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UTILITÀ E COMPETIZIONE SOCIALE

Il consumatore sovrano

Più produzione significa più ricchezza per una nazione, mentre potersi permettere di consumare, se non lussi perlomeno i comfort della vita, appare come l'esito agognato e meritato del lavoro. Dalla fine dell’800 a oggi la teoria economica, considera tutti i consumatori come i sovrani del mercato. Da ciascun consumatore partirebbero delle scelte che, sommandosi a quelle di altri consumatori, creano una domanda alla quale la produzione non potrà fare a meno di rispondere.

Il consumatore neoclassico è una sorta di scatola nera, le sue preferenze e i suoi gusti non vengono studiati in quanto tali né tanto meno nella loro genesi. Si studia piuttosto la loro realizzazione in atti di acquisto; questi vengono individuati mediante variabili numeriche come la quantità di oggetti comperati e la spesa effettuata per l'acquisto. Le scelte di acquisto si connotano come azioni strumentali.

è il suo valore simbolico. Questo fenomeno è spesso osservato nel settore del lusso, dove i consumatori sono disposti a pagare prezzi elevati per dimostrare il loro status sociale. Un altro aspetto importante è la questione del potere e del controllo. Leibenstein sottolinea che l'informazione è un fattore chiave nel processo decisionale dei consumatori. Chi ha il potere di controllare l'informazione può influenzare le scelte dei consumatori e quindi il mercato. Questo solleva interrogativi sulla trasparenza e sulla concorrenza nel mercato. In conclusione, l'approccio neoclassico all'economia dei consumi trascura alcuni importanti aspetti come la formazione delle preferenze, le caratteristiche qualitative dei beni e la questione del potere e del controllo. L'introduzione di concetti come l'effetto Veblen e l'importanza dell'informazione da parte di Leibenstein amplia la nostra comprensione del comportamento dei consumatori e del funzionamento del mercato.risulta il suo valore dimostrativo; effetti Bandwagon e Snob indicano situazioni in cui la domanda di un bene o servizio rispettivamente aumenta o diminuisce man mano che altri consumatori si dimostrano interessati e consumano tale bene o servizio. Becker tiene fermo l'assunto che gli individui si comportano in modo tale da massimizzare l'utilità. Propone però di considerare che l'utilità che una persona ricava da un bene è in funzione non solo dei beni che una persona ricava anche dal proprio "capitale umano", una variabile che a sua volta è costituita dal "capitale personale" (che include i consumi passati rilevanti e altre esperienze personali che influenzano l'utilità presente e futura) e dal "capitale sociale" (che incorpora l'influenza delle azioni passate del gruppo dei pari e degli altri significativi). I limiti della razionalità economica. Fare acquisti visto come un.calcolo razionale su che cosa comprare in base all'utilità delle diverse merci disponibili, per quanto questa possa essere "filtrata" attraverso le variabili del capitale personale e sociale. McCracken ha coniato il termine "effetto Diderot" ispirandosi a un racconto in cui l'omonimo filosofo francese narra di una vestaglia lussuosa avuta in dono da un amico e dell'esigenza avvertita di modificare il proprio modesto studio per renderlo più adatto a questa nuova presenza, per ricreare cioè coerenza e armonia a partire da una nuovo centro di classificazione culturale rappresentato dalla vestaglia. McCracken utilizza dunque questo termine per indicare la tendenza dei nostri consumi a riproporre unità coerenti dal punto di vista culturale ed estetico. Anche in un'attività che ci può sembrare banale e di routine come il fare la spesa al supermercato mettiamo in gioco una varietà di significati simbolici che

Vanno ben oltre il modello di azione proposto dall'economia neoclassica. Ricerca di Miller ha mostrato che fare la spesa al supermercato è anche e soprattutto una forma rituale. Nella fattispecie, sottolinea il legame tra chi è responsabile (tipicamente una donna/madre) e gli altri membri del nucleo familiare. Molti studi hanno peraltro sottolineato l'importanza dei contesti, delle situazioni e dei luoghi in cui avviene il consumo e delle interazioni che in tali luoghi sono concepite come naturali.

Moda, stile e consumo vistoso. Simmel sostiene che il valore delle cose dipende dalla valutazione che ne dà il soggetto, a sua volta condizionata dal contesto storico e culturale in cui ha luogo. Nelle metropoli l'individuo avrà bisogno di poter indossare vestiti che sappiano segnalare agli altri la sua identità, sia come appartenenza a un gruppo, sia come originalità e individualità. Questo fenomeno è il risultato moderno di

Principi della logica sociale: il bisogno di coesione e il bisogno di differenziazione. Seguendo la moda ci affiliamo ad alcune persone e ci differenziamo da altre, ma allo stesso tempo possiamo godere della sensazione di esprimere noi stessi in un linguaggio comune e quindi comprensibile anche agli altri. Secondo Simmel, adottando un certo stile, soprattutto se già legittimato dal tempo, possiamo esprimerci in modo indiretto, come attraverso un "velo", indicando certo un nostro gusto, ma senza dovere "stare in equilibrio sulla linea sottile della mera individualità". Scegliendo di combinare stili diversi nella propria abitazione, per esempio, l'individuo fornisce un nuovo significato alle cose, che acquistano valore nel loro insieme, come combinazione, e sottolinea così la propria capacità di esprimere un gusto proprio. La nuova moda, per Simmel, appartiene solo alle classi superiori. Non appena le classi inferiori cominciano ad appropriarsene,

