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D’Alema, che sarà poi sostituito da Giuliano Amato nel 2000. Le elezioni del 2001 vedono un
centrodestra compatto affrontare un centrosinistra che non riesce a proporre un candidato di forte
appeal. Il risultato è una vittoria netta della coalizione guidata da Berlusconi, composta da Forza
Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord. Un elemento di rilievo in questa tornata elettorale è la
presentazione di un programma dettagliato, sancito dal cosiddetto "contratto con gli italiani", firmato
in diretta televisiva da Berlusconi. Per la prima volta nella storia della Repubblica si verifica un vero e
proprio meccanismo di alternanza, con una chiara distinzione tra maggioranza uscente e nuova
maggioranza entrante. Il secondo governo Berlusconi diventa il più longevo della storia repubblicana,
ma al suo interno emergono fratture e segnali di debolezza che spingono il premier a rivedere la legge
elettorale. In questa fase si evidenzia come Berlusconi utilizzi il suo ampio mandato non tanto per
attuare il programma politico annunciato, quanto per tutelare se stesso e i suoi collaboratori da
questioni di natura giudiziaria, influenzando significativamente il dibattito politico nazionale.
Il sistema partitico: da due a tre poli
A partire dal 1992 si assiste a una fase di profonde trasformazioni nel panorama politico italiano, con
la rapida dissoluzione dei principali protagonisti della Prima Repubblica. In particolare, il crollo della
Democrazia Cristiana favorisce l'emergere di formazioni politiche più specifiche e meno ancorate alla
tradizione partitica, come Forza Italia e la Lega Nord. Tali cambiamenti influenzano
significativamente l'evoluzione del sistema partitico, determinando, ad esempio, la scomparsa dei
partiti antisistema e l'affermazione di un nuovo ruolo centrale delle coalizioni, fortemente incentivato
dalla legge elettorale del 1993. Quest'ultima introduce un sistema misto con una componente
maggioritaria, che favorisce la formazione di alleanze tra partiti, tendenza ulteriormente accentuata
dalla riforma elettorale del 2005, la quale introduce il premio di maggioranza, rafforzando il processo
di aggregazione in grandi coalizioni. Le coalizioni diventano il fulcro della competizione politica,
superando il modello partitico della Prima Repubblica, ma risultano spesso caratterizzate da una forte
frammentazione interna, anche a causa dell'elemento proporzionale presente nel sistema elettorale.
Analizzando il comportamento elettorale successivo agli anni Novanta, si osserva il declino del voto
di appartenenza, conseguente all'indebolimento dei partiti di massa, mentre il peso del voto d'opinione
appare limitato. Permane, invece, il voto di scambio, il cui ruolo diventa particolarmente rilevante nel
Mezzogiorno. In questo contesto, il sistema politico si allontana progressivamente dal modello del
pluralismo polarizzato per assumere una configurazione sostanzialmente bipolare. Le trasformazioni
del sistema politico hanno ripercussioni significative anche sui gruppi di interesse e sulle loro
strategie d'azione: in alcuni casi, si assiste alla dissoluzione dei tradizionali legami di parentela tra
partiti e associazioni di categoria, evidenziando il ruolo dei sindacati e la necessità per i gruppi di
pressione di riposizionarsi in un contesto caratterizzato da un'alternanza più frequente al governo, in
cui l'eccessiva vicinanza a una singola forza politica può risultare rischiosa.
I mutamenti istituzionali
Durante la crisi degli anni '90, si è assistito a una notevole evoluzione dei ruoli istituzionali, in
particolare per quanto riguarda la magistratura e il PdR (PdR). La magistratura, nonostante le sfide
politiche poste anche dalla presenza di Silvio Berlusconi, ha visto aumentare la propria autonomia e
indipendenza. Ciò ha portato a un ruolo più attivo nella lotta contro la corruzione e la criminalità
organizzata.
Parallelamente, la figura del PdR, soprattutto durante il mandato di Oscar Luigi Scalfaro, ha assunto
un'importanza cruciale. Scalfaro ha esercitato un ruolo attivo nella gestione delle crisi politiche,
intervenendo in diverse occasioni. Tra queste, spiccano lo scioglimento anticipato delle Camere, una
prerogativa utilizzata in momenti di instabilità politica, e l'intervento nel processo legislativo
attraverso il rinvio di leggi alle Camere, esercitando un controllo di costituzionalità e di merito.
Questi interventi hanno contribuito a rafforzare il ruolo del PdR come garante della Costituzione e
arbitro della vita politica, contribuendo a stabilizzare il sistema politico in un periodo di transizione.
In sintesi, la crisi degli anni '90 ha rappresentato un periodo di cambiamenti significativi per le
istituzioni italiane, con un rafforzamento del ruolo della magistratura e del PdR.
