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Economizzatore cognitivo
Gli studi della cognizione sociale partono più o meno all'inizio degli anni '60, quando Heider propone il modello di uomo come scienziato ingenuo e si sviluppano fino agli anni '90 con la proposta di Fiske e Taylor (1991) di uomo come economizzatore cognitivo, un uomo come insieme di processi psicosociali che sono caratterizzati dalla necessità di risparmiare tempo ed energia. Immagina quindi che le persone possano usare pensieri più semplici per interpretare la realtà, ma anche per sapere come comportarsi per adattarsi. Scorciatoie inferenziali - Euristiche cognitive. L'economizzatore cognitivo utilizza le euristiche. - Euristiche: scorciatoie cognitive che, nella maggior parte dei casi, forniscono alle persone la capacità di produrre inferenze sufficientemente accurate. Processi che usiamo per spiegarci il mondo che ci circonda. - Eucaristica della rappresentatività: consiste in una scorciatoia cognitiva graziealla quale gli esemplari vengono assegnati a categorie o tipi sulla base della somiglianza complessiva che essi presentano nei confronti con gli altri elementi della categoria complessivamente considerata. L'errore in cui ci si può imbattere considera quanto uno stimolo sia rappresentativo della categoria che evoca.
Euristica della disponibilità: scorciatoia cognitiva in cui la frequenza o la probabilità del verificarsi di un evento si basano sulla velocità con cui vengono alla mente esemplari o associazioni relative ad una certa categoria, ciò che è disponibile nella mente per spiegare una certa situazione. L'errore in cui ci si può imbattere considera quanto uno stimolo stimo essere frequente.
Ancoraggio e accomodamento: scorciatoia cognitiva in cui le inferenze sono collegate a modelli iniziali o a schemi. Per spiegare qualcosa, specie quando esso è poco chiaro, ho bisogno di qualcosa di sicuro.
(non è
un’euristica ma è un concetto assimilabile) Effetto del falso consenso: tendenza a considerare il proprio comportamento più diffuso di quanto effettivamente lo sia. Abbiamo dei limiti cognitivi percettivi e di memoria, un altro limite è la difesa dell’io e il realismo ingenuo. Clima organizzativo: insieme delle variabili che caratterizzano il vivere in una determinata situazione, è influenzato da leadership, il rapporto con i colleghi, comunicazione, lo sviluppo di carriera, lo sviluppo personale, ecc. Frustrazione: disagio o malessere che scaturisce dall’inabilità o impossibilità di azione, oppure dal fallimento. Modello proposto da Kruglanskij alla fine degli anni 90 di uomo come tattico motivato: uomo che si muove in una direzione o nell’altra a seconda delle opportunità, delle motivazioni. Con questa idea di tattico motivato vengono integrate sia le idee di uomo come scienziato ingenuo, come economizzatore cognitivo eViene aggiunto un valore speciale e importante alla cognizione sociale e all'anima. L'elaborazione parte a livello emotivo e motivazionale. 16/03/2022 Le emozioni sono state studiate per la prima volta da Darwin. Esperimento di Ekman sul riconoscimento dei volti. Differenza tra emozione e sentimento: l'emozione è momentanea, il sentimento è duraturo. Il cognitivo subentra quando cerchiamo di gestire la risposta emotiva, abbiamo consapevolezza dell'emozione e cerchiamo di controllarla. Gli atteggiamenti. L'atteggiamento è una valutazione, un modo di porsi rispetto ad un oggetto sociale (se stessi, altre persone, gruppi, eventi, questioni, oggetti, astrazioni), accompagnata da un certo grado di favore o sfavore, che si dispone lungo un continuum da assolutamente positivo ad assolutamente negativo. Il favoritismo o lo sfavoritismo possono essere anche incerti, intermedi o conflittuali. Modello tripartito (Hovland, Janis, Kelley: 1953; Mc Guire:1969). Esistono tre dimensioni che compongono un atteggiamento, costituiscono la struttura degli atteggiamenti.
- Prima: rappresenta il pensiero, dimensione cognitivo-conoscitiva
- Seconda: dimensione emotiva-affettiva
- Terza: dimensione dell'azione, dimensione comportamentale o di tendenza all'azione.
Verso un certo oggetto sociale si potrebbe non avere mai la possibilità di agire, ma si può mantenere l'intenzione.
Gli atteggiamenti possono essere inoltre stabili e duraturi, quindi resistere nel tempo, oppure essere molto limitati, sia come durata che come consistenza, a eventi o oggetti socialmente significativi, oppure essere più o meno generalizzabili a intere categorie di oggetti.
Gli atteggiamenti possono essere integrati alle rappresentazioni sociali, gli atteggiamenti sono più del singolo mentre le rappresentazioni sono più della comunità, ma anche l'atteggiamento del singolo nasce in una comunità, o una cultura.
nostri atteggiamenti cambiano nel tempo.Formazione degli atteggiamenti.
È un processo con cui si formano i nostri atteggiamenti, attraverso le nostre esperienze, dirette o ripetute, l’influenza altrui, anche quelle culturali e le nostre reazioni emotive. Gli atteggiamenti più forti sono quelli derivanti dall’esperienza diretta, come se fare esperienza diretta di qualcosa imprimessero in noi un atteggiamento solido e meno stabile.
Effetto della mera esposizione (Zajonc, 1968): L’esposizione ripetuta a un oggetto sociale darebbe come risultato una maggiore attrazione nei suoi confronti. Si sviluppa un atteggiamento positivo e si mantiene (es. pubblicità).