le classi superiori si volgono ad un'altra moda, con la quale si differenziano nuovamente dalle grandi masse e così via. I gruppi sociali meno favoriti non sono quindi in grado di proporre mode proprie e si limiterebbero a imitare i più fortunati. Effetto trickle-down: meccanismo di diffusione delle mode per sgocciolamento dall'alto verso il basso. McCracken ha sostenuto che, mentre nelle società tradizionali il principio guida per l'attribuzione di valore ai beni era dato dalla patina (ovvero quell'aspetto consunto che i beni acquistano a causa dell'usura nel corso di diverse generazioni), nella modernità esso diviene la moda, intesa proprio come ricerca del nuovo. Per McCracken questo avviene però anche a partire delle classi nobiliari, che con lo sviluppo delle corti assolutistiche diventano, già agli albori della modernità, le più importanti ispiratrici della moda: i nobili divenuti cortigiani non potevanopiù permettersi che gli oggetti divenissero vecchi accumulando prestigio e il valore dei beni veniva sempre più a coincidere con il loro apparire nuovi, inediti e moderni. La patina viene recuperata, magari in forma simulata, dalla moda stessa laddove vengono proposti come oggetti all'ultimo grido alcuni mobili antichi che portano i segni del tempo. Veblen: il valore di alcuni beni sarebbe determinato esclusivamente dalla loro capacità di rendere visibile una data posizione sociale. Il consumo o spreco vistoso funge quindi da dispositivo di dimostrazione/riconoscimento di una posizione elevata. Per quanto riguarda il vestire, le donne sul luogo di lavoro hanno utilizzato i codici maschili per essere accettate come compagne di lavoro competenti. I limiti dell'emulazione Un primo limite di Veblen è dato dal fatto che il suo modello di consumatore si fonda sull'emulazione e sull'invidia e quindi non consente di tenere presente che la cultura diconsumomoderna si è espressa anche nella costruzione di particolari orientamenti emotivi e morali. Un secondo limite, si evidenzia laddove sono solo le pratiche di consumo "esibite" ad apparire sociali, mentre quelle "private" risponderebbero a una sorta di utilità pre-culturale. In effetti, il significato degli oggetti, anche di quelli più nascosti e privati che servono per organizzare i nostri spazi domestici, non è determinato staticamente dalla loro forma o funzione, ma è interconnesso quantomeno al corso di vita e al genere, anch'essi strutturati socialmente. In una società sempre più frammentata, dove i consumi stessi sono importanti catalizzatori per il riconoscimento sociale, ogni raggruppamento socioculturale sembra essere guidato dai propri innovatori o taste-makers. Ma ancor più evidente è il fatto che i gruppi sociali deboli, lungi dall'adottare strategie puramente imitative, tendono asviluppare una propria moda originale. Anche gli stili della classe lavoratrice o i cosiddetti stili di strada possono arrivare a imporsi ben oltre tali cerchie sociali. È questo il caso della moda punk e del piercing che i primi punk adottarono con chiari intenti trasgressivi, utilizzando oggetti di uso comune (spille da balia) e trasformandoli in decorazioni che apparivano antiestetiche fuori dal loro gruppo. Il piercing poi è assai più normale e diffuso, è uscito dalla marginalità, risultando persino chic. Secondo Blumer, uno stile diventa moda non quando l'élite lo adotta, ma quando corrisponde al gusto nascente di un pubblico che consuma moda. Le mode sono, almeno in parte, il prodotto di scelte selettive compiute dagli stilisti, dai giornalisti di moda e persino dai grossisti e dai negozianti. Il codice della moda passa infatti attraverso i vari filtri dell'industria.della moda.
  1. BISOGNI INDOTTI E SIMULAZIONE

Se il consumatore neoclassico è il sovrano del mercato, quello della teoria critica è lo schiavo delle merci: compra perché è indotto a farlo e non perché davvero desidera farlo. La teoria critica e, soprattutto, il postmodernismo pessimista di Baudrillard finiscono quindi per negare ai consumatori la capacità di rispondere creativamente, o attivamente, alle sollecitazioni della cultura di consumo.

Dal feticismo alla teoria critica

La Scuola di Francoforte analizza gli sviluppi dell' "industria culturale". In "La dialettica dell'illuminismo", Horkheimer e Adorno sostengono che i prodotti dell'industria culturale hanno 2 caratteristiche: sono "omogenei", sempre uguali sotto un'apparenza di varietà, e "prevedibili". Sostengono che la cultura di consumo è l'esito di un mondo in cui le persone non vengono considerate in quanto tali ma come

re il conformismo sociale. Secondo Adorno, la musica popolare è priva di originalità e creatività, poiché è prodotta in serie per soddisfare i gusti di massa. Questo tipo di musica è caratterizzato da melodie semplici e orecchiabili, testi banali e ripetitivi, e arrangiamenti standardizzati. Adorno critica anche l'ascolto passivo che la musica popolare promuove, poiché non stimola la riflessione critica e la partecipazione attiva da parte dell'ascoltatore. Inoltre, sostiene che la musica popolare contribuisce al conformismo sociale, poiché promuove valori superficiali e consumistici, e non offre spazi per l'espressione individuale e la diversità culturale.
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
12 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elisalizza di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei consumi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Pezzoli Silvia.