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CAPITOLO 5: UNA COSMOPOLIS IMPERIALE?
Secondo molti studiosi, il sistema degli stati sovrani è ormai orientato verso il
tramonto (affermato con la pace di Vestfalia nel 1648 e si fondava per la prima volta
sul pluralismo degli stati nazionali, territoriali e sovrani che erano sorti sulle rovine
dell’universalismo politico dell’impero e del papato); il modello che si era stabilito in
Europa nel corso del Settecento e Ottocento, è divenuto universale nei primi decenni
del Novecento grazie all’espansione della comunità internazionale, ed è rimasto
immutato fino alla seconda guerra mondiale, subendo una parziale revisione soltanto
con la carta delle Nazioni Unite (la quale ha dato vita ad organi come il consiglio di
sicurezza).
Sotto il profilo giuridico il modello di Vestfalia si caratterizza per il fatto che i
soggetti del diritto internazionale sono esclusivamente gli Stati, fonti esclusive del
diritto internazionale.
Oggi, quindi, questo sistema sembrerebbe essere in declino poiché la sovranità
esterna degli Stati nazionali è soffocata dal potere soverchiante di autorità
sovranazionali, mentre la sovranità interna viene erosa, oltre che dall’interferenza di
fonti normative esterne, da una serie di contropoteri locali che rivendicano spazi di
autonomia sempre più ampi. Gli stati nazionali sembrano aver perso le funzioni di
controllo e di razionalizzazione delle forze economiche, sociali e tecnologiche per le
quali erano stati creati, e al posto del modello di Vestfalia si sta affermando una
modalità inedita di governance globale in virtù della quale sia i rapporti interstatali,
sia i rapporti tra gli stati e i loro cittadini sono sottoposti al controllo e al potere di
intervento di nuovi soggetti: si tratta di soggetti sovranazionali o transnazionali,
dotati di poteri politici, economici e militari per lo più informali o debolmente
formalizzati (Nazioni Unite, Fondo monetario internazionale, Banca Mondiale, G8,
OCSE, l’Alleanza atlantica).
(questo anche perché gli stati nazionali non sono in grado di affrontare i problemi
globali posti dai processi di integrazione)
(bo poi si parla di cose abbastanza strane tipo la formazione di un superstato
mondiale al di sopra di tutti gli stati esistenti?? Domestic analogy)
Per David Held c’è la possibilità di formare un processo di democratizzazione
globale, in quanto le nazioni unite contengono già in sé la possibilità di sviluppi
giuridici e politici che vadano nella direzione di una gestione comunitaria dei
rapporti internazionali.
Questo anche perché ormai è impensabile concepire uno stato “chiuso”: la
dimensione locale e quella globale prevalgono infatti su quella nazionale.
Per studiosi come Habermas è importante che le potenze industriali decidano
concordemente di dotare le Nazioni Unite di una considerevole forza militare
neutrale, impegnandosi nello stesso tempo a intrattenere fra di loro rapporti pacifici,
raggiungibili solo quando avranno cessato di essere reciprocamente aggressive.
Le guerre condotte dagli Stati democratici oggi sono diverse: l’opinione pubblica
interna esige che il ricorso all’uso della forza non sia ispirato al particolarismo della
ragion di Stato, ma favorisca la diffusione internazionale di forme di Stato e di
governo non autoritarie. I governi dei paesi democratici possono essere spinti dalla
pressione esercitata dall’opinione pubblica interna ad adottare politiche “altruistiche”
nei confronti dei paesi retti da regimi dispotici e totalitari.
In breve, il diritto cosmopolitico deve essere istituzionalizzato in modo da vincolare i
governi al rispetto delle sue regole sotto la minaccia di sanzioni.
Transizione dal diritto internazionale al diritto cosmopolitico
E’ anche vero però che lo Stato nazionale riesce comunque ad adattare alcune delle
sue vecchie funzioni al nuovo contesto globale, e per un altro verso, esso tende ad
assumere funzioni del tutto nuove, come il trattamento dei lavoratori stranieri e la
definizione dello statuto dei loro diritti nel contesto delle cittadinanze autoctone.
Solo uno stato nazionale, per esempio, sembra in grado di garantire un rapporto
equilibrato tra la dimensione geopolitica e il senso di appartenenza (e la lealtà) dei
cittadini e già per questo svolge una funzione difficilmente surrogabile.
Paul Hirst ha sostenuto inoltre che gli Stati nazionali, pur cedendo parte della loro
sovranità, oggi sono direttamente coinvolti nella determinazione delle politiche
internazionali, svolgendo una funzione essenziale, ovvero quella della legittimazione
politica, inclusa la legittimazione dei meccanismi decisionali sovranazionali e
subnazionali.
Le persone sono poi ancora fortemente “nazionalizzate”, cioè, radicate nel territorio
del proprio paese, nella sua lingua, nella sua cultura e tradizioni.
Inoltre, ai processi di globalizzazione corrisponde nella maggioranza dei paesi
occidentali, una profonda trasformazione delle politiche penali e repressive: una
trasformazione cui è stata data l’etichetta di passaggio dallo Stato sociale allo “Stato
penale” : gli stati occidentali accordano infatti un’importanza crescente alle politiche
per la “sicurezza dei cittadini”, intendendo per sicurezza la difesa delle persone e dei
loro beni della minaccia della criminalità; questo comporta quindi forme di
sorveglianza sociale particolarmente intense, favorite dalle tecnologie elettroniche
(videosorveglianza, carta d’identità elettronica, intercettazioni telefoniche ecc).