Capitolo 4
La repubblica dei premi
Il Porcellum
Il "Porcellum" fu concepito con l’intento di alterare gli equilibri elettorali a svantaggio del
centrosinistra nelle elezioni dell'anno successivo, intervenendo sulla quota maggioritaria ed
eliminando i collegi uninominali. Il ritorno a un sistema proporzionale favoriva un aumento della
frammentazione politica, dinamica che avrebbe avvantaggiato la sinistra, tradizionalmente
caratterizzata da una pluralità di partiti. La legge si configurava come un sistema proporzionale con
soglie di sbarramento differenziate e un premio di maggioranza, incentivando la formazione di
coalizioni attraverso una riduzione delle soglie di accesso per i partiti aderenti. Le coalizioni, per
essere riconosciute, erano obbligate a presentare un programma comune e a indicare un capo politico,
elemento che ridusse significativamente il potere del PdR nella designazione del Presidente del
Consiglio, limitandone la discrezionalità. Il territorio nazionale fu trasformato in un collegio unico,
senza l’intermediazione dei collegi uninominali,
determinando un confronto diretto tra coalizioni
eliminando così un meccanismo che in precedenza garantiva un legame più diretto tra eletti ed
elettori. In tale contesto si diffuse la pratica delle multi-candidature, attraverso cui i leader dei partiti si
candidavano in più circoscrizioni per poi scegliere in quale risultare eletti, attribuendo i seggi residui a
candidati selezionati dalle segreterie di partito. Questo meccanismo accentuò il potere delle élite
politiche sulla distribuzione dei seggi parlamentari, riducendo ulteriormente la possibilità di scelta da
parte degli elettori e consolidando il controllo delle dirigenze sulle dinamiche rappresentative. Di
conseguenza, il sistema elettorale contribuì ad acuire la conflittualità tra le forze politiche, favorendo
una logica di competizione esasperata che ostacolò la governabilità e alimentò le tensioni all'interno
del panorama politico nazionale.
Le elezioni dal 2006 e del 2008
La presenza di un premio di maggioranza nazionale incentivò i partiti a formare coalizioni il più
ampie possibili, determinando un'aggregazione strategica finalizzata alla massimizzazione dei
consensi. Le elezioni del 2006 furono vinte dal centrosinistra guidato da Romano Prodi, sebbene con
una maggioranza parlamentare ridotta, elemento che ne compromise la stabilità. Il Porcellum, avendo
favorito la proliferazione delle coalizioni, portò alla formazione di un governo estremamente
eterogeneo, composto da dodici formazioni politiche e ben 103 membri, una frammentazione che ne
ostacolò la coesione e ne determinò la caduta nel 2008. Le successive elezioni videro la vittoria di
Silvio Berlusconi con il neocostituito Popolo della Libertà (PdL), segnando un significativo
mutamento nella composizione delle coalizioni: si passò da un modello inclusivo, caratterizzato da
alleanze molto ampie, a uno selettivo, in cui venivano aggregati solo partiti affini considerati
essenziali per la vittoria. In questo contesto nacque il Partito Democratico (PD) dalla fusione tra La
Margherita e i Democratici di Sinistra, segnando un tentativo di razionalizzazione dell’offerta
partitica. In questa fase si diffuse il cosiddetto voto “utile”, fenomeno per cui gli elettori tendevano ad
abbandonare i partiti minori, temendo che non raggiungessero la soglia di sbarramento, per
convergere su formazioni più grandi con maggiori possibilità di successo. Il nuovo scenario politico
determinò una rottura con la logica precedente, secondo cui la costruzione di coalizioni il più ampie
possibile era un requisito essenziale per la vittoria elettorale. In questo periodo, nel 2009, nacque il
Movimento 5 Stelle (M5S), fondato da Beppe Grillo e caratterizzato da una forte critica nei confronti
dei partiti tradizionali, con una retorica antisistema che intercettò il crescente malcontento popolare. Il
Partito Democratico, pur affermandosi come principale forza di centrosinistra, soffrì le proprie
divisioni interne e il declino progressivo dei partiti di massa di cui era erede, faticando a consolidare
un’identità politica chiara e coesa. Parallelamente, il governo Berlusconi si trovò a fronteggiare le
conseguenze della crisi economica del 2008, mentre le vicende giudiziarie del premier determinarono
l’adozione di una serie di provvedimenti legislativi definiti “ad personam”, finalizzati a garantirne la
tutela giuridica, suscitando forti polemiche e contribuendo a inasprire ulteriormente il clima politico
nazionale.
La crisi del 2011 e lo stallo del 2013
Nel 2010 la frattura tra i due cofondatori del Popolo della Libertà, Silvio Berlusconi e Gianfranco
Fini, culminò nella separazione tra le due componenti del partito, determinando una significativa crisi
interna. Nel 2011 la situazione del debito pubblico italiano divenne insostenibile e lo spread raggiunse
la cifra record di 575 punti base, causando una perdita di fiducia nei confronti del governo Berlusconi
e determinandone la caduta. Il PdR Giorgio Napolitano assunse un ruolo centrale nella gestione della
crisi, affidando l’incarico di formare un nuovo governo a Mario Monti, economista di fama
internazionale, con l’obiettivo di superare l’emergenza finanziaria. L’esecutivo, composto
prevalentemente da tecnici, inizialmente ottenne un’ampia maggioranza parlamentare, tuttavia, il
graduale deterioramento del consenso dovuto alle politiche di austerità, all’aumento della pressione
fiscale e all’acuirsi della disoccupazione portò Berlusconi a ritirare il proprio sostegno nel 2013,
contribuendo alla fine dell’esperienza montiana. Le elezioni politiche del 2013 segnarono una svolta
nel panorama politico italiano con l’exploit del Movimento 5 Stelle, che ottenne oltre il 25% dei voti
alla Camera, sancendo la transizione verso un sistema partitico tripolare, caratterizzato dalla presenza
dimensione. L’esito elettorale evidenziò i limiti strutturali della legge
di tre forze di