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La sociologia del lavoro in Italia

E’ la prima forma di sociologia lavorista italiana e che si contrappone a quella francese: tanto accademica l’ultima, poco la prima. Poco rilevanti i contributi degli studiosi extra-accademici nell’ultima ma significativi e ancora attuali gli studi socio-lavoristi e imprenditoriali italiani. In più quella italiana è più attaccata ai luoghi di lavoro ed ai sindacati in quanto hanno a cuore i lavoratori. La sociologia del lavoro italiana ha un'identità difficile da interpretare, senza leader carismatici riconosciuti, che da un lato continua a sottolineare l’importanza dell’orientamento alla ricerca proprio della società industriale americana (es. Quaderni Rossi) e dall’altro ritiene di dover portare avanti gli aspetti più significativi della sociologia lavorista francese. La sociologia in Italia nasce dalla proposta di Olivetti che aprì le porte alle prime possibilità di far avanzare la ricerca.

empirica in ambito produttivo e nel campo del lavoro ed ha permesso di spiegare anche i successivi sviluppi in questo campo.

Le prime riflessioni in tal senso si ritrovano ne "Le questioni di sociologia edite nel 1966" in cui figura un saggio di Franco Ferrarotti sulla sociologia del lavoro. Egli si è formato alla scuola olivettiana, nel centro studi di sociologia costituito da Olivetti presso la sua azienda.

Olivetti ha prodotto per primo la macchina da scrivere portatile. Olivetti porta un'idea organizzativa e lavorativa diversa. L'idea di Olivetti è che la vita organizzativa sia una comunità lavorativa dentro la comunità di Livrea.

Creò per primo dentro la Olivetti un centro studi, in cui lavoravano antropologici, sociologici e psicologici del lavoro... e gli faceva studiare la vita dei lavoratori (la famiglia, il reddito, tutto ciò che stava intorno al soggetto e nulla che centrava con la produzione). L'obiettivo era

Il benessere del lavoratore. Ha applicato il taylor-fordismo ma con più flessibilità e ha dato per primo importanza all'ergonomia. L'azienda come sistema sociale (Franco Ferrarotti). Egli parla dell'azienda come sistema sociale in quanto è diventata il fulcro, l'elemento innovatore e stimolatore della società moderna. Tuttavia l'influenza è reciproca (interazione tra azienda e comunità): gli aspetti economico-aziendali influiscono sulla società e sulle sue strutture ma anche le condizioni socio-culturali della comunità influiscono sulla vita aziendale. L'interazione non è armoniosa, i poteri non sono bilanciati, l'industria prevale su tutto. L'esperienza dei Quaderni Rossi. Fra il '62 e il '66 escono i sei numeri dei "Quaderni Rossi", che non viene considerata una rivista quanto più uno strumento di lavoro. L'elemento unificante è il leader Raniero.

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Panzieri.I Quaderni Rossi cercano di utilizzare e valorizzare l'elaborazione teorico-concettuale ma di farla seguire alle indagini empiriche del contesto reale. La costante in queste analisi è quella di cogliere il nuovo che sta esprimendo la classe operaia contro le politiche di centro. In più si cerca di recuperare il ritardo proveniente dalle elaborazioni da parte della sinistra, che vietava di comprendere le trasformazioni in atto e quelle avvenute, posizione critica resa possibile in seguito alla caduta dello stalinismo in URSS.

Due proposte emergono con forza dai fascicoli ed in particolare da Panzieri: l'approccio alla tecnologia e un esame critico delle potenzialità della sociologia attraverso i suoi strumenti di indagine empirica.

La tecnologia è al servizio del capitale. Non hanno una visione ottimistica della tecnologia come i francesi. Riprendono il frammento delle macchine di Marx (l'impresa investe nella tecnologia ma nasce al servizio

del capitale. Deve servire solo per aumentare la produttività). Raniero Panzieri sposa l'idea di Marx, quindi la tecnologia non porterà mai il lavoratore a liberarsi dal lavoro ripetitivo perché serve allo sviluppo del capitale. La ricerca empirica è realizzata in forma partecipata, per acquisire elementi interpretativi e per cambiare la realtà.

I Quaderni Rossi pensarono dunque ad un modo diverso di fare ricerca: utilizzarono la con-ricerca, ovvero fare ricerca assieme all'oggetto di studio (stimolare dinamiche di cambiamento nei singoli e riflessione) e l'inchiesta a caldo fatta in situazione di notevole movimento.

Nel primo fascicolo Panzieri scrive "Sull'uso capitalistico delle macchine". La sua tesi è chiara: la tecnologia non garantisce libertà e trasformazioni in quanto è completamente connessa alla logica capitalistica da cui acquisisce la sua ragion d'essere.

