parte dei nostri obiettivi). Al giorno d’oggi, l’hobbista è un sovversivo: insiste che ci sono cose che vale la pena di fare solo per il gusto di farle, nonostante non o rano ricompense in termini di produttività o di profitto. Avere invece un’attività secondaria, una specie di hobby che ha però miri di profitto. Gli hobby minacciano la cultura imperante della produttività e della performance anche in un altro modo: non c’è nulla di male nell’essere mediocri.

CAPITOLO DECIMO.

LA SPIRALE DELL’IMPAZIENZA

Ululiamo di rabbia perché non riusciamo a spronare il

mondo intorno a noi a muoversi alla velocità che vorremmo. Per esempio, le ricerche sul traffico hanno da tempo dimostrato che chi è impaziente al volante tende a essere più lento. Anche se è un dato difficile da verificare a livello scientifico, è quasi certo che siamo più impazienti che in passato. Dall'inizio della moderna era dell'accelerazione, l'umanità non ha risposto con soddisfazione per tutto il tempo risparmiato, ma con una crescente agitazione per l'impossibilità di far muovere le cose ancora più in fretta. Il motivo per cui il progresso tecnologico esacerba il senso di impazienza è che ogni passo in avanti sembra portarci più vicini al superamento dei nostri limiti. Il futuro alcolista si dà al bere perché vuole fuggire da qualche esperienza negativa. All'inizio questa strategia sembra funzionare, però bere annebbia temporaneamente le emozioni negative.

Sul lungo periodo, però, gli effetti sono disastrosi. Nonostante tutti gli sforzi per sfuggire alla realtà, le cose non cambiano. Questo circolo vizioso è al centro di ogni dipendenza. Chi ne sa re sa che deve smettere, ma non è in grado di farlo. A mano a mano che il mondo si fa più dinamico, iniziamo a credere che la nostra felicità, o la sopravvivenza economica, dipendano dall'essere in grado di lavorare, muoverci e agire a velocità sovrumana. Sembra che l'unico modo per gestire tutta questa ansia aggiuntiva sia muoversi ancora più velocemente. Sappiamo di dover smettere di accelerare, ma sentiamo di non poterlo fare.

CAPITOLO UNDICESIMO.

RESTATE SULL'AUTOBUS A mano a mano che la società accelera le cose cambiano e la pazienza, in un numero di contesti sempre maggiore, diventa una forma di potere. In un mondo pensato per la velocità, saper resistere all'impulso della fretta e dare a ogni cosa il temponecessario consente di migliorare l'attrazione, di fare ciò che conta e di trarre soddisfazione dall'azione in sé, invece di rimandare tutto il piacere a un momento futuro. Ci sono tre regole generali che si rivelano particolarmente utili per sfruttare il potere della pazienza come forza creativa nella vita di tutti i giorni. La prima è sviluppare una passione per i problemi. Dietro all'impulso di superare ogni ostacolo o sfida, di occuparsene, c'è solitamente l'implicita fantasia che, prima o poi, raggiungeremo una condizione libera da ogni problema. Un problema, nel senso più ampio del termine, è qualcosa che richiede la nostra attenzione, e se la vita non contenesse nulla del genere, niente avrebbe senso. La presenza di problemi non è un ostacolo verso un'esistenza significativa, ma ciò che la rende tale. Il secondo principio è accogliere.

L'incrementalismo radicale. L'ultima regola è che, nella gran parte dei casi, l'originalità è situata oltre l'impersonalità.

CAPITOLO DODICESIMO.

LA SOLITUDINE DEL NOMADE DIGITALE

Come per quanto riguarda il denaro, a parità di condizioni è bene avere molto tempo. Ma tutto il tempo del mondo non è granché se siamo costretti a trascorrerlo da soli. Avere moltissimo tempo ma nessuna occasione per usarlo in collaborazione con gli altri non è solo inutile, ma anche sgradevole. Nella vita di tutti i giorni, la sincronia detta il nostro passo senza che ce ne accorgiamo: a teatro, gli applausi vanno gradualmente a formare un ritmo; se camminiamo accanto a un amico, o anche a uno sconosciuto, spesso inizieremo a seguire la stessa andatura. L'impulso inconscio verso l'azione coordinata è talmente potente che nemmeno i più acerrimi rivali riescono a resistergli. Trascorriamo una porzione sempre

minore della vita negli stessi solchitemporali degli altri. Oggi è più di cile che mai trovare il tempo per una cena rilassata in famiglia, una visita improvvisa a un amico o un progetto collettivo qualsiasi che si svolga in un contesto diverso da quello lavorativo. TREDICESIMO.TERAPIA DELL'INSIGNIFICANZA COSMICA Ritrovarsi a dubitare del senso della propria esistenza è profondamente disturbante, ma non è necessariamente una cosa negativa, perché dimostra che è già avvenuto un cambiamento interiore. Non è strano che ricordarsi della nostra insigni canza sia un sollievo: significa comprendere che, per tutto questo tempo, ci siamo misurati secondo standard irrealizzabili. Per rendere giustizia all'incredibile dono delle nostre quattromila settimane non serve impiegarle per qualcosa di straordinario, semmai è vero l'opposto. Bisogna ri utarsi di aspirare a standard astratti e troppo esigenti dei quali non saranno mai all'altezza, prenderle per quello che sono, abbandonare i deliri di onnipotenza cosmica per vivere la vita così com'è: concreta, nitida e semplice.
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
8 pagine
3 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sofiasgarzini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia del tempo libero e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Russo Massimo.