Molte delle cose che apprendiamo, così come ciò che riguarda la costruzione dei nostri atteggiamenti, derivano da forme di condizionamento classico e operante, attraverso il ruolo svolto da rinforzi positivi o negativi che sostengono, o estinguono un nostro atteggiamento.
quantoriguarda il condizionamento, esso può essere un'esperienza anche non diretta (apprendimento vicario). Apprendimento sociale: moltissime cose che apprendiamo, atteggiamenti compresi, provengono dalle esperienze delle persone che ci circondano (modellamento). Il modellamento è appunto la tendenza a riprodurre azioni, atteggiamenti e risposte emotive di un modello, tratto dalla vita reale oppure simbolico. Simbolico perché il modello potrebbe essere anche più astratto rispetto alla vita di tutti i giorni. Teoria dell'autopercezione. (Bem, 1965) La logica vorrebbe che prima si matura un atteggiamento, poi si sviluppa un comportamento. Secondo la teoria di Bem conosciamo i nostri atteggiamenti solo facendo autoattribuzioni, cioè a partire dal nostro comportamento. Secondo tale teoria, dunque, le persone non abbiano coscienza dei propri stati interiori, ma ne inferirebbero l'esistenza a partire dal proprio comportamento. Questo stesso concettoIl concetto di ricompensa esterna, introdotto da Bem, suggerisce che ricompensare un comportamento può ridurre la motivazione intrinseca, rendendo meno probabile che il comportamento si ripeta in futuro.
La differenza tra motivazione intrinseca ed estrinseca è la seguente:
- Motivazione intrinseca: è il piacere che una persona trae da un'attività, anche senza ricevere ricompense esterne.
- Motivazione estrinseca: il comportamento è motivato da ricompense esterne.
Le funzioni degli atteggiamenti sono le seguenti:
- Funzione conoscitiva: gli atteggiamenti ci aiutano a organizzare e interpretare le informazioni sul mondo sociale.
- Funzione di autodifesa: gli atteggiamenti possono servire a proteggerci da minacce o affermare la nostra identità.
- Funzione di espressione sociale: gli atteggiamenti possono essere utilizzati per comunicare le nostre opinioni e valori agli altri.
Le tre principali modalità di formazione degli atteggiamenti (esposizione, apprendimento, autopercezione) possono operare al di fuori della nostra consapevolezza, ma a volte riflettiamo consapevolmente su un tema o un oggetto sociale per formarci un'opinione.
gli atteggiamenti possono essere concepiti anche come schemi cognitivi, che semplificano (es. gli stereotipi). Funzione di espressione dei valori: gli atteggiamenti possono esprimere valori che consideriamo importanti. Funzioni di difesa dell'io: gli atteggiamenti che soddisfano i bisogni ego-difensivi aiutano a proteggerci da verità per noi sgradevoli per mantenere una visione positiva di sé stessi. Funzione utilitaristica: talvolta gli atteggiamenti si formano perché ci permettono di ottenere il consenso altrui. Automonitoraggio (Snyder 1974; 1978): teoria secondo cui la nostra capacità di controllo del nostro comportamento è associata alla capacità di interpretare e leggere quali sono le aspettative e le attese degli altri riguardo a noi. Autoconsapevolezza oggettiva (Wicklund, 1975; 1980): descrizione di quando ci ascoltiamo con attenzione e cerchiamo di cogliere l'autenticità del nostro atteggiamento. Gli atteggiamenti cipermettono di risparmiare energia, di massimizzare le nostre possibilità di avere esperienze positive, e minimizzare quelle negative. La funzione principale di ogni tipo di atteggiamento è quella utilitaristica.
Atteggiamento e comportamento.
Il rapporto tra atteggiamento e comportamento è importantissimo e non è lineare, tutt’oggi gli studiosi ne parlano. L’utilità del concetto atteggiamento poggia sull’assunto che atteggiamenti influenzano i comportamenti, il che implica che il concetto di atteggiamento avrebbe lo scopo limitato se gli atteggiamenti non influenzassero il comportamento.
Lo studio di LaPiere (1934) mette in dubbio la relazione lineare e diretta tra atteggiamento e comportamento, mette cioè in dubbio che un atteggiamento sia predittivo per un dato comportamento. 23/03/2022
Fattori che rendono un atteggiamento maggiormente predittivo di un comportamento. Nel nostro spazio di vita ci sono atteggiamenti diversi, più
è forte un atteggiamento, e più sarà predittivo di un comportamento, come se l’atteggiamento è molto accessibile, ovvero atteggiamenti che fanno parte della nostra quotidianità. Un altro aspetto che rende un atteggiamento maggiormente predittivo per un comportamento è quello del livello di conoscenza, l’autoconsapevolezza, ossia quanto è importante per noi una cosa.
Fu osservato da Fishbein e Ajzen (1975) che i motivi per cui non sempre gli atteggiamenti sono predittivi di un comportamento, è il fatto che mentre un comportamento è facilmente misurabile, un atteggiamento è più difficilmente misurabile (ci sono diverse variabili da tenere di conto, e non è oggettiva). Inoltre, c’è il problema del tempo, maggiore è l’intervallo di tempo che passa tra la misurazione dell’atteggiamento e la misurazione del comportamento, più è probabile che tra i due non vi sia una correlazione significativa.
sia corrispondenza. Teoria dell'azione ragionata, Fishbein e Ajzen La variabile cruciale che