La seconda proposta parte dalla

consapevolezza che la società capitalista stava trasformandosi e quindi le categorie classiche cui la sinistra aveva fatto riferimento risultavano superate, inadeguate. Panzieri crede che se gli strumenti della sociologia vengano utilizzati a fini trasformativi ed in modo partecipativo e coinvolgente (inchiesta a caldo), possono far acquisire alla classe operaia strumenti interpretativi atti a capire la realtà sociale ed economica (la loro condizione) e a far intravedere le modalità per una sua modificazione. Sia la scuola francese che i Quaderni Rossi peccano di determinismo. Inevitabilmente la tecnologia influenza la vita privata e lavorativa delle persone ma non si può dire per certo che porta ad aspetti positivi o negativi. Uso delle macchine nel neocapitalismo (Raniero Panzieri) 1. La cooperazione semplice di cui parla Marx, dice Panzieri, è la forma fondamentale della produzione capitalistica. Però l'operaio entra in rapporto con il capitale.solo come singolo. La cooperazione vi è solo nel processo lavorativo in cui hanno già cessato di essere sé stessi. Sono già cioè incorporati dal capitale. La forza produttiva dell'operaio è in realtà forza produttiva del capitale. Il luogo in cui avviene questo processo è la fabbrica in cui si verifica un processo di scissione per cui il capitalista rappresenta l'unità e la volontà del gruppo lavorativo. La scienza entra a servizio del capitale. Lo sviluppo della tecnologia avviene all'interno di questo processo capitalistico. La tecnologia, incorporata al sistema capitalistico, distrugge il vecchio sistema della divisione del lavoro e lo trasforma come mezzo di sfruttamento della forza-lavoro in una forma ancora peggiore (servire la macchina). L'operaio dipende dalla fabbrica e dunque dal capitalista. La macchina quindi per Panzieri non libera dal lavoro operaio ma toglie il contenuto al suo lavoro. Non

è più l'operaio che agisce sul lavoro, ma è il lavoro/la macchina ad agire su di lui. Lo sviluppo tecnologico è sviluppo capitalistico (ha la volontà e la consapevolezza del capitalista). Il processo di industrializzazione ha dato quindi potere al capitalista sotto forma di dispotismo. Nessun fattore di questo processo garantisce la trasformazione o il rovesciamento dei rapporti esistenti. Anzi la tecnologia consolida il potere del capitalismo. Ciò però non significa, dice Panzieri, che non nascano nel contempo le possibilità di rovesciamento del sistema.

Marx nel “Capitale” aveva già sottolineato i limiti del capitalismo: l'economia politica chiude la società all'interno di uno schema particolare, assumendo poi questo modello come il funzionamento migliore e più naturale. Per tale motivo Panzieri definisce il marxismo (al cui pensiero si vede molto vicino) come una sociologia concepita

come scienza politica della rivoluzione. Il fatto di trattare la forza lavoro soltanto come elemento del capitale, è unalimitazione proprio dal punto di vista dell'analisi sociologica, in quanto essa è caratterizzata dalla considerazione delle due classi fondamentali che la costituiscono. Per Marx quindi non è possibile risalire dal movimento del capitale allo studio della classe operaia: la classe operaia sia che operi come elemento capitalistico sia come elemento anticapitalistico, esige un'osservazione scientifica a parte. Il metodo dell'inchiesta è per Panzieri il modo migliore per trarre l'analisi della classe operaia separatamente da quella del capitale. L'osservazione scientifica del grado di consapevolezza che ha la classe operaia, dovrebbe essere quindi anche la via per portare questa consapevolezza a gradi più alti. Dato che un sistema capitalistico come questo si può modificare solo attraverso i conflitti, Panzieri.preferisce parlare ed utilizzare "l'inchiesta a caldo", cioè l'inchiesta fatta in una situazione di notevole movimento. La sociologia del lavoro in Italia (La Rosa) Due orientamenti hanno portato allo sviluppo della disciplina socio-lavorista in Italia: uno incentrato sul lavoro aziendale caratterizzato da un metodo empirico e specifico centrato sul "micro" (la sociologia manageriale degli USA), l'altro focalizzato sul lavoro caratterizzato da un metodo centrato sul "macro" (la sociologia del lavoro strutturale europea). Gli studi italiani e francesi sono l'espressione massima della sociologia europea, e si concentrano più sui grandi problemi della società che dei problemi delle piccole unità al suo interno. Considera come suo compito quindi conoscere la realtà sociale, interpretarla più che intervenire direttamente per modificarla. L'apporto fondamentale fornito dalla sociologia italiana(una sua specificità) deriva dal suo interesse per l'elaborazione teorica insieme a quella pratica della realtà sociale cercando di coniugare sempre micro e macro, cioè i problemi interni ad ogni singolo nucleo produttivo (conflitti, rapporti) e il contesto più ampio nel quale tali nuclei sono inseriti. Dice Ferrarotti che non esiste comunità che non subisca una precisa e identificabile influenza da parte dell'organizzazione industriale. Ma l'influenza è reciproca. Inoltre altra caratteristica fondamentale è l'arricchimento interdisciplinare. Franco Ferrarotti ha dato inizio alla sociologia industriale in Italia, un po' in ritardo rispetto agli altri a causa del lento passaggio dall'economia rurale a quella industriale nel nostro Paese, per poi però accompagnare lo sviluppo di una grande produzione fino alla fine degli anni '60 (in particolare dopo il '68 e l'autunno caldo). La sociologia

italiana risale

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
30 pagine
2 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Floriana.D di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Gosetti Giorgio.