Il controllo sociale diventa così una delle funzioni centrali assegnate dai processi di
globalizzazione alle autorità politiche nazionali ed esso viene praticato
essenzialmente come repressione poliziesca nei confronti degli appartenenti a
categorie sociali
considerate statisticamente devianti.
Passaggio da una concezione positiva della sicurezza a una concezione
negativa
Legame tra deregolamentazione economica e iper-regolazione penale
Ciò che non viene più assolutamente tollerato non è, in generale, la devianza: lo sono
i comportamenti specifici, anche di lieve entità, dei soggetti marginali, degli stranieri,
che non accettano di adeguarsi ai modelli dominanti del conformismo sociale.
Globalizzazione penitenziaria
CAPITOLO 6: LO SPAZIO GIURIDICO GLOBALE
Ai processi di globalizzazione si accompagna una graduale trasformazione non
solo delle strutture della politica ma anche degli apparati normativi, anzitutto del
diritto internazionale.
Affermazione dello spazio giuridico globale e diffusione del globalismo
giuridico
Nuovi soggetti dell’ordinamento giuridico internazionale: unioni regionali,
prima fra tutti l’Europa; nuove alleanze politico-militari come la NATO, le
corti penali internazionali ecc
Nuove fonti del diritto internazionale: atti normativi delle autorità regionali,
la giurisprudenza delle corti penali ad hoc
Emergono le law firms, impegnate in una permanente rielaborazione del
diritto contrattuale e nell’introduzione di schemi contrattuali atipici
(franchising); il modello organizzativo è quello statunitense (figurati)
Affermazione di un sistema giuridico delle possibilità, fondato sullo schema
privatistico del contratto
Il diritto non assolve più la funzione di rafforzamento delle aspettative degli attori
giuridici, ma funziona come strumento di gestione dei rischi connessi a transazioni
dominate dall’incertezza.
Due categorie di avvocati stanno assumendo dei ruoli centrali:
1. Gli specialisti del lobbying politico presso i grandi centri federali o nazionali
del potere esecutivo
2. Specialisti del contenzioso d’affari, i litigators
Entrambi pongono le loro competenze al servizio di corporations transanazionali
rispetto alle quali le istituzioni degli Stati nazionali sono sempre meno in grado di
difendere i diritti fondamentali degli individui.
Si stanno poi affermando vere e proprie multinazionali del diritto commerciale,
capaci di mobilitare a loro favore supporti politici per la decisione opportunistica
delle controversie giuridiche cui sono interessati.
Per Guido Rossi, il capitalismo finanziario globale è la patria del conflitto di
interessi, cioè di una elevata dissimmetria di potere tra le parti contrattuali;
nonostante la retorica riguardo allo spazio giuridico globale, si deve registrare
l’assenza di un diritto internazionale che nei confronti dei rapporti economici
svolga una funzione imperativa e regolativa analoga a quella che è stata assolta,
all’interno degli Stati nazionali, dal diritto costituzionale e in più generale dal
diritto pubblico.
Allo stesso tempo, la funzione giudiziaria e il potere dei giudici tendono a
espandersi sia a livello nazionale sia su scala internazionale, limitando il potere
legiferativo dei parlamenti ed erodendo ulteriormente la sovranità giurisdizionale
degli Stati.
Moltiplicazione delle corti internazionali (la più impo è la corte penale
internazionale)
(vabbe alcuni hanno criticato il fatto che in molte corti tipo nel processo di
norimberga la legge sia stata applicata a pochi soggetti ritenuti più responsabili e
tutto un discorso filosofico di cui non me ne frega niente sulla questione delle
pene inflitte) (si è osservato infatti che i processi penali internazionali del
secondo dopoguerra hanno mostrato un’efficacia deterrente praticamente nulla)
Un altro dibattito riguarda la nascita di un diritto cosmopolitico, una lex
mundialis valida erga omnes, sulla base di una graduale omologazione delle
differenze politiche e culturali, oltre che delle consuetudini e delle tradizioni
normative nazionali; in questo contesto la dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo del ’48 viene elevata al ruolo di norma fondamentale.
La principale conseguenza pratica di queste premesse filosofiche è per
Habermas l’esigenza che nell’ambito delle Nazioni Unite vengano creati
nuovi organi esecutivi e giudiziari che abbiano il potere di accertare le
violazioni dei diritti umani, con annesse forze di polizia giudiziaria a
disposizione dei tribunali internazionali.
Per contro, i critici del globalismo giuridico denunciano la debolezza di una dottrina
che nonostante le sue aspirazioni cosmopolitiche rimane ancorata alla cultura della
vecchia Europa, e cioè al giusnaturalismo classico-cristiano; inoltre rivendicano la
molteplicità delle tradizioni normative e degli ordinamenti giuridici oggi in vigore a
livello planetario e sottolineando il loro prevalente carattere “transnazionale”.
Esprimono poi perplessità a proposito delle forme coercitive della tutela
internazionale dei diritti soggettivi